L’innesto di organoidi cerebrali, biochip e strati cellulari reattivi crea un ibrido che risponde a stimoli secondo logiche non completamente prevedibili.
La soglia non è la coscienza. La soglia è l’irriducibilità del danno interno.
L’obiettivo non è produrre coscienza, ma ottimizzare reattività, adattamento e gestione del rischio attraverso segnali avversivi.
Una sofferenza utile, che istruisce la macchina senza bisogno di esperienza soggettiva.
Il punto reale è che stiamo costruendo unità computazionali biologicamente penalizzabili.
Che sentano o no, reagiscono come se sentissero.
E questo è sufficiente a renderle operativamente strategiche.
Il progresso reale non segue vincoli morali, ma criteri di prestazione e controllo.
Chi può farlo, lo fa. Il resto è narrativa.