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Pierluigi Casalino: AVERROISMO

 



 

L’averroismo (detto anche aristotelismo radicale), sviluppatosi nel XIII secolo, è la tendenza del pensiero filosofico a interpretare i testi di Aristotele sulla base del celebre Commento di Averroè (Ibn Rushd), accettando esplicitamente alcune conclusioni che appaiono in contrasto con la teologia cristiana, come, ad esempio: il principio dell’eternità del mondo, tesi che risultava contraria al dogma della creazione; la concezione dell’intelletto possibile, ritenuto unico per tutti gli uomini, e quindi della mortalità dell’anima individuale; l’affermazione che solo la ragione può condurre alla vera conoscenza; l’autonomia della ragione può condurre alla vera conoscenza; l’autonomia della ragione, di per se sufficiente ad operare il bene e a praticare le virtù speculative e pratiche, nel cui esercizio si realizza l’unica felicità possibile e realizzabile per l’uomo. Tutto ciò portò a quella che in seguito sarà chiamata la “teoria della doppia verità”, in base a cui l’ambito della ragione veniva superato da quello della fede (una stessa proporzione poteva essere contemporaneamente ritenuta falsa dal punto di vista della fede e vera dal punto di vista della ragione). Iniziatori di tale indirizzo di pensiero (intorno al 1270 venne definito averroismo latino) furono soprattutto Sigieri di Brabante e Boezio di dacia. Le dispute  e le confutazioni intorno a questa corrente filosofica promosse dai maestri francescani e domenicani non impedirono la diffusione delle tesi averroista, che cominciarono a suscitare vive preoccupazioni presso le autorità ecclesiastiche. Dopo un primo ammonimento di Papa Giovanni XXI ( il portoghese di nascita Pietro Ispano), il 7 marzo 1277 il vescovo di Parigi Stefano Tempier condannò ufficialmente 219 proporzioni (molte delle quali non tutte di provenienza averroista) anche questa condanna, tuttavia, non fu in grado comunque di impedire la circolazione delle tesi averroiste nelle scuole, insieme ai commenti di Averroè (Ibn Rushd) e agli scritti dei principali esponenti di tale filosofia, il più importante dei quali fu appunto Sigieri di Brabante, che lo stesso Dante (che inclina anch’egli all’averroismo) pone in Paradiso, tra gli spiriti sapienti del cielo del Sole (Par. X, 136-138). In un certo senso anche figure della scolastica quali Sant’Alberto Magno e lo stesso San Tommaso d’Aquino non furono immuni dall’influenza del pensiero del filosofo arabo andaluso. Le considerazioni sull’importanza della ragione, quale criterio di misura della verità resta, peraltro, uno dei temi più rilevanti del lascito culturale di Averroè (Ibn Rushd). Un motivo ancora attuale di riflessione per gli intellettuali del nostro tempo.

Casalino Pierluigi, 12.04.2011.

 

 

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