La morte di Mozart. Un imbroglio malriuscito di Paolo Melandri Mi sembra superfluo tornare a raccontare la favola dell’omicidio, cui un maestro italiano è istigato da un’invidia d’artista. Meglio precisare che la commediola in versi di Puskin venne a coronare il paio di decenni in cui s’era operata, nell’opinione viennese e tedesca, la intronizzazione di Salieri quale avvelenatore immaginario al posto di una figura reale, nel frattempo cancellata. La realtà e gradualità della sostituzione è una delle verità realmente inattese che ho scoperto rovistando storie e leggende intorno a quello che poi è divenuto il saggio che qui propongo. C’è, nell’Epistolario di Goethe, una frase che i biografi hanno sempre fatto finta di non conoscere: «Mozart è nato due anni prima di me (1756), e noi ricordiamo fin troppo bene le circostanze del suo decesso. Mozart, dico, grazie alla sua buona scuola, aveva nel comporre una tal sicurezza di mano, che gli restava un sacco di tempo, e lui lo consumava tra d...