sabato 16 agosto 2014

The Robot revolution Flash Mob day

giovedì 14 agosto 2014, 20:29 di
kilobots 




Poco piu’ di mille piccoli robot chiamati Kilobots riescono in maniera indipendente a comporre figure, come ad esempio una stella marina, organizzandosi tra loro e muovendosi come nei flash mob. Ognuno e’ grande pochi centimetri, ha tre zampe e dialoga con i suoi simili attraverso una luce infrarossa. Questo sciame di 1024 minuscoli automi auto-organizzati, descritti su Science, e’ stato creato in laboratorio da Radhika Nagpal e Fred Kavli della scuola di Ingegneria e Scienze Applicate dell’Universita’ di Harvard. Cosi’ come migliaia di miliardi di singole cellule possono assemblare un organismo intelligente, i Kilobots dimostrano come la complessita’ puo’ derivare da comportamenti molto semplici eseguiti in massa. “La bellezza di sistemi biologici e’ che sono elegantemente semplici e tuttavia, in gran numero, possono realizzare l’impossibile”, dice Nagpal. Lo sperimentatore porta l’esempio del comportamento di una colonia di formiche. “Agendo insieme, possono formare zattere e ponti per attraversare terreni difficili. Cose irrealizzabili per una sola di esse”. Fino ad oggi solo un paio di sciami di robot hanno superato i 100 individui a causa delle limitazioni algoritmiche che servono per armonizzare tali grandi numeri. Il team di ricerca ha superato questa sfida attraverso un design molto semplice. In particolare, i Kilobots non richiedono, dopo una prima serie di istruzioni, alcuna gestione. Quattro robot segnano l’origine di un sistema di coordinate, quindi trasmettono un’immagine a due dimensioni che tutti gli altri devono eseguire. I Kilobots osservano i comportamenti dei loro simili e si localizzano nel punto esatto per formare l’immagine. Se uno di essi sbaglia la posizione, i vicini rilevano il problema e cooperano per risolverlo.
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Il Telegraph a Renzi: ritorno alla Lira per salvare l'Italia dall'Euro dead zone

Telegraph
*GIORNALE APOLLO




Governo Renzi, Telegraph: “L’Italia torni alla lira per uscire dalla depressione”

di Mario Marrandino   - 16 agosto 2014

Renzi




Di Mario Marrandino. Il britannico Telegraph dice la propria sulla situazione economica italiana: “Il solo modo possibile per tener fede alla sua promessa di un Risorgimento per l’Italia, e forgiare il proprio mito, è scommettere tutto sulla lira”. A firmarlo l’editorialista anti-europeista Ambrose Evans-Pritchard e la sua convinzione è anche quella di molti italiani: l’unica chance che abbiamo per risollevarci da una situazione economica gravosa che dura “da quasi sei anni” (salvo qualche “falso risveglio”) è abbandonare l’euro. Il giornalista aggiunge comunque non è imputabile unicamente all’euro la colpa di questo tracollo economico, ma che è “un fatto incontrovertibile che i 14 anni di disastro italiano coincidano con l’adesione alla moneta unica”, e anche se “questo non prova il rapporto di causa-effetto”, “suggerisce che l’unione monetaria abbia innescato una dinamica molto distruttiva” ed “è un forte indizio del fatto che ora l’unione impedisce al Paese di uscire dalla trappola”. 
Per rafforzare la sua tesi, il giornalista si avvale dei dati riportati dai giornali d’economia internazionali e dai dati di Banca d’Italia, analizzando quindi la questione della recessione, della stagnazione del mercato immobiliare e del livello del debito, salito al 135,6% del Pil. “Il rapporto potrebbe spingersi verso il 140% entro la fine dell’anno, acque inesplorate per un Paese che di fatto prende a prestito in marchi tedeschi. ‘Nessuno sa quando il mercato reagirà’, dice un banchiere”.
Secondo queste ipotesi, “il premier Matteo Renzi dovrà fare tagli tra i 20 e i 25 miliardi di euro per rispettare gli obiettivi europei di deficit, perpetuando il circolo vizioso”. Ma “il compito è disperato. Uno studio del think-tank Bruegel ha trovato che l’Italia dovrebbe ottenere un surplus primario di 5 punti percentuali di Pil per stabilizzare il debito se l’inflazione fosse al 2%. Con l’inflazione a zero, i punti di Pil diventano 7,8. Ogni tentativo di centrare quell’obiettivo porterebbe a una controproducente implosione dell’economia italiana”.
Secondo il Telegraph, che da tempo, ormai, gufa la fine dell’euro, cita poi l’economista indiano ed ex funzionario del Fondo monetario Ashoka Mody, secondo il quale le autorità italiane dovrebbero consultare “brillanti avvocati esperti in debito sovrano per assicurare una ristrutturazione ordinata del debito”
Evans-Pritchard ricorda le parole di Eugenio Scalfari su Repubblica: “L’Italia si sottoponga al controllo della Troika”. “Mr Scalfari sembra pensare che la democrazia italiana debba essere sospesa per salvare l’euro”, deduce il giornalista. “Il giovane Mr Renzi potrebbe trarre la conclusione opposta, cioè che l’euro deve essere scaricato per salvare l’Italia” che, prima della moneta unica, grazie alla “lira debole”, “aveva un surplus commerciale nei confronti della Germania”, mentre ora la sua “metà arretrata, soprattutto il Mezzogiorno, compete palmo a palmo con la Cina e le economie emergenti dell’Asia in settori che dipendono dai prezzi”.
Secondo il giornalista, gridare alle riforme vale veramente poco: “Pochi negano che lo Stato italiano abbia bisogno di un cambiamento radicale, ma l’Italia ha anche bisogno di un ‘New Deal’ fiscale, massicci investimenti in infrastrutture e capitale umano, sostenuti da uno stimolo monetario per tirare il Paese fuori dalla sua soffocante tristezza cosmica. E Mr Renzi deve ormai sapere che questo non può essere fatto nell’ambito dell’unione monetaria”. Ma, nota il giornalista, ora “si trova nello stesso orrendo imbarazzo di Francois Hollande in Francia. Da outsider se l’è presa con l’austerità europea, salvo poi sottomettersi senza far rumore una volta entrato in carica, perché i suoi consiglieri gli assicuravano che la ripresa era alle porte”. L’articolo giudica però Hollande “impossibile da salvare”, mentre “Renzi non ha ancora bruciato il suo capitale politico ed è uno scommettitore nato”.
Però “è da solo”, perché “non c’è più alcuna chance che Italia e Francia possano guidare insieme una rivolta dei Paesi latini” contro il Consiglio europeo e la Banca centrale. Telegraph suggerisce lo stop alle negoziazioni, è il momento di “liberarsi dalla trappola dell’unione monetaria, riprendere il controllo dei suoi strumenti di sovranità e rinominare il suo debito in lire, introducendo il controllo sui movimenti di capitali finché la situazione non si normalizza”. Secondo il giornale “non ci sarebbe un’immediata difficoltà a rifinanziarsi, perché il Paese ha un surplus primario” e “non soffre di un eccesso di debito in senso stretto”, poiché le famiglie sono relativamente poco indebitate. “Il problema di base è un disallineamento del tasso di cambio che crea una non necessaria crisi del debito pubblico attraverso il perverso meccanismo dell’unione monetaria”.
Il succo della questione, però, è che le scelte devono essere fatte a breve. “La traiettoria del debito italiano entrerà nella zona di pericolo. Stavolta potrebbe non essere così chiaro che il Paese voglia essere ‘salvato’ nei termini stabiliti dall’Europa”.  


Per una Europa Space Humanist

Adriano V. Autino Space Renaissance Philosophy.
 
Se questa è Europa...
La civile Europa è circondata ormai da guerre: oltre alle guerre dimenticate dell’Africa, la Libia precipita nel caos della guerra per bande, in Siria si consuma un genocidio che ormai non fa più notizia, Israele e Palestina sono tornate alla carneficina continua, in Ucraina un regime filoeuropeo decide di regolare le questioni etniche con la guerra... In questo scenario esplode la Jihad qaedista, che guadagna territori a vista d’occhio, e massacra migliaia di persone che rifiutano di convertirsi all’Islam.
In questo scenario, anzichè interrogarsi sulle ragioni di una tale impennata di violenza, si sviluppa la consueta diatriba tra chi sostiene la necessità dell’intervento armato, per “fermare i terroristi”, e chi si dilunga in sterili disquisizioni sui pur noti interessi delle lobby dei costruttori di sistemi d’arma, che ovviamente non possono che ingrassare ulteriormente, man mano che il conto dei morti aumenta, ed il lezzo di putrescenza della civilta’ che comincia a marcire diventa sempre più insopportabile.
Eppure, se si osserva la storia recente attraverso occhiali ideologici umanisti, le ragioni dell’improvviso aggravarsi della malattia della civiltà sono evidenti, e tutt’altro che inspiegabili.
Sulla necessità impellente di fermare i massacratori non può esserci dubbio alcuno: una volta che la malattia è conclamata occorre combatterla, anche se sarebbe stato molto meglio prevenirla. È sul come combatterla che non si sente mai alcuna discussione. Ed è invece proprio sul come, che si dovrebbe discutere. Ed è sul come combattere la tirannia, la violenza ed i massacri, che l’Europa potrebbe distinguersi: non distinguendosi, finisce col perdere qualsiasi autorità morale, e quindi con l’alimentare l’epidemia del genocidio, anzichè fermarla.
La soluzione del dilemma tra interventismo e pacifismo sta del resto in una vecchia legge, presente da migliaia d’anni proprio nella cultura cristiana (e presente del resto anche in molte altre scritture). La legge dice “non uccidere” (e, si noti, non dice “non combattere”). Sentivo anche, proprio stamattina, su non so piu’ quale radio, parlare della strategia militare degli Aztechi pre-colonizzazione, che non era in alcun modo basata sull’uccisione dei nemici, bensì sul prendere prigionieri. Ora, qualche millennio dopo, la civiltà occidentale possiede una superiorità tecnologica che, se opportunamente indirizzata verso lo sviluppo di sistemi d’arma adeguati, le permetterebbe di vincere senza uccidere. Invece insiste a volersi mettere sullo stesso piano degli assassini e dei terroristi.
In particolare, chi osserva la storia con occhiali umanisti non potrà non notare che la recrudescenza virulenta dei conflitti si è avuta proprio dopo l’innesco del conflitto in Ucraina. Il conflitto nella striscia di Gaza, in particolare, e l’avanzata qaedista in Iraq. Perchè? Evidentemente qualche caposaldo morale, che aveva più influenza di quanta si potesse vedere, ha ceduto, incoraggiando così le correnti maggiormente guerrafondaie di Hamas e di Israele a passare all’azione.
Questo caposaldo aveva un nome: Europa. Ora è accaduto che questa Europa ha tranquillamente appoggiato la violenza omicida in nome dell’unita’ del territorio dello stato ucraino. Proprio mentre i protagonisti dei molti conflitti etnici endemici, tollerati in Europa da molto tempo (Irlanda del Nord, Paesi Baschi, Cipro, ...) sembravano aver finalmente capito, a loro spese, che la contrapposizione violenta non porta a nulla, e non fa che deprimere il turismo e l’economia, ecco spuntare altri gruppi etnici, che credono di (o vengono indotti a) risolvere i loro disaccordi con la violenza. Il neo-presidente Petro Poroshenko, appena insediato, ha dichiarato tranquillamente che, per ciascun militare ucraino ucciso, i militanti filorussi pagheranno con decine o centinaia dei loro. Dichiarazione che rieccheggia tristemente la politica di sterminio nazista durante l’ultima guerra, in base alla quale si ebbero diverse stragi spaventose, le Fosse Ardeatine a Roma e Sant’Anna di Stazzema in Toscana, per fare solo due esempi. Anche in questo caso la storia sembra stolidamente ripetersi, ma questa volta con l’avallo delle “potenze democratiche” occidentali! Ancora una volta un quasi-dittatore tutt’altro che democratico, Putin, finisce per apparire sensibile ai diritti di autodeterminazione dei popoli, piu’ dei campioni ufficiali della democrazia e della liberta’.
È evidente che, per i falchi israeliani e palestinesi, questo tranquillo appoggio europeo al massacro dei separatisti ucraini deve essere suonato come una dimostrazione lungamente attesa: gli europei danno lezioni di ragionevolezza e diplomazia finchè si tratta di conflitti lontani dal loro territorio ma, quando si tratta dell’unità territoriale dei loro paesi, non ci pensano due volte ad usare i bombardieri! Il sonoro “Aaaahh!” di Netanyau e degli integralisti israeliani da una parte, e dei capi di Hamas dall’altra, si deve essere sentito fino in Iraq... dove altri strateghi hanno pensato che era il momento buono per scatenare la loro offensiva letale. Chissà come si deve essere sentito legittimato, nella sua strategia genocida, dal canto suo il siriano Bashar al-Assad!
Questa crisi porta alla luce una verità che non posso pensare fosse sconosciuta ai più attenti analisti della politica internazionale, certo è che nessuno ne ha mai parlato granchè. Nonostante la sua non omogenità, e nonostante spesso si ritrovi a parlare con più voci discordanti, l’Europa rappresenta(va) una specie di bastione, un argine contro il dilagare dei conflitti per le scarse risorse rimanenti nel nostro pianeta. Questo argine oggi ha ceduto, con l’appoggio europeo al nazistello ucraino Poroschenko. Quali processi si innescheranno, in conseguenza di questo evento epocale, è difficile prevederlo. L’Europa potrebbe trovarsi costretta, come contraccolpo, ad accelerare la sua unificazione politica, non foss’altro che per dotarsi di una forza militare coesa e pronta a difendere i propri confini... da chi? Francamente non immagino un Putin desideroso di venirsi a cercare gatte da pelare da queste parti... diverso è il caso del mostro qaedista.
Personalmente auspico ben altre strategie, molto più coraggiose e rivolte al futuro.
La politica dell’Europa, nella crisi ucraina, dovrebbe opporsi risolutamente a qualsiasi soluzione militare, poichè non vi sono terroristi, in quelle regioni (almeno finora), ma solo persone che vorrebbero poter decidere quale lingua parlare ed in quale contesto nazionale vivere: Poroschenko smetta subito di uccidere, acconsenta ad un referendum, da tenersi sotto l’egida dell’ONU, nella aree contese, e si rimettano, tutti, alla volonta’ sovrana del popolo. Quale sarebbe, infatti, il vantaggio per gli Ucraini, per la comunita’ europea e per l’intera civilta’, se venisse “salvaguardata l’unita’ territoriale ucraina”, a prezzo di migliaia di morti, alimentando cosi’ un’altra faida secolare?
Per quanto riguarda il confronto con la primitiva Jihad qaedista, è evidente che il confronto è inevitabile, quali che siano le responsabilità occidentali nella nascita dei movimenti talebani e dell’odierno terrorismo islamico in generale. Una dottrina sbrigativa sembra suggerire che più terroristi fanatici si fanno fuori, minore è il problema, se poi si riuscisse a farli fuori tutti... Su questa strada, prima o poi qualcuno penserà ad una soluzione radicale: un bel bombardamento atomico, ed il lavoro sarebbe finito in mezza giornata! Ma l’errore di questa dottrina è marchiano ed enorme. Essa si basa infatti sulla supposizione che il terrorismo sia un fattore genetico, o etnico. Invece non è così: il terrorismo è un fattore ideologico: ucciso un terrorista, proprio grazie a quella uccisione ne nascono altri dieci, che dedicheranno la loro vita a vendicare il primo. I terroristi sono perlopiù giovani plagiati da preti islamisti, che imbottiscono loro la testa della pretesa superiorità morale dell’Islam nei confronti della corrotta civiltà occidentale. A tali giovani dobbiamo far cambiare idea, e non ucciderli. Anzi, l’occidente potrà dimostrare la propria superiorità morale proprio non uccidendoli! Con questo semplice fatto: vincere e farli prigionieri senza ucciderli, poi trattarli bene, mandarli a scuola, dar loro un futuro... solo così l’occidente potrà vincere questo confronto. Grazie alla nostra superiorità tecnologica, ed alla capacità di sviluppare sistemi d’arma non letali.
I produttori d’armi, dal canto loro, noteranno che non resterebbero senza lavoro! Certo, dovranno mettere in conto un cambiamento radicale di strategia: il loro business plan non sarebbe più basato sulla distruzione, ma sulla fornitura di sistemi di protezione della vita (un bel salto morale, non è vero?).
Le bombe sono, se mi si consente il paragone, come i razzi spendibili: ad ogni lancio si gettano via, e bisogna poi produrne altre. Tuttavia, così come lo sviluppo dell’astronautica civile, basata su veicoli terra orbita completamente riutilizzabili, darà vita ad un mercato enormemente più grande, rispetto a quello dei razzi spendibili, oltre a ripulire finalmente l’orbita terrestre dalle migliaia di tonnellate di detriti, occorre immaginare le fantastiche opportunità di sviluppo per un mondo non più oppresso dall’assassinio sistematico, in cui le cancrene vadano finalmente a guarire, ed a tutti siano date maggiori possibilità di lavorare per conseguire felicità e benessere, per sè e per i propri bambini.
ADRIANO AUTINO

I 5O musei champion world, il Palazzo dei Diamanti out

http://www.tecnologiaericerca.com/2014/08/14/50-musei-da-vedere-almeno-una-volta-nella-vita/



 Non tutti amano andare per musei, e una certo rifiuto serpeggia quando il numero delle sale supera la decina; colpa del pubblico, che anche in questi contesti culturali non può fare a meno dell’interazione veloce dei dispositivi in digitale, o forse non tutti i musei meritano allo stesso modo? La verità è nel mezzo, ma la certezza è che esistono musei fatti per passare il tempo e altri per cambiarci la vita. Proprio come quelli presenti in questa galleryche simboleggiano molto più di semplici percorsi espositivi: custodiscono il meglio dell’arte di un Paese, raccontano pagine di storia, suggeriscono prospettive culturali e metodologiche nel proprio settore di interesse.
Il desiderio di musei sempre più intelligenti e tecnologici è crescente e sarà anche la capacità di aggiornarsi a creare uno scarto tra chi resiste e chi no; e in un Paese come il nostro, dove forse non si sprigionano tutte le potenzialità culturali possibili, un deciso passo avanti nell’offerta culturale deve passare proprio da un rinnovato modo di concepire i poli museali e le logiche digestione degli stessi. Come dimostrano diversi esempi della gallery, si può fare un grande museo anche in capo al mondo o servirsene per rilanciare complessivamente il discorso culturale di popolo. Visitiamoli virtualmente, consapevoli che cinquanta sono giustamente pochi rispetto all’offerta planetaria.
E, per chi non si accontenta, ecco invece 50 luoghi dedicati a scienza e tecnologia. Passate una buona estate.
  • Rijksmuseum a Amsterdam

    Il museo statale di Amsterdam è la meta della vita di chi ama la pittura fiamminga: la Ronda di notte di Rembrandt non vi pare un motivo capitale per fare tappa qui? (foto: AFP)
  • Art Science Museum a Singapore

    Un fiore di loto che accoglie gli amanti dell’arte, in una delle città più dinamiche d’Asia: consigliato anche a chi ammira l’architettura sostenibile. (foto: Getty Images News)
  • The Ashmolean Museum of art and archeology a Oxford

    Tra i musei pubblici più antichi del mondo, vi consentirà di scoprire straordinarie collezioni e la vita del suo fondatore, Elias Ashmole, storico e collezionista inglese. (foto: Getty Images News)
  • Tech museum of innovation a San Jose, California

    Gli amanti della tecnologia non possono perdere questo gioiello della Silicon Valley che ospita anche il festival locale di jazz. (foto: Hulton Archive)

    .....................CONTINUA

Ferrara e le PD balle sul turismo

ESTENSE COM

Gentile Direttore
avrei voluto evitare di scrivere questa settimana, ma complice la mancanza di notizie significative, oltre la precisa colpevole volontà di giornalisti troppo Smart, per cercare  di capire di cosa parlano a tempo perso, all’interno della Corte Ducale,  hanno fatto sì che apparissero, sulla stampa locale , degli articoli,che gridano vendetta al cielo, per il taglio propagandistico in essi contenuto, costringendomi quindi a dover intervenire.
Titolo in grassetto: “Aumentano le presenze negli hotel e per l Comune arriva il tesoretto.” I brani più significativi ovviamente li riporto tra virgolette. Martedì 12/08:
 1) “Un Tesoretto da 600mila euro, con cui finanziare le mostre ed alimentare di riflesso l’appeal turistico…”. Appeal Turistico ? Come si fa a parlare di “Appel turistico”, quando dai dati consolidati , MENO del 2% dei Visitatori delle Mostre ai Diamanti pernotta in città? Solo così diventando dei veri turisti. Quindi al massimo si può palare di Appeal Escursionistico.  Ma forse non hanno ancora capito  cosa siano i Turisti, che sono clienti diversi dai semplici Visitatori.
Forse saranno contenti  gli associati di Ascom e Confesercenti, non certo i titolari di Strutture Ricettive cittadine.. Continua  nella stessa pagina, in un  Box : ( tanto per dargli maggiore visibilità)
2) “L’obbiettivo prefissato del Comune è quello di tornare a superare la quota di 400mila presenze annue, considerato il minimo per una citta attrattiva come Ferrara” Se ne accorgono solo adesso? Infatti le Presenze turistiche, cioè i Pernottamenti ,erano stati 430.000 circa nel 2008: poi calate incredibilmente e progressivamente negli anni successivi, mentre sempre in tutti questi anni, le Presenze del Turismo Culturale, specialmente straniero,sono aumentate regolarmente  ( al di là delle cifre già raggiunte nel 2008) in tutte le citta UNESCO, al contrario di Ferrara, ( nonostante la crisi ) per l’assenza di politiche promo-commerciali adeguate. Altro box, immediatamente sotto al precedente.
3) ” A partire dai Buskers di fine agosto, si punta molto sugli eventi autunnali: il Balloons Festival e ad inizio ottobre il festival di Internazionale “. Anche qui  lasciando intendere , tra le righe, che anche il primo, i Ballons ( come il secondo, che dura solo un Week End )  porti Turisti a Ferrara.; cosa che non è mai accaduta e mai accadrà.
A conclusione di questo breve intervento,fatto per  i pochi a cui secca di leggere inesattezze riporto, la conclusione di una dichiarazione di,un assessore ,tratto da una intervista veramente  smart:  ” Di turismo credo di intendermi e penso che non necessariamente i pacchetti siano lo strumento giuso [concordo] visto che sono molti i turisti -fai-da-te [ che girano sul Web e poi prenotano direttamente via mail  nei vari Hotel]
Piuttosto la scommessa è quella di creare qualche altra manifestazione di nicchia, ma non a carico del pubblico.” Non sia mai! Quindi con gli incassi di 600mila euro ,tirati fuori dalle sole Strutture Ricettive, riescono solo a pagare le iniziative degli Arci-esperti di Ferrara Arte ? Chissà?
Buon Ferragosto. (ammesso che non lavoriate nell’Industria turistica cittadina, per me destinata inevitabilmente a ridimensionarsi ulteriormente )
Cordiali Saluti
Arch. Lanfranco Viola

Contaminazioni 014 in Romania evento

Contaminazioni 014
https://www.facebook.com/events/909379459079446/910446315639427/?notif_t=plan_mall_activity Museo di Storia e Archeologia
Piazza Ovidio 12 Costanza, Romania
L' Associazione Culturale M.I.C.R.O. di Roma presenta, la prima mostra del ciclo Contaminazioni, a cura di Maurizio Scudiero, Anna D'Elia e Giancarlo Carpi.
All'interno del Museo di Storia ed Archeologia di Costanza l'arte ritrova la propria identità culturale con la mostra Contaminazione 014. Opere di artisti fondamentali nella storia dell'arte del '900 - (tra gli altri Warhol, Pascali, Manzoni, Schifano, Rotella, Arman) andranno a inserirsi nel contesto museale ed a rapportarsi con il grande patrimonio di opere di epoca romana esposte all'interno del Museo di Storia ed Archeologia di Costanza.

Con questa mostra l'associazione culturale M.I.C.R.O. che ha ideato e realizzato l'evento, propone un’ottica diversa dalla solita mostra: saranno esposte 80 opere di arte del XX e del XXI secolo vicino ad opere Classiche, come in una sorta di montaggio critico non lineare che intende far prendere coscienza di quanto ancora oggi siano fortemente presenti le radici culturali latine nel mondo contemporaneo, nello stile di vita, nell'estetica architettonica e nell'immagine che ci dà l'arte contemporanea del XX e del XXI secolo. Per contrasto, la mostra presenta le correnti artistiche italiane contemporanee che più fortemente hanno vissuto ed elaborato nell’ultimo decennio l’influenza delle culture pop americane e orientali, le correnti neo-pop italiane collegate all’estetica globalizzata del Cute.
La scelta di realizzare la prima mostra della serie Contaminazioni nel Museo di Storia ed Archeologia di Costanza non è dovuta al caso; Costanza da duemila anni è un importante porto sul Mar Nero, punto si snodo per tutti i commerci tra l'Europa romana e l'oriente, è il luogo scelto da Augusto per esiliare Ovidio, è un ospitale crocevia multietnico, punto di contatto tra culture lontane, è un moderno porto turistico.
È soprattutto un luogo dove la presenza del passato latino è ancora molto forte nella cultura e nell'identità della città ed è tangibile nei numerosi reperti visibili e visitabili.
È quindi il punto di partenza ideale per il primo appuntamento di Contaminazioni, mostra che vogliamo portare in tutti quei paesi che hanno una comune radice culturale latina.
Elenco Artisti:
Franco Angeli, Arman, Gianfranco Baruchello, Stefano Bolcato, Danilo Bucchi, Fabrizio Campanella, Cant, Tonino Caputo, Maurizio Cattelan, Bruno Ceccobelli, Claudio Cintoli, Giulio D'Anna, Franco Danieli, Carlo Dell'Amico, Gianni Dessì, Marcello Di Donato, Luciano Fabale, Tano Festa, Riccardo Fiore Pittari, Giosetta Fioroni, Andrea Fogli, Gabriels, Giampistone, Michele Giangrande, Claudia Giannuli, Giuliano Giganti, Cleonice Gioia, Jannis Kounellis, Roy Lichtenstein, Enrico Manera, Piero Manzoni, Umberto Mariani, Herman Nitsch, Omino 71, Dennis Oppenheim, Pino Pascali, Luca Maria Patella, Cristiano Petrucci, Elisa Pietrelli, Pizzicannella, Andrea Raccagni, Mimmo Rotella, Franco Sarnari, Mario Schifano, Katja Tukiainen, Franco Valente, Elio Varuna, Nicola Verlato, Esteban Villalta Marzi, Andy Warhol.
Luogo e Date:
Muzeul de Istoria Nationala si Arheologie
Piazza Ovidiu 12, Constanta, Romania
dal 29 agosto al 21 settembre 2014
catalogo disponibile
Realizzazione Evento :
Associazione Culturale M.I.C.RO.
Sede di Roma: Via Lucrezia Romana, 13, 00178, Roma, Italia
Tel. +39 6 72901516
Sede di Firenze: Via Romana 30R, 50125, Firenze, Italia
Tel +39 55 2335663
www.microarte.org
acmicro@libero.it
Organizzazione in Italia
Raffaele Soligo
Organizzazione in Romania
Magdalena Avram, X Alter Event
per informazioni
acmicro@libero.it

Associazione Culturale M.I.C.R.O.
chi siamo

Nell’ambito della vivace e poliedrica attività di M.I.C.R.O (Movimento Internazionale Culturale Roma) particolare rilievo ha assunto il percorso di ricerca rivolto all’approfondimento e alla rilettura del Futurismo come fondamentale movimento di avanguardia del XX secolo che ha incarnato , attraverso un coinvolgimento trainante e dirompente, gli impulsi irrefrenabili
e la congenita necessita di cambiamento avvertita nei primi anni del XX secolo,
fornendo un’efficace risposta ideologica alla volontà di radicale revisione dei parametri culturali in ogni attività di espressione e di pensiero creativo.
A tal proposito va ricordato che M.I.C.RO. ha già organizzato vari appuntamenti culturali dedicati al Futurismo: a Roma, nel maggio 2005, ad Erice Maggio 2006, ancora a Roma nel marzo 2008 e quindi nel 2009 (con la mostra del centenario del Futurismo, poi trasferita ad Agrigento) e infine nel marzo del 2011, a Firenze, dove ha riportato il Futurismo per inaugurare la sede fiorentina dell’associazione, nel 2012 la mostra “Dal Futurismo alla Pop Art Passando per il Najs” nella chiesa di San Francesco di Paola a Taormina, e nel 2013 dal Futurismo ai percorsi contemporanei nel museo dell'arsenale di Tivat in Montenegro.
M.IC.RO. ha inoltre collaborato estensivamente (con prestiti e know-how) alla realizzazione di altre importanti mostre sul Futurismo, come, ad esempio, la vasta rassegna tenuta a Taipei, nella Repubblica di China, nell’estate 2009.




venerdì 15 agosto 2014

Riccardo Roversi su Luuk Magazine (Milano)

Fai clic per visualizzare le opzioniPrestigiosa segnalazione per lo scrittore ferrarese (anche giornalista e editore con Este Edition) Riccardo Roversi: su Luuk Magazine [leggi] rivista trendy on line di fashion, spettacolo, tecnologia di Milano. E per la rubrica Scienza e Futuro curata da un altro ferrarese, il futurista Roberto Guerra: che ha evidenziato certa poetica umanistica e futuribile di Roversi, espressa in particolare dal suo lavoro letterario-teatrale Periplo di Millennio, centrato alla fine su un dialogo virtuale tra un computer e i protagonisti umani. Opera a suo tempo anche portata in scena ripetutamente a Ferrara (Palazzo Crema) Comacchio (Palazzo Bellini) e nel Nord Italia, a cura della regista parigina Alexandra Dadier. Tra poesia e informatica, così è presentato Roversi, binomio oggi molto discusso negli ambienti ciberculturali, una inedita via letteraria dell’autore, segnalato anche per il suo recente neorinascimentale 50 Letterati (estensi, dal 400 al 2000) oltre i bordi , forse più diffusi, dei fautori o “resistenti” del web. Un approccio creativo e critico. Non ultimo un altro scrittore di Ferrara ormai di spicco nazionale.

FERRARA ITALIA

Giovanni Fioravanti per Ferrara città della conoscenza...

FERRARA ITALIA


ferrara9Ciechi nel secolo della conoscenza”.


di Giovanni Fioravanti


Sì, è quello che sembra accadere da noi. Società della conoscenza, città della conoscenza sono temi che si dibattono nel mondo e per i quali governi di diversi Paesi si stanno da tempo impegnando. Basta consultare il sito web delle knowledge cities per rendersene conto. Basterebbe essere un po’ meno provinciali di quanto siamo, soprattutto basterebbe non aver vissuto 20 tragici anni di accumulo di spaventosi ritardi (sic!). E il futuro non sembra migliore…

Dove abitiamo? Dove abita il nostro Paese, dove abitano le nostre città? È come se all’improvviso la cecità dei personaggi di Saramago avesse preso anche noi. Il mondo che ci sta intorno viaggia a una velocità decisamente diversa dalla nostra.
Te ne accorgi quando, occupandoti di città della conoscenza, scopri che esiste addirittura l’Official Web Site delle Knowledge Cities, ne fa riferimento Francisco Javier Carrillo, docente e ricercatore in knowledge systems e knowledge administration, nel suo libro, del 2006, Knowledge Cities, per altro mai tradotto in italiano.
A scorrere la lista dei settantuno tra Paesi, città e continenti che aderiscono al Knowledge-Based Development (Kbd), con l’intento dichiarato di fondare il loro sviluppo sulla conoscenza, c’è l’Europa, ma non c’è l’Italia e neppure una delle sue città. L’Italia non è tra le nazioni che hanno scelto di concentrare i loro sforzi o che intendono attivare programmi per porre la conoscenza alla base della propria crescita. Allora rivolgendo gli occhi alle vicende di casa nostra, a questo Paese che sembra aver preso le distanze dal lavoro, dall’intelligenza, dallo studio, dalla cultura e dalla ricerca, imboccando la disastrosa scorciatoia delle speculazioni finanziarie, della corruzione, del peculato e del malaffare, ti rendi conto che chi ha governato, per lo meno negli ultimi vent’anni, ci ha portati fuori strada, a sbattere contro un muro.
Doveva venirci il sospetto che il brain drain, la fuga all’estero dei nostri cervelli migliori, voleva dire che gli altri Paesi stavano investendo sulla cultura, sui saperi, sull’istruzione.

Si fa fatica a non pensare che le difficoltà, in cui ancora ci troviamo senza cavarci i piedi, in buona parte provengono dal grave deficit sul piano delle politiche culturali e dell’istruzione che abbiamo accumulato almeno da vent’anni a questa parte.
Il fatto, che le maggiori organizzazioni internazionali come la Commissione europea, la Banca mondiale, l’Onu e l’Ocse abbiano adottato il knowledge management come cornice dei loro orientamenti strategici per lo sviluppo mondiale, indica chiaramente l’esistenza di un nuovo collegamento tra gestione della conoscenza e crescita economica. La gestione della conoscenza è divenuta strategica non solo per il mondo degli affari, ma soprattutto per settori come l’istruzione, la pubblica amministrazione e la sanità.

Economisti quali Peter Drucker e Taichi Sakaiya, tra gli altri, avevano previsto già sul finire del secolo scorso l’avvento di un’economia della conoscenza, come base per la fondazione di quell’idea della società che l’Europa ha fatto propria. Secondo Sakaiya «stiamo entrando in una nuova fase di civiltà in cui il valore attribuito alla conoscenza è la forza trainante».
Per molti il ventunesimo secolo si va caratterizzando come il secolo delle città. Quella grande migrazione di masse contadine dalla campagna alla città, iniziata con la rivoluzione industriale, è un processo ancora in corso, del resto la sua esistenza è molto breve, se la consideriamo in una prospettiva storica. Un paio di secoli non sono altro che lo 0,5% dell’esistenza umana sulla Terra.
Ancora nel 1980, meno del 30% della popolazione mondiale era urbanizzata, ora più del 50% vive nelle città, e la quota è destinata a salire al 75% entro il 2025. Una percentuale che è già raggiunta dalla maggior parte dei paesi sviluppati. L’urbanizzazione definitiva dell’umanità sta avvenendo proprio in questo tempo, dopo quarantamila anni dalla comparsa della nostra specie.

Urbanizzazione globale e avvento della Società della Conoscenza, costituiscono ciascuno una realtà senza precedenti e complessa. Da qui emergono i limiti dei nostri tradizionali approcci disciplinari allo sviluppo urbano e alla creazione di valore sociale.
Entrambi, integrati nella società della conoscenza, costituiscono uno dei fenomeni più complessi mai affrontati dagli uomini e, probabilmente, il punto critico del nostro futuro.
È questo nuovo collegamento a creare un ambiente favorevole alla crescita della città della conoscenza, argomento oggi di grande interesse e discussione nel mondo. Molte città già si proclamano a livello mondiale come learning o knowledge city, mentre altre hanno elaborato strategie e programmi per diventarlo.
Il concetto di città della conoscenza è molto ampio, si riferisce a tutti gli aspetti della vita sociale, economica e culturale. Secondo i ricercatori in questo campo, tra cui il greco Kostas Ergazakis, esperto di knowledge management, una città della conoscenza è una città che mira allo sviluppo basato sul sapere, favorendo tra i suoi abitanti la continua creazione, condivisione, valutazione, rinnovo e aggiornamento delle conoscenze. Lo scambio di conoscenze e di cultura è il fulcro strategico della città di questo secolo, che deve essere alimentato e sorretto dalle sue reti e dalle sue infrastrutture.

Le previsioni per il futuro delle città sembrano dare per scontata la continuazione del modello industriale capitalista che ha dominato il ventesimo secolo. Ma le città amministrate sulla base di questo modello sono diventate sempre più grandi, con una domanda di consumi sempre maggiore e una esorbitante produzione di rifiuti. La prospettiva finale è inevitabilmente il collasso ambientale, sociale ed economico, appena esse avranno superato i limiti di una crescita gestibile. È evidente che questo modello di sviluppo non è più funzionale.
In questo contesto il vantaggio della città della conoscenza è nella sua stessa definizione, perché la sua esistenza ha le radici nei saperi diffusi, si fonda su uno sviluppo sostenibile per l’ambiente, economicamente equo e socialmente responsabile.

Il coinvolgimento attivo dei cittadini, la condivisione diffusa delle conoscenze innescano forti dinamiche di innovazione in tutti i settori, dalle attività economiche a quelle sociali, creano un ambiente tollerante verso le minoranze e i migranti, contribuiscono a far crescere e migliorare il funzionamento della democrazia, sono le condizioni senza le quali l’idea che la democrazia diretta possa sostituirsi alla politica, come l’abbiamo finora praticata, resta un puro, accecante inganno populistico.

Laurie Anderson VIDEO

Il mistero di You Tube tecnobeta....


di Laura Bogliolo




















Messaggi dagli alieni, un nuovo codice di comunicazione delle spie, percorsi criptati, il count down per la conquista della Terra, anzi no, il mega attacco hacker che farà implodere le reti di comunicazione sul web. Per otto mesi YouTube è stato la casa di un mistero che ha incuriosito i più grandi network.Ne hanno parlato The Guardian, la Bbc, il Washington Post. Giorni fa qualcuno era sicuro: “Il mistero ha a che fare con la Francia per i colori riportati sui video”.Il nome del mistero è WebDriver Torso, il canale YouTube sul quale da febbraio sono stati caricati 80 mila video simile: 11 secondi di rettangoli blu e rossi, in sottofondo un fastidioso suono che il plotone di nerds curiosi ha scoperto infastidire i gatti. Il mistero si è infittito ancora di più quando i rettangoli hanno preso le sembianze di Rick Astley, il cantante pop degli anni Ottanta che spopolò con il tormentone Never Gonna Give You Up.

Ebbene, dopo mesi di congetture ecco svelato cosa c'è dietro a WebDriver Torso: si tratta di un canale usato dai tecnici di Google per testare la qualità audio e di immagine dei video. Caricando il video si notano le differenze tra il filmato originale e quello messo online. Big-G ha risposto a Engaged svelando l'arcano con questa frase: “We're never gonna give you uploading that's slow or loses video quality, and we're never gonna let you down by playing YouTube in poor video quality. That's why we're always running tests like Webdriver Torso”.

Anche sulla frase del comunicato ufficiale sono scattate interpretazioni: la frase “never gonna give you up” farebbe riferimento alla famosa canzone di Rick Astley. Non solo: il nome di uno dei video “tmpRkRL85” andrebbe tradotto così: Rk sta per "Rick", RL "Roll" e 85 "1985" due anni prima del rilascio della canzone "Never Gonna Give You Up". Il tutto andrebbe ricollegato al famoso meme Rickrolling, il fenomeno esploso nel 2007 che prevedeva un link nascosto che ti “costringeva” a cliccare sul video di Rick Astley che ha conquistato oltre 800 milioni di visualizzazioni.
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Fisica e malinconia






GOSPADINOV AL PREMIO STREGA EUROPEO

sylvia plathdi Massimiliano Parente

Quando uno sente Bulgaria pensa subito a espressioni tipo processo bulgaro, o editto bulgaro, o mentalità bulgara, e mai verrebbe in mente un garantismo bulgaro, tantomeno un Proust bulgaro. Anche perché lì sono tutti finiti nel tritacarne del comunismo, cementificati nell'estetica socialista, e oltretutto hanno nomi impronunciabili da KGB o da governanti dell'Est, tipo Nikola Jonkov Vapcarov, Hirsto Smirnenski, che in genere uno poi chiama Gino e Marco per fare prima se ce l'hai in casa.

Per cui quando Francesca Rosini, l'ufficio stampa di Voland, ha insistito perché leggessi Georgi Gospodinov ho pensato: chi? E poi: che palle, un bulgaro. Poi mi ha detto che sarà tra i protagonisti il primo luglio del Festival delle Letterature e ho pensato chissenefrega, io stesso non ci ho mai messo piede. Poi ha detto che è entrato nella shortlist del Premio Strega Europeo e stavo per chiudere la conversazione, pure il Premio Strega Europeo ci mancava. Finché non mi ha detto il titolo dell'ultimo romanzo, Fisica della malinconia, qualcosa mi è scattato dentro, e le ho detto ok, mandamelo.

Bellissimo. Niente comunismo, niente lagne operaie, niente politica, non sembra per niente bulgaro, straordinario romanzo d'avanguardia. Non sembra neppure uno dei romanzi italiani da premio, a dire vero, i quali a pensarci sembrano tutti romanzi bulgari da far leggere a Travaglio in una puntata di Annozero o Announo.

Qui il tema centrale è l'empatia, che uno scrittore deve avere per raccontare anche e soprattutto storie che non sono la propria, dal proprio nonno nato nel 1913 a una drosofila, nata due ore prima del sorgere del sole e che morirà al tramonto. Un'opera che inizia con un «io siamo», e finisce con «io fummo». Se, per poetica, per senso dell'umorismo in bilico sulla vertigine esistenziale, dovessimo avvicinarlo a uno dei nostri scrittori potrebbe essere un mix tra Guido Morselli e Ennio Flaiano.

È una vivisezione della vita con lo spirito di un giocoliere e la precisione di uno scienziato. Partendo da un circo dove l'attrazione è un serpente lungo sei metri («tre dalla testa alla coda e altri tre dalla coda alla testa») e un bambino nato deforme esposto come Minotauro. Figura ricorrente del libro, perché insomma, ha ragione Gospodinov: che colpa aveva il Minotauro, nato mostro per una punizione inflitta alla madre Pasifae? Ecco, Gospodinov dà voce al Minotauro, ne diventa l'avvocato d'ufficio. Con una vera e propria arringa, contro quegli stronzi di Dedalo e Teseo.

Tuttavia l'empatia è universale, dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo, e non risparmia un nido di rondine con i suoi rondinini. Così Georgi, il bambino empatico, non resiste e aiuta la mamma rondine nello svezzamento portandole insetti, piccole farfalle, mosche. Ma è proprio l'empatia a paralizzare il gesto: «Perché mai i rondinini dovrebbero avere più valore delle larve delle mosche? L'uccisione di una mosca e quella di un elefante non sono forse assassinii equivalenti?».

Tra le infinite trovate ci sono le invenzioni di Gaustìn, puro dadaismo. Come il Cinema per poveri: per un prezzo modestissimo, in 30 minuti, si racconta un film appena uscito a chi non ha soldi per andare al cinema. E se il film non lo si è visto? Lo si inventa. Oppure, altra trovata, una sfilata prêt-à-porter per preservativi, il problema è trovare i modelli («Che problema c'è? Sono cazzi!»). Fino a un progetto di «architettura momentanea», strutture di fil di ferro che riproducano la traiettoria di pochi secondi o minuti del volo di una mosca.

Oltre alle storie, è anche un catalogo fantasmagorico di malattie strane e curiose statistiche marginali, per esempio vi racconta la White Nose Syndrome, la sindrome del naso bianco dei pipistrelli. «Non ne avete mai sentito parlare? Nessuno si mette a contare i pipistrelli morti». Invece nel 2001 duemila merli morti cadono dal cielo e qualcuno, come sempre, lo prende come segno dell'Apocalisse. Tra l'altro è anche una storia portatile delle apocalissi di ogni dimensione, da Hiroshima a un formicaio affogato dalla pioggia.

A proposito di bombe atomiche, un uomo con la maschera antigas assomiglia al Minotauro, tutto torna. Ma la più grande catastrofe è la morte, l'oblio, il tempo che tutto consuma, e le persone care, e noi stessi, disintegrati prima o poi dallo scorrere degli anni. Purtroppo «nessuno ha ancora inventato una maschera antigas e un rifugio antiaereo contro il tempo». E d'altra parte: «l'immortalità è possibile solo nell'infanzia».

IL GIORNALE

N I C O  VIDEO






Oscurantismo nella storia: Ferrara, gli Estensi e ll Papato...

alfonso_II_esteAMMINISTRAZIONE DEGLI ESTENSI A FERRARA/3

di RICCARDO ROVERSI

«Quando Ercole I d’Este sul finire del Quattrocento decise di ingrandire Ferrara raddoppiandone la cinta muraria con quella Addizione che da lui prese il nome, probabilmente non pensava di poter riempire di uomini il vasto spazio agricolo […]. Una cerchia muraria di sette miglia rappresentava per una città di quell’epoca una dimensione quasi spropositata. Eppure l’ingrandimento della capitale dello Stato estense, che comprendeva i feudi imperiali di Modena e di Reggio e altri territori, aveva dietro di sé la chiara percezione che tanto la città quanto le campagne del Ferrarese stavano rapidamente ripopolandosi dopo la grave contrazione demografica dei secoli XIV e XV e che, dunque, anche la vita economica, la produzione agricola, i commerci erano di nuovo in espansione»*.
La corte divenne sempre più polo di attrazione per funzionari, diplomatici, affaristi, imprenditori. Il mercato cittadino intanto si vivacizzava, i fondi agricoli intensificavano la produzione. Anche le corporazioni di arti e mestieri (prevalentemente di tipo artigiano e manifatturiero), soppresse da Obizzo d’Este nel 1288, in parte si riassestarono e ripresero lentamente a funzionare. Senza contare i prodotti agricoli e gli allevamenti nei vastissimi spazi extraurbani, alle cui bonifiche gli Estensi si dedicarono con efficacia soprattutto a partire, come si è detto, dall’epoca di Leonello: dagli interventi di Casaglia cominciati nel 1447-48 a quelli della Sanmartina, dai lavori nella Diamantina alla grande bonificazione deltizia voluta da Alfonso II.
La dominazione papale è quasi unanimemente considerata come il periodo più oscuro di Ferrara per molte ragioni, una fra tutte la ghettizzazione degli Ebrei. Ma naturalmente vi sono pure altri sostanziali motivi, il più preponderante dei quali è il fatto che, con la partenza di Cesare d’Este per Modena, il cospicuo flusso fiscale che la corte incamerava dalle comunità dello Stato e che, in qualche modo e sebbene in piccola parte, ritornava alle comunità sotto forma di investimenti di vario genere o, meglio ancora, sotto forma di incentivazioni agli investimenti e all’imprenditoria, si sarebbe con il trasferimento della capitale estense riversato nelle casse della nuova sede emiliana. E inoltre buona parte dei gentiluomini, dei maggiori mercanti, nonché un abbondante numero di ebrei con le loro invidiabili competenze, ritennero più opportuno e conveniente seguire gli Estensi a Modena, lasciando Ferrara impoverita di dinamismo imprenditoriale e di risorse umane.

* F. Cazzola, L’agricoltura nel XIV-XVI secolo, in F. Bocchi (a cura di), La storia di Ferrara, Poligrafici Editoriale, Bologna 1995, p. 177.

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Italia. mai dimenticare Oriana Fallaci, rivoluzionaria occidentale

Islam, immigrati, ebrei. Non dimentichiamo la Fallaci più scomoda

L'Oriana della "Trilogia" viene ricordata poco perché fuori dagli schemi del politicamente corretto. Ma ci insegna molto

http://www.ilgiornale.it/news/cultura/non-capiscono-democrazia-esploder-medio-oriente-1044245.html


C'è una Oriana Fallaci che non si celebra volentieri perché troppo «controversa» per gli schemi del politicamente corretto. È la Fallaci post 11 settembre, quella della Trilogia . Nelle mostre e celebrazioni più o meno ufficiali è finita un po' ai margini.
La recente biografia, per altri versi eccellente, scritta da Cristina De Stefano ( Oriana, una donna , Rizzoli) dedica agli ultimi anni della scrittrice 14 pagine su 312, poche se rapportate al successo della Trilogia , e al dibattito che sollevò. La Fallaci interpretata a teatro da Monica Guerritore in Mi chiedete di parlare , al di là delle migliori intenzioni, suggeriva che esistessero due Oriane: una buona, quella degli anni Settanta, e una cattiva, quella del nuovo millennio, vittima della rabbia e dell'orgoglio. Sulla Fallaci che vedremo su Raiuno, L'Oriana con Vittoria Puccini, nulla si può dire ma le produzioni destinate alla prima serata tv raramente brillano per anticonformismo. Speriamo sia una bella sorpresa.
La cronaca suggerisce che una rilettura della Fallaci «cattiva» potrebbe fornire spunti di riflessione sui temi del momento e del futuro: l'immigrazione, l'ascesa del fondamentalismo islamico in Medio Oriente, le sue mire espansionistiche, la persecuzione dei cristiani, la paura che i terroristi siano già nelle nostre città, il fallimento della guerra in Iraq, la rinascita dell'antisemitismo. Di cos'altro ha scritto, se non di questo, la Fallaci dopo il 2001?
Partiamo dall'immigrazione. I politici sembrano considerare i barconi un «semplice» flusso di manodopera (in nero) o di potenziali elettori. Secondo la Fallaci invece siamo di fronte a un evento di portata storica, con tutte le conseguenze culturali del caso. Le masse provenienti dai Paesi musulmani sono ritenute in grado di innescare un processo che conduce alla fine del sistema democratico. Ecco cosa scriveva: «L'Europa non è più l'Europa. È diventata una provincia dell'Islam come la Spagna e il Portogallo al tempo dei Mori. Ospita sedici milioni di immigrati musulmani, cioè il triplo di quelli che stanno in America» ( La Rabbia, l'Orgoglio, e il Dubbio , Corriere della Sera , 14 marzo 2003). Ancora: «Sto dicendo che, proprio perché è definita da molti secoli e molto precisa, la nostra identità culturale non può sopportare un'ondata migratoria composta da persone che in un modo o nell'altro vogliono cambiare il nostro sistema di vita. I nostri principii, i nostri valori. Sto dicendo che da noi non c'è posto per i muezzin, pei minareti, pei falsi astemi, per il fottuto chador e l'ancor più fottuto burkah. E se ci fosse, non glielo darei. Perché equivarrebbe a buttar via Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, il Rinascimento, il Risorgimento, la libertà che abbiamo bene o male instaurato, il benessere che abbiamo indubbiamente raggiunto. Equivarrebbe a regalargli la nostra Patria, insomma. L'Italia. E l'Italia io non gliela regalo» ( La Rabbia e l'Orgoglio , Rizzoli, 2001).
Alla Fallaci la guerra, che conosceva bene, sia per averla combattuta da ragazzina, sia per averla raccontata da adulta, faceva orrore. Il ricordo della Resistenza, e dell'opposizione Alleata al nazismo, le aveva però lasciato la convinzione che esistessero guerre giuste e legittime. Inoltre chiamava le cose col loro nome e dunque l'idea stessa di «guerra umanitaria» la faceva ridere. Scrive ne La Rabbia, l'Orgoglio, e il Dubbio : «L'umanitarismo non ha niente a che fare con le guerre. Tutte le guerre, anche quelle giuste, anche quelle legittime, sono morte e sfacelo e atrocità e lacrime». Sul fatto che la guerra in Iraq lanciata da Bush Junior fosse giusta e legittima, la Fallaci aveva qualche dubbio, anche se nelle sue posizioni non c'era traccia di anti-americanismo. Ma anche ammesso, e non concesso, che fosse lecito deporre Saddam, l'ottimismo degli Usa le sembrava fuori luogo: «gli americani sono certi che a Bagdad verranno accolti come a Roma e a Firenze e a Parigi. "Ci applaudiranno, ci getteranno fiori" mi ha detto tutto contento una testa d'uovo di Washington. Forse. A Bagdad può succedere di tutto. Ma dopo? Che succederà dopo? Oltre due terzi degli iracheni che nelle ultime "elezioni" hanno dato il cento per cento dei voti a Saddam sono sciiti che da sempre vagheggiano di stabilire la Repubblica islamica dell'Iraq. E negli anni Ottanta anche i sovietici vennero accolti bene a Kabul. Anche i sovietici imposero la loro pax con l'esercito. Convinsero addirittura le donne a togliersi il burqa: rammenti? Però dieci anni dopo dovettero andarsene, cedere il passo ai Talebani. Domanda: e se, invece di scoprire la libertà, l'Iraq diventasse un secondo Afghanistan? E se, invece di imparare la democrazia, l'intero Medio Oriente saltasse in aria o il cancro si moltiplicasse? Di paese in paese, con una specie di reazione a catena...». La democrazia non è esportabile, pensava la Fallaci, perché opposta al Corano, che detta le regole anche ai Paesi laici a maggioranza musulmana. La libertà è estranea «al tessuto ideologico dell'Islam», che è il «totalitarismo teocratico» in cui non c'è posto per le scelte individuali. E «chiunque neghi l'individualismo nega la civiltà occidentale». ( La Forza della Ragione , Rizzoli, 2004).
L'articolo sull'antisemitismo pubblicato da Panorama il 18 aprile 2002, con poche varianti, si potrebbe ristampare tale e quale: «Io trovo vergognoso che obbedendo alla stupida, vile, disonesta, e per loro vantaggiosissima moda del Politically Correct i soliti opportunisti anzi i soliti parassiti sfruttino la parola Pace. Che in nome della parola Pace, ormai più sputtanata delle parole Amore e Umanità, assolvano da una parte sola l'odio e la bestialità. Che in nome d'un pacifismo (leggi conformismo) delegato ai grilli canterini e ai giullari che prima leccavano i piedi a Pol Pot aizzino la gente confusa o ingenua o intimidita. Che la imbroglino, la corrompano, la riportino indietro di mezzo secolo cioè alla stella gialla sul cappotto».
E il cristianesimo? Possiamo intuire cosa direbbe l'atea e anticlericale Fallaci della persecuzione dei cristiani a opera dei fondamentalisti islamici: «Io sono un'atea cristiana... E lo sono perché il discorso che sta alla base del cristianesimo mi piace. Mi convince. Mi seduce a tal punto che non vi trovo alcun contrasto col mio ateismo e il mio laicismo. Parlo del discorso fatto da Gesù di Nazareth, ovvio, non di quello elaborato o distorto o tradito dalla Chiesa Cattolica, anche dalle Chiese Protestanti. Il discorso, voglio dire, che scavalcando la metafisica si concentra sull'Uomo. Che riconoscendo il libero arbitrio cioè rivendicando la coscienza dell'Uomo ci rende responsabili delle nostre azioni, padroni del nostro destino. Ci vedo un inno alla Ragione, al raziocinio, in quel discorso. E poiché ove c'è raziocinio c'è scelta, ove c'è scelta c'è libertà, ci vedo un inno alla Libertà» ( La Forza della Ragione ). Una Libertà da difendere senza porgere l'altra guancia.

Futurismo in versione Roberto Guerra. Il libro del ferrarese e futurista con arte, società e tecnologia

Futurismo in versione Roberto Guerra. Il libro del ferrarese e futurista con arte, società e tecnologia

by CiinqueW Roma

Futurismo in versione Roberto Guerra. Il libro del ferrarese e futurista con arte, società e tecnologia
FERRARA - Da Roberto Guerra, ferrarese e futurista, il libro Futurismo
per la nuova umanità (E-book). Dopo Marinetti: arte, società, tecnologia
(Collana: E-book). Data di pubblicazione: 2012, 96 pagine. Roberto
Guerra, Futurismo per la Nuova Umanità. Dopo Marinetti. Arte, società,
tecnologia. Edito già nel 2012, cartaceo sempre dai tipi di Armando
editore, Roma. editrice storica specializzata nelle scienze sociali e
testi universitari (a suo tempo la prima a lanciare in Italia figure
come Marshall McLuhan e Karl Popper), versione anche eBook, digitale per
Futurismo per la nuova umanità... del futurista ferrarese Roberto (o
Roby Guerra). Cartaceo a suo tempo già presentato a Ales, Oristano,
Biblioteca Gramsciana, a cura di Giuseppe Manias (Ales, luogo natale di
Antonio Gramsci, info Nuova Sardegna  ) e a Ferrara, a High Foundation
Festival, segnalato anche da siti specializzati d'avanguardia sulle
nuove tecnologie, Associazione Italiana Transumanisti, Estropico,
Futurology, ecc., non ultimo nel Convegno Eredità e attualità del
futurismo, Roma, a c. di A. Saccoccio, G, Carpi e di Roma Università Tor
Vergata.



Così la scheda programmatica di certa revisione del futurismo in chiave
postmoderna (e di sinistra 2.0, secondo le parole esplicite di Guerra,
vedi anche Roby Guerra wikipedia), forse la più radicale contemporanea.



"La storia del futurismo post 1944, dopo la scomparsa di Marinetti, fino
ad oggi e in progress: l’autore di questo volume, con originale
prospettiva letteraria e particolare rigore empirico, fornisce delle
interessanti argomentazioni sulla più grande avanguardia italiana Una
revisione sull’essenza tecnologica e futurologica del Futurismo storico,
guardando agli studi di sociologi e futuribili quali McLuhan e De
Kerckhove, e alle osservazioni sulla dis-continuità aggiornata del
Futurismo nel secondo Novecento e inizio Duemila".

Lady Gaga live concert in Israele

MenteLocale





Lady Gaga. Concerto a Tel Aviv il 13 settembre

Lady Gaga
Lady Gaga © facebook.com/ladygaga
Miss Germanotta è sbarcata in Giappone con l'Art Rave Tour. Ma l'attesa più grande è quella per il live in Israele. I biglietti costano dai 77 ai 370 euro
Martedi 12 agosto 2014
C'è grande attesa per il live di Lady Gaga a Tel Aviv (Israele) in programma il 13 settembre 2014 presso il parco HaYarkon. I biglietti per assistere allo show di Miss Germanotta costano dai 77 ai 320 Euro e lo spettacolo servirà all'istrionica pop star per presentare al pubblico israeliano i brani tratti dal suo ultimo album Artpop, uscito nel novembre 2013.
Lady Gaga arriva in terra israeliana dopo i concerti di altri grandi nomi dello scenario musicale internazionale come Rolling Stones, Pixies e Justin Timberlake.
Nel contempo sale la febbre dei fan giapponesi per le due date che la pop star terrà a Tokyo il 13 e il 14 agosto presso il Qvc Marine Field a cui seguirà un live a Seoul (Korea del Sud) il 16 agosto.
L'ArtRave tour che sta portando Lady Gaga a esibirsi in tutto il mondo ha raggiunto incassi record con oltre 700 mila biglietti venduti. Ma i record per la pop star non si fermano ai soli concerti: Lady Gaga è stata infatti premiata lo scorso maggio con il Diamond Award un riconoscimento che viene attribuito ai cantanti che riescono a superare le 10 milioni di copie vendute.

Ancar 


Buskers 2014 Ferrara: la mostra

Estense com
Il Servizio Biblioteche e Archivi del Comune di Ferrara anche quest’anno, com’è ormai tradizione, propone un contributo al Ferrara Buskers Festival attingendo al proprio patrimonio librario e documentario. 
Dal 18 agosto fino al 3 settembre infatti, la Biblioteca Ariostea (via Scienze 17) ospiterà un’affascinante esposizione bibliografica dedicata a un paese incastonato fra la Russia e la Cina, la Mongolia, nazione ospite dell’edizione 2014 della rassegna dei musicisti di strada.
La mostra “I mongoli: nomadi e guerrieri” sarà inaugurata lunedì 18 agosto alle 11 nella sala Ariosto della biblioteca alla presenza dell’assessora all’Urbanistica del Comune di Ferrara Roberta Fusari e del direttore artistico del Busker Festival Stefano Bottoni.
La curatrice della mostra, Mirna Bonazza, responsabile della Sezione Manoscritti e Rari dell’Ariostea e dell’Archivio Storico Comunale, ha selezionato dalle preziose raccolte della Biblioteca, edizioni, manoscritti, antichi e moderni di grande interesse, la maggior parte dei quali mai esposta.
La mostra mette in luce il percorso storico-geografico compiuto dal popolo Mongolo nei secoli. Trovano posto nelle vetrine di sala Ariosto importanti atlanti dei secoli XVI-XVIII che mostrano il territorio abitato dall’antica popolazione Tartara e le trasformazioni che l’hanno interessato nel tempo in relazione agli intrecci storico-politici con le genti confinanti. Merito dei viaggiatori e diplomatici europei l’aver contribuito a far conoscere i Tartari: da Giovanni da Pian del Carpine a Guglielmo di Rubruquis (o Rubruk) a Marco Polo a Giovanni Battista Ramusio ed altri. Sono documentate le figure dei grandi: da Genghiz Khān fondatore dell’Impero mongolo, al nipote Cublai Gran khān, a Tamerlano, grande conquistatore appartenente ad una tribù turco-mongola dell’Asia centrale, che restaurò la potenza del grande Impero.
Un avvincente itinerario per avvicinarsi a una nazione dalla tradizione saldamente ancorata ad antichi saperi che riscuote grande interesse tra i viaggiatori contemporanei attratti dalla sua storia, dal suo paesaggio, dal carattere gentile della sua gente e dalla peculiarità delle sue tradizioni legate al nomadismo.
La mostra, allestita in sala Ariosto, ad ingresso libero, è visitabile negli orari di apertura della Biblioteca Ariostea: da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13.30, sabato dalle 9 alle 13 sino al 30 agosto; dall’1 al 3 settembre anche al pomeriggio sino alle 19.

Rumore bianco 'Bande a Sud'. Casalabate: Vitaldix video





E' uscito il video:
Vitaldix T Rose: Rumore bianco..poesia d'amore 'Bande A Sud'. Casalabate (Vitaldo Conte)



Vitaldo Conte / Vitaldix T Rose, Lega Navale, Casalabate 9 agosto 2014. Evento-suono bianco nel Festival Bande a Sud. Don/azioni contaminazioni: Salvatore Luperto, Carmen De Stasio con Rosa Didonna. Introduzione: Cosimo Valzano. Dj set 'finale': Boulders. T rose: L Baldieri, Gy Casale, G Lulli, F Perrone, T Pertoso (maschere).
                                                https://www.youtube.com/watch?v=WtPMYvhH1AU 

giovedì 14 agosto 2014

La nuova storia del futurismo (Armando eBook)

Estense com

La (nuova) storia del futurismo in un ebook

Opera del ferrarese Roby Guerra

roby-guerra-kraftwerkEdito già nel 2012, cartaceo dai tipi di Armando editore, editrice storica specializzata nelle scienze sociali e testi universitari (a suo tempo la prima a lanciare in Italia figure come Marshall McLuhan e Karl Popper), arriva la versione eBook, digitale per "Futurismo per la nuova umanità" del futurista ferrarese Roberto (o Roby) Guerra (sempre Armando, Roma),
L'opera, la cui versione cartacea - a suo tempo già presentata a Ales, Oristano, alla Biblioteca Gramsciana, a cura di Giuseppe Manias (Ales è luogo natale di Antonio Gramsci,) e a Ferrara, all'High Foundation Festival, segnalata anche da siti specializzati d'avanguardia sulle nuove tecnologie – offre la "scheda programmatica di certa revisione del futurismo in chiave postmoderna" (e di sinistra 2.0, secondo le parole esplicite di Guerra, vedi anche Roby Guerra wikipedia), forse la più radicale contemporanea. La storia del futurismo post 1944, dopo la scomparsa di Marinetti, fino ad oggi e in progress: l'autore di questo volume, con originale prospettiva letteraria e particolare rigore empirico, fornisce delle interessanti argomentazioni sull' avanguardia italiana. Una revisione sull'essenza tecnologica e futurologica del Futurismo storico, guardando agli studi di sociologi  quali McLuhan e De Kerckhove, e alle osservazioni sulla dis-continuità aggiornata del Futurismo nel secondo Novecento e inizio Duemila

Donne e Numeri = Premio Nobel

http://www.corriere.it/scienze/14_agosto_13/nobel-matematica-la-prima-volta-una-donna-34c7e942-22bb-11e4-9eb4-50fb62fb3913.shtml

Il «Nobel» della matematica per la prima volta a una donna

All'iraniana Maryam Mirzakhani, 37 anni. Dal 1936 erano stati premiati solo uomini

di Paolo Virtuani


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Maryam Mirzakhani è stata premiata al Congresso internazionale dei matematici, in corso a Seul, con la Medaglia Fields, considerata l'equivalente del premio Nobel per la matematica. È la prima volta dal 1936 che questo prestigioso riconoscimento viene assegnato a una donna. Mirzakhani, della californiana Università di Stanford, è di origine iraniana.