martedì 22 maggio 2018

La scienza in scena nel futuro prossimo?

http://www.ferraraitalia.it/la-citta-della-conoscenza-i-fari-sulla-scena-collettiva-si-sono-spenti-151972.html

di Giovanni Fioravanti


di  R. Guerra- Nota sull'intervento articolo vedi link sopra


?  in realtà non il Futuro deve tornare, ma venire alla luce nelle menti limitate  di preti, politici, ma anche intellettuali e anche giornalisti che - plasmati per opportunismo o inconsciamente- collidono sempre con le stanze dei bottoni, economiche e meno e cementano  il regime più o meno orwelliano dominante: nelle periferie  e le capitali dell'impero, europeo soprattutto. Più complesso  e dinamico, piaccia o meno, il divenire contemporaneo, ancora in Usa, GB e paesi nordici,  Cina, Giappone, Canada, Australia ecc.  

Sempre non pervenute primavere o illusioni Green  ecc.  in Africa e Paesi Arabi.  In realtà nel linguaggio scientifico l'Uomo del Futuro è ben vivo ma per forza di cose - e anche scelta viste le scimmie politiche extrascientifiche  e anche culturali prevalenti  poco negoziabili- tutt'oggi  gli scienziati  in senso espansivo privilegiano laboratori e simili astronavi a circuito più o meno chiuso. E' l'umanesimo scientifico, anche radicale,  il linguaggio desiderabile e creativo del nostro tempo e del futuro, le masse gira e rigira optano ancora per religioni, politiche e  mass media tradizionali e  le varie caste anche culturali  poco inclini ai paradigmi scientifici anche psicologici, se non contrarie.

In realtà la scuola, ma una scuola ben diversa, può benissimo essere link fondamentale per la società scientifica del futuro, ma non è più un "monoteismo" : famiglia, mass media, internet in particolare hanno ruoli strutturali  inediti e a volte nuovi,  altrettanto se non più potenziati, proprio dopo la Rete e l'informatizzazione della vita quotidiana: la scuola intesa in senso stretto pedagogico è superata. In realtà abbiamo bisogno di una nuova educazione dinamica e anche ludica, non moralistica o troppo accademica- al mondo dopo il Web e che consideri religioni e politiche come archeocultura d'interesse essenzialmente storico ma roba d'altri tempi, di una nuova arte più condivisa del nostro tempo al passo con la tecnoscienza e nuovi tecnorituali pop.   E obiettivi minimali a livello sociale, epicurei al massimo, non utopici e fantasociali obiettivi virtuosi che interessano sempre solo a minoranze, anche più o meno fortunate, la vita non è facile...

Ovviamente "neoutopie" anche scenari creativi ma meno virtuosi; vero, siamo in decadenza e probabilmente per altri due/tre decenni  si vivrà l'inerzia regressiva e poco avveniristica: la storia è lenta,  anche i dinosauri non sono spariti subiti con l'asteroide, certamente quando comunisti, preti, ecoluddisti ideologici, new aggers vari, vecchi reazionari, non ultimo e fondamentale  anche il vero potere totalitario strisciante contemporaneo e semiorwelliano -  pseudoliberal tecnocratico in senso letterale, leggi Grande Finanza ecc- e tutto il suo immenso esercito di fans opportunisti o  semplici uomini comuni: il popolo è abc di ogni democrazia, ma siccome espressione anche della natura umana ambivalente, meglio inserire questo dato .. nel registro di sistema per ogni scenario alternativo. Prima o poi, ci auspichiamo, il mondo della scienza entrerà direttamente  nell'agorà della fu politica.... cambiando ovviamente anche certe regole abusodemocratiche che favoriscono non le città o i mondi della conoscenza, ma semplici ricambi dello status quo ancora essenzialmente primitivo, non conoscitivo e non meritocratico (sia ben chiaro riguarda eccome anche storicamente - certi supposti pseudoprogressisti politici in Italia e non solo).

Tempi virtuali quindi probabilmente ancora per 2 o 3 decenni con tutte le incognite del futuro che per forza hanno già defuturizzato le nuove generazioni "medie".

Salvo asteroidi in certo senso psicosociali che però la Storia a volte ha sempre in serbo. Cordiali Saluti  RG.

Milano, le 10 notizie di oggi





Da: 10alle5 Quotidiano 
 
 
Martedì 22 Maggio 2018 ore 16:50
 
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Ferrara, Rivellino gallery: mostra collettiva a cura del Maestro Daniele Carletti

Dal 26 maggio (vernissage) al 6 giugno 2018, a cura del noto Maestro ferrarese Daniele Carletti,  rassegna collettiva del laboratorio di Pittura e i suo artisti (sempre a cura del maestro) al Rivellino, Via Garibaldi 6.  Tra essi  il giovane talento Marco Nava (vedi immagine elenco completo artisti che espongono).  Carletti e Nava, per la cronaca, proprio da fine maggio saranno anche protagonisti a Lucca, Festival del Nuovo Rinascimento, a cura di Davide Foschi, artista contemporaneo di gran fama, e del suo gruppo di Milano, Nuovo Rinascimento, in forte espansione culturale nel panorama italiano.

lunedì 21 maggio 2018

I classici e il pensiero matematico

 
 di ANGELO GIUBILEO

 

I classici e il pensiero matematico

Oggigiorno, molti fisici hanno preso a dire e scrivere che la matematica sia stata ed è, così come sarebbe in effetti, "il linguaggio degli dei". Questa proposizione normalmente oltrepassa e contrasta il comune buon senso, ma ha un'assoluta valenza di significato. In generale, la matematica è disciplina che comprende l'aritmetica, la geometria e l'algebra. La storia della matematica è progredita sin dall'inizio, e tuttora, ampliando con il metodo di ragionamento logico-deduttivo il campo delle applicazioni pratiche, e dunque in stretto legame con la fisica.

All'inizio, più propriamente, sembra sia stata l'aritmetica - che ha a che fare essenzialmente con i numeri - a fornire risposte di carattere pratico, e quindi l'algebra e la geometria; ma, non è affatto escluso che un ragionamento algebrico o geometrico abbia preceduto la dimostrazione di un ragionamento più semplice e immediato di tipo aritmetico. Di guisa che numerose sono le testimonianze raccolte che concernono parte dell'attività già esercitate in Egitto, Mesopotamia e Grecia arcaica anche risalenti a oltre il 3.500 e.a.

Scrive Dantzig: Quella che noi oggi chiamiamo aritmetica era per i Greci la logistica e nel medioevo fu detta algoritmo. Nel 1931, parzialmente coevo di Dantzig, un ben più noto matematico austriaco, dal nome di Kurt Godel (1906-1978), ha dimostrato ciò che indichiamo come Teoremi di incompletezza, che da lui presero il nome, in base ai quali ogni sistema assiomatico consistente in grado di descrivere l'aritmetica dei numeri interi è dotato di proposizioni che non possono essere dimostrate né confutate sulla base degli assiomi di partenza. E cioè: il sistema logico-deduttivo dei numeri interi non soddisfa l'interrogativo che attiene alla veridicità delle proposizioni, ovvero i numeri medesimi, che necessariamente servono a implementarlo o, in un linguaggio che attiene più alla fisica, costruirlo. Da cui anche la tesi di ogni Costruzionismo.

Dunque l'aritmetica, questo linguaggio degli dei di cui diciamo oggi, non si dimostra capace di sciogliere il nodo gordiano del più potente eroe della classicità, che è stato l'Alessandro Magno; il nodo del vero, della realtà che ci circonda, o altrimenti, avrebbe detto Parmenide, di ciò che, essenzialmente e senza poter aggiungere altro: è. E infatti, Parmenide sapeva bene tutto questo. Così come sembrerebbe, perfino a detta di Aristotele, che lo professassero tutti i filosofi dell'antichità classica almeno quelli precedenti all'epoca del Socrate di Platone. Sì che, in sintesi, scrive Plutarco: Parmenide non ha eliminato completamente tutte le cose, nella misura in cui ha supposto che l'essere sia uno. Parmenide non abolisce nessuna delle due nature, bensì, attribuendo ad ognuna ciò che le è proprio, ha posto l'intellegibile nella forma dell'uno e di ciò che è e lo ha chiamato "ciò che è", perché eterno e immobile, e "uno", perché identico a se stesso e non ammette differenza; mentre ha posto il sensibile nella forma del disordinato e del mutevole.

E però, ritornando a Godel, Ernest Nagel e James R. Newmann commentano che i due Teoremi non escludono altresì la possibilità di una dimostrazione finitistica assoluta di coerenza per l'aritmetica. E cioè che, sia pure in un campo o ambito che non sia l'aritmetica, sia possibile "costruire" una prova della presunta e assoluta coerenza del ragionamento logico-deduttivo, che è proprio dell'aritmetica, ma non solo. E tuttavia, gli stessi due autori affermano anche che nessuno ha un'idea chiara del probabile aspetto di una (siffatta) prova finitistica.

Al punto che, da filosofo, azzardo anch'io una breve considerazione: una prova finitistica sarebbe piuttosto qualcosa che attenga all'universo finito che occorre descrivere e prima di ogni altra cosa o pensiero sperimentare, dato che dovrebbe risultare incontestabile che tutto origini, viceversa induttivamente, dall'osservazione di ciò che è. E quindi: il ragionamento logico-deduttivo dell'aritmetica, così come oggi della matematica e del modo di fare filosofia ancora piuttosto comune, dovrebbe tutt'al più seguire; e non, invece, viceversa precedere. Così come, per errore, da circa 2.500 anni a oggi, comunemente accade.

Ma, ancora: ammesso che si possa sperimentare o perfino dedurre completamente ciò che è, non è tuttavia dato all'essere-uomo, in quanto tale, acquisire la certezza che quanto sperimentato o dedotto sia realmente. Per inciso, nel linguaggio più antico del sanscrito, il termine rta sta per "ciò che è giusto" o "verità" e deriva dalla radice r che indica "il moto verso una meta" e quindi "una distanza compresa tra due punti" (t); in senso ampio, la realtà intesa nel significato più remoto di possesso (ra). E quindi, in definitiva, resterebbe pur sempre aperta la possibilità che ciò che è sia o non sia. Ed è questo il significato più profondo della teoria dei classici dell'antichità, meglio nota come dottrina dell'epochè o della sospensione del giudizio, e per ogni effetto il limite fissato per l'uomo a ciò che: è (in effetti) praticabile.

Al termine della disamina, contenuta in La prova di Godel (1992), Nagel e Newmann concludono: E' lecito pensare che la logica sia stata concepita, sin dall'inizio, in una relazione troppo esclusiva con la matematica, e che si sia così privata di una relazione altrettanto fruttuosa con il mondo fisico. In un mondo causale, i principi logici non concernono più la verità, ma l'azione: con 3000 lire compro un pacchetto di Camels, con 3000 lire compro anche un pacchetto di Marlboro, ma non tutti e due. In altre parole, il principio A equivale a A & A della logica classica è dinamicamente falso (fare A non è la stessa cosa che fare A e fare A). E aggiungo di proposito: tale è il tempo presente in cui possiedo ancora le 3000 lire, altrettanto tale è il tempo presente in cui decidere se impiegarle per l'acquisto di un pacchetto di Camels o Marlboro, sempre tale è infine il tempo presente in cui scambio le 3000 lire per l'acquisto di uno dei due pacchetti.

Ma, c'è dell'altro: il sicuro ammonimento dei due autori andrebbe rivolto ai logici classici che prestano fede senz'altro al ragionamento di Aristotele, ma non a coloro che viceversa si rivolgono alla logica dei progenitori delle più remote età - così come li definisce lo stesso Aristotele nei libri della Fisica e della Metafisica -, e tra questi, in particolare, spicca Parmenide l'eleate.

                                                                                                                      Angelo Giubileo

  

Comunicato Stampa: Master In Previsione Sociale, Università di Trento

 
Da: Sara Formaggio 

COMUNICATO STAMPA,  

APERTE LE ISCRIZIONI ALLA QUINTA EDIZIONE DEL MASTER IN PREVISIONE SOCIALE DELL'UNIVERSITÀ' DI TRENTO

 

 

Nel mondo attuale, in continuo e vertiginoso cambiamento, è fondamentale cercare di comprendere ed anticipare il Futuro. Nei momenti di crisi, come quelli nei quali stiamo vivendo, caratterizzati da complessità ed elevata incertezza, molti si improvvisano esperti di futuro, riempiendo giornali e trasmissioni televisive di 'previsioni' più o meno improvvisate. Il futuro però è troppo importante per lasciarlo ai dilettanti. Così come non ci piacerebbe mettere la nostra salute nelle mani di dottori improvvisati, perché mai dovremmo mettere il nostro futuro nelle mani di futuristi improvvisati?

 

Gli Studi di futuro – in Italia noti come Previsione Sociale – sviluppano le capacità di capire e visualizzare i futuri possibili. Queste competenze non si improvvisano, richiedono sia una robusta base teorica sia la conoscenza degli appropriati metodi.

 

Il Master di secondo livello in Previsione Sociale dell'Università di Trento, unico nel suo genere, si occupa di formare professionisti che aiutino le organizzazioni a sviluppare in modo sistematico la loro capacità di anticipare e visualizzare i futuri possibili. Per le aziende, le cooperative, le comunità, le istituzioni, la scelta vincente è avere a disposizione un esperto che si occupi di costruire scenari nei diversi ambiti di interesse – tecnologico, ambientale, demografico, etc. – trovare soluzioni ai problemi nonché sfruttare le opportunità che si possono presentare.

 

Il Master in Previsione Sociale, giunto alla sua quinta edizione, è dedicato a dirigenti e funzionari pubblici e privati. Si svolge nei fine settimana, da settembre a gennaio, per 10 cicli da tre incontri e include preparazione teorica, laboratori, esercizi pratici, seminari. Da febbraio a giugno gli studenti elaborano una tesina riguardante il loro ambito di interesse, mettendo così subito in atto gli strumenti appresi.

 

Sono aperte le iscrizioni alla quinta edizione del Master in Previsione Sociale dell'Università di Trento. Ci si potrà candidare fino al 28 giugno 2018. 


Per approfondimenti, insegnamenti, iscrizioni online si veda il link: https://www.unitn.it/master-previsione-sociale

 

Per informazioni: Sara Formaggio, Dipartimento di Sociologia, Università di Trento. Tel: 0461 281363, email: masterprevisionesociale@unitn.it

 

 

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