sabato 23 novembre 2024
Ferrara Cambia, Marcello Veneziani a Ferrara, 30 11 2024
sabato 17 gennaio 2015
La Tavoletta "Non aver paura di dire": presentazione a Alatri/Frosinone
venerdì 18 luglio 2014
I Giovani intellettuali di Dissenso on line
Marcello Veneziani - Lun, 14/07/2014
Poi un giorno ti capita di imbatterti in un gruppo di ragazzi. Età media 22 anni, un sito, una pagina facebook, un circolo e alcune pubblicazioni spartane. Uniti da una testata, L'intellettuale dissidente, che sembra riportarti a quarant'anni fa e che vent'anni fa sarebbe apparsa tardivo deja vu. E invece oggi appare qualcosa tra il vintage e il rivoluzionario. Dissenso era la parola d'ordine negli anni settanta, perfino Fini dirigeva un foglio giovanile chiamato Dissenso (che ribattezzammo Dissenteria). Fa impressione soprattutto vedere oggi ragazzi di vent'anni affibbiarsi senza ritrosie l'epiteto di intellettuale... Da cosa dissentono questi intellettuali ragazzi? Dal dominio della tecnocrazia e della finanza, dalla perdita del pensiero nel nome della tecnica e del denaro, dall'utopia dei consumi illimitati, dagli egoismi e gli utilitarismi. E cosa propongono? La comunità, la decrescita, un rapporto equilibrato con le risorse naturali, e addirittura l'uomo nuovo che fu la speranza delle tre rivoluzioni novecentesche: il fascismo, il comunismo e l'americanismo. Una loro affiliazione denominata Sorte, acrostico di Solidarietà romana sul territorio, raccoglie aiuti a chi ha bisogno. E il loro Circolo è intitolato a Proudhon, come i circoli Proudhon di cent'anni fa che furono il laboratorio in cui si incontrarono idee radicali di destra e di sinistra, fino a partorire il socialismo nazionale (da non confondere col nazismo). Difatti, mi dicono, la loro provenienza è mista e i libri citati pure. Da de Benoist a Preve, da Evola a Marx, da Giacinto Auriti a Serge Latouche. Marxisti evoliani, gramsciani-gentiliani, e via con gli ossimori. Insomma soreliani. Li sintetizza bene Diego Fusaro che avendo superato i trent'anni è il decano: per lui Marx è un idealista, Gentile è un marxista, Gramsci è un gentiliano, tutti hegeliani. Semplifico l'intreccio, peraltro ben argomentato. Invocano a gran voce il ritorno alla prassi e alla storia. Per riassumere il loro messaggio: rifacciamo il Novecento, ma stavolta facciamolo meglio. E non opponiamo gli estremi ma lasciamoli convergere, considerando che il vero antagonista è il Centro tecnocratico globale, la cinica Macchina che produce deserti. Non manca, è vero, un vago sapore complottista nelle loro analisi, la convinzione che ci siano centrali più o meno occulte che dispongono gli eventi e i flussi e sono sempre le stesse, ormai ricorrenti, quasi proverbiali. Hanno pubblicato due libri a più voci, Pensiero in rivolta (Barney ed.) e La storia non dorme mai. Elogio dei vinti (Historica) con ritratti doppi di personaggi agli antipodi, tipo Pound-Pasolini, Maiakowskij-D'Annunzio, Chavez-De Gaulle. Tra i giovani autori Sebastiano Caputo, Lorenzo Vitelli, Martina Turano, lo stesso Fusaro.
Il folto gruppo dell'Intellettuale dissidente non è isolato. Se navighi su internet trovi un arcipelago di Isole Ribelli. Ne cito alcune che conosco. Arianna, innanzitutto, che oltre al sito ha anche una feconda casa editrice. Poi siti variamente dissidenti, da Barbadillo a l'Intraprendente, ai siti ispirati a Massimo Fini (la voce del ribelle), Maurizio Blondet (Effedieffe), Ida Magli (Italianiliberi). O siti più classici, come Totalità o Storia in rete, revisionista. Per non aprire l'universo dei siti catto-tradizionalisti, o in difesa della vita, da ProVita in giù. Certamente ne ho saltati alcuni, anche significativi, per non dire di altri siti, blog e pagine facebook raccolti intorno a un autore; ma questo non è un censimento, è un percorso soggettivo. Costellazioni diverse e non sovrapponibili, ma percorse da un comune disagio e un comune veicolo. Il comune disagio è l'Europa che catalizza i dissensi e dietro l'Europa il Potere Globale, tecno-finanziario e la riduzione di ogni differenza a un Pensiero unico, dove la parola di troppo è pensiero. E il comune veicolo è la Rete, considerando che l'editoria cartacea non offre loro spazi e opportunità; così vivono di rapina, in senso buono s'intende, perché trascinano i testi di carta “compatibili” nei loro siti. Da vecchi barbogi che ne han viste tante e hanno collezionato delusioni, diciamo pure che sono cose già viste, già dette, già fatte e disfatte, e velleitarie. Sarebbe facile sottolineare alcune letture acerbe e altre ormai marce. Ma ciascuna generazione sbaglia a suo modo e non può imporre l'esempio dei propri errori per scoraggiare quelli altrui. Nessuno può vivere al posto d'altri o pretendere che chi viene dopo di noi parta dal punto in cui siamo arrivati noi.
Il lato positivo è che questi «intellettuali dissidenti» et similia sono ragazzi pensanti e critici, non sono rassegnati e non vivono di automatismi, anche se non mancano riflessi condizionati e allergie giovanili. Riaprono la dimensione comunitaria, riscoprono la dignità della politica e la forza delle idee, vogliono decidere l'avvenire e non subirlo, rimettono in discussione i dogmi acritici del presente e l'irreversibilità della macchina che corre e non si può arrestare; riscoprono - loro, in gran parte antiliberali - il fascino della libertà nel dissenso. Insomma, esprimono una vitalità da incoraggiare. Poi magari si dirà che è la disoccupazione intellettuale a incentivare il dissenso, come area di parcheggio e di protesta, sfogatoi in attesa di collocazione. Vediamo in faccia la realtà: è schiacciante la prevalenza del cretino nella rete, la sua egemonia è contesa solo dal volgare (ma spesso le due cose si fondono, per empatia). Pensate ai siti turpi o alle sette fanatiche che gremiscono la rete. Una ragione in più per apprezzare questi ragazzi che dissentono, riflettono, paragonano e non insultano. E in piena era digitale coltivano l'oscena pretesa di dirsi intellettuali
giovedì 5 giugno 2014
Marcello Veneziani, il duce e la confessione poetica
lunedì 7 aprile 2014
Resoconto prime presentazioni del libro di Giovanni Sessa “La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo”
lunedì 3 marzo 2014
Marcello Veneziani: Le buone ragioni per dirsi conservatori anche nel XXI secolo
*" La lontananza tra Cioran e Noica (PHOTO) non è semplicemente spaziale, ma anche lessicale, una distanza sostanzialmente spirituale. Due uomini (e non solo due) che si ritrovano nel tempo, ma non ancora nella dimensione interna. Già l'inizio della lettera di Cioran ne è testimonianza : "...questo mondo 'meraviglioso' che, secondo voi, ho la fortuna di abitare e di esplorare. Potrei rispondervi... che questo mondo non è meraviglioso..." Noica è in grado di percepire la bellezza sia del proprio che di "quel" mondo, perché ha radici ben salde, ha già il meraviglioso nella terra che non ha lasciato, nei luoghi e nella lingua che non ha abbandonato, lui già padrone, fin dalla giovinezza, del francese...." Sandro Giovannini
..................
A usare il vecchio gergo automobilistico, i conservatori sono il freno, i progressisti l'acceleratore e i centristi la frizione. Moderata è solo l'andatura. Poi l'automatismo ha reso superflui i pedali. Ma la parabola ancora regge per far comprendere che in politica come nella vita sono necessari i conservatori quanto gl'innovatori.
Grandi nomi allinea Malgieri nella sua antologia, e altri grandi se ne potrebbero aggiungere, a dimostrazione di quanto grande sia il pensiero conservatore. In Italia, si sa, non c'è mai stato un vero ed esplicito Partito Conservatore; ci andò molto vicino la Destra storica, ma il conservatore italiano ha sempre esibito l'altra carta d'identità: cattolica o nazionalista, ma a volte anche liberale o addirittura socialista. Da noi il conservatorismo è stato più una malattia degenerativa che una visione del mondo, un'indole viziosa di cui vergognarsi piuttosto che un'identità da mostrare senza complessi. Oggi il tema sembra superfluo perché l'automatismo vanifica le opzioni conservatrici e progressiste e neutralizza la politica. E poi domina lo stupido luogo comune apocalittico che non c'è niente da conservare: e allora buttatevi giù dal ponte, suggerisco. Non ha senso conservarvi in vita...Vi sono invece a mio parere quattro buone ragioni per dirsi conservatori nel corrente anno 2014, con il corrente, molto corrente premier Renzi, nel corrente degrado. Provo a dirle nel modo più semplice, come si addice ai conservatori. Per cominciare non riusciremo mai a salvaguardare l'Italia, la sua ricchezza, i suoi beni artistici e culturali se non acquisiremo la mentalità che c'è qualcosa di prezioso da conservare e proviene dal nostro passato. Si potrà mai fare vera conservazione dei beni culturali se si demonizza l'espressione conservare o la si riduce a quella chimicamente sospetta dei conservanti per gli alimenti? Se non coltivi la memoria, se non ami la tua storia, la tua tradizione, il tuo passato e le sue glorie, e le cose che esistono, non potrai mai tutelarle e valorizzarle.
Secondo tema su cui insisto è la connessione verticale. È necessario vivere connessi, ma non solo al proprio presente e non solo in latitudine, ma anche al passato e in profondità. Alla connessione orizzontale, garantita soprattutto da internet, è bene affiancare la connessione verticale, con la storia da cui proveniamo. Il conservatore fonda la sua proposta e la sua visione su un patto di sangue e di anima tra le generazioni. Non è un singolo ma un erede gravido.Terza ragione: nell'epoca del consumo rapido di vite, legami, affetti e merci, è bello scoprire la gioia delle cose durevoli, la continuità di una vita e scorgere in pieno movimento e mutamento punti fermi e riferimenti saldi, e distinguere nella provvisorietà di tutto alcuni orientamenti permanenti. Benché nemico dell'ottimismo, il conservatore non cede al catastrofismo, perché il suo sguardo lungo gli consente di dire che non andiamo né verso il migliore dei mondi possibili né verso l'ecatombe, i disagi cambiano aspetto ma ci sono sempre stati; questa non è la fine del mondo, semmai è una fine, si chiude un ciclo, un'epoca, non è l'apocalisse. Nihil sub sole novi, o meglio, in ogni mutamento ci sono analogie, ripetizioni e costanti; in ogni guadagno c'è una perdita, e viceversa.
Infine, la quarta ragione che le raccoglie tutte: il conservatore non è antagonista dei cambiamenti, dello sviluppo e della tecnica, ma vuole compensarli. Oggi più di ieri la conservazione è un principio di compensazione, non di reazione o d'opposizione alla realtà. Il conservatore bilancia la fretta con la lentezza, il globale con il locale, la tecnica con la cultura, l'artificiale con il naturale, la novità con la memoria, la mobilità con le radici. E ciò corrisponde a un'esigenza biologica perché abbiamo bisogno sia di novità e fratture che di sicurezze e persistenze. Il conservatore è realista, ha senso della misura, dei limiti e dei confini, sa che la vita inspira ed espira, ha sistole e diastole, è andata e ritorno.
Malgieri, come me, ama in particolare la rivoluzione conservatrice, non solo nel senso del movimento culturale e letterario emerso tra le due guerre, ma nel significato di coniugare la saldezza dei principi al dinamismo degli assetti, in quel punto in cui il radicato volge in radicale. Constantin Noica, nel Saggio sulla filosofia tradizionale (ETS, 2007), sostiene che il puro divenire è dissiparsi, perdersi e negare, «solo il divenire entro l'essere istituisce, edifica, afferma». Il divenire dentro il cerchio dell'essere è il senso proprio della rivoluzione conservatrice, fondata sul ritorno. Horror vacui contro cupio dissolvi. Nell'arcipelago conservatore c'è chi ha una preferenza di tipo liberale o di tipo religioso, chi è più pragmatico e chi è più orientato verso i principi metafisici. Per il conservatore la Tradizione è principio di fondazione, le tradizioni sono beni da salvaguardare, ma il tradizionalismo è sclerosi, la sua rigidità coincide col rigor mortis. La Tradizione sta al tradizionalismo come la fiamma sta alle ceneri. Il conservatore non è un imbalsamatore. Semmai un tedoforo.
**nota di RobyGuerra....
sabato 12 ottobre 2013
Marcello Veneziani: per una Vera Destra 2.0
Prima di parlare - come fa il mediocrissimo Hollande - di deriva estremista, sarebbe il caso di chiedersi come mai decine di milioni di europei, non piccole minoranze agitate, si rivolgano a forze come il Front National. Non discuto se siano estremiste o moderate, mi fermo ai contenuti e alle motivazioni; e poco senso ha esorcizzare la Bestia, estrarre il cartellino rosso dell'estremismo o ripiegare sul cartellino giallo del populismo. Se un partito diventa il primo partito qualche spiegazione dovete pur darvela, senza ricorrere agli incantesimi di qualche mago, Silvian per esempio, o di qualche strega, Marine per esempio. Il discorso allora investe le due principali forze europee e il loro tradimento dei rispettivi elettorati. La forza socialista da una parte che ormai non si cura più del disagio popolare, delle famiglie che stentano a vivere al tempo della crisi, della giustizia sociale e dei proletari ma è interamente proiettata nel codice ideologico e penale del politically correct e si occupa solo di gay, immigrati, lessico e maggior pressione fiscale. Ma l'altro tradimento che colpisce più da vicino è quello dei popolari. Un tempo erano una forza vagamente d'ispirazione popolare, cristiana, europea. Adesso sono diventati una forza del tutto acquiescente sui temi prima indicati, totalmente prona alla Merkel e ai poteri tecno-finanziari degli eurocrati. C'è da rimpiangere pure l'epoca di Mitterrand e di Kohl. Se la destra europea assume quei connotati e sceglie quelle forze politiche è a causa di quel tradimento; la gente non si sente più difesa dai diktat europei, dagli strozzini del debito sovrano, ma anche dalle migrazioni incontrollate e dal totale sfascio delle strutture sociali primarie, come la famiglia. E allora non sentendosi rappresentata dai popolari e nemmeno dai socialisti, ricorre a una destra popolare e nazionale. In Francia la défaillance dei moderati non ha i tratti del partito popolare ma del gollismo di Sarkozy. Ma il percorso è lo stesso.
Questa è oggi la destra europea. Il populismo sorge quando le sovranità popolari non contano più; l'estremismo si affaccia quando nessuno dà risposte efficaci ai problemi reali della gente. Da noi quella destra deve ancora farsi largo perché l'antipolitica ne ha rubato il posto. Quell'antipolitica, che oggi grilleggia, rappresenta una deriva estremista, subculturale e fatuo-populista della sacrosanta protesta popolare. Proprio ieri mentre in Francia esplodevano questi sondaggi che proiettano sulle prossime elezioni europee un trionfo del Front National, in Italia alcuni spezzoni della destra venuta da An, più personalità significative del centrodestra, hanno dato vita a un'officina per rifondare una destra in Italia. E non è da sottovalutare su quei temi il ruolo della Lega. Resta l'incognita dell'approdo berlusconiano, che viene bombardato non solo dagli apparati mediatico-giudiziari e politici interni ma anche dai popolari europei. Ma se si vuol parlare di una destra veramente europea, davvero democratica, realmente all'altezza dei nostri tempi, non si può prescindere da quei tre temi popolari che prima indicavo e su cui insisto da qualche tempo. Poi, certo, si può auspicare una versione più seria e rigorosa, non estremista né populista, di quel diffuso sentimento e di quelle concrete istanze. So che per lorsignori la destra dev'essere quella specie di bromuro che serve a tener fermo il popolo dal versante moderato, mentre la sinistra lo tiene fermo dal versante progressista, così l'eurocrazia può tirarci tutti i denti e gli organi vitali che vuole. Ma la destra europea, democratica e popolare, come si è già visto alle elezioni, non va sui Monti, preferisce la Marine...
IL GIORNALE
sabato 5 ottobre 2013
Ex Sinistra e Ecocomunismo...
Fu curioso e paradossale l'effetto che produsse da noi la crisi petrolifera: anziché attivare l'investimento sulle fonti energetiche alternative al petrolio, a cominciare dal nucleare, produsse una forte sensibilità ecologista che di fatto paralizzò la ricerca e le centrali. Poi arrivò la mazzata di Cernobyl a dare l'estrema unzione al piano energetico del nostro Paese. Restammo come don Chisciotte, con i mulini a vento, fuori dalla realtà. E dipendenti dall'estero.
Il terreno dell'austerity era stato culturalmente preparato da alcuni sensori. Da noi per esempio ci furono le denunce di un gruppo di scienziati, il club di Roma guidato da Aurelio Peccei, che l'anno prima alla crisi energetica pubblicò I limiti dello sviluppo, un libro che riprendeva, forse senza saperlo, certo senza citarlo, un discorso di quarant'anni prima del Duce contro l'utopia dello sviluppo e dei consumi illimitati. Risale a quegli anni anche il libro apocalittico di successo del futurologo Roberto Vacca, Medioevo prossimo venturo. Il mito dell'austerity precorse l'odierna «decrescita felice» o «l'abbondanza frugale».
La cultura hippie, i figli dei fiori e le comunità alternative prima del '68 furono le avanguardie di questo movimento antimoderno. Sul versante tradizionalista riprendeva fiato la cultura antimoderna di Julius Evola, Renè Guénon, Marcel de Corte e molti autori pubblicati dalla Rusconi diretta da Alfredo Cattabiani.
Tramontava sull'onda nera del petrolio, il modello consumista ma anche il modello industrialista dei regimi d'ispirazione marxista e leninista. La convinzione cioè che il comunismo fosse «socialismo più elettrificazione»,.... C
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/dallausterit-decrescita-ecco-i-miti-tristi-sinistra-952436.html by MARCELLO VENEZIANI
sabato 17 agosto 2013
Tecnopolitica: la sinistra estinta di mezza estate senza + sogni *VIDEO
Sparita lungo l'anno, la sinistra d'agosto risorge con l'infradito e diventa oggetto d'inchieste a puntate, dibattiti accaldati e pianti collettivi e individuali. Ricorda le vedove di guerra che per cinque anni di vita coniugale portavano poi per cinquant'anni il lutto. La crisi della sinistra nacque con la sinistra e sopravvive alla sua scomparsa.
Da anni il suo partito di riferimento ha perso la sinistra sin nel nome; da anni i suoi leader di governo sono adottivi, come Prodi, Letta e ora si profila Renzi. Nessuno che venga dal Partito. Da anni gli intellettuali vicini celebrano gli anniversari della sua scomparsa e spiegano le ragioni del decesso, mentre gli agenti del ramo sinistri decantano le virtù del Defunto e deplorano il nemico di una volta, che si chiamava, se non ricordo male, Destra.
Il meccanismo è collaudato. Come per la vedova di guerra, la sinistra ci ha dato per vent'anni di fascismo ben settanta di antifascismo militante. E la stessa cosa si avvia a fare con l'antiberlusconismo. Da comunista diventò socialdemocratica quando finì la socialdemocrazia.
D'Alema, Veltroni e ora anche Bersani, vengono evocati nelle riunioni spiritiche per sentire - come oracoli - il parere degli estinti. Epifani fa gli inventari di magazzino; l'unico compito politico affidatogli è fissare la data del congresso. Al suo posto basterebbe un'applicazione i-Pad. Il congresso verrà disputato con la fascia di lutto al braccio?...
M. Veneziani
http://www.ilgiornale.it/news/interni/943694.html
lunedì 15 ottobre 2012
Marcello Veneziani Appello agli Intellettuali
giovedì 19 luglio 2012
Il Ritorno dei Corpi-Spiriti Liberi da Il Giornale +Video
Prima la tradizione e la politica, poi l'economia (e i tecnici). Sessanta intellettuali a dibattito in un monastero
IL GIORNALE
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/pensiero-destra-ricerca-nuova-casa.html
sabato 9 giugno 2012
Marcello Veneziani Appello al Futuro (per spiriti e corpi liberi)
mercoledì 23 novembre 2011
Marcello Veneziani: l'indicibile pesantezza dell'ipocrita e faziosa ex sinistra... *from Il Giornale
Il Giornale
"Risparmiateci i monaci con i tacchi a spillo"
C’è una parola d’ordine che rimbalza dai leader della sinistra ai giornali, dalla tv alla satira perfino: con la caduta di Berlusconi è finito il Carnevale, siamo finalmente tornati alla Sobrietà.
Tristemente mi rallegro ma chiedo alla Confraternita dei Flagellati di Sinistra, all’Ordine dei Quaresimali della Stampa Seria e ai Penitenti tutti se con la nuova sobrietà introdotta dai Tecnici Austeri verrà soppresso anche il carnevale pacchiano del Gay Pride, i caroselli dei trans con relative marrazzate, le fellatio gay al Colosseo difese come libere effusioni, le sgargianti occupazioni di suolo pubblico, teatri, facoltà e scuole pubbliche, la centralità dei comici nel discorso politico, gli insulti al Nemico, l’invadenza urbana dei Centri sociali, i localini trendy dove bivaccano antagonisti e fancazzisti, e bevono e fumano e fanno sesso alternativo, la spinelleria assortita dei compagni da sballo o i compagni da passeggio che sfasciano vetrine e scagliano estintori sui carabinieri e vengono santificati.
Lo dico per esempio a Vendola, compagno di partito di Luxuria e di molti dei suddetti compagni, che ora celebra la fine del carnevale berlusconiano e l’avvento della sobrietà.
continua:
lunedì 24 ottobre 2011
martedì 2 novembre 2010
Etica-Estetica con Marcello Veneziani
Marcello Veneziani incanta la platea del progetto culturale EticaEstetica ideato e organizzato da Enzo Caldarelli nello scenario del Capri Palace, rinomato hotel dell'isola azzurra. Il costume è forse la parola chiave che fa da ponte tra etica ed estetica. E' possibile immaginare una buoncostume etico-estetica? Dov'è la soglia tra il bello e il giusto, il punto d'incontro tra il fascino e la dignità, il luogo di confine tra il buon gusto e il buon senso?......
Il viaggio irriverente su piani differenti, tra l'essere, l'apparire e il comportarsi è stato sapientemente affrontato dal grande filosofo scrittore Marcello Veneziani (vero mattatore dell'evento, ha incantato per la sua linearità e pulizia d'espressione)
..........