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venerdì 30 maggio 2025

NIETZSCHE-Inquietudine di un Destino- CASATI-2025

 L'inquietudine di un destino. La questione della Bildung in Nietzsche.



di Filippo Casati, Negretto Editore, Mantova 2025.
"L’intera riflessione di Nietzsche, fin dai suoi esordi giovanili, appare mossa da una vocazione pedagogica tesa a delineare un nuovo progetto di formazione dell’umano, una nuova Bildung, capace di traghettare l’Europa e l’Occidente oltre la crisi dell’Umanesimo cristiano-borghese.
Se ne può rintracciare la genesi nella critica della cultura degli anni di Basilea e se ne può seguire l’evoluzione (niente affatto lineare, ma segnata da una sua intima e inesorabile coerenza) attraverso gli scritti del periodo “illuministico”, fino alle riflessioni mature intorno all’Übermensch, modello di una Bildung postumana e postmetafisica, in grado di dominare le spinte disgregatrici della modernità. Il presente testo intende ripercorrere, attraverso una trattazione il più possibile sistematica, le tracce di questo itinerario di pensiero, un percorso tortuoso, che, come un fiume carsico, attraversa da cima a fondo l’opera di Nietzsche, talora rimanendo confinato al “laboratorio” sotterraneo dei frammenti postumi, talora affiorando in superficie negli scritti editi. Nell’impresa autoformativa si esprime il compito ineludibile del vivente, la necessità della vita di appropriarsi di se stessa, di decifrare e di trasfigurare il proprio enigma, traducendo la casualità dell’esistere in qualcosa di voluto e deciso. La vicenda della Bildung si gioca tutta in questa tensione, che coincide con la vita stessa, nell’inquieta ricerca mediante la quale il fatto insensato dell’esistenza si tramuta in destino, la bruta fattualità del passato in ciò che ha da ripetersi, in un “così volli che fosse, così voglio, così vorrò”.

venerdì 9 maggio 2025

Vaj-Manzocco-Nietzsche e i Transumanisti-Libro

...Vaj llora, da buon segretario nazionale della ASSOCIAZIONE ITALIANA TRANSUMANISTI e da intellettuale d'area ho fatto i compiti, e ho debitamente letto anche l'ultimissima operra in materia di transumanismo apparsa in italiano. Cosa posso dire? Un lavoro molto divulgativo, di facile lettura, apertamente favorevole - cosa ovviamente non scontata per chi non faccia già parte dell'ambiente -, ideologicamente più... ruffiano che "politicamente corretto", con alcune notizie aggiornate a settimane fa che contrastano con cose che erano vere dieci o vent'anni fa ma che vengono presentate come contemporanee, e con un'ignoranza apparentemente totale del transumanismo europeo, tradita anche dalla bibliografia. Ma OK, un contributo comunque apprezzabile- VAJ-MANZOCCO FACEBOOK

ANTONIO VENECE-L'OLTRE UOMO...



sabato 10 dicembre 2011

IL LIBRO MANIFESTO NUOVA OGGETTIVITA' presentazione a Roma il 11 12 2011

Manifesto
Domenica, 11dicembre, 2011, ore 9.30,  Accademia di Romania, nella capitale, a Roma è in programma la prima presentazione ufficiale del Libro Manifesto, Nuova Oggettività, Popolo, Partecipazione, Destino (Heliopolis, Roma-Pesaro, 2011). Volume che include contributi di oltre 90 autori, provenienti da tutta Italia, tra filosofi, sociologi, scrittori, critici d'arte, prima tappa di un omonimo progetto culturale, a cura in particolare di Sandro Giovannini, Giovanni Sessa, Gian Franco Lami, Stefano Vaj, Claudio Bonvecchio, scrittori e docenti universitari (La Sapienza, Milano, Padove, ecc.) ben noti dell'area romana e milanese, soprattutto, intellettuale nazionale. Molti degli autori noti anche per la rivista storica culturale Letteratura e Tradizione, a cura dello stesso Giovannini. Ferrara, nello specifico che c'entra? Il contributo locale è invece particolare, anzi, a memoria quasi unico, almeno negli ultimi decenni: ben sette scrittori ferraresi inclusi nel volume con contributi vari. Ovvero  Roberto Guerra, Riccardo Roversi e Giovanni Tuzet, ben noti. Oltre a Sylvia Forty, Maurizio Ganzaroli  Zairo Ferrante (originario di Salerno ma residente a Ferrara dove si è laureato,Gaia Conventi.
Il libro manifesto appena edito già è discusso nel panorama culturale italiano, per la sua peculiarità forse essenziale: una cifra globale che ha per obiettivo il superamento del postmoderno e di certo ideologismo che caratterizzano da sempre la cultura nazionale, attraverso una nuova visione essenzialmente estetica e metapolitica.
Abbiamo approfondito la questione con Guerra, futurista contemporaneo, curatore anche del blog ufficiale del neomovimento:
nuovaogggettivita.blogpsot.com.,  e lo stesso Giovannini.

Quest'ultimo (Sandro Giovannini) così presenta il senso essenziale del lavoro:
 
" Il libro manifesto è suddiviso in diverse categorie: storia e metapolitica, estetica, comunicazione, geofilosofia, geopolitica, simbolica/psiche e così via Nuova Oggettività ha per sottotitolo popolo partecipazione destino, non a caso: significa progettare (e il libro è già un risultato compiuto) una nuova realistica oggettività per superare certa frattura esistenziale del capitalismo contemporaneo che inquina popoli e individui.. Recuperare l’eroismo della persona ed inserirlo nel progetto della comunità, significa veramente andare realisticamente al di là della destra e della sinistra, qualsiasi cosa temano i nostalgici di qualsiasi provenienza o setta. La partecipazione, elemento insieme spirituale e materiale, può centrare ogni nostro sentimento ed ogni nostro ragionamento per farsi prassi generosa e lungimirante, così nel microcosmo delle relazioni come nel macrocosmo delle realizzazioni. In tal modo i valori fondanti sono e saranno acceleratori e non zavorra".
E Guerra:

D- Nuova Oggettività, un nuovo movimento futurista?
R-(Guerra) "Tra i futuristi sono presenti: il sottoscritto, Stefano Vaj, Antonio Saccoccio, Graziano Cecchini, Vitaldo Conte, Stefano Balice lo stesso Tuzet e Riccardo Campa; anche il curatore principale, Sandro Giovannini parla di Urfuturismo. Ma globalmente il progetto è ben più complesso e articolato con molte aree culturali assemblate, un certo Nietszche sullo sfondo come costante.
 
Infine, ecco il contributo specifico di  alcuni dei ferraresi:
  

(Riccardo Roversi) Una esplorazione letteraria retrospettiva, il recupero di alcuni eccelsi letterati quasi dimenticati 

(Giovanni Tuzet) “… Un breve lavoro tra poesia e conoscenza, per una nuova autenticità e comunicazione naturale/artificiale tra il poeta e l'ambiente” (Sylvia Forty) …Un breve saggio sul lato ironico della quotidianità, satira sociale sull’era dei single e una lavanderia gigante.. intelligente!

---------------------------------HELIOPOLIS EDIZIONI

http://www.heliopolisedizioni.com/scheda.asp?idprod=66&idpadrerif=21

 

http://www.diffusionesud.it/magazine/notizie/libro-manifesto-per-una-nuova-oggettivita/  TUTTI GLI AUTORI E ADERENTI

*Marco Cremonini

giovedì 1 dicembre 2011

Italia Avanguardista /La Meteora- Lo scioglimento dell'equivoco: la verità su Nietzsche

Lo scioglimento dell'equivoco: la verità su Nietzsche

 
 
Ebbene, Nietzsche è il ragazzaccio dei filosofi. Ma egli avrebbe davvero approvato, come molti pensano, l'ideale dell'uomo meramente e radicalmente reattivo, che si definisce cioè solo come un oppositore cieco dell'autorità, che celebra l'impulso e la forza di natura nel senso più becero di tali termini, e la cui intera identità è costruita attorno alla vuota ribellione, alla sfida all'autorità, di qualunque tipo essa sia (e la cui identità, quindi, allo scomparire dell'autorità, scompare anch'essa)?
 
La risposta è chiaramente NO.
 
In primo luogo, e molti sbagliano sulla questione, nonostante Nieztsche condanni la "moralità degli schiavi", definendola insulto al mondo e negazione della vita, non sostiene affatto la moralità dei padroni. I padroni sono bruti, violenti, irriflessivi. Nietzsche non li indica affatto come un ideale, non dice che ci dovrebbero piacere, che la forza costituisce in diritto e così via. Non sostiene affatto la prepotenza o la pulsione cieca.
 
Al contrario: il modello di Nietzsche, che si identifica con lideale dell'Ubermensch, è l'ARTISTA, ovvero l'individuo che controlla e crea se stesso, e che distrugge i sistemi di valori non per gusto di cieca ribellione ma per crearne di nuovi. I quali rendano la sua vita un'opera d'arte che segua leggi affrancate dal pensiero morale precostiuito, e che vada cioè "al di là del bene e del male" ("Ed ecco, in questo estremo pericolo della volontà, si avvicina, come maga che salva e risana, l'arte; soltanto Lei è capace di volgere quei pensieri di disgusto per l'atrocità o l'assurdità dell'esistenza in rappresentazione con cui si possa vivere: queste sono il sublime come espressione artistica dell'atrocità e il comico come sfogo artistico del disgusto per l'assurdo che caratterizza la vita.", da La nascita della tragedia).
 
Di fatto, il modello dell'uomo reattivo, come lo abbiamo definito poc'anzi, potrebbe invece rappresentare la precarietà della nostra posizione in un mondo post-nietzschiano. Vale a dire, secondo Nietzsche dovremmo andare "al di là del bene e del male", lasciandoci indietro tutte le nostre consolazioni metafisiche: Dio, il cielo, l'anima, un ordine morale del mondo e così via; ma nell'abbandonare un altro mondo, un oltre ultraterreno, corriamo il grande pericolo di scivolare nel nichilismo: "La forma estrema del nichilismo sarebbe che ogni credenza, ogni 'tener per vero' sia necessariamente falso, perchè non esiste affatto un mondo vero".
 
In altri termini, una volta che abbiamo abbandonato l'idea di un qualche eterno e perfetto oltre, e ci resta solo quel flusso caotico che è il mondo, siamo in pericolo, per Nietzsche, di cadere in un nichilismo in cui tutto-va-bene, in un tutto-è-libero-per-tutti morale e intellettuale. La possibilità di una simile prospettiva terrorizzava Nietzsche, ma non fu qualcosa con cui il filosofo si dovette fronteggiare direttamente, poichè al suo tempo l'Europa era ancora un luogo permeato di un senso morale (complice la tradizione religiosa) oppressivo. Quindi aveva decisamente senso - anzi, fu un atto di grande coraggio e preveggenza - agire come fece, sfidare la tradizione, mettersi contro la Chiesa. L'ultima cosa a cui Nietzsche pensava era creare un'altra religione, un altro sistema eterno e assoluto, e quindi, una volta fatta la sua mossa, non poteva fare altro che consigliare ai suoi lettori di conferire reale senso alla propria vita e di farne un'opera d'arte.
 
Ma noi, cosa si suppone che si debba fare, ora che l'oscura coperta del nichilismo ci è scivolata addosso? (E se anche non ne siete consapevoli, fidatevi di me, è successo.) Tra il continuare ad agire, a criticare e distruggere i vecchi idoli nello sforzo di forgiare una nuova strada e nuovi valori dettati dall'arte, e immergersi invece nel nuovo nichilismo, nel tutto-è-libero-per-tutti, c'è una linea sottile e indistinta. Guai ad accettare il caos dell'esistenza senza però riuscire a forgiarsi e formarsi, guai ad avere contatti col caos dell'esistenza dettati solo da spirito di rassegnazione. Altrimenti il prezzo da pagare è l'uomo del novecento. Ma d'altronde non si può certo imputare a Nietzsche il fatto che la sua filosofia richieda un'elevata capacità d'interpretazione, astrazione e comprensione. E d'altronde l'arte non è per tutti.

"Il mio tempo non è ancora venuto; alcuni nascono postumi."

di
Denny Pitch
 

martedì 8 febbraio 2011

Stefano Vaj in IL FONDO - anno III - n. 135 / 7 febbraio 2011


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anno III - n. 135 / 7 febbraio 2011


in questo numero articoli di


Arba, Angela Azzaro, Graziella Balestrieri,
Mario Bernardi Guardi, Ivo Germano, Mario Grossi,
Miro Renzaglia,
Angelo Spaziano,
Stefano Vaj, Federico Zamboni

 

nell'edicola di via
www.mirorenzaglia.org


 *

PROSPETTIVE INDOEUROPEE
Stefano Vaj

Guardiamoci negli occhi. Noi siamo Iperborei [...]
Di là dal Nord, dai Ghiacci, dalla morte – la nostra vita, la nostra felicità

Friedrich Nietzsche

 

In uno dei suoi insegnamenti più importanti, Giorgio Locchi ci aiuta a pensare sino in fondo le intuizioni nietzschane riguardo al tempo della storia. Non più un fisso segmento su una linea che punta in qualche direzione, non più un tratto irrimediabilmente sbarrato alle nostre spalle su una strada cxhe staremmo percorrendo.

Per la sensibilità postmoderna, tali immagini sono false psicologicamente, filosoficamente, empiricamente. Se il passato è ciò che è esistito, non esiste più; se non esiste più, non esiste: se non esiste, non è qualcosa di cui si possa parlare. Il passato non è invece altro che una dimensione del presente, in particolare quella delle radici e della memoria, alla stessa stregua dell’attualità (dimensione dell’impegno) e dell’avvenire (dimensione del destino e del progetto); e ci parla attraverso l’immagine che ci diamo di esso attraverso i documenti, le vestigia, le testimonianze che abitano il nostro tempo.
Così come ogni altra, tale dimensione si espande. Si espande banalmente nei tempi a noi più vicini,  con l’accumularsi di nuovi eventi, di nuovi ricordi. E si espande anche nella sua estremità più lontana, mano mano che il nostro sguardo, attraverso un’indagine critica sempre più interdisciplinare, si allunga ad epoche sempre più remote e si allarga a particolari ed aspetti sempre nuovi.
Ma soprattutto viene interamente ridefinito ad ogni istante a partire dalla particolare prospettiva di ciascun presente, non solo e necessariamente attraverso la chiave della revisione («chi controlla il presente controlla il passato, chi controlla il passato controlla il futuro», potremmo dire parafrasando Orwell), ma non fosse altro che per le diverse orecchie che ascoltano una musica pure in divenire, i diversi occhi che rileggono il libro dei simboli e ne traggono premonizioni e moniti e sfide per ciò che ancora ha da essere. Anche in campo storico, quindi, “la verità non è qualcosa che esista e che si debba trovare, scoprire, ma qualcosa che si deve creare e che dà il nome ad un processo o meglio a una volontà di dominio che in sé non ha fine” (Friedrich Nietzsche, La volontà di potenza, §552). Visione della storia questa che è anche un progetto di Erlösung dal provvidenzialismo monoteista: «Redimere nell’uomo il passato e ricreare ogni ‘fu’ finché la volontà dica: ‘Così volli! Così vorrò’. Questo ho chiamato redenzione, solo questo ho insegnato loro a chiamare redenzione» (Così parlo Zarathustra,”Delle tavole antiche e delle nuove”).
Gli indoeuropei, come nuovo passato che continua a spalancarcisi di fronte, e che alcuni scelgono di rivendicare come proprio retaggio, ci corrono perciò incontro dal nostro avvenire. Lo fanno come origine ultima di questa medesima sensibilità che giunge a consapevole maturazione con Nietzsche, Gentile, Heidegger, Spengler e la cui essenziale inevitabilità europea, “esperiale”, a partire da Eraclito, mette bene in luce Severino, ed ancor più il suo allievo Emanuele Lago in La volontà di potenza e il passato (Bompiani, Milano 2005). E lo fanno in particolare sotto un quadruplice sigillo solstiziale................


 CONTINUA
...............
http://www.mirorenzaglia.org/?p=17657





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