giovedì 26 febbraio 2015

La Cina, prodotto del sistema asiatico.

Un tentativo per separare il partito dallo stato avvenne in Cina prima degli eventi di piazza Tienanmen, culminati con la feroce repressione del regime nei confronti di istanze liberali, peraltro concepite nel contesto del sistema. Oggi la Cina Popolare è retta da un sistema totalitario di democrazia comunista aperta all'economia di mercato, ma i principali nodi dell'approccio di governo del paese risultano tuttora da sciogliere. Non è infrequente l'affermazione che la Cina attuale sia attestata su posizioni post-comuniste, ma la vera questione del governo di questa società è rappresentata dal permanere di una base autoritaria e sciovinistica, che, anzi, cerca di conservare il retaggio del comunismo cinese in forme apparentemente diverse, recuperando, in varie forme, l'antico spirito sinocentrico. E ciò anche alla luce di una campagna di rivisitazione del marxismo-leninismo cinese in chiave capitalistica e tecnocratica. La Cina odierna, in realtà, mostra segni di mutamento sociale e civile, che, nonostante il carattere autoritario delle istituzioni del regime, indicano possibili evoluzioni rispetto alla tradizionale visione burocratico-comunista che si è instaurata nel Paese di Mezzo dal 1949. Non è questa la sede per analizzare il passo della politica interna cinese e dei suoi riflessi sul piano internazionale, ma è opportuno esaminare il senso del rapporto potere-società e di coglierne gli ineliminabili elementi di natura storica. Ci si chiede, dunque, ancora, dopo tanto tempo e aldilà delle riforme improntate al cosiddetto "socialismo di mercato", se la Cina comunista sia il prodotto, in definitiva, di un'autentica restaurazione asiatica. Che cos'è quindi la Cina comunista, chiamata Repubblica Popolare Cinese, nel bene e nel male? Che dire della Cina comunista, della sua origine e della sua identità politica? A differenza della Russia che nel secolo XX aveva fatto passi notevoli sulla via della industrializzazione, la Cina è giunta solo in questi ultimi decenni a conseguire una posizione potenza industrialmente e modernamente avanzata. La Cina era ancora una società prevalentemente agricola ed arretrata quando i comunisti entrarono in scena dopo la prima guerra mondiale.E non esisteva neppure una numerosa classe media moderna in Cina quando i comunisti si batterono per la conquista del potere dopo la seconda guerra mondiale. Non è dunque vero che Mao e i suoi seguaci instaurarono nelle campagne un dispotismo agrario che, nonostante modifiche superficiali, presentò a lungo una stretta somiglianza con i grandi regimi dispotici del passato della stessa Cina? Tuttavia né Mao, né i suoi compagni erano dei folli e intuivano che non si poteva continuare a conservare il potere e consolidarlo sul piano nazionale, restando ancorati alla visione contadina, come spesso in Occidente si pensò, E per tale ragione i comunisti cinesi fin da subito misero in atto misure per creare un sistema semi-manageriali, che, aldilà delle diverse stagioni del comunismo cinese, ha condotto il paese alla situazione di adesso., Misure che hanno finito, nonostante le ricorrenti fluttuazioni ed ubriacature ideologiche, per confermare la tendenza di fondo verso la cristallizzazione di un sistema totalitario di potere, di economia e di èlites che conserva caratteri asiatici e non democratici nel senso occidentale.
Casalino Pierluigi, 26.02.2015

Da Sanremo IL VOLO sull'Europa.

 
Casalino Pierluigi,
Sarà il trio vincente all'ultimo Festival della Canzone a rappresentate l'Italia all'Eurovision Song Contest in programma a maggio nella capitale austriaca. Un motivo in più per parlare bene di Sanremo che ha lanciato Grande Amore al punto da atterrare con tutto il suo significato di parole e musica, di sentimento e, perché no,anche di business. L'occasione è di quelle prestigiose che rinnovano esperienze che il Bel Paese già visse in altri tempi con cantanti all'inizio della loro carriera, come quella Gigliola Cinquetti che non aveva ancora l'età (l'evento si chiamava Eurovisione). E anche allora si parlava di congiuntura (un po' meno devastante di questa, figlia dell'Eurozona), una congiuntura che venne immortalata da un film che fece epoca (difficilmente si vorrà ricordare la tristezza attuale, ma la congiuntura di quei tempi faceva in qualche modo sorridere nel nome dei valori della dolce vita e dei classici della commedia all'italiana. Sanremo era un tutt'uno con quel mondo indimenticabile e ne riecheggiava le voci come un palcoscenico di un'Italia che voleva solo divertirsi e che al massimo si concedeva di commuoversi ascoltando "...una lacrima sul viso". Forza Sanremo, dunque, forza Sanremo, aiutaci a riprendere IL VOLO, IL VOLO sull'Europa.
25.02.2015


Futurismo anniversario, giovani da 106 anni




20 febbraio 1909, 20 febbraio 2015, anniversario compleanno 106 del futurismo.  Futuristi giovani da 106 anni.... parafrasando una speciale pubblicità recente, Edison, già griffa infatti particolare, dal grande Thomas, inventore della luce elettrica con il nostro Alessandro Volta? Pare proprio di si, alla luce della grande retrospettiva del 2014 al Guggenheim Museum di New York sul futurismo storico, non ultimo in Italia dal volume appena edito da Armando editore, Marinetti 70 Sintesi della critica del futurismo, a cura di Antonio Saccoccio, netfuturista digitale - Univ. Tor Vergata, Roma e del sottoscritto, poeta futurista e elettronico: una re-visione aggiornata per l'anniversario stesso settantesimo della scomparsa di Marinetti, con - tra gli autori- alcuni dei principali storici e critici del futurismo, stprico e digitale, per la prima volta assieme per un bilancio critico aggiornato ed in progress. 
Il futurismo continua oggi e in Italia  ancora la sua Capitale, in chiave contemporanea, alla luce dell'era informatica:  Marinetti e il futurismo? Precursori del computer world attuale, di Internet.
E chiarita, attualmente, anche la famosa querelle storica sull'equazione futurismo-fascismo: ben più complessa anche storicamente,  contingenze quasi skinneriane o pavloviane...: se Marinetti era in Russia sarebbe stato con Lenin, viveversa Majakowskij .. con Mussolini, peraltro considerato quasi fin alla viglia della marcia su Roma dallo stesso Lenin un rivoluzionario, particolarmente irritato dalla rottura dei socialisti con l'ex "rivoluzionario", più o meno lo stesso giudizio di Gramsci sul futurismo in tempo reale. 
Noi aggiungiamo, senza rimuovere  certa comunque secondaria collusione in Italia, né certa clamorosa ingenuità in Russia.., che per spiriti e idee rivoluzionarie come ... il futurismo, politicamente era quello che passava  il secolo, il convento dell'epoca, e se non osano gli artisti il salto nel futuro e nel mondo nuovo, il mondo.. sarebbe sempre vecchio, anzi si sarebbe già estinto dal neolitico...
E nessuna iperbole: se gli orizzonti sani del nostro tempo,  il mondo tecnoscientifico - e poco altro-  segnala ancora nella crisi contemporanea totalmente imprevista solo negli anni '60, scenari futuri desiderabili, ripetiamo captati eccome dal Futurismo, l'Ombra, per dirla con Jung, del nostro tempo è in primo piano, come tutti sanno: dovevamo andare in vacanza su Marte nel duemila, invece,  nonostante i progressi scientifici,  il Reale è paradossalmente un nuovo medio evo (ben poco meraviglioso alla Huizinga o Le Goff) con incubi di  povertà retromoderne, terza guerra mondiale e scontri di civiltà impensabili.
E l'arte scienza futurista, al passo con l'evoluzione scientifica contemporanea, ci ricorda, pur in dinamiche globali del genere, più nello specifico  di abusata società liquida, di compiacimento nichilista autodistruttivo, di vera e propria patologia politica generalizzata, certa nuova configurazione e  cambio di rotta, probabilmente l'unica ricetta planetaria, dalla forza della scienza e dell'immaginario futurista in senso espansivo, non solo ovvio i futuristi, per pilotare le soluzioni vincenti.  Dalla follia e dalla stessa patologia della normalità (l'infame buon senso o la voluttà di essere fischiati denunciato e ... provocatorio di Majakowskij e Marinetti) al regno della macchina  rivoluzionaria, ovvero della scienza, oggi non più mera utopia, ovvero della libertà e del pensiero complesso e della Conoscenza, anziché le superstizioni religiose storiche o non riconosciute ancora dominanti (dietro una patina di "democrazia" in Occidente e di "autodeterminazione"  nel terzo/quarto mondo - con sceicchi e  capi tribu che sguazzano nell'oro o nelle allucinazioni  primordiali ancora animistiche... inclusi i terrorismi ben noti...),  Politica e Economia pre-scientifiche incluse (necessari altri Registri di Sistema, come dall'astrologia all'astronomia per intenderci).   
Ecco,  il pozzo senza fondo, il buco nero già s'intravede nell'attuale quasi orizzonte degli eventi: come nell'ouverture di 2001 .. di Kubrick, allora forse, anzi probabilmente scatterà la scintilla...  I popoli come estrema ratio di sopravvivenza si affideranno alla Comunità Scientifica, ai veri esperti, tempo di essere chiari.  E in tale rivoluzione democratica ma informatica, effetto misconosciuto della/dalla Rete e dal Web, che l'attuale ancora pianeta delle scimmie... capta solo come una specie di elettrodomestico gigante, credenti solo nella numerologia delle Borse e dei capi di stato diversamente babbuini..., i futuristi saranno in prima fila accanto agli Scienziati e al People Web 3.0.
Roby Guerra

http://lanotiziah24.com/2015/02/roma-futurismo-anniversario-giovani-da-106-anni/


Emilio Diedo, recensione di KK, Anima et Infinitum

KK (Caterina Costanzo)
Animæ et Infinitum. (Le forme dell'Anima in cerca di Dio e d'Infinito)
Nota iniziale e postilla finale dell'autrice
Prefazione di Roberto Guerra
Note, biografica e sull'autrice
Foto di copertina di Elisa Zanni
La Carmelina Edizioni, Ferrara-Roma 2014, e-book, € 4,90


KK (all'anagrafe Caterina Costanzo, catanzarese di nascita e ferrarese d'adozione), con questa pubblicazione finalmente finalizza (nel senso di portare alla dovuta conoscenza del pubblico) la "costanza" (attributo che affiancato al cognome dell'autrice potrebbe apparire un pleonasmo ma che ritengo comunque ed eloquentemente azzeccato) applicata alla sua ispirazione e passione poetica. Estro essenzialmente volto non solo al cosmo ma anzi, e più deditamente, a Dio. V'è di fatto un'abissale profondità concettuale a fondamento di questo pregiato e-book. Quanto se ne possa agevolmente dedurre è la teoretica quintessenza d'una stratificante filosofia dell'esistenza. Peculiarità che supera, e alla grande, l'idea dell'uomo e che, credo, sovrasta la stessa idea del cosmo. Una dimensione che della somatica struttura fisiologica dell'essere umano ne trae un'asserzione sia metafisica sia divina, elaborando perciò fondamenti filosofici e religiosi. Anteponendo l'uomo alla creazione, KK lo affianca, appena un gradino più in basso, alla Divinità. E, giustamente, l'entità spirituale che dall'uomo non può altro che svettare e nel contempo anelare verso le più elevate cime della conoscenza, tende, nel contesto di tale poesia, a recuperarne origine e Potestà. È proprio questa ricerca, espressione, più che d'una poetica, d'un modus vivendi, ad arricchire il costrutto letterario dello scrivere in versi nella nostra poetessa. Vera devozione, la sua, alla poesia, all'arte del creato e a Dio, nel contempo.
Nell'intenzione della scrittrice sta anche il non celato desiderio di rendere omaggio ad un attore, quale fu Robin Williams, che nell'esemplare interpretazione del film L'attimo fuggente, nel ruolo del prof di filosofia (prototipo ed insieme epifania della sapienza umana e che della finzione d'un film diviene detto fatto inconfutabile, assiomatica realtà) ha dato peso alla forza del 'libero arbitrio' nella sua cogente fulmineità: carpe diem. Libero arbitrio che è alla base del legame intellettivo tra Uomo e Dio. Unione che dell'uomo ne consacra, non la dipendenza da un'onnipotenza, ma un'interdipendenza, che lo sospende nel limbo del vivere terreno, quotidiano, attribuendogli meriti o demeriti obiettivi.
Nella sua acchitale nota ("Per le Stelle"), KK rende subito visibile il bandolo della matassa che, per imprescindibile consequenzialità, acquista duplice valenza nella filosofica analisi dell'essere uomo: quell'archetipico, ancestrale 'mistero' che invoca il 'mito'. Ma che soprattutto estrae l'immanente quid dell'infinito, parte insopprimibile dell'anima umana (leggasi la seguente dedica: «l'essenza umana dell'infinito che vive in noi»).
La dichiarazione d'intenti della Costanzo coinvolge scienziati ed autori che, dei segni dell'esistenza, alcuni sono stati non solo nitida traccia ma determinanti indici. Sono infatti citati personaggi quali: Margherita Hack, in primis; Giacomo Leopardi, nella rievocazione della sua Storia dell'astronomia; Ludovico Ariosto; Dante Alighieri (Paradiso); nonché Walt Whitman. Non poteva, quest'ultimo, essere trascurato. Se non altro per la sua sorgiva proposta dalla quale trae appunto genesi la trama intensamente poetica del suddetto film interpretato da Robin Williams. Nemmeno poteva KK, nella sua golosa attenzione al vero ed alla sua correlata espressione estetica, trascurare un testo musicale, immortale, quale Volare dell'indimenticato Domenico Modugno.
È un complesso manifestare, quello della poetessa, che rende omaggio, nei variegati versi, oltreché alla vita umana, e più in generale alla creazione, ai suoi familiari. E, con autentiche e singolari dediche, al padre Saro, glorificato con un sublime verso di Giordano Bruno: «Un'unica forza l'amore, unisce infiniti mondi e li rende vivi». Persino al cane Artax, «meraviglioso e fedele amico». A Robin Williams: «la mia poesia sei tu». Dediche incorniciate da un'eterea, celestiale (e vorrei dire, per iconica impressione, 'paradisiaca'), presenza di fotografie (una decina di scatti della medesima autrice). Suscita commozione, a supporto della memoria del suo affezionatissimo Artax, l'effigie del fido animale.
La silloge, vero «florilegio poetico» (secondo la condivisibile definizione del curatore Roberto Guerra, cfr. Prefazione, Fermati o Stella), è scandita, e contemporaneamente abbellita nella sua progressione alfabetica, dettata dal raggruppamento delle iniziali dei titoli dei singoli componimenti, con angelica grazia, a sommaria ma trascendentale definizione dei contenuti. In maniera che ogni gruppo di tali secondari titoli abbia autonoma valenza. Volendo, potrebbero rappresentare nuclei sillogistici a sé stanti. Tante isole, ognuna densamente pregna d'una sinfonia colta nelle alte sfere del cosmo, contemplativa della magnificenza del Dio Onnipotente e della Creazione. Anzi credo con convinzione che si abbia a che fare con una poetica che vada ben oltre il concetto cosmico. Lo ribadisco. Sorta di 'poesia del Divino', solo casualmente decifrabile nella doppia cifra teo-cosmica.


Ebbene, li voglio elencare tutti, tanto sono originali e significativi, i titoli delle molteplici sezioni. Dall'A alla Z manca proprio e soltanto quest'ultima lettera, la zeta. Ognuna include una serie più o meno ampia di poesie, una migliore dell'altra. Composizioni sempre monostiche, con un unico corpo, un'unica strofa di differente lunghezza, com'è nella consuetudine della poetessa. Quasi un unisono rivolto a Dio. Spesso anche le dediche ad altre persone parlano del Creatore.

A come Amore del transfinito divino
B come Beata atmosfera del Paradiso
C come Cerimonia delle vergini stelle
D come Desiderio d'anima siderale
E come Estasi degli angeli
F come Fuga relativista nel reale
G come Gravità siderale
H come H2O extra solare
I come Immagini nella noosfera
L come Luce dal punto omega
M come Meccanica di un Dio Celeste
N come Nati per sognare Dio
O come Oblio nella creazione
P come Portale dell'azzurro
Q come Quoziente di trascendenza
R come Raggi dall'abisso
S come Sirene cosmiche
T come Tuffo nell'orizzonte degli eventi
U come Universi perfetti
V come Viaggio dall'Eternità.

Poesia che reputo attraente e coraggiosa.
Attrae perché è fortemente melodica e, caratteristica più unica che rara, trasparente. Sì, trasparente quanto la diafana, impalpabile immagine del paradiso, dei santi e dei beati, degli angeli e della spiritualità. Elementi che costituiscono oggetto tematico ed icastico paradigma dell'esistenza, non solamente, ma anche, umana.
E coraggiosa in quanto esprime il proprio incondizionato amore a Dio; si fa preghiera. Citare Dio reiteratamente ed appassionatamente è desiderio appartenente ad ogni credente. E non è che non ce ne siano. Siamo in tanti a credere. Ma quasi nessuno (pochissimi, religiosi e/o santi) ha veramente coraggio d'esprimere riconoscenza o preghiera a Dio Padre. Perché? Lo sapete voi? Neanch'io. O forse potrei credere d'intuirne una risposta, però mi fa comodo non esporla.
Ecco, allora è da vedersi la forza della poetica di KK, al di là d'ogni altro aspetto estetico, di cui assolutamente non difetta, nell'aprirsi, secondo la coscienza d'una profonda fede, all'Onnipotente, a Dio. In pratica, è un sapersi pubblicamente confessare. KK ha, come raramente accade, l'audacia di parlare di Dio. Dialoga con Dio.
Mi piace concludere con una delle più brevi poesie di quest'autrice, citandola per esteso: Surf. In essa v'intravvedo un emblema. Quello stilema per l'appunto di trasparenza (qui addirittura aggiuntivo d'una liquida creatività), essenza del suo modulo poetico: «Quando cavalco l'onda / attraverso l'acqua con il pensiero / e il mio corpo si fa goccia. / Dio mi insegna la felicità. / La solitudine è solo un gesto / di fronte all'universo».


www.literary.it

http://lanotiziah24.com/2014/09/roma-lanimae-infinitum-di-kk-intervista/

20 febbraio 1909–2015: giubileo (≠tiramiSÙbileo) futurista!‏


by Klaus Peter Schneegaas  Netfuturismo (Germania)

"parotavola" già storica, perché elaborata nel  
passatistaMente passatissimo ANNO DIABOLI 1985 – proprio dopo aver  
iniziato a occuparmi intensaMente del Futurismo. Inoltre, questo qua  
è davvero il mio primo collage tutto tagliato colle forbici: una vera  
PRIMA!
Tanti saluti a tutti gli amici net.futuristi in questa  
giornata celebrerrima festiva festosissima dal Nodo Nord viAndante  
avanGuarDante 21
ti/vi manda per traviamento avviato interNautico
Nerone Storico InterFuturista"
 

Etichette: 1909, 2015, 20 febbraio, anno diaboli 1985, arte
vaporizzata, dadaMarinetti, ecollage devaporizzante, futurdada,
futurismo, futurMarinetti, giubileo (�tiramiS�bileo) futurista,
interfuturismo storico (1985), manifesto fondatore futurista,
Marinetti, MAV, movimento futurista, Nerone storico (1985),
parotavola, partito acratico net.futurista (PANF), partito futurista
italiano, partito politico futurista, sCollage storico neronesco
interfuturista, tavola futurista (1985).

Ben Bova su Future Shock

 

FUTURE SHOCK

L'unica fanzine al mondo di fantascienza umanistica

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LA PRESTIGIOSA FIRMA DI BEN BOVA

SULLE PAGINE DI FUTURE SHOCK

Benjamin William "Ben" Bova (nato 8 nov 1932) è un autore americano di numerosi romanzi di fantascienza, tra cui il più prestigioso è Millennium (1976), pubblicato in Italia dalla Sonzogno. E' stato sei volte vincitore del premio Hugo, ex direttore di "Analog Magazine", ex direttore editoriale di "Omni", ex presidente sia della "National Space Society" che della associazione "Science Fiction Writers of America". Attualmente vive in Florida. Di lui ci siamo occupati nella nostra raccolta di saggi Educazione tra le stelle. L'umanesimo scientifico e la fantascienza (Levante Editori, Bari 1992), dedicandogli un capitolo dal titolo: Ben Bova, i giovani e la scienza, in cui abbiamo analizzato i suoi romanzi dedicati alla gioventù (in inglese, juveniles), tra cui spicca la trilogia de L'astronave dell'esilio, dove ampio spazio è dedicato dall'Autore alla polemica contro la scienza e la tecnologia, ritenute responsabili dei tanti guasti presenti nella nostra società. Ma l'accusa, secondo Ben Bova, è ingenerosa e autolesionista anche nei confronti della stessa umanità, la quale non s'avvede di rinunciare, assieme agli aspetti negativi del progresso (imputabili a uomini politici di pochi scrupoli), anche a quelli positivi. Poiché l'Autore ci aveva fatto omaggio di una sua raccolta di saggi intitolata: The Astral Mirror (TOR Edizioni, New York, 1985), gli abbiamo chiesto se ci autorizzava a pubblicare su "Future Shock" un suo saggio, che riteniamo importante soprattutto per smentire l'abusato, sciocco luogo comune tutto italiano: "roba da fantascienza". Ecco cosa ci ha risposto lo scrittore: «Dear Antonio Scacco: You may reprint my essay, Science Fiction and Reality in your fanzine. Please be sure to include the copyright line from the front of the book. Thanks for your interest. Ben Bova». Un sentito grazie anche a nome di tutti i nostri lettori!!!

Antonio Scacco

 ...... è ancora valida l'offerta-omaggio di Critica pedagogica della fantascienza, di Fantascienza umanistica, di Racconti del Venticinquennale e di Alieni, astronavi, robot... a quanti decidessero di sostenere "Future Shock"

La riscoperta di Pavel Florenskij

A questo spirito critico dell'intelligenza russa, eliminato come altre voci scomode negli anni dello stalinismo, chi scrive ha già dedicato alcune riflessioni qualche tempo fa proprio su Asino Rosso. E' doveroso ora ritornare su questa figura di straordinaria vocazione profetica, che va oltre la sua cifra didattica, segnata da quella che fu definita la magia della parola. L'invenzione di Florenskij fu soprattutto quella di aver capito il messaggio profondo  della comunicazione umana, come base per una nuova interpretazione del mondo. Il successo di questo pensatore giganteggia nelle pagine della cultura contemporanee, segno di un rafforzamento che supera i limiti angusti della religiosità per approdare ai lidi della conoscenza dell'essere. Se è vero che Florenskij è diventato principalmente autore di riferimento nel magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, per la sua vivente occasione e testimonianza di conversione. Un paradigma che, come detto, è ripieno di un contributo civile e moderno di cui la corrente, calamitosa stagione dell'oscurantismo espressivo ha bisogno. Quando l'opera di Pavel fu tradotta in Occidente fu accolta con distacco dall'imperante cultura sessantottina. e post-sessantottina. E ciò nondimeno il saggio di teodicea di questo figlio della Russia pensante diventerà un capolavoro della letteratura non solo cristiana del Novecento. Le provocazioni delle sue omelie di fronte allo smarrimento spirituale dell'uomo moderno assomiglia molto all'ammonimento che la coscienza libera rivolge alle intelligenze oppresse dal conformismo e dalle sfide del nuovo rischio fanatico. La tentazione dell'irrazionalismo è pari al timore della follia dei demoni omicidi della libertà. Anche in questo senso la magia della parola diventa un veicolo per convincerci che nulla è perduto se si ama veramente la libertà, E' questa una lezione che risale a Tocqueville, che vedeva nello smodata passione verso la democrazia il primo passo per la sua morte. La fine della democrazia è sempre preceduta, infatti, dalla campana a morte della libertà dello spirito, incapace di risollevarsi dalla propria ombra.

Madrid, presentato l'ultimo romanzo d'Oriente di Pierfranco Bruni



PRESENTATO...  A MADRID IL PIERFRANCO BRUNI (Vicepresidente Sindacato Liberi Scittori, Roma) CHE RACCONTA L'ORIENTE. L'ORIENTE CHE SI PERDE NELL'OCCIDENTE TRA I MARI E I DESERTI NEL ROMANZO DI PIERFRANCO BRUNI "LA PIETRA D'ORIENTE" - ANCHE IN E - BOOK  Il fascino degli occhi, il mistero dell'Oriente, il cammino alla ricerca della pazienza. Il viaggio verso i segni dell'alchimia, del sacro e della inafferrabilità degli amori, raccontati da amanti che abitano i deserti e il mare, costituisce il passaggio verso l'indefinibile e l'infinito. Si racconta di un incontro tra Gesù e Giuda, tra Maria di Magdala e l'uomo di Nazaret, tra Paolo e Ponzio Pilato. Ma è l'Oriente con il suo fascino e i suoi sguardi che non hanno bisogno di specchi a fare da scenario, attraverso una figura femminile che resta fondamentale e si rivela nell'ultimo capitolo del libro. La donna del segreto è Nadine e collega la presenza degli amanti del Cantico di Asmà e Shadi al camminamento dello sciamano. Con questo romanzo Pierfranco Bruni, nella continuità del suo ricercare l'essenza nell'anima dei simboli, tocca i rifermenti più alti del dialogare tra la metafora del narrare e una griglia di personaggio che costituiscono i veri archetipi di una letteratura del sogno e della memoria, della magia e dell'incanto grazie ad una tavolozza che ricami i pensieri di un io narrante che diventa il dialogante contatto tra il viaggiatore incantato e il disincanto del silenzio. Pagine preziose che toccano l'originalità di un modello letterario tutto vissuto nella trasparenza dell'immaginario e della profondità. Un romanzo viaggio, ma questa volta lo scrittore, servendosi dei monaci camminanti nel deserto, apre un costante colloquio con dei personaggi che sono la sfera del linguaggio. Nadine è l'ultimo capitolo del romanzo che si apre al lettore come se fosse una lettera, ma è l'incipit di un nuovo viaggio. Ciò è nello stile del vivere la poetica di Pierfranco Bruni. I suoi ultimi romanzi sembrano una ragnatela e anche se vivono autonomamente rappresentano l'incastro della "stretta" tra vita e letteratura.
LA PIETRA D'ORIENTE è un ascolto e "non è necessario capire quando negli occhi c'è l'ascolto e l'ascolto ha il viaggio…". Il libro è stato  presentato all'Istituto di Culture del Mediterraneo a Madrid lo scorso 24 febbraio.


Pierfranco Bruni ha pubblicato libri di poesia (tra i quali Via Carmelitani, Viaggioisola, Per non amarti più, Fuoco di lune, Canto di Requiem, Ulisse è ripartito, Ti amerò fino ad addormentarmi nel  rosso del tuo meriggio, Come un volo d'aquila),
Asmà e Shadi, Che il dio del Sole sia con te).

INFO

AEIOU – AustriEns In secOnd 20th CenthUry, a c. di Miroslava Hajek

Hermann Nitsch, Arnulf Rainer, Günter Brus, Otto Mühl, Rudolf Schwarzkogler, Jorrit Tornquist, Uta Peyrer, Karl Prantl.

A cura di: Miroslava Hájek
28 febbraio – 11 aprile 2015

Opening: sabato 28 febbraio
MLZ Art Dep, ore 17
spazio5, ore 18.30

Info: www.spazio5.net | www.mlzartdep.com

Gradita la prenotazione a spazio5.italia@gmail.com


Saturday 28 February 2015, MLZ Art dep and Spazio 5 present A E I O U - Austriens in second 20Century.

The exhibition, curated by Miroslava Hàjek, held within the two spaces in Trieste presents a selection of documents as well as a number of works by some of the key players of Austria's contemporary art scene in the last few decades of the 20th century. From the great actionists to Jorrit Tornquist's colourist experience with panting, the exhibition aims at showcasing a part of Austrian art throughout the last decades of the 20th century, focusing also on the lesser known periods, such as the Eighties and Nineties, a time when returning to painting was felt as an urgent need, capable of deeply influencing most of Europe's artistic production of that time.

The subsequent return of Austria to the international art scene, through the works of better-known artists such as West, Zoibernig and Erwin Wurm, ends, from a symbolic standpoint, the extensive artistic research carried out by Hermann Nitsch, Arnulf Rainer, Günter Brus and Otto Mühl, who testify, both through photography and painting, the strength and tension of their body experiences, and later on by the Junge Wilde current with Siegrfried Anzinger and Herbert Brandl, who, just like their Italian and German "fellow" artists, successfully interpreted the "sacred" necessity of a return to a pure, rudimental painting, in opposition to the minimalist conceptualization and the contemporary art of the end of the Sixties and onwards.

With the aim of highlighting such path, which begins precisely with the Wiener Aktionism, spazio 5, at no.5, via Giulia, in Trieste, showcases an important documental archive in which a part of the original content testifies, to some extent in the same way it had occurred with the Secession artists, the privileged relationship between the actionists and Trieste. In this vein, spazio 5 will also display an oeuvre by Erika Stocker, an artist who worked in close connection with the Viennese movement and whose creations may be considered as a clear operative link between the Austrian movement and the city.
Also on display at spazio 5 a number of photographs by Günter Brus and Rudolf Schwarzkogler, alongside with Arnulf Rainer's well-known interventions on existing images, and some historic paintings on canvas by Otto Mühl and by Hermann Nitsch, from private collections.
A number of sound artworks will be also reproduced including the recordings of a psychoanalytical self-representation by Otto Mühl.

MLZ Art Dep, at no.14, via Galatti, focusing on the pictorial side of the exhibition, showcases a large oil painting with shirt by Hermann Nitsch, a paper on canvas by Günter Brus, inspired by his body painting performances, a colourist and gestural crucifixion by Arnulf Rainer, alongside with a piece by Sigfried Anzinger, who represented the pictorial primitivism of which Europe's artistic movements of that time were the spokespersons, from Berlin's Neue Wilde like Fetting and Metzinger, to the italian Transavanguardia. The exhibition path ends with the colourist research carried out by Jorrit Tornquist, the Graz-born artist who has been living in Italy for many years, and the cosmogonic explorations by Uta Peyrer, revealed by her pictorial abstractions.
The exhibition, besides, pays homage to one of the greatest Austrian sculptors of the last century, Karl Prantl, who was born in Burgenland and passed away in 2010. Today he is considered one of the most influential figures in the abstract sculpture of the second half of the 20th century. On show also selected works from between the '70s and '80s.

https://www.facebook.com/events/1550128545255319

mercoledì 25 febbraio 2015

La Rivoluzione sovietica e i suoi significati storico-politici, 2, fine.

La formula di Lenin del controllo degli operai sulla produzione industriale incontrò, invece, una crescente popolarità nei comitati di fabbrica, ma prima della Rivoluzione d'Ottobre, non fece dei Bolscevichi i padroni del sindacati. Esisteva evidentemente, nel 1917, una situazione storica davvero aperta. La nuova leadership, se avesse difeso e sviluppato le nuove libertà in maniera veramente rivoluzionaria avrebbe avuto molte possibilità di completare con successo la trasformazione della Russia, facendola diventare una società democratica pluralista e moderna. Ma essa mancava della necessaria esperienza e determinazione per compiere un simile passo. Nel timore di alienarsi gli Occidentali, i nuovi dirigenti democratici della Russia continuarono nella guerra contro la Germania, guerra che non erano in grado di combattere. E, temendo di violare le norme di una regolare procedura legale, rinviò l'urgentissima riforma agraria a dopo l'apertura dell'Assemblea Costituente, che non fu mai in grado di funzionare. Così i Bolscevichi si trovarono notevolmente avvantaggiati dalle manchevolezze altrui. Dopo l'insurrezione di luglio, Lenin, capovolgendo la sua precedente posizione, disse che bisognava unilateralmente proporre una pace "immediata" con i tedeschi. Un analogo stupefacente voltafaccia si ebbe sul fronte interno: fece suo il programma agrario dei suoi avversari Socialisti Rivoluzionari (questi affermarono che Lenin lo aveva loro rubato) e abbandonò il principio di maggioranza, che fino ad allora aveva ritenuto la conditio sine qua non per la conquista del potere. Di fronte allo smarrimento sociale, Lenin assunse l'iniziativa, traendo dalla sua parte una minoranza di attivisti urbani che furono la base forte del suo piano di porre sé stesso e il suo partito alla guida di una dittatura sovietica. Una più favorevole situazione internazionale e una più risoluta condotta della alleanza democratica avrebbero potuto imprimere una direzione diversa alla politica russa. La debolezza e le divisione politica di questi partiti di tendenza filo-occidentale paralizzò la rivoluzione democratica in Russia ed aprì la strada al comunismo, con un sistema di sviluppo alternativo e totalitario. - 2, fine.
Casalino Pierluigi, 25.02.2015

La Rivoluzione sovietica e i suoi significati storico-politici.

Dopo il 1917 si affermò in Russia una nuova forza di sviluppo, il comunismo sovietico, la cui portata avrà riflessi rilevanti sul piano internazionale. Negli anni 1920, tuttavia, la Russia sovietica era ancora troppo debole per esercitare un'influenza decisiva anche su paesi come la Turchia, alla quale concesse notevoli aiuti economici. Negli anni 1930, l'URSS cominciò a svolgere un ruolo importante nella diplomazia internazionale e all'indomani della seconda guerra mondiale è entrata in aperta competizione con l'Occidente. Competizione per la leadership mondiale che non cesserà anche a seguito del crollo dell'ordine di Yalta e della stessa URSS. Così l'emergenza dell'URSS pose gli eredi dello zarismo di fronte ad una nuova alternativa. Mentre in passato coloro che si battevano per introdurre in Russia mutamenti istituzionali vedevano soltanto un obiettivo, ora ne vedevano due, e ciò per effetto della rivoluzione bolscevica. Quale fu sul piano politico, dunque, il significato di questa rivoluzione? I problemi di sviluppo relativi alla rivoluzione bolscevica erano rappresentati dal cambio di indirizzo politico generale; e la Russia fu il primo dei maggiori paesi orientali che ruppero con il loro passato agro-dispotico a voltare le spalle alla società occidentale. Evento questo di primaria importanza perché, prima del 1917, la Russia aveva compiuto grandi passi in avanti nel processo di occidentalizzazione e perché, in effetti, dopo il 1917, essa diventò la più aperta fonte di contestazione al sistema dell'Occidente in Asia e altrove. L'ampiezza dell'occidentalizzazione della Russia, prima del 1917, è sottolineata dagli studiosi, i quali individuano soprattutto nella preminenza del partito della classe media dei Cadetti, oltre che del partito dei contadini dei Socialisti Rivoluzionari e dei Menscevichi il grado di emancipazione raggiunto in direzione del sistema occidentale. Tali forze, infatti, si battevano per l'instaurazione di un governo parlamentare e democratico ed erano seguiti dalla maggioranza dei russi, come ammetterà lo stesso Lenin, che riconosceva essere i Bolscevichi solo una minoranza. Anche l'intelligencija,se pur contraria  alla classe zarista in quanto screditata, era tutt'altro che favorevole ai Bolscevichi. Non c'è quindi da meravigliarsi se dopo la cosiddetta Rivoluzione di febbraio, il partiti democratici ebbero la prevalenza non solo nel governo civile, ma anche nei soviet. D'altra parte nel loro programma agrario il partito dei Rivoluzionari Socialisti avevano chiesto la distribuzione di tutta la terra "alienata"ai lavoratori rurali. Si trattava di una proposta più seducente per i contadini di quella offerta da Lenin che, dopo la "nazionalizzazione di tutta la terra" le grandi proprietà fossero gestite come "fattorie modello...sotto il controllo dei deputati dei lavoratori agricoli e nell'interesse pubblico". Per quanto riguarda la guerra, tutti i gruppi democratici, sia pure con argomentazioni diverse, erano contrari a una pace separata con la Germania. E neppure i Bolscevichi, anche se introdussero nel dibattito aspri accenti anticapitalistici, erano, in origine, favorevoli a tale pace. Nelle Tesi di aprile Lenin delineò le condizioni per una "guerra rivoluzionaria". Pur opponendosi energicamente all'indirizzo politico prevalente di una "difesa rivoluzionaria", egli raccomandò la massima pazienza con le masse che accettavano onestamente la guerra "come necessità e non come un mezzo di conquista". E ancora in giugno lo stesso Lenin respingeva l'idea di una pace separata che, a suo giudizio, avrebbe significato "un accordo con i ladroni tedeschi, che ci depredano al pari degli altri". 1-continua
Casalino Pierluigi, 25.02.2015

martedì 24 febbraio 2015

Considerazioni sulla coscienza e sull'estensione d'Europa

Un ricorrente tema pervade gli studi degli storici d'Europa, quello sulla coscienza e sull'estensione e sull'interagire tra di esse. Tema che affiora nel dibattito europeo in modo compiuto nel XVIII secolo. E gli uomini del Settecento furono i primi a coltivare questo pensiero, anche se, a mio avviso erroneamente, alcuni ritengono che considerazioni simili saranno formulate solo nel XIX secolo. Tesi quest'ultima, abbracciata anche dal Morandi, appare, in ultima analisi, assolutamente inaccettabile, Voltaire escludeva dalla "Europa spirituale" la penisola balcanica, allora sottomessa ai turchi, e vi includeva, invece, la Russia, quella Russia lontana ed enigmatica, come tutte le Russie di ogni tempo, pressoché sconosciuta dai popoli europei fono all'epoca di Pietro il Grande, che portò idee e costumi europei al suo paese, dopo secoli di dispotismo. Il giudizio di Voltaire anticipava di molto il passo della Russia, stante l'ottima relazione tra gli illuministi e la grande zarina Caterina: un processo di occidentalizzazione che verrà messo in causa dalle correnti slavofile e grandi-russe del XIX secolo, segnale di quel ripiegamento messianico.ideologiche che fu rappresentato dalla Russia sovietica. E nonostante ciò, la Russia rimase ancora, per allora, in fase passiva, accettando le influenze occidentali, ma dando poco del suo. Un contributo che, al contrario, i popoli europei tradizionali, pur nei contrasti, sanno dare reciprocamente. La Russia del Settecento non diede migliore prova di sé anche dopo il Congresso di Vienna, lasciando intendere che restava ancora a metà tra la civiltà europea e il genio asiatico, questione tuttora aperta in epoca post-sovietica. Se è vero, peraltro che la Russia prese coscienza del suo ruolo attivo, almeno nell'Europa centrale, e sia sentita parte di tale sensibilità, si arriverà al XIX secolo, quando i nomi di scrittori come Tolstoj e Dostoevskij divennero nomi comuni anche per l'opinione pubblica dell'intero Vecchio Continente. Una testimonianza di come e quanto l'Europa si ampliasse dalla stessa intuizione settecentesca sia in termini quantitativi che qualitativi.  Circa, infine, la posizione dell'Italia, in secondo piano nel Settecento, nonostante Giambattista Vico, enormemente più avanti del suo tempo, va onestamente detto che, se la Penisola e la Russia (Voltaire) erano unite per le lettere, l'Italia soffriva di una condizione arretrata culturalmente e democraticamente. Il contributo dell'Italia alla sensibilità europea nel XVIII secolo e fino ai primi decenni del XIX fu, in fondo, assai modesto, aldilà di studiosi come Vico, appunto e poi di Carlo Cattaneo.
Casalino Pierluigi, 24.02.2015

Miley Cirus e l'art pop ultratrasparente...

di R.Guerra

Miley Cirus continua l'azione arte vita 2.0, tra musica superpop, video trans art hot e quotidiano provocatorio non stop...  Come segnala, cronaca live, Libero Quotidiano:
"I flash illuminano le super trasparenze di Miley Cyrus in abito nero con pizzo per una serata glamour.." (.....)  Continua e video

Mero trash della società liquida? Al contrario, arte avantgarde di massa: il sound e i clip sono sempre di ottima qualità e sperimentazione tech, certa apparente facile comunicazione è  come Internet off line,  interfaccia creativa e  non ultimo, a suo modo diversamente elegante e raffinata la giovanissima ancora pop star Girl... e  splendidamente sensuale, dionisiaca, eretica erotica...





A Bologna piace Giallo: Autori Vari, con Daniela Rispoli, Vito Introna....


Presentazione dell'antologia di racconti "A Bologna piace Giallo" (Damster editore). Autori: Nicola Arcangeli, Claudio Bolognini, Katia Brentani, Carmine Caputo, Roberta de Tomi, Massimo Fagnoni, Lorena Lusetti, Andrea Masotti, Francesca Panzacchi, Vito Introna, Daniela Rispoli, Mariel Sandrolini, Viviana Viviani, Paolo Zamparini. Accompagnamento musicale di Lorenzo Masotti.
E... azione performativa brillantissima e significativa sul nuovo panorama letterario bolognese (ma autori di tutta Italia) come spesso, avanguardia 2.0 e antenna delle future tendenze innovative per la parola italiana del nostro tempo.

La lezione di Bruno Dalmasso.

 Casalino Pierluigi, 15.02.2015

Un pezzo di Riviera se ne va dalla Libia. Bruno Dalmasso e la moglie etiope se ne torna nella sua Bordighera di cui è originario e si arrende alla tragicità dell'inferno libico, nonostante la sua nostalgia e la sua volontà di restare una bandiera di quella che una volta fu definita la Quarta Sponda. Ma, aldilà delle più o meno controverse eredità dell'Italia coloniale, va salutata la figura di questo personaggio d'altri tempi, romantico e non privo di quel fascino che la storia di quel mondo lontano e vicino gli ha accresciuto nel corso dell'ultima dolente parabola degli italiani in terra di Libia: soprattutto nella prima fase del deposto colonnello Gheddafi. Con l'ISIS alle porte di casa, anche della nostra Liguria, diventava difficile restare e resistere, per questo anziano signore del Ponente.  La sua strenua difesa delle memorie italiane, che comunque appartengono alla vicenda nazionale, testimonia il valore di gente che come lui non abbandonano mai, se non costretti, la barca che affonda. Prima che sia troppo tardi, la comunità internazionale non può dunque che riprendere la via di un nuovo intervento, tanto più doveroso e legittimo più di ieri, quanto più ineludibile, anche per salvare quel poco che rimane di un patrimonio millenario che ha legato le due rive del Mediterraneo, segnandone un momento rilevante della civiltà. E ciò nell'interesse anche dei libici, che consapevolmente spesso ci ripetono, come mi ha evocato di recente un amico di laggiù. "quando la Libia era  in Italia". Alfiere dell'italianità, Bruno Dalmasso merita il nostro plauso per il coraggio e l'ostinata, intrepida scelta che lo ha accompagnato nel corso della sua esistenza. Se ora si è arreso non è certo per paura, ma per metterci tutti di fronte alle nostre responsabilità. Quelle di fermare  la marea montante del fanatismo. E non si può fallire.

Carlo Infante e la "Compagnia Anonima Poeti". dopo Palazzeschi

Redazione
segnaliamo la seguente News rilevante per il poeta scrittore postfuturista Carlo Infante, già in Parlami d'amore Parami di vita, recentemente, antologia neoromantica a cura di V. Pignalosa (e il Circolo Arianna di Napoli).
da Lecce Cronaca (estratto):

POESIA DI STRADA / NATA A FOGGIA LA "COMPAGNIA ANONIMA POETI"

di Carlo Infante______
La cosiddetta "poesia di strada" iniziò a diffondersi, nel nostro Paese, oltre dieci anni or sono. Fra i collettivi più conosciuti si annoverano il "Movimento per l'Emancipazione della Poesia" (fondato a Firenze, nel 2010) ed i romani "Poeti der Trullo" (in attività dal 2010).
Nel maggio dello scorso anno si tenne, a Genova, il 2° "Festival Internazionale di Poesia di Strada" (la prima edizione, nel 2013, a Milano).
Anche in Puglia opera qualche poeta stradaiolo, a Lecce e provincia (dal 2010): "Poesia D'Assalto" (http://www.assaltopoesia.tk/); a Bari un collettivo aderente al già citato "MEP" e le "Brigate Poeti Rivoluzionari" (afferenti alle statunitensi "Revolutionary Poets Brigade", di matrice anarco-comunista. Si riuniscono presso la ex Caserma "Rossani", in via Giulio Petroni).  (....)  In effetti, il grande poeta (e scrittore) futurista Aldo Palazzeschi, ebbe a scrivere che "Il vero poeta moderno dovrebbe scrivere sui muri, per le vie, le proprie sensazioni e impressioni, fra l'indifferenza o l'attenzione dei passanti". CONTINUA


Le minoranze tra mare e terra, dagli Arbereshe agli Armeni di Pierfranco Bruni

 Le minoranze tra mare e terra, dagli Arbereshe agli Armeni
 Letteratura, cultura e memoria


di Pierfranco Bruni


Etnie e  letteratura. Si incontrano, si intrecciano e non vivono nelle contraddizioni. La letteratura è sempre un incontro. Un incontro nel quale le metafore sono elementi centrali pur in una cultura che può definirsi popolare. Il discorso, comunque, spinge ad una meditazione sulla quale bisogna soffermarsi.  Sulle sponde dei Grecanici, Catalani e Arbereshe vivono intrecci di tempo. Comunità di mare, le cui eredità e il senso di appartenenza costituiscono non solo modelli storici ben determinati e definiti sia all'interno dei vari contesti geografici sia all'interno di intrecci identitari che si mostrano con dei processi che sono antropologici, artistici e storici. Un dato dominante è rappresentato dal rapporto tra Rito e Tradizione. 
A queste comunità va necessariamente aggiunta quella Armena. Di questo ne parleremo a Lecce il prossimo 28 febbraio in una manifestazione organizzata dall'Agenzia Euromed dove presenteremo una ricerca sulla cultura Armena.
      D'altronde è, tale rapporto, una componente fondamentale per tutte quelle etnie storiche, il cui valore emblematico è dato dai codici culturali. Ancora una volta si ribadisce l'importanza della lingua ma la sua funzione ha bisogno di ulteriori ancoraggi certi che sono, appunto, il rito e la tradizione. O meglio la difesa delle identità espresse dal rito e la tutela e valorizzazione di quelle tradizioni che garantiscono una continuità tra un processo storico vero e proprio e una affermazione di tali identità nella contemporaneità una etnia (o una comunità di minoranza etnico . linguistica) è viva se oltre alla lingua si tiene fede e si continua a trasmettere dimensioni di tradizioni.
      Da questo punto di vista credo che ogni occasione laica o religiosa sia un riferimento importante e centrale per la salvaguardia di una continuità di valori contenuti nelle tradizioni. Con i Grecanici, i Catalani e gli Arbereshe (ma aggiungerei anche i Sardi e gran parte della cultura Occitana, nonostante il suo costante rapporto con altre aree geografiche e con altri riferimenti territoriali: qui più che il mare c'è un insistere in una "isola" piuttosto ben racchiusa in realtà montuose) e gli Armeni siamo in un campo in cui i parametri della cultura mediterranea sono ben definiti e trovano una loro maggiore completezza se si analizzano proprio la letteratura e l'arte.
Un capitolo, dunque, da aprire e da contestualizzare riguarda la questione della etnia e della cultura del popolo Armeno. Bisogna necessariamente, nel primo Centenario del Genocidio, ridiscutere la storia del popolo e della civiltà degli Armeni. La prima Nazione che ha "istituzionalizzato" il Cristianesimo.
L'Armenia è un bacino tra il mondo asiatico e Mediterraneo. Una lettura che presenta la sua visione non interpretativa ma storica nella verità della realtà culturale e antropologica.
      L'influenza delle tradizioni mediterranee trova una chiave di lettura significativa nel rispetto delle cesellature rituali e nelle funzioni delle festività (ripeto: laiche o religiose). Il Mediterraneo  trasmette una cultura che è quella del mare inteso in senso geografico e reale ma anche considerato come proposta metaforica nel senso che traccia itinerari di viaggio. Soprattutto queste etnie sono etnie che provengono dall'attraversamento del mare al di là di una definizione prettamente cronologica.
      La Grecia e i Balcani da un certo punto di vista creano un legame consistente tra l'Adriatico e, appunto, le acque mediterraneo e chiamano in causa le coste italiane. I Catalani e i Sardi (i Catalani sono una etnia dentro una etnia: ed è un dato che non assolutamente dimenticato) sono la sponda opposta pur sempre in una processo culturalmente considerato dentro la storia del Mediterraneo attraverso anche i rapporti con la Liguria e la Spagna. E qui la lingua è un altro di quei tasselli abbastanza forti che permette di consolidare un incontro tra tradizione – arte e letteratura. Un incontro che stabilire un dialogo.
      La letteratura catalana è un patrimonio non solo di codici semantici ma anche di "reperti" simbolici e interpretativi di una cultura tout – court. Così come l'opera del poeta Italo – Albanese Girolamo De Rada. La lingua catalana e sarda per Grazia Deledda (faccio un esempio) è una straordinaria "officina" nella quale lavorare non solo sul piano semantico e strutturale ma anche in termini di costruzioni di immagini narranti. E le eredità Mediterraneo restano punti nevralgici come restano nodi robusti l'oralità popolare Albanese – Alberese in De Rada. L'unione di queste due letterature è data dalla metafora del mare e delle coste.
      Lo spazio e il tempo sono dentro la metafora – realtà del viaggio – viaggiare. E il viaggio insiste sul concetto di metafora. Il viaggio in Albania per De Rada è profondamente legato alla metafora della distanza – distacco. In Deledda è metafora – realtà ma l'isola è un crogiuolo di assiomi linguistici e  di contenuti ereditari. Non è la stessa cosa con l'Occitano Frédéric Mistral nel quale è ben robusto l'immaginario di una Provenza fatta di terra e di ironia ma ci sono segni che ci possono permettere un raccordo proprio con il testamento letterario di una Deledda che scava nell'anima di un'isola fatta di oralità e arcaismo. Come nei segni emblematici di un De Rada che grazie all'eroe nazionale Scanderbeg sottolinea la biografia di una diaspora che diventa la biografia di un popolo.
      E' il Mediterraneo che non si concede ad una chiusura ma sottolinea esperienze di contatti con civiltà oltre frontiera. La ritualità e la tradizione sono delle costanti. Il ballo tondo nella cultura Albanese e Arbereshe è il ballo tondo raccontato dalla Deledda. La danza e la musica ora con connotati orientali e bizantini ora con incisi catalani sono nella tradizione di un intreccio la cui metafora del trasportare immagini e movimenti costituisce un essere della cultura. Ma è la religiosità, in questo caso, che richiama forme di liturgia a manifestarsi come espressione di un recupero di arcaico nel moderno.  Il ballo albanese è già nel ballo armeno.
      I racconti e le leggende del Provenzale Mistral hanno un profondo radicamento popolare. Ed è proprio il popolare che lega le culture delle etnie in una dimensione non più o non solo folcloristica ma dichiaratamente antropologia. Ed è qui che l'etno – storia costituisce una premessa chiarificatrice sia per una tensione letteraria sia per una interpretazione rivolta all'arte di queste comunità. Il Mediterraneo con i suoi approcci e la sua memoria resta la centralità di queste etnie. Gli Armeni hanno la favola che raccoglie il fascino della leggenda nel mistero.
      I Grecanici sia nella visione Bizantina sia in quella Magno Greca passano dentro la storia, nell'umanità e nella conflittualità, di un Mediterraneo che ancora una volta si rivela come destino in una civiltà che è passato ma è soprattutto contemporaneità. Nella contemporaneità sono assorbite le desinenze del tempo.
      Queste etnie sono memoria e presente che insistono, con la loro straordinaria cultura, nella contemporaneità. Proprio per questo la memoria o il tempo sono un senso e un sentimento che tracciano orizzonti. Le etnie sono i portati di una memoria dentro l'orizzonte di una contemporaneità che raccoglie i segni di quel viaggio che è tradizione, identità e metafora. La letteratura delle etnie vivo questo percorso e in questo percorso.

domenica 22 febbraio 2015

Maurizio Arcieri dei Krisma, il tecnopop italiano

Redazione

segnaliamo un significativo e brillante, storicamente anche doveroso, tributo di G. MelI (da L'Opinione.. Un Nobel postumo...) a Maurizio Arcieri, ovvero Maurizio dei Krisma (con la moglie) recentemente e preamturamente scomparso. A suo tempo, a parte la già pregevole per la canzone pop italiana produzione anni 69/70,  i Krisma (e Maurizio sorta di David Bowie made in Italy, il Bowie electro di Heroes e Low), con almeno un paio di album, Cathode Mama e Hibernation realizzarono album di livello assolutamente internazionale, precursori in Italia con pochi altri della nuova musica elettronica technopo se non semplicemente cyberpunk..

COME SCRIVE MELI...Il 23 febbraio 1978 il “Corsera” augurò, testuali parole, “l’eutanasia per il bene suo e di tutti noi” a Maurizio Arcieri, leader dei Krisma, dopo che il cantante si era tranciato con un rasoio l’indice della mano sinistra in una balera di Reggiolo, troncando la contestazione del pubblico zittito dagli schizzi di sangue. L’augurio “tranchant” non era in realtà dovuto alla follia del gesto quanto a qualcosa di ancora peggio per il giornalismo dell’epoca. Se era indigesta la conversione dell’ugola orecchiabile di “Cinque minuti” all’underground post rock, più inaccettabile era la sua nuova filosofia de “l’italianità del punk”. Ora che Arcieri se n’è andato a 73 anni, è partito un coro di elogi, meritato ma quasi fastidioso per l’evidente ipocrita insincerità.
L’occasione è buona per dare ragione alle idee del leader dei New Dada e dei Krisma. E per porsi qualche domanda sui destini tanto diversi vissuti tutt’oggi nello show business, per esempio dagli eterni Gianni Morandi e Raffaella Carrà e dall’isolato “Krismatico”. Ancora di più per chiedersi chi veramente, nell’area milanese varesotta, meritava il Nobel se Dario Fo, con la moglie Franca Rame, o piuttosto un Arcieri, con la moglie svizzera Christina Moser. I due, divisi da 15 anni di differenza risoltisi a vantaggio del più vecchio, non hanno carriere troppo diverse. I primi 10 anni del biondo Dario sono in Rai tra varietà e “Canzonissima”. Il decennio iniziale del biondissimo Maurizio è diviso tra gruppi beat, fotoromanzi e film leggeri incentrati sulla popolarità dei cantanti. Tra i due non c’è partita. Il cantante è nel ‘68 all’apice del consenso, il più bello in assoluto sulla scena, l’unico all’altezza delle popstar importate e dei David Bowie del momento. Gli impegnati potevano storcere la bocca sia davanti alle canzoni d’amore (le stesse, in italiano, dei Rolling Stones) che agli sketch “simil-Vianello”. Poi Dario e Maurizio sterzano. Il primo si butta in politica, satira impegnata di sinistra ed incomprensibile gramelot. Il secondo da Londra e New York diventa un antesignano del pop punk elettronico, destinato a dominare la scena nei decenni a seguire"  (..........)
CONTINUA L'OPINIONE




La rivista Futuri dell'IIF prossimo numero

Due "call for papers" per FUTURI


Cari amici,
 
l'Italian Institute for the Future invita ricercatori ed esperti a sottoporre alla redazione della rivista FUTURI paper di ricerca da pubblicare sul n. 5 della rivista, in uscita ad aprile 2015.

Il primo dei due temi del prossimo numero di FUTURI è "Scienza, tecnologia e relazioni internazionali" e intende offrire per la prima volta in Italia un panorama quanto più ampio possibile delle questioni aperte relative agli aspetti di politica e sicurezza internazionale connessi all'innovazione scientifica e tecnologica. Un ambito di studio, questo, particolarmente fiorente nei paesi anglosassoni, ma ancora ignorato in Italia. Viceversa, i cambiamenti che la ricerca scientifica e tecnologica apportano alla società impongono una profonda riflessione sui loro impatti nell'ordinamento internazionale, per favorire un più consapevole processo di decision-making nel prossimo futuro.

Il secondo dei due temi del prossimo numero di FUTURI è "Cyberculture" – in collaborazione con la rivista Quaderni d'Altri Temp i – e intende approfondire i mutamenti sociali e culturali in corso in Italia e a livello mondiale sotto la spinta della rivoluzione digitale, con una visione di prospettiva sugli scenari futuri della cybercultura in un'ottica di medio-lungo termine.

Per tutti i dettagli relativi alle due call for papers vi invitiamo a consultare il nostro sito Internet www.instituteforthefuture.it.

Diffondete ai vostri amici e colleghi!
Copyright © 2015 Italian Institute for the Future.
www.instituteforthefuture.it
 


Francesco De Gregori, Carmina Burana, Studenti Migranti su Cinquew News

 

"Francesco De Gregori. Mi puoi leggere fino a tardi", di Enrico Deregibus. Il cantautore come non è mai stato raccontato
http://cinquewnews.blogspot.it/2015/02/Francesco-De-Gregori-Enrico-Deregibus-cantautore.html
 
La forza narrativa della danza, della musica e dei versi: a Roma il compendio perfetto dei Carmina Burana
http://cinquewnews.blogspot.it/2015/02/Carmina-Burana-forza-narrativa-danza-musica-versi-Roma-compendio.html
 
Integrazione linguistica e culturale di studenti figli di migranti uno "dei punti cardine de 'La Buona Scuola'"
http://cinquewnews.blogspot.it/2015/02/Integrazione-linguistica-culturale-studenti-figli-migranti-punti-cardine-La-Buona-Scuola.html

GLI ARMENI - LECCE. GIORNATA DELL'AMICIZIA E DELLA CULTURA ARMENA - LECCE 28 FEBBRAIO 2015

 Pierfranco Bruni/Segnalazione

*Importante evento a Lecce, per promuovere la nuova cultura mediterranea ancora poco conosciuta

vedi  Photo Immagini  programma/dettagli










Sanremo e il sogno d'amore

Per un curioso scherzo del destino, proprio durante le giornate del Festival di Sanremo, è uscito anche nelle sale italiane un film denuncia della violenza estremistica, quel "Timbuktu" di un fortunato regista mauritano, che svela con una pellicola di grande realismo il vero volto di chi uccide nel nome della religione. E non è un caso che il film si sposi paradossalmente con il messaggio dell'evento sanremese appena concluso. Un messaggio d'amore. Perché la gente, in realtà, ha bisogno d'amore, di tanto amore, di Grande Amore. Un motivo che colpisce con il suo testo ancor più della sua melodia, quello dei tre tenorini de IL VOLO, che ha trionfato appunto sul palco dell'Ariston, e che si scontra, per quanto riferito al sentimento di Cupido, con le gesta dei fondamentalisti che il registra ci mostra strumentalizzare anche l'amore tra un uomo e una donna. L'episodio dell'imam che oppone al concetto di guerra santa dei fanatici quello di lotta interiore, quello sforzo che ci purifica dal demone del male. E la canzone de IL VOLO ha lo stesso compito, quello di liberarci dalle caricature dell'amore e di riproporcelo con il suo autentico e antico significato. "Dimmi perché quando penso, penso solo a te, dimmi perché quando vivo, vivo solo in te, grande amore, dimmi chi sei, respiro dei giorni miei d'amore, dimmi che sai, che non sbaglierei mai, dimmi che se il mio unico grande amore". Parole di un lirismo straordinario, quello del vero amore, che nel film un pugno di stressati mette sotto i piedi condannandolo ad un infelice condizione. Una condizione che soffoca il grande amore di chi finisce pesino per subire violenza solo per aver osato sognare. Quel sogno che, invece, Sanremo ci ha detto che vale ancora la pena di coltivare: con il suo rinnovato teatrino, con le sue gaffes, con i suoi incidenti, con le sue polemiche, con la sua audience, con i malumori e le liti nate e poi morte intorno a Carlo Conti e alla sua cerimoniosa e sempre sorridente regia.
Casalino Pierluigi, 22.02.2015