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venerdì 22 gennaio 2010

FUTURISMO Avanguardia delle Avanguardie di Mino Renzaglia

GRAZIANO CECCHINI EBOOK.jpgda Arianna Editrice 

*Mino Renzaglia celebra Rosso Trevi

Si legge come un romanzo di ottima scrittura. E’ rigoroso e puntuale come un saggio critico. E’ bello da guardare come un raffinatissimo catalogo d’arte, grande formato. E’ il Futurismo, l’avanguardia delle avanguardie (Giunti, 2009, € 35), di Claudia Salaris. Nel centenario del primo manifesto futurista, la vicenda che ha segnato lo spartiacque definitivo fra classicismo e sperimentazione in tutte le espressioni dell’arte, spesso fondendole e rifondandole, trova in questo volume una imperdibile occasione per essere celebrato.......

Il futurismo come fatto mondiale, dunque. Sì, ma in Italia la partita era ancora aperta. Abbiamo lasciato Marinetti in disputa frontale con Mussolini e con la sua linea politica, nel 1920. Compita che fu la marcia su Roma, a metà degli anni 20, il fascismo non aveva ancora una sua precipua idea di arte. Paradossalmente, i futuristi non furono nemmeno invitati alla Biennale di Venezia del 1924. Sarà Mussolini stesso a creare le condizioni per ricomporre la frattura, chiamando Marinetti alla Segreteria del sindacato nazionale scrittori, nel 1928 e, l’anno dopo, nominandolo accademico d’Italia. Da qui in avanti, l’identità fra futurismo e fascismo diventerà infrangibile. Ma non acritica. Marinetti si esprimerà più volte contro talune iniziative governative: dalle famigerate leggi razziali, alla stipula del patto d’acciaio con la Germania nazista. Ma, tant’è: fino alla fine, il futurista Marinetti sarà in prima linea su tutti i fronti aperti dal regime.  Morirà appena due ore dopo aver finito di comporre l’ultima sua macchina di parole: “Quarto d’ora di poesia per la X Mas”. Era di ritorno (il Marinetti) minato nei polmoni, dalla campagna di Russia alla quale, sessantenne, aveva partecipato da volontario. Il calendario datava: l2 dicembre 1944.

E poi?, si chiederà il lettore che ha avuto la bontà di seguire fin qui i sommi capi del mio riferito al libro della Salaris. Gli è che il futurismo, rinviandosi continuamente alla meta successiva, senza stasi e, ovviamente, senza “passatismi”; avendo insegnato la maniera di compiere una ricerca estetica incessantemente sperimentale, ha continuato ad alimentare i serbatoi della invenzione artistica di tutto il Novecento e ultra. Non è un caso che futurista, senza se e senza ma, si dichiari l’unico artista italiano, Graziano Cecchini, che abbia fatto, di nuovo, parlare di futurismo il mondo intero, dal dopoguerra mondiale ad oggi, con il suo capolavoro “RossoTrevi”. Non vi accorgete del segno di continuità fra Marinetti e Cecchini?  Anche fosse, era Marinetti che fin da subito pretese: «Quando avremo quarant’anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili – Noi lo desideriamo!». La storia del futurismo continua: il cuore batte ancora

Articolo Completo:

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=29341

video http://www.youtube.com/watch?v=5iaguBKPbGc RossoTrevi a Ferrara

lunedì 23 marzo 2009

VALENTINE de SAINT-POINT di Pierluigi Casalino

VALENTINE DE SAINTPOINT.jpg LA SUPERDONNA FUTURISTA

Valentine de Saint-Point (1875-1953) fu personaggio originalissimo. Provocatrice, avanguardista e femminista, ma anche il suo contrario, Valentine sfuggiva a ogni definizione, in costante confronto con esperienze diverse e burrascose, che finivano per lasciarla insoddisfatta. Nipote del poeta Lamartine, Valentine si sforzava di apparire un angelo decaduto. Bella e seducente, passò da un matrimonio precoce e traumatizzante con uno squilibrato ad altra unione, non meno desolante, con una persona giudicata troppo normale: l’insignificante uomo politico Charles Dumont. Dietro l’immagine aggressiva da virago trasgressiva e insaziabile, tuttavia, si celava una grande bontà d’animo. Non interessata al successo, avida di sensazioni forti e dissacranti, Valentine godeva nel concedersi o nel negarsi, incendiando gli animi, posando anche come modella, per un pittore, probabilmente suo amante. Maliarda, amante della vita audace e dissipata, in cerca di sentimenti tenebrosi e perversi, appassionata di aviazione e di scherma, non amava gli uomini e non era amata dalle donne. L’incontro con Marinetti, il fondatore del Futurismo, nel 1909, cambiò la sua vita. Divenne amante e allieva del vate modernista, convertendosi lei stessa alla religione del movimento e dello slancio vitalistico. La relazione tra i due fu travolgente e comunque difficile e tormentata. Inneggiando al Futurismo, Valentine lanciò nel 1912 il Manifesto della donna futurista e l’anno dopo l’ancor più scandaloso manifesto della lussuria. Ebbra di sensualità e di idee forti, carnali, odiava la massa e prediligeva le élites. La spregiudicata ondata futurista avrebbe, secondo Valentine, aperto la via dell’emancipazione femminile. E l’erotismo ne sarebbe stata la condizione essenziale di evoluzione. In questo quadro, la donna avrebbe ritrovato la propria natura istintiva e dominatrice. Il contrasto con la misoginia di Martinetti, tuttavia, esplose con tutta la sua evidenza, quando Valentine con un clamoroso voltafaccia si unì alle manifestazioni delle “suffraggette” inglesi. Convinta, al pari di Nietzsche, che il mondo non si divida tra uomini e donne, ma tra forti e deboli, si allontanò dal Futurismo, senza però rinnegarne il carattere e l’impostazione rivoluzionaria. Creò, poi, un nuovo tipo di danza, la Métachorie, ispirandola a concetti astratti, decisamente moderni. L’influenza futurista non venne meno anche in quel caso, riconducendone l’esperienza a un’autentica pantomima, simbolo e richiamo della musica. Nel solco del Futurismo, Valentine sognava il sincretismo delle arti e dell’intelligenza. Ritiratasi in Corsica, lavorò al progetto di un centro internazionale di cultura, segnato dalla sua stessa eccentricità e del suo stile di vita. Si trasferì in Egitto, dove abbracciò l’Islam. Entrò a far parte del circolo esoterico di Guénon, assumendo un nome della tradizione musulmana: Nour el Dine.  Nome che conserverà fino alla morte, avvenuta nell’oblio generale e nella solitudine.

Casalino Pierluigi, 13.03.2009. 

 http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=122768&PRINT=S    

 http://www.youtube.com/watch?v=6tJivyeVL2o Filmato