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domenica 27 luglio 2014

Marco M. Tani, l'arte e il Kendo dell'Anima

ARTISTI NEL VENTUNESIMO SECOLO: 
OVVERO IL KENDO DELL'ANIMA
Si nasce soli e si muore soli. E si scrive, si dipinge, si lavora soli. E mentre si è soli accade di incontrare altri con cui si inizia un percorso. Nessuno sa quanto durerà. Si va da un minuto all'eternità. Nella mia esperienza chi ti fa più complimenti, chi ti osanna, chi mostra di avere per te un'ammirazione smisurata generalmente ti ha già fottuto o ha l'insano determinato obiettivo di fotterti. Chi ti critica apertamente senza paura di avere la tua disapprovazione, nel momento del bisogno c'è sempre o nel momento in cui si trova di fronte al tuo lavoro, alla tua vita, alla tua opera, si rivela quando l'apprezza sincero. Questo l'ho verificato nei momenti più duri della mia vita, quelli in cui la verità salta fuori sovrana dagli abissi dell'apparenza. E quando chi decide di accompagnarti nella verità finalmente ama ciò che fai e ciò che sei puoi giurarci che è sincero. Anche chi fa arte deve capirlo. Bisogna tornare a capire che l'artista scrive e lavora innanzitutto per se stesso. Col cuore deve seguire la regola di quella vecchia pubblicità di jeans che poetizzando un culo magnifico scriveva: Chi mi ama mi segua.
Sembra impossibile ma un atteggiamento simile non è narcisismo. Anzi: ne è è il rimedio più efficace: è autodifesa creativa, è il kendo dell'anima. Fermo restando il fatto che è bello essere apprezzati, è bello essere letti come d'altronde è bello essere amati, per sfuggire all'ansia da prestazione che in tutti i campi della vita notoriamente genera infelicità e sensazione di fallimento bisogna piantarla una volta per tutte di inseguire chi deve seguirti e proporre il proprio lavoro come se si implorasse una mistica carità. E' come per un uomo passeggiare in città e contare tutte le donne che incontra sfogliando la classica margherita: "Questa mi ha guardato, questa no. Quest'altra sì e quest'altra no..." In questa maniera si torna a casa stanchi morti. L'artista deve invece permettersi il lusso di guardare il mondo nell'infinita passeggiata della vita facendo una cosa sola: la sua passeggiata. E riferire poi al PC quei milioni di fotogrammi di un giorno che fermentando come il buon vino diventano opere, lavori. 
La malattia tardoromantica, a rigor di logica, dovrebbe essere scomparsa in un tempo come quello che ci circonda, apparentemente così tecnologico, così metropolitano, invece vaga nelle anime di tutti, artisti e non, come una nobildonna decaduta e, francamente, a forza di “rifarsi”,un po' “babbiona”. Aveva ragione Yukio Mishima quando sosteneva che l'artista deve curarsi con un sano allenamento fisico e vestendosi come un manager d'azienda. L'arte, la poesia sono forza creatrice e potenza concreta. Non nascono mai dalla sofferenza come qualcuno ancora si ostina a credere, nascono solo dall'energia e dalla visionarietà gioiosa. Che l'arte venga fuori da un lamento, da una sofferenza, è una balla fra le più spietate che si possano raccontare. Pensiamo solo al fatto che non si può nemmeno dire: “Faccio l'artista”. Subito c'è un imbecille che con un sorriso da Caritas diocesana (con tutto il rispetto) ti risponde: “Uh che bello! Anche mia nonna scriveva”. Bisognerebbe aver un secchio d'acqua gelata sempre pronto. Gli occhi dell'interlocutore si fanno accoglienti, pietosi. Chissà come sei sensibile, dicono con un battito di palpebre degno delle ali di un colibrì. Allora, se non hai il famoso secchio d'acqua gelata pronto, devi sorridere come un ebete e spiegargli con voce da potenziale candidato alla santità (anche perché in caso di reazione sanguigna ti direbbero che hai un carattere impossibile) : “Sai... Leopardi non era grande perché era gobbo, era grande perché era Leopardi. E quando si sentiva come il passero solitario non si struggeva l'anima. Semplicemente gli facevano schifo le feste di paese perché era un inguaribile aristocratico (secondo le testimoninze anche un po' antipatico). Poi catturava dall'anima le parole giuste per dirlo e trasformava il proprio humus aristocratico in quella malinconia che gli piaceva tanto e che, come un veleno che a dosi precise diventa medicina, gli faceva comporre i capolavori mozzafiato che conosciamo. Ecco allora che qualche maestrina rattrappita subito identificava la sua “misera condizione” come causa di grandezza. No, sarebbe stato grande anche se fosse stato un maestro di lotta greco romana. E l'artista contemporaneo, a maggior ragione, deve diventare un ottimo maestro di lotta. Fra l'altro le palestre, oggigiorno, non mancano. Mancano i grandi maestri, questo sì purtroppo. Dunque niente paura. Occupiamo i posti vacanti.

Marco M. Tani

lunedì 23 giugno 2014

Ferrara, Marco Tani, Diario a rovescio, nuovi "pentaversi"



Già in "Altana d'Oriente", opera d'esordio, edita dalle Edizioni del Leone, a cura di Paolo
Ruffilli, risale al 1988! tuttavia - Marco Tani, come tutta la poesia autentica e pura, magari d'argento se non d'oro… tutt'oggi -anni Duemila - scrisse tra le raccolte poetiche più belle e ineguagliate del panorama neoestense: tra Ermetismo e soprattutto… Modernismo alla Ezra Pound, Marco Tani, in pieno feticcio della parola, con operazione nietzschiana recupera il ditirambo in chiave elettronico musicale, la Musica al di là appunto delle parole giustamente azzerate dalla Poesia… Altre composizioni e contrappunti di Tani, come rare pennellate alla… Berlioz, figurano pure nelle collection delle riviste cult "Sinopia" di Roberto Pazzi, "Luci della città", di Stefano Tassinari, "L'Ozio", "Contrappunto" e poi nell'antologia govoniana, "Elettriche poesie" "(Poeticamente, 1996). Infine, Marco Tani nel 2005 ha sperimentato a Parma, presso la Galleria d'Arte contemporanea, Imagina di Giuliano Viveri mosse poetico -visive, "Indizi di reincarnazione", singolare traduzione dei suoi pentaversi nella cifra sperimentale cara a Lamberto Pignotti, Adriano Spatola e Michele Perfetti , Vitaldo Conte(Gruppo 70 e affini) e inoltre altre modulazioni poetico visual di perturbante intensità sensuale, la femme fatale dopo l'amore moderno. Ora finalmente torna nelle Stanze del fare poesia/parola/letteratura, confermando e potenziando la propria peculiarità con DIARIO ALLA ROVESCIA (La Carmelina edizioni, 2014 , prefazione di Mirella Scorsonelli (alias Esse), psichiara e scrittrice di Parma): una parola digitale a ben vedere virtuosamente senza chips e pixels. Una musica classico-elettronica eterea fatta parola per Marco Tani, già segnalato anche nel Dizionario Letteratura Ferrarese Contemporanea (Este Ediion ebook, 2012).

Roby Guerra

sabato 12 gennaio 2013

Marco Tani "Telemaco" *poesia

 

Ezra Pound.jpg

Telemaco ©MarcoMTani

Poi nacqui da una costola
e fui comunque Adamo.
Per me scaldasti l'arco al fuoco
mentre ascoltavo nel tuo seno
la fiaba del ciclope.
Così difesi te, mia grande madre
perchè venisti tu dal mare,
non mio padre,
me lo disse Atena sottovoce.
Divenni allora padre di me stesso
poi venne il millennio degli inganni,
ma ormai la freccia era scoccata,
gli scudi trapassati
e uccisi i Proci.
Poi giunsi all'età adulta
col tacito entusiasmo degli Dei

mercoledì 4 gennaio 2012

Marco Tani: LIRICA BARBARA VELOCE

 


 LIRICA BARBARA VELOCE

Piena sublime sinfonia
di radiostelle accanto alla mia notte
luce della via lattea
ma anche emme 31
Andromeda ti amo.
Ti amo Venere abusiva
Venere immigrata,
solare clandestina
Venere che sorge a oriente
dove in concerto vanno
la piuma d'oca
la penna e la katana,
ti amo barbara straniera
sei stata Xenia e ninfa
stella che nell'impatto
con me
generi il vuoto
vertigo digitale.
Amarti è l'ideogramma.
Mi alzo nella notte
e sparo su nel cielo
raffiche di rose
al tuo cammino
dinamico infinito
propellente
di orgasmo e sentimento
o prima linea amata dell'amore
Ti amo
ghigliottina della statica.
Esplosa da millenni
io vedo la tua luce
mia supernova intramontata
mia novasole innamorata
eterno mezzogiorno
nella mia notte
dove guardarti in cielo
tenendoti per mano
è uccidere il tramonto nell'amore.
Perchè con te
il mattino si alza eterno
mia controsenso,
tonica svettante palestrata
che brilla ammazza e odora di ciliegio
rendendomi felice
amata radiostella
stella amata.


MARCO TANI 3 gennaio 2012



 

sabato 3 ottobre 2009

ENRICO GHERARDI RECENSITO DAL POETA MARCO TANI

la-casa-delle-antiche-enrico-gherardi.jpgEnrico Gherardi- La Casa delle Antiche (edizioni Mjm  ) recensione
Il romanzo di Enrico Gherardi "la casa delle antiche" rientra a pieno titolo in quella lunga tradizione culturale europea che esplora la terra di confine dove si muovono in un difficile equilibrio eros ed archetipo pagano. L'innocenza pagana segue infatti come un'ombra Lucilia, la protagonista del romanzo che, non diversamente da molti di noi, si trova nella vita casualmente a scontrarsi col senso della propria origine e quindi con la propria identità.
   Da qui muove verso la consapevolezza del desiderio. E poichè per tutti noi i cancelli dell'eden sono stati abusivamente chiusi da un pezzo, anche Lucilia deve scontrarsi coi meccanismi inevitabili della paura e di un'antica vertigine senza nome che sempre accompagna la consapevolezza del desiderio stesso.
   Ad aiutarla in questo percorso non sarà una psicanalista in tailleur grigio ma una stravagante anziana donna che vive in una casa isolata degli Appennini dove la protagonista "sente" e "ricorda" di aver trascorso l'infanzia. Sarà lei a riceverla e ad accompagnarla dove tutti vorremmo e dovremmo andare fra i venti solo apparentemente contrari del panico e della nostalgia. La vecchia oscura "sciamana" ha conosciuto la madre di Lucilia e sa dove e come condurre la protagonista verso quel luogo felice dove l'eros rivela, nella propria raffinata crudezza, la cifra più alta della sua sacralità.
   La scrittura di Enrico Gherardi sa essere lineare e quotidiana senza rinunciare a un timbro elevato e mai enfatico.C'è in essa e nell'esperienza di Lucilia il grido dell'autore contro una concezione manichea del bene e del male che avvelena la nostra cultura da quando gli antichi dei sono stati detronizzati e ridotti a fiabe archeologiche. Vale davvero la pena di leggere questo schietto e appassionato contributo a quella riapertura dei cancelli dell'eden che, come per Lucilia, anche per noi appare per tutta la vita irta di ostacoli e terrorizzante, ma che nasconde, lo sappiamo benissimo, la vocazione alla felicità insita, da vero paradiso perduto, nella nostra natura.  

Marco Tani

VIDEO http://www.youtube.com/watch?v=cwA5hI-j6Zs