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domenica 20 gennaio 2013

martedì 11 gennaio 2011

Marchionne: Fiat è al 25% di Chrysler Se a Mirafiori vince il no andiamo in Canada"

  

Marchionne: Fiat è al 25% di Chrysler "Se a Mirafiori vince il no andiamo in Canada"

L'ad di Fiat Sergio Marchionne


DETROIT - La Fiat è salita dal 20 al 25% di Chrysler. Lo ha annunciato oggi l'amministratore delegato Sergio Marchionne parlando al Salone dell'Auto di Detroit. "E ci sono le condizioni per salire al 51% entro l'anno", ha chiarito il manager. "Fiat - ha aggiunto - ha le risorse finanziarie per farlo anche adesso se necessario". Marchionne ha precisato quindi che Fiat ha potuto salire al 25% di Chrysler "perché è stata adempiuta la prima condizione con la tecnologia Fiat certificata negli Usa".

L'ad dell'azienda automobilistica è tornato anche a parlare delle vicende italiane, ribadendo che se al referendum di Mirafiori ci sarà il 51% di sì "il discorso si chiude, l'investimento si fa". Ma "se non si raggiunge il 51% salta tutto e andiamo altrove. Fiat ha alternative nel mondo. Venerdì scorso ero in Canada a Brampton per lanciare il charger della Chrysler. Ci hanno invitato a investire e aumentare la capacità produttiva. C'è un grande senso di riconoscimento per gli investimenti che abbiamo fatto là. Stanno aspettando di mettere il terzo turno, trovo geniale che la gente voglia lavorare, fare anche il terzo turno. Lavorare sei giorni alla settimana è una disponibilità incredibile, in Europa questo è un problema, Brampton è una possibilità, ma ce ne sono moltissime altre dappertutto, come Sterling Heights" (un sobborgo di Detroit, ndr)....

 
continua- La Repubblica



venerdì 23 luglio 2010

Marchionne firma il suicidio della CGL

da Il Giornale
 
Sicuramente hanno sbagliato qualcosa i sindacati alla Fiat. È come se la Cgil e, al suo interno, la Fiom, che rappresentano l’ala dura delle organizzazioni dei lavoratori, si fossero infilate in un tunnel senza uscita. E forse, inconfessabilmente, qualche dirigente ne è consapevole. Viceversa diventa difficile comprendere il contrasto tra le proteste e gli scioperi di questi giorni in Italia, e il successo che l’ad Marchionne sta riscuotendo urbi et orbi con il suo piano per la Fiat. Il Financial Times ieri parlava di «oracolo dell’industria dell’auto». Mentre qui da noi persino la Repubblica, quotidiano che non ha certo una tradizione «padronale» alle spalle, simpatizzava con gli operai della Chrysler che vedono in Marchionne il salvatore della loro esistenza. Invece, in questa giornata trionfale in cui il titolo galoppava in Borsa, dalla segreteria nazionale Cgil è arrivata una nota che parla di «ritorsioni nei confronti dei lavoratori». Il riferimento è all’ipotesi di spostare le produzioni di Mirafiori in Serbia.
Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, è entrato sulla questione evocando lo smantellamento delle fabbriche torinesi come qualcosa di «sorprendente», quando il marchio stesso del gruppo è «Fabbrica Italiana Automobili Torino». Di certo l’idea che Fiat lasci Torino, e in definitiva l’Italia, è forte e solleva polveroni a destra come a sinistra. Ma è qui che bisogna fermarsi un momento a riflettere: di cosa stiamo parlando? Marchionne non ha mai voluto il trasloco della produzione. Il piano prevede un’altra cosa: lo scorporo dell’auto dal resto del gruppo, affinché il capitale di Fiat si possa aprire a nuovi investitori che immettano risorse fresche. Un’eventualità che potrebbe vedere gli Agnelli andare in minoranza. Ma anche se dovesse succedere, Fiat resterebbe comunque un’azienda italiana, radicata nel territorio. Una multinazionale basata comunque in Italia.
Ma se invece si dovessero smantellare dopo Termini, anche Pomigliano e Mirafiori, allora sì che le cose cambierebbero. Allora sì che la Fiat non potrebbe più dirsi italiana. Ma questa non è la scelta di Marchionne, che nel piano ha calcolato ben 20 miliardi di investimenti da qui al 2014 per la «Fabbrica Italia»

 
SEGUE
 
http://www.ilgiornale.it/interni/sono_sindacati_portare_allestero_fiat/23-07-2010/articolo-id=462742-page=0-comments=1


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giovedì 18 dicembre 2008

IL SINDACATO VERSO IL FUTURO

                                 TRADE UNION.jpgI sì e i no allo sciopero Cgil

Mi chiamo Natascia Cristofori e sono la rappresentante Sindacale della Libreria Feltrinelli di Ferrara, iscritta alla Filcams - Cgil di Ferrara Ho assistito con rammarico allo scambio di “cortesie” avvenute sulla Nuova nei giorni scorsi tra Baiamonte e Guietti, non voglio entrare nel merito dei numeri di adesione allo sciopero, non ho le conoscenze per farlo, posso solo dire che venerdì scorso alla manifestazione a Bologna io c’ero ed eravamo proprio in tanti, sotto una pioggia incessante che avrebbe scoraggiato chiunque.  Ho deciso di scrivere perché il signor Baiamonte fa riferimento alla Cgil come il sindacato dei “No” su tutto che non aiuta i lavoratori e le lavoratrici e tra le altre vertenze sindacali fa riferimento al contratto separato del commercio, rispetto cui voglio dire alcune cose perché è una vicenda che ho vissuto da vicino e di cui pago le conseguenze tutti i giorni sulla mia “pelle”.  Stare al tavolo e trattare nel merito dei problemi della gente, significa trovare le condizioni utili perché ci stiano tutte e tre le Organizzazioni Sindacali e quando una di esse chiede di sospendere la trattativa per poter verificare con i lavoratori il mandato a procedere nella negoziazione poiché le proposte della controparte si discostano notevolmente dai contenuti della piattaforma unitaria, credo sia un modo giusto per difendere i lavoratori e le lavoratrici che si vuole rappresentare.  Non averlo permesso e aver firmato il Ccnl del commercio credo sia uno strappo senza precedenti, perché ci si è divisi sulla parte normativa di quel contratto.  Mi chiedo se si difende i lavoratori obbligandoli a lavorare alla domenica quando non è nel loro contratto di lavoro individuale di assunzione, ci è stato tolto ogni spazio contrattuale, siamo obbligate!!! e per di più per il lavoro domenicale percepiremo meno di salario di quanto ci pagavano prima; e che dire della normativa per i lavoratori con contratto di apprendistato che dovranno lavorare di più per percepire gli stessi soldi di un altro lavoratore della stessa azienda...  E’ un contratto che ha sancito condizioni “in peius” rispetto alla normativa precedente, incidendo negativamente anche sulla mia vita personale e organizzazione familiare.  E mi chiedo perché il Ccnl separato non è stato portato alla consultazione dei lavoratori, perché fossimo noi a decidere se l’esito di questa trattativa difendesse davvero il lavoro, i diritti e soprattutto la nostra dignità di prestatori d’opera ma anche di singoli individui.  Io credo che il sindacato, per essere tale, deve stare al tavolo e trattare, ma non può essere che si debba fare un accordo a tutti i costi a prescindere dal merito, e soprattutto credo che l’ultima parola rispetto ad eventuali intese, raggiunte unitariamente o separatamente, debba essere dei lavoratori e delle lavoratrici che si prova a rappresentare anche in un momento così difficile come quello odierno. Per questo continuo a impegnarmi nel sindacato, perché sono coinvolta nelle scelte, e chiedo alla Cgil di continuare così.  Sono una lavoratrice e come tale mi auguro che le Organizzazioni Sindacali si impegnino in un percorso che recuperi l’unità di azione, mettendo le singole e diverse sensibilità al servizio del loro ruolo di rappresentanza, senza forzature o “tirate di giacca”. Chiedo che, nel rispetto della autonomia di ognuna, le OO.SS. ricerchino con forza i punti di intesa e non di divisione senza lasciarsi tentare dalla facile demagogia, perché se esiste un sindacato del “No” a prescindere significa che esiste un sindacato del “Sì”’ a prescindere........e questo non credo aiuti nessuno. 
(NATASCIA CRISTOFORI)