sabato 10 aprile 2021

Secolo d'Italia: Sabato 10 Aprile - Leggi le principali notizie



Da: Secolo d'Italia 


Oscar Bartoli: Democrazia… Oppure?!



Da: Oscar Bartoli  
 

Borges et Alii di Sandro Giovannini sul Corriere Nazionale

 
Borges et Alii di Sandro Giovannini (Libri Heliopolis-Asino Rosso 2021, eBook)


.....Sandro Giovannini è un "intellettuale" ai vertici qualitativi della cultura italiana: fin dagli anni '70.. con le sue ripetute e sempre hi-tech creazioni, di seguito solo alcune: a Pesaro, il Centro Culturale Heliopolis, tutt'oggi attivo, poi appunto casa editrice, la rivista Letteratura Tradizione già pluridecennale, il Movimento Vertex (1979-1991), a livello europeo, Poesia tradizonale e d'avanguardia, le magliette trendy antelitteram letterarie (Salone del Libro Torino 1989...), poi esplose con quelle Feltrinelli, una significativa presentazione al Salone del libro in Germania a Francoforte (tra le 5 migliori editrici italiane,  padiglione tedesco!),  anni 80, il progetto Nuova Oggettività negli anni duemila, coinvolgendo in ogni step temporale centinaia e centinaia di "dissidenti" culturali non solo italiani.
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Brevemente, un mistero l'eterno audience d'elite ("una diversa avventura dell'elitismo", il sottotitolo dell'eBook) di Sandro Giovannini nel panorama contemporaneo: mera rimozione e censura della solita cultura italiana ideologica in malafede dominante dalla seconda guerra mondiale...
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Un eBook insomma Cristallo se non Diamante che, meglio di un Satellite contemporaneo,  traccia di Borges la sua più verosimile (e naturalmente sempre Fantastica) essenza letteraria e culturale.

........dalla conoscenza personale di Giovannini a suo tempo di Borges stesso, nel 1977 ospite a uno dei numerosi convegni sempre a cura di Heliopolis...

di Roby Guerra

Bibliografia personale  di Sandro Giovannini:
"Terra di cieli", poesia 1960-1970, inedito; "Tratti dall'ombra", poesia, La Grafica, autoedizione, 1975; "Guardie", poesia, I quaderni di Heliopolis, 1980; "La sabbia e le piramidi", poesia, I quaderni di Heliopolis, 1980; "Kalisuite", poesia, I quaderni di Heliopolis, 1983; "Nel presente eterno - VII note al libro di Sessa su Emo", saggio filosofico, Heliopolis Ed., collana 'Tabulae', 2014; "Atemporale", varia, Edizioni Casa della Poesia, 1985; "Carme si-no", poesia, rivista "Parsifal", anno III, n° 19, Gennaio-Febbraio 1986; "Il piano inclinato", poesia, Heliopolis Ed., collana 'Tabulae', 1995; "L'armonioso fine", 50 saggi di critica letteraria e metapolitica, SEB, Milano, 2005; "Poesie complete - (1960- 2006)", Heliopolis Ed., 2007; "…come vacuità e destino", 50 saggi di critica letteraria e metapolitica, NovAntico, Pinerolo, 2013; "La capitale del tempo", romanzo, NovAntico, Pinerolo, 2014; "N-SNOB. Altre evocazioni", OAKS, Ed., Milano, 2021.




venerdì 9 aprile 2021

Dante e l'Islam. Introduzione ovvero il declino della modernità.



Da: Pierluigi Casalino 

In occasione delle celebrazioni del 700 anniversario della morte di Dante si sono accese polemiche tanto assurde quanto immotivate e prevalentemente improntate a censurare Dante secondo lo stucchevole metodo del politically correct e nel nome di una lettura della storia non conforme alle più consapevoli esigenze della contestualità degli eventi storici esaminati e della rigorosa critica storiografica. Se da un lato non si può eliminare da Dante le idee tipiche del suo tempo che individuano senz'altro in Maometto un eretico cristiano,  è noto, d'altro canto l'enorme debito culturale che l'Europa (e con essa e in essa anche il Sommo Poeta) sviluppò nei confronti della civiltà arabo-islamica. Tuttavia, se, in ambito filosofico e scientifico, tale influsso è ampiamente riconosciuto, lo stesso non si può affermare per quanto concerne la letteratura. Eppure, il più grande poeta italiano ne attinse a piene mani, senza venir meno al suo genio.
Ancora oggi, i fautori del cosiddetto scontro delle civiltà continuano a considerare l'Occidente (comprendente l'Europa con l'aggiunta di Israele, Nord America e parte dell'Oceania) come una sorta di blocco unitario dal punto di vista culturale. Ad accomunare tale "civiltà", ritenuta inconciliabile tanto con l'Islam quanto con il Confucianesimo, vi sarebbero il liberalismo, l'individualismo, la democrazia e dei valori condivisi considerati come direttamente discendenti dalle "radici giudaico-cristiane" della cultura occidentale.
Premesso che, almeno per quanto concerne l'Europa – il Nord America merita un discorso a parte, di cui non ci si occuperà in questo contesto – sarebbe ben più corretto parlare di radici "pagano-cristiane" dato il carattere politeistico (o enoteistico) dei popoli indoeuropei che occuparono il suolo continentale a cavallo del III millennio a.C., e constatato il fatto che l'accezione "cristiano" include già al suo interno il portato teologico del Vecchio Testamento, appare quantomeno fuorviante definire "Occidente" un'area come quella mediterranea in cui il processo di "occidentalizzazione" in non pochi casi è avvenuto con la forza, e dove Cristianesimo e Islam, pur combattendosi, si sono reciprocamente influenzati.
La conquista di Gerusalemme (1099)
Qui, per occidentalizzazione, si intende un processo/progetto di omologazione culturale lungo le linee della moderna metafisica della tecnica, che non ha risparmiato gli stessi miti del passato. Il caso più eclatante, in questo senso, è quello dell'Ulisse omerico/dantesco identificato in una sorta di Faust ante litteram (nel migliore dei casi) o di prototipo dell'uomo moderno, espressione della suddetta civilizzazione della tecnica (nel peggiore dei casi). Questo mentre Odisseo, al contrario, è un uomo puramente tradizionale: un homo religiosus che, in quanto tale, aspira semplicemente a vivere il più vicino possibile al centro del mondo. Lo stesso talamo nuziale a cui aspira a ritornare, ricavato da un albero d'ulivo, lungi dall'essere immagine dell'uomo che imprigiona e modifica la natura per i suoi scopi – come sostenuto da taluni esponenti della cosiddetta Scuola di Francoforte – è simbolo dell'Axis Mundi: quell'asse che non vacilla, in termini confuciani, che collega direttamente la terra al cielo. Il viaggio dantesco di Ulisse oltre le Colonne d'Ercole, al contempo, è simbolo di una umanità, quella occidentale, giunta al tramonto (a Ovest) della propria vita. L'Occidente, infatti, utilizzando un vocabolario heideggeriano, è immagine dell'oscuramento del mondo e del depoteziamento dello spirito. Non sorprende, dunque, che un pensatore tradizionalista come René Guénon abbia collocato l'inizio del declino occidentale più o meno nel medesimo periodo in cui Dante Alighieri portò a compimento la sua grandiosa opera.Forse, lo stesso Dante era già consapevole del decadimento del proprio mondo. Per questo motivo attraverso la sua opera, ispirata dallo Spirito Santo, egli aspirava probabilmente a un ruolo profetico, capace di rivitalizzare la cultura europea nella precisa consapevolezza che, come nel caso dei poemi omerici, la poesia può essere sempre rivelazione religiosa. Questa, per citare ancora una volta Heidegger, è il miglior strumento per l'espressione della verità. Sotto il senso letterale del racconto poetico, infatti, si nascondono spesso un senso filosofico, teologico, politico e infine metafisico-esoterico. Questi significati non possono mai annullarsi od opporsi a vicenda ma, al contrario, devono armonizzarsi e completarsi come parti di un tutto.La Divina Commedia non è affatto estranea a una simile interpretazione o categorizzazione. Essa, come affermava il già citato Guénon, è un'epopea gnostica che ha dimostrato l'esistenza di una tradizione iniziatica prettamente occidentale, forse andata totalmente perduta con l'insorgere della modernità nei medesimi anni in cui venne scritta. Il viaggio per i mondi sovrannaturali è simbolo dell'iniziazione alle verità divine. Il motivo della discesa agli inferi, della purificazione e dell'ascensione al cielo, inoltre, ritorna in tutte le dottrine tradizionali in quanto la metafisica pura non è mai né cristiana, né islamica, né pagana, ma semplicemente universale.
Tuttavia, è proprio con la tradizione islamica che l'esperienza dantesca ha paradossalmente i maggiori punti di contatto. Già nel 1919 l'arabista spagnolo Don Miguel Asìn De Palacios pubblicò uno studio dal titolo "La escatolgia musulmana en la Divina Comedia" in cui si faceva aperto riferimento al fatto che il viaggio mistico nell'aldilà si ritrova da più parti nella cultura islamica (dalla tradizioni profetiche fino alle opere di Avicenna, del mistico persiano Sohrawardi e del maestro sufi Ibn Arabi) e al fatto che Dante, in un modo o nell'altro, potesse essere a conoscenza di queste tradizioni. Facciamo riferimento qui alla voragine infernale (illustrata da Sandro Botticelli 1480-1495).
Nello specifico, tanto nelle tradizioni islamiche quanto nella Commedia dantesca, l'architettura degli inferi e la cosmografia celeste sono pressocché identiche. In entrambi i casi la prossimità dell'inferno è svelata da segni analoghi (tumulto confuso e accenti d'ira) e questo stesso si dispiega come una voragine a imbuto, costruita su più sfere concentriche: sette nel caso islamico, nove (dieci, compreso il limbo) in quello dantesco. Allo stesso tempo, i sette cieli della cosmografia islamica sono gli stessi di quella dantesca. Dante chiama questi sette cieli con i nomi degli astri del sistema tolemaico, a cui aggiunge altre tre sfere: quella delle stelle fisse, quella cristallina e l'empireo. Nella tradizione islamica queste tre sfere rappresentano le ultime tre tappe del viaggio notturno del profeta Muhammad: il loto, la casa abitata e il trono di Dio. Inoltre, in entrambi i casi, Dio è sorgente di luce circondata dalle file degli spiriti angelici che emanano, a loro volta, raggi di luce.Tali somiglianze sono evidenti soprattutto nel paragone tra la Divina Commedia e le tradizioni profetiche, da un lato, consolidatesi intorno al IX ed al X secolo, e l'opera di Ibn Arabi Al-Futuhat al-Mekkiyah ("Le rivelazioni della Mecca"), dall'altro: opera di circa 80 anni antecedente al poema dantesco, che tratta del viaggio per i tre regni sovrannaturali di due maestri sufi. È bene sottolineare, ancora una volta, che il tema del viaggio per i tre regni ha un preciso valore iniziatico-simbolico. Dante, in primo luogo, smarrisce la "retta via": sirat al-mustaqim, espressione presente nella prima sura del Corano. Da qui inizia un pellegrinaggio attraverso l'inferno (simbolo del mondo profano), il purgatorio (terreno di prove iniziatiche) e, infine, il paradiso (la dimora dei perfetti).Il cielo invia a Dante Virgilio. Egli è simbolo del sapere iniziatico: il ramo d'oro che nella sua Eneide il nobile troiano raccoglie nella foresta è il ramo che portano gli iniziati di Eleusi, come pegno di resurrezione e immortalità. Nella tradizione islamica il cielo invia a Muhammad, così come ai maestri sufi di Ibn Arabi, l'arcangelo Gabriele come guida per il loro viaggio nell'aldilà. Così, a tal proposito, recita la sura XVII del Corano:
Gloria a colui che rapì di notte il Suo servo dal Tempio sacro [la Mecca] al Tempio più remoto [Gerusalemme] del quale Noi abbiamo benedetto il recinto, per mostrargli parte dei Nostri segni. Dio è colui che ode, Colui che vede.
Inoltre, tanto Virgilio quanto Gabriele, oltre al ruolo di guida, hanno il compito di soddisfare la curiosità dei viaggiatori.
Lasciato l'inferno, Dante deve sottoporsi a una triplice abluzione per purificare la propria anima. Alla stessa triplice abluzione devono sottoporsi le anime nella tradizione islamica. E Dante, al pari di Muhammad, a fatica rifiuta la seduzione di una donna anziana ma ricca di ornamenti che rappresenta allegoricamente la caducità del mondo e dei suoi piaceri.
Lo studio di Asìn Palacios pose immediamente il problema di come le tradizioni islamiche sarebbero potute giungere sino a Dante. La semplice imitazione di un medesimo modello remoto, precedente sia al Cristianesimo che all'Islam, o delle fonti classiche (la visione di San Paolo, il viaggio di Enea o la versione persiano/mazdea del viaggio notturno, conosciuta col titolo di Arda Viraf Nameh), di per sé, non sarebbero infatti sufficienti a spiegare delle analogie così evidenti.In primo luogo non deve sorprendere, per l'epoca, la diffusione in Europa di storie, miti e leggende orientali. Un caso emblematico in questo senso è rappresentato dalla leggenda di Barlaam e Iosafat. Questa, infatti, altro non è che una rielaborazione cristiana della storia del Buddha; entrambi i nomi, ad esempio, derivano da appellativi a lui attribuiti: Barlaam da bhagavan, il sublime, mentre Iosafat da bodhisat, l'illuminato. La leggenda narra che il principe Iosafat venne cresciuto da suo padre, il re indiano Abenner, al riparo da ogni male del mondo, nel tentativo di impedire l'avverarsi di una profezia che lo vedeva destinato al rifiuto della vita mondana. Tuttavia tale tentativo fu vano e, grazie agli insegnamenti dell'eremita Barlaam, Iosafat si convertì al cristianesimo e all'ascetismo.
Questa storia, la cui trasposizione in lingua greca è attribuita a San Giovanni Damasceno, conobbe un successo tale che i suoi protagonisti vennero inseriti nei sinassari bizantini. Questo successo determinò anche una diffusione iconografica della leggenda, come ci dimostrano alcuni temi e simboli rappresentati in particolar modo dallo scultore Benedetto Antelami sul Battistero di Parma, ma presenti anche a Venezia (San Marco – cappella di Sant'Isidoro), a Ferrara e in alcune pitture murali dell'abbazia delle Tre Fontane a Roma.
Dunque, ben prima dell'epoca dantesca, Oriente ed Occidente si influenzarono reciprocamente attraverso i contatti costruiti da pellegrini e mercanti lungo le vie carovaniere dell'antica via della seta e grazie agli Ordini militari cavallereschi che, recatisi in Terra Santa per difendere la cristianità, si trasformarono in un ponte tra due mondi. In un contesto di profondo sincretismo culturale come quello dell'area mediterranea, la diffusione nell'Europa occidentale dell'escatologia islamica avvenne nel corso dei secoli della presenza musulmana in Spagna ed in Sicilia. Proprio in Spagna, tra Toledo e Siviglia, lo studio degli hadith profetici conobbe una notevole diffusione. Ed è qui che si recò, membro di una ambasceria, Brunetto Latini: futuro maestro di Dante e, non a caso, autore di una biografia del profeta Muhammad inserita all'interno della sua celebre opera Il libro del Tesoro.
A Brunetto Latini, come riporta la studiosa Valeria Pucciarelli in un testo sul tema pubblicato da Irfan Edizioni, si aggiungono altri due potenziali canali di trasmissione: il francescano spagnolo Raimondo Lullo, conoscitore e imitatore di Ibn Arabi, che visitò ripetutamente l'Italia tra il 1287 ed il 1296; il padre domenicano Ricoldo da Montecroce, che viaggiò a lungo in Oriente prima di tornare a Firenze, dove morì nel convento di Santa Maria Novella non dopo aver dedicato un intero capitolo del suo Contra legem sarracenorum al viaggio notturno di Muhammad lungo le vie dell'ampiezza (isrà) e dell'esaltazione (miraj). Ad essi, si aggiunge la diffusione nell'Europa cristiana di un testo dal titolo latino Liber scalae Mahometi, ricco di precisi riferimenti cosmografici, che per tutto il medioevo venne erroneamente ritenuto un testo sacro dell'Islam.
Va da sé che Dante, pur essendosi ispirato (come sembrerebbe) alla tradizione islamica, forte della sua fede cristiano-cattolica, pose all'interno della sua opera il profeta Muhammad e suo cugino (l'imam Ali) nel girone infernale degli eretici, riproponendo così una convinzione ancora una volta ampiamente diffusa nel medioevo europeo: ovvero, che l'Islam altro non fosse che una sorta di eresia cristiana.Introduciamo qui l'episodio in cui Maometto riceve la rivelazione dall'arcangelo Gabriele e le similitudini con le tradizioni cristiane.Ma c'è un altro aspetto che merita di essere analizzato e sul quale si potrebbe ricostruire una convergenza tra Dante, l'Islam e la Tradizione. Questo aspetto è quello inerente la numerologia della Commedia. Dante situa la sua visione a metà della sua vita ed a metà della vita del mondo (65 secoli). La valutazione della vita del mondo (o del ciclo attuale), in questo caso, come ricorda Guénon, è di 130 secoli: ovvero di 13.000 anni, che corrispondono alla durata del "grande anno" per i Greci e i Persiani. Popoli considerati da Esiodo ed Erodoto come "fratelli generati da una medesima stirpe divina". Questo è il tempo che intercorre tra due diversi rinnovamenti del mondo.
Il 65, in numeri romani, corrisponde a LXV che, invertendo gli ultimi due valori, si trasforma in LVX, con un più che evidente riferimento alla luce divina e alla stessa "metafisica della luce". Innumerevoli altri numeri ritornano con continuità all'interno del poema dantesco: dal 7 (numero sacro in tutte le tradizioni religiose) al 9 (il triplo ternario), dal 33 (gli anni della vita terrena del Cristo) al 99 (numero degli attributi divini nella tradizione islamica).Tuttavia, sono il 666 ed il 515 ad avere un ruolo preponderante. Il 666 (il numero dei versi che separa la profezia di Ciacco da quella di Virgilio e la profezia di Brunetto Latini da quella di Farinata), come è noto, è il numero della Bestia nell'Apocalisse di Giovanni: tale numero contiene il nome stesso dell'Anticristo. Il 515, al contrario, è il numero del messo di Dio, associato talvolta al "veltro", ovvero a un cane: termine che per la particolare consonanza si avvicina alla parola "Khan", indicante potere/potenza in diverse lingue diffuse per il continente eurasiatico.
Il 515 in numeri romani si trascrive come DXV che, invertendo ancora una volta gli ultimi due valori, si trasforma in DVX: termine che indica il ruolo di capo, o guida, che Dante intende in modo simile all'autorità califfale nell'Islam. Nell'idea politica dantesca, infatti, l'impero è una monarchia universale (voluta da Dio) necessaria al buon ordinamento politico del mondo. L'impero, come istituzione che riunisce in sé il potere temporale e spirituale, è l'unico sistema politico atto a realizzare la missione terrena e celeste dell'uomo. Esso è il culmine per eccellenza della vita associata dell'uomo. Questo, secondo un'impostazione prettamente federiciana, è strumento della liberazione dell'uomo dalle conseguenze del peccato, cioè quell'allontanamento dell'uomo da Dio che ha originato la violenza degli istinti predatori ed egoistici.Il riscatto da questa situazione non può che avvenire per elezione divina. I principi della terra, eletti da Dio a tale scopo, hanno il compito di tenere a freno le pulsioni umane delittuose e di restaurare l'ordine distrutto dal peccato. L'impero, secondo la tradizione paolina, è il Katechon: il potere che frena l'avanzare del male.Federico II
Il poeta fiorentino, in questo senso, tanto nel Convivio quanto nel De vulgari eloquentia, non poté che elogiare la figura di Federico II che di una simile visione imperiale si fece portatore. Un elogio che stona con la condanna all'inferno che gli impose nella Commedia. Tuttavia, nella medesima opera (Paradiso III, 118,20), Dante così si espresse in riferimento alla madre dell'Imperatore:
"Quest'è la luce de la grande Costanza

Che del secondo vento di Soave

Generò'l terzo e l'ultima possanza"
Federico, nonostante la sua condanna all'inferno per essersi presentato come una sorta di "nuovo messia", viene presentato da Dante come l'ultimo vero imperatore dei romani. Dopo di lui, l'impero, l'istituzione su cui si è fondata l'Europa stessa, perde progressivamente di significato e inizia inesorabilmente, con la successiva eliminazione degli ordini cavallereschi, il declino della modernità. Una modernità all'apogeo che Dante colse ancora nello Studio accademico di Bologna, che era uno dei centri dell'avicennismo nell'Europa medievale, un'Europa in pieno sviluppo contrariamente a quanto erroneamente si credette da parte di qualche improvvido osservatore successivo.
Casalino Pierluigi 

Trento/ Illegittima e nulla la sentenza su Sgarbi.



Da: VITTORIO SGARBI - (Ufficio Stampa) 
 

Trento/ Illegittima e nulla la sentenza su Sgarbi. Andava chiesta l'autorizzazione alla Camera. Lo storico e critico d'arte: "Capriccioso, onanistico e colpevole arbitrio di un magistrato"


ROMA - È illegittima e nulla la sentenza con la quale il tribunale di Macerata ha condannato per una presunta diffamazione lo storico e critico d'arte Vittorio Sgarbi nella lite con il consigliere dei 5 Stelle Alex Marini.


"Ride bene - commenta Sgarbi - chi ride ultimo 

Il roboante annuncio su un quotidiano nazionale giustizialista e sui giornali trentini di una mia condanna a risarcire 15 mila euro al consigliere della Provincia di Trento Alex Marini, è privo di fondamento , giuridico e costitutizionale.

L'euforia del consigliere provinciale, che continua a insultare impunito, chiamando l'azione giudiziaria "minaccia dell'azione risarcitoria come strumento di pressione" - aggiunge Sgarbi - è destinata a spegnersi per due considerazioni:

 la prima di opportunità, la seconda di diritto.

La fortuna del mio contendente sta nell'aver avuto un antagonista "ricco e famoso", come mi definisce, che ha mosso il Tribunale di Macerata, in tempi di sospensione di tutto, in piena epidemia, a uffici giudiziari semichiusi, a una insolita urgenza, per dare prova di una punizione esemplare all'insolente (che sarei io, nominato, nonostante le tendenziose ed errate insinuazioni di Marini, presidente del Mart, dopo una istruttoria, a me favorevole, dell'Anac, firmata dal presidente Raffaele Cantone).


" Dispiace - spiega Sgarbi - rovinare la festa al consigliere gaudente, e alla magistratura solerte ma, nella fretta del provvedimento esemplare, il giudice ha dimenticato un suo preciso dovere: il necessario rispetto dell'articolo 68, come aveva dedotto l'avvocato Giampaolo Cicconi, che prevede - sempre e in ogni caso- la sospensione del procedimento civile e l'invio degli atti alla Camera dei Deputati per accertare l'insindacabilità delle opinioni espresse da un membro del Parlamento.

Preme sottolineare, altresì, che - per gli stessi fatti - Alex Marini ha proposto azione civile e penale nei miei confronti.

Dunque il Giudice civile maceratese viene clamorosamente smentito dai suoi Colleghi (P.M. dr. Carusi e GIP dr. Manzoni) dello stesso Tribunale i quali, appunto per gli stessi fatti e prima di qualsiasi determinazione, hanno ritenuto opportuno sospendere il procedimento penale ed inviare gli atti alla Camera dei Deputati.

Il giudice civile  si è arbitrariamente sostituito al Parlamento con un evidente abuso di funzioni,producendo una "eiaculatio precox", in forma di compiaciuta condanna. La decisione toccava prima al Parlamento, come prescrive la costituzione, e poi al Tribunale. Così è solo il capriccioso, onanistico e colpevole arbitrio di un magistrato. Un autocondanna.

Ne consegue che la sentenza è illegittima e nulla; e alla stessa verrà proposto tempestivo appello, in attesa che la Camera dei Deputati decida sull'intera vicenda.

La felicità del Marini - conclude Sgarbi - è dunque abusiva e intempestiva.Una falsa partenza, per una sentenza irricevibile di primo grado. Ovvero Zero"


l'Ufficio Stampa

(Nino Ippolito)

press@vittoriosgarbi.it

+39 338 3695738



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Giuliana Berengan: Parole in gioco Wall Street International Magazine


Da: Giuliana <berengan 
 

Care amiche, cari amici,

 

abbiamo tutti un forte desiderio

di leggerezza, vorremmo risvegliarci

in una primavera che ci faccia dimenticare

il buio e ci trovi sereni nella bellezza

lieve di un prato fiorito.

Abbiamo voglia di respirare e di

giocare con la fantasia.

 

Ho cercato parole che mi aiutassero

a librarmi nell'aria tersa dell'utopia

per disegnare costellazioni non ancora

scoperte, per ritrovare impronte

che conducano alla dimora dei sogni.

 

Condividiamo questo gioco delle parole

che aiuta ad oltrepassare il limite

della lontananza, a specchiarsi

nella poesia.

 

Ecco il link per leggere il mio scritto

sul Wall Street International Magazine

da questo 9 di Aprile:

 

https://wsimag.com/it/trame/65401-parole-in-gioco

 

Grazie se vorrete

condividere con i vostri

amici di rete,

 

un cordiale saluto

Giuliana Berengan

 

 


Mail priva di virus. www.avast.com

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