*from Corriere di Como
Non è un bell’episodio il ritardo (per mancanza di fondi e di certezze organizzative) della mostra sull’architetto futurista lariano Antonio Sant’Elia in Pinacoteca. Niente di trascendentale, di fronte alle urgenze della crisi economica. Ma la vicenda, che ci si augura possa ancora sbloccarsi positivamente, la dice lunga sul modo schizofrenico in cui la città di Como si muove sul fronte - a parole tanto sbandierato come fondamentale “elemento strategico” anche per lo sviluppo dell’economia locale - della cultura: da un lato grandi mostre giustamente baciate dal successo che fungono, senza però godere del necessario lavoro di squadra, da vetrine per il territorio; dall’altro tesori d’arte come le collezioni del Novecento comasco che potrebbero far parte di un circolo virtuoso, ma giacciono nella polvere.
Lo slittamento al 2010 di un evento che meritava di essere varato presto e bene nel 2009, nel culmine naturale delle celebrazioni per il centenario del Futurismo, è la ciliegina su una torta venuta tanto male da essere non solo indigesta ma francamente pericolosa. I cui ingredienti sono tanti maestri lariani dimenticati o snobbati e comunque di fatto lasciati all’interesse degli specialisti. Anzi, nel caso del razionalista Giuseppe Terragni non c’è neanche più da contare sull’accademia, perché il centro studi che ne custodisce i disegni è chiuso dal gennaio 2008 per cronica mancanza di fondi. Invano storici e studenti bussano alla porta per ottenere udienza e poter visionare i materiali.
Altrove, non tanto lontano dal lago, gli scenari sono ben diversi. Grazie all’impulso guarda caso di un comasco, il prefetto dell’Ambrosiana monsignor Franco Buzzi, le pagine mirabili del “Codice Atlantico” di Leonardo da Vinci si apprestano ad andare in scena a rotazione nella Sacrestia del Bramante in Santa Maria delle Grazie e nella Sala Federiciana presso la Veneranda Biblioteca, da settembre prossimo fino al 2015, l’anno dell’Expo. Il Codice, tra l’altro, per l’occasione verrà digitalizzato ad alta risoluzione. Sant’Elia in parte è già stato tradotto in bit, i files sono sul sito Internet www.lombardiabeniculturali.it. Ma il genio lariano ha ben altro destino rispetto a quello vinciano. Due fogli del Codice fino al 31 agosto, sono già esposti in anteprima a Palazzo Marino. È vero, i disegni leonardeschi sono più celebri e più preziosi di quelli di Sant’Elia, ma qui non è questione di quantità: sono ambedue specchi (accomunati dallo slancio utopistico e profetico) dei tempi e dei contesti culturali in cui videro la luce. Perché non tentare strategie promozionali analoghe anche a Como, per Sant’Elia'
domenica 2 agosto 2009
COMO PASSATISTA?
venerdì 22 maggio 2009
1929 PRESS...
Crisi della stampa e centralità del lettore
di Marco Pratellesi
Ecco un estratto dell'intervento agli incontri tra giornalisti italiani e tedeschi che si sono tenuti a Villa Vigoni (COMO). Tema: Stampa sotto pressione - La crisi della carta stampata negli Stati Uniti e in Europa, la sfida di internet in Italia e Germania
Se vogliamo salvare i giornali, di carta e online, dobbiamo riscoprire la centralità del lettore. Quello che sta avvenendo in America dimostra, purtroppo, che senza la carta è destinata a impoverirsi anche l’informazione online. Il Seattle Post-Intelligencer dopo 147 anni di storia ha recentemente chiuso l’edizione cartacea: con il calo della pubblicità e delle vendite non ce la faceva più a sostenere i costi di carta e distribuzione. Ma contestualmente ha mandato a casa 145 giornalisti, tenendone solo una ventina per l’aggiornamento del sito. Quale qualità può garantire ai suoi lettori oggi il Seattle Post-Intelligencer?
Il rapporto tra la stampa e i lettori si è incrinato ben prima dell'avvento di internet. Se guardiamo cosa è accaduto nelle redazioni negli ultimi 30 anni, possiamo dividere questo periodo in tre fasi.
1. Fino alla metà degli anni Ottanta, c’era un giornalismo investigativo, c’erano cronisti da marciapiede, la stampa assolveva alla sua funzione di watchdog dei poteri e veniva percepita come informazione al servizio dei cittadini. Compito dei giornalisti era trovare le notizie, scavare nei fatti stando lì dove i fatti accadono: in mezzo alla gente. Ogni mattina i capi dei vari settori vivevano l'angoscia dei menabò da riempire. E l'unica maniera per allentare questa tensione era mandare più giornalisti possibile fuori affinché trovassero abbastanza notizie da raccontare ai lettori.
2. La seconda fase va dalla metà degli anni 80 fino al 2000. E’ il periodo delle grandi rivoluzioni informatiche. Nelle redazioni arrivano i computer e con essi le reti telematiche. Gli editori scoprono che con le agenzie ogni giorno si possono riempire 5 giornali completamente diversi solo selezionando le notizie. Inizia un inesorabile processo di "deskizzazione". Sempre più giornalisti vivono dentro il giornale. Inviati e corrispondenti diventano, soprattutto nei giornali più piccoli, una razza in via di estinzione. Perfino i cronisti escono sempre meno per battere strade e palazzi del potere. Gli editori fanno buoni guadagni, ma i giornali, risultato di un lavoro di selezione e gerarchizzazione a partire dagli stessi contenuti, si assomigliano tutti. E' in
questa fase che si comincia a perdere il contatto con i lettori e con il contesto ambientale di riferimento.
3. La terza fase, l’attuale, coincide, più o meno, con l’inizio degli anni 2000. Computer e internet arrivano in tutti gli uffici e nelle case. Grazie al web i lettori hanno adesso la possibilità di accedere in ogni momento alle principali notizie della giornata. Le redazioni online, che selezionano e gerarchizzano le principali notizie, offrono ai lettori un quadro in tempo reale di cosa sta accadendo nel mondo e dietro casa. I lettori si immergono in questo flusso informativo, ma i quotidiani continuano ad uscire come se questa trasformazione non fosse avvenuta: stesse prime pagine, pochi servizi esclusivi, poche inchieste, poche riflessioni e approfondimenti. Perché i lettori dovrebbero trovare ancora una motivazione d’acquisto se la mattina in edicola trovano giornali che per la maggior parte raccontano loro cose che già conoscono?
Prima ancora della crisi economica (congiunturale), prima ancora della crisi del modello di business dell’editoria (strutturale), stiamo pagando il ritardo nella nostra capacità di rinnovarci in un panorama sociale e informativo che è radicalmente cambiato negli ultimi 10 anni. In Italia i grandi cambiamenti nel mondo dell'editoria si sono avuti sempre in situazioni di "necessità". Così è stato per lo sbarco in internet alla fine degli anni Novanta, quando gli editori si precipitarono a lanciare le edizioni online più per cogliere i facili frutti del mercato azionario della New Economy che per reale convinzione nelle opportunità che il nuovo media offriva. Così sta accandendo oggi, sulla spinta, stavolta, di una crisi dell'editoria che non lascia ampi margini di scelta.
Ma se vogliamo salvare la professione, dobbiamo ripartire, ancora una volta, dalla qualità dell’informazione e dal nostro rapporto con i lettori. Perché questo avvenga è necessario, prima di tutto, ripensare il quotidiano. Perché possa tornare ad essere interessante per i lettori il quotidiano “post-internet” dovrà offrire qualcosa di diverso rispetto a quello che ha fatto fino ad oggi. Lo “Yesterday News” ha perso appeal nel mondo della comunicazione istantanea. Il quotidiano deve tornare a coltivare il suo valore di "esclusiva", cercando di differenziarsi il più possibile dall'informazione offerta sul sito. Oggi si è persa questa complementarietà: sito e quotidiano tendono ad assomigliarsi sempre di più.
Il quotidiano post-intenet deve essere più snello, più essenziale, più elegante, ma anche più profondo, più denso. Non si tratta semplicemente di ridurre i costi di carta e eliminare più giornalisti possibile. Al contrario, occorre liberare i giornalisti da mansioni ormai obsolete per liberare le intelligenze e le professionalità. E' indispensabile che i giornalisti tornino a fare il lavoro del giornalista: cercare le notizie, approfondire i fatti, fare inchieste da raccontare ai lettori con intelligenza sulla carta o sull'edizione online. Noi non siamo stampatori, siamo, nonostante tutto, ancora "cacciatori" di notizie da porgere ai nostri lettori su ogni supporto sul quale desidereranno leggerle.
Questo ci chiedono i lettori: una informazione di qualità, che li aiuti a riflettere, a vivere meglio, a prendere delle scelte, a capire cosa avviene nella società, nella politica, nella propria città. Il giornale di carta deve aprirsi ai nuovi lettori, che sono cresciuti con internet, i cellulari, gli e-book. Questi lettori rappresentano un nuovo pubblico con caratteristiche e abitudini diverse dal pubblico nato con la stampa tra le mani.
Anche quando è nata la radio si è creato un nuovo pubblico, che per la prima volta annoverava, ad esempio, anche gli analfabeti, fino ad allora esclusi dall’informazione. Con internet si è formato un pubblico nuovo, interattivo, che ha caratteristiche diverse dal lettore tradizionale.
I lettori online sono abituati a interagire con i giornalisti a criticare il nostro lavoro, a proporre letture diverse dei fatti, a commentare. Fanno parte di una community che incide nella fattura del loro giornale. Si tratta di un rapporto “caldo” dal quale il quotidiano è rimasto tagliato fuori.
Dobbiamo fare in modo che anche il quotidiano di carta sia inglobato in questa "community dell’informazione”. Ad esempio creando spazi sul giornale in cui dare voce ai migliori commenti dei lettori online. Questo potrebbe instaurare un circolo virtuoso che, oltre a migliorare la qualità dei commenti online, potrebbe spingere i lettori a condividere su carta le scelte dei commenti selezionati. Questo meccanismo "premiante" è alla base, ad esempio, del successo di Italians, il proto-blog di Beppe Severgnini che oggi conta 200.000 lettori, anche se solo dieci interventi vengono pubblicati ogni giorno dopo una dura selezione.
Si potrebbe cominciare da qui per trovare una nuova allenza tra carta e online che riporti al centro dell'informazione il lettore.
From http://mediablog.corriere.it
http://www.youtube.com/watch?v=mxk5W8SowlA FILMATO
(a cura di David Palada)
Cerchi i tuoi spazi? Hotmail va oltre i 5GB… Scopri perché!