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domenica 1 aprile 2012

Perché N.O.? Crescita/Decrescita Giuliano Borghi Per una Nuova Politia II


GIULIANO BORGHI PER UNA NUOVA POLITIA II  (vedi 01/05)

La questione da dibattere è quella dell’effettiva possibilità di rinvenire un insieme fondamentale di “idee pratiche”, sul qual far vigere nuovamente un popolo che si autocentri e si autogoverni. Definire, insomma, una nuova Carta dei diritti politici, quanto di quelli sociali ed economici, dell’uomo e ridisegnare nuove “linee di amicizia”adeguate al secolo che si è aperto, dove il discrimine non dovrà più essere segnato nel campo semantico implicate dalle “categorie” obsolete, stilate in un oramai antiquato vocabolario politico, entro il quale si va ogni giorno sempre di più intristendo la vita quotidiana. Da questa, ancora, trarre il senso del mondo, contro quello imposto dalle cosiddette “leggi” degli economisti e dei banchieri, che rendono nemico l’uomo all’uomo e il popolo mero suddito di decisioni prese in defilati penetrali, che da tempo funzionano nei fatti come sistema per ucciderlo.   
Pensare, oggi, il cambiamento è certamente possibile, direi esistenzialmente doveroso, ma occorre stare attenti a non pensarlo, magari inavvertitamente, con quelle stesse categorie mentali e culturali che hanno chiaramente dimostrata, nell’ora attuale, la loro totale obsolescenza.
Compito indubbiamente difficile e azzardato, magari anche presuntuoso, lo stesso, in fin dei conti, che hanno dovuto, e saputo, affrontare necessariamente tra Cinquecento e Seicento, nella prima ondata della Modernità, quei grandi pensatori europei, che trovatisi di fronte all’invecchiamento oramai irreversibile subito dalle categorie aristoteliche con le quali il mondo in precedenza era stato pensato e detto, sono stati attenti e realisticamente accorti a non versare il vino nuovo che vedevano fermentare nei vecchi otri del passato.
 Il sistema sociomentale  che attualmente ha la sua vigenza certamente è ancora forte nelle sua pratica. Altra è la situazione, però, che si rivela qualora si porti l’attenzione alla sue fondamenta, cioè ai mitologhemi e alla ideologia sulle quali si sorregge. Qui si incontra in effetti, un punto di fragilità notevole lì dove la “grande favola” dell’odierna modernità mostra di essere entrata in un insanabile conflitto con se stessa, per un emergere di contraddizioni che hanno posto in crisi i presupposti antropologici, politici ed economici, sui quali ha fatto sinora forza. Si tratta di autocontraddizioni, di auto trasgressioni non volute, né previste, le quali, per quanto finora agenti soprattutto nel dominio culturale, già dicono comunque che questa modernità “liberale”, è oramai impotente non solo a dar conto del reale, ma anche ad avere ragione dei problemi che il tempo d’oggi drammaticamente pone. Dall’etologia all’antropologia, dalla biologia e dalla bioetica alla prossemica, infatti, hanno finito per accumularsi saperi che confutano radicalmente i grandi principi individualistici, economicistici ed utilitaristici della odierna razionalità.
 Quello che occorre, dunque, è che si formi una schiera di uomini pensanti, consapevoli dell’uomo e delle “cose dell’uomo”, disposti a correre il rischio di concepire, e volere davvero, una nuova azione fondante, efficace a prefigurare concretamente una ben altra costituzione, assunta nel suo originario, duplice, significato di struttura interiore dell’uomo e di forma della polis
. Quanto in questa modernità, appare, con tutta evidenza, non più risolvibile, se si dovesse rimanere all’interno delle categorie filosofiche e politiche che la caratterizzano, potrebbe esserlo, invece, in un’altra modernità. E’ proprio nel segno di una diversa ed originaria del moderno che può essere possibile mettere a fuoco una linea di pensiero in grado di far presa sul concreto e di rimodellare il posto dell’uomo nel mondo, in una gaia accettazione delle sfide che l’epoca lancia. Operazione preliminare è chinarsi sul proprio tempo per comprenderlo e poi andare oltre, ad elaborare un modello alternativo di organizzazione della convivenza degli uomini che non sia dotato di sola efficacia teorica, ma soprattutto possa essere suscettibile di una traduzione pratica

Continua  02/10   Pagina Perché N.O.
  

Perchè N.O.? Crescita/Decrescita - 9- Giuseppe Gorlani Breve nota sul Cambiamneto II

 
GIUSEPPE GORLANI  BREVE NOTA SUL CAMBIAMENTO II (vedi 01/05)


In questi ultimi tempi si sente con sempre maggiore frequenza parlare di “cambiamento” o, addirittura, di “rivoluzione”, invocandone la necessità. Il disagio esistenziale cresce di pari passo con le difficoltà economiche e la “gente” o le “masse”, direbbe Ortega y Gasset (perché ormai di popolo sembra non si possa più parlare), scendono nelle piazze con l’intento di suscitare l’attenzione dei governanti e di scuoterne la coscienze. Dato che viviamo in una condizione di “democrazia” – pensano i più – abbiamo “diritto” a far sentire la nostra voce, esigendo che venga ascoltata. In realtà, però, i governanti non ascoltano e procedono imperterriti verso il perseguimento di mete non dichiarate, finalizzate ad arricchire alcune oligarchie e non certo a portare benessere, equità, giustizia.
   Già da tempo tali ristrette cerchie di dominanti (che puntualmente si circondano di lacché dotati di particolari attitudini: la “casta”) hanno accertato come gli schiavi migliori, i più manipolabili e sfruttabili, siano quelli che non sanno di esserlo. Così, riprendendo e perfezionando un esperimento fallimentare, scaturito nell’antica Grecia, è stata elaborata la democrazia nella sua forma corrente: un’impossibilità vera e propria, fondata su una prospettiva opposta alla Norma o Dharma.
   Che vi siano delle cerchie di persone dominanti è perfettamente normale e naturale; ci si dovrebbe tuttavia chiedere: “dominanti” sulla base di quali criteri? È qui che cominciano i guai seri, poiché costoro, in concordanza con la temperie dell’Era Oscura in cui viviamo, non eccellono in intelligenza (nel suo significato etimologico), in consapevolezza, in capacità di servire il Bene comune, indirizzando le nazioni all’armonia col vivente e orientandole verso propositi eminenti, bensì in furberia, avidità, frenesia distruttiva, spietatezza, miopia.

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Perché N.O.? Crescita/Decrescita- 8- LUCIANO PIRROTTA Sistema di controllo e disordine

Un recente volumetto a firma Augusto Illuminati – Tania Rispoli, Tumulti (Derive/Approdi, pp. 168, € 13,00) offre spunto per alcune considerazioni ‘allargate’ sulla situazione attuale, caratterizzante l’intero complesso delle ‘ democrazie occidentali’ europee e d’Oltreoceano. In particolare per quanto concerne le strategie di controllo e condizionamento sociale a fronte delle inevitabili tensioni scaturenti dal disagio innescato dal trend economico vigente e dagli stessi indirizzi e misure applicativi. Diciamo subito che del discorso condotto dai due autori, ideologicamente connotato, non condividiamo quasi nulla.

Ci sembra infatti stucchevole  citare ancora, prospettandolo a modello esemplare, l’episodio effimero, malamente abortito, della Comune francese del 1871, patetico resuscitare vecchi arnesi, finiti nella discarica della storia, come Angela Davis, infantile nutrire illusioni circa la novella primavera araba o la “germinale aggregazione moltitudinaria di resistenza” fra precari nostrani e migranti extracomunitari. L’aspetto che intendiamo invece svolgere viene dall’enunciato posto ad inizio opera, consistente in una coppia di equivalenze parallele: “ a sovranità rivoluzione, a governance tumulti”.

La tesi è semplice: contro la sovranità incarnata da un monarca, dittatore, governo, può nascere la rivolta, suscettibile di tramutarsi anche in rivoluzione, ma se – il riferimento è alle configurazioni odierne – non esiste più un’autorità identificabile e definita, con chi prendersela? Di qui il sommovimento che si traduce in estemporaneo tumulto, rabbioso fuoco di paglia che non riesce a scorgere il proprio bersaglio (per dirla schmittianamente, il proprio “nemico”). L’equazione suddetta è suscettibile di estensione. Davanti agli stati-nazione si staglia la nemesi del rovesciamento violento, del golpe, della guerra civile; all’impero globalizzato dei poteri forti planetari si oppone l’insurrezione anarcoide scomposta e risibile, simile all’assalto ai forni di manzoniana memoria. .................

Continua  01/08   Pagina Perché N.O.? Crescita/Decrescita

domenica 5 febbraio 2012

Perchè N.O. Crescita/Decrescita Giuseppe Gorlani "Brevi note sul cambiamento "


  




 

In questi ultimi tempi si sente con sempre maggiore frequenza parlare di “cambiamento” o, addirittura, di “rivoluzione”, invocandone la necessità. Il disagio esistenziale cresce di pari passo con le difficoltà economiche e la “gente” o le “masse”, direbbe Ortega y Gasset (perché ormai di popolo sembra non si possa più parlare), scendono nelle piazze con l’intento di suscitare l’attenzione dei governanti e di scuoterne la coscienze. Dato che viviamo in una condizione di “democrazia” – pensano i più – abbiamo “diritto” a far sentire la nostra voce, esigendo che venga ascoltata. In realtà, però, i governanti non ascoltano e procedono imperterriti verso il perseguimento di mete non dichiarate, finalizzate ad arricchire alcune oligarchie e non certo a portare benessere, equità, giustizia.

Già da tempo tali ristrette cerchie di dominanti (che puntualmente si circondano di lacché dotati di particolari attitudini: la “casta”) hanno accertato come gli schiavi migliori, i più manipolabili e sfruttabili, siano quelli che non sanno di esserlo. Così, riprendendo e perfezionando un esperimento fallimentare, scaturito nell’antica Grecia, è stata elaborata la democrazia nella sua forma corrente: un’impossibilità vera e propria, fondata su una prospettiva opposta alla Norma o Dharma.

Che vi siano delle cerchie di persone dominanti è perfettamente normale e naturale; ci si dovrebbe tuttavia chiedere: “dominanti” sulla base di quali criteri? È qui che cominciano i guai seri, poiché costoro, in concordanza con la temperie dell’Era Oscura in cui viviamo, non eccellono in intelligenza (nel suo significato etimologico), in consapevolezza, in capacità di servire il Bene comune, indirizzando le nazioni all’armonia col vivente e orientandole verso propositi eminenti, bensì in furberia, avidità, frenesia distruttiva, spietatezza, miopia.

Del resto si deve tener conto di come essi esprimano in modo significativo lo stato di coscienza generale. Ossia, non si deve credere che il comune cittadino sia migliore del governante, in virtù del suo appartenere alla categoria dell’uomo qualunque, semmai il primo emana negatività e produce sventure su una scala ben più ridotta rispetto al secondo. Entrambi, inoltre, attingono alla stessa degenerata e monca interpretazione del mondo di tipo scientistico; dal che si può dedurre come schiavo e padrone siano legati alla stessa catena: l’ignoranza ontologica, avidya.

Sarà opportuno allora chiedersi, al di là di ogni luogo comune: ma quale cambiamento o rivoluzione ci si può auspicare? ....
CONTINUA O1/5
 
 
 
 
 
 
 

sabato 21 gennaio 2012

01/05 Perchè N.O.? Giuliano Borghi -PER UNA NUOVA POLITIA

  PER UNA NUOVA POLITIA


Presupposti Statuto Forma


Principio fondativo


. Fraternità


Sovranità


. Titolarità: Popolo. Concezione personale e patrimoniale


. Popolo: la comunità dei cittadini responsabili


. Cittadinanza: statuto politico di appartenenza. Adesione reiterata volontaria. Hospitalitas


Legame sociale


. Triplice obbligazione: Dare-ricevere-restituire


Esercizio della Sovranità


. Partecipazione diretta


. Poliarchia


. Policrazia


. Reddito di cittadinanza politica


. Proprietà moneta


Forma del politico e funzioni istituzionali


. Res-publica presidenziale


. Federalismo sussidiario


. Decisione


. Rappresentanze
.
Formazione ceto politico: voti pubblici preliminari di povertà e di servizio pubblico. .
.
Scuole
.
 Scelta e revoca rappresentanti: Albo nazionale. Revocatio ad populum

GIULIANO BORGHI

Continua- VEDI 01/5

Perchè N.O.? 01/04 Giovanni Sessa-L’Arte come originario disincanto in Andrea Emo...


Note per una possibile estetica di Nuova Oggettività

Provo a rispondere, con questo mio breve scritto, alle suggestioni e agli stimoli che, la lettura del Libro-Manifesto“Per Una Nuova Oggettività. Popolo, partecipazione, destino”, e in particolare l’In-folio curato da Sandro Giovannini, ha suscitato in me. Nello specifico, le mie riflessioni muoveranno lungo la direzione di uno dei tre snodi teorici del Movimento di idee “Per una nuova oggettività”, individuati nella Premessa del volume: quello estetico-politico. Ciò in considerazione del fatto che, in questo ambito, trovano sintesi e conclusione, anche altre rilevantissime problematiche del pensiero contemporaneo, dalle discussioni attorno alla temporalità, a quelle di simbolica della storia e di psicologia archetipale. E’ il momento, quindi, di fare i conti con l’estetico e le sue molteplici valenze. La cosa risulta addirittura imprescindibile, per una corrente di pensiero che voglia farsi latrice di quella che James Hillman chiamava la re-visione dello stato di cose presenti, oltre che di un fare, esistenziale e politico, connotato dalla ri-scoperta e ri-presa della dimensione originaria-originante. Inoltre, poiché Giovannini ha posto nel suo In-folio, il presente, sotto la tutela dell’evocativa, ma per ora poco nota, filosofia di Andrea Emo, riteniamo opportuno, in queste poche note, presentare la sua teoria dell’arte e del bello, come una possibile estetica di Nuova Oggettività.


Precisiamo, immediatamente, che questa presentazione non pretende assolutamente avere carattere esaustivo, né rispetto ad Emo, né tantomeno nei confronti del tema del “disincanto artistico” che, naturalmente, presenta tali e tanto profonde implicazioni, da meritare ben altra trattazione. Speriamo, molto più semplicemente, di suscitare nel lettore, e soprattutto all’interno del Nostro Movimento, una certa curiosità nei confronti di una prospettiva che, di per sé, presenta, non solo rispetto al senso comune contemporaneo ma, verosimilmente nei riguardi delle troppo consolidate certezze teoretiche dell’area di riferimento, carattere di aperta provocazione. Perciò auspichiamo soltanto che queste poche righe inaugurino un dibattito critico ampio, fuori dai consueti schemi esegetici, vista la centralità che attribuiamo all’argomento in questione. Infatti, nelle posizioni estetiche emiane, non soltanto ri-emerge la matrice della concezione schellinghiana dell’arte, ma viene anticipata la visione heideggeriana, per la quale la creazione estetica è messa in opera della verità.....*
GIOVANNI SESSA
 
*continua: 01/4