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martedì 2 ottobre 2012

Luca Siniscalco: l'estetica perturbante post videogame * da Luuk Magazine

Rivoluzione ed Evoluzione si confrontano dialetticamente nella modernità in un’operazione sintetica diretta a promuovere l’identificazione del mutamento repentino ed inarrestabile di matrice illuminsta con l’avanzamento progressivo e lineare d’impianto darwiniano. Tale relazione risulta ancor più dinamica se inserita nel panorama intrinsecamente più energico all’interno dell’operare umano, l’ ambito artistico.

Ecco perchè “Art (R)Evolution”, l’esposizione temporanea di Assassin’s Creed presso il milanese Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, è un progetto così interessante: sin dalla sovrapposizione terminologica presente nel titolo si coglie la portata concettuale della mostra, un progetto curato da Debora Ferrari e Luca Traini, già noti ai nostri lettori in connessione a Neoludica (si veda www.luukmagazine.com/it/2012/03/31/“neoludica-philosophy”-unestetica-del-videogioco).

In quest’occasione l’estetica del videogioco trova espressione plastica in un centinaio di opere, tra quadri, filmati e allestimenti, tese a indagare la dimensione artistica di uno dei videogiochi cult della contemporaneità. Lanciato nel 2007, Assassin’s Creed ha venduto, nelle sue disparate versioni, più di 38 milioni di unità in tutto il globo, divenendo una delle serie più popolari per le console di nuova generazione..... C
 
http://www.luukmagazine.com/it/2012/09/29/art-revolution-lestetica-degli-assassini-approda-a-milano/?fb_action_ids=2465061961996&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=246965925417366

giovedì 6 maggio 2010

Parole Postumane di S. Battisti e F. Fuochi

hubble10-hp.pngda FANTASCIENZA COM

L’affacciarsi di una concreta possibilità d’evoluzione postumana della nostra specie spinge ad altrettanto concrete forme di riflessione sul nostro futuro e, maggiormente, sul futuro delle prossime generazioni. Così come la digitalizzazione ha comportato inizialmente una rimappatura di tutto quello che conoscevamo fino a quel momento (suggerendoci banalmente che la digitalizzazione non portava a nessuna rivoluzione vera ma soltanto a un cambio d’interfacce, salvo poi accorgerci che proprio quella era la vera natura del cambiamento) ora sarà bene, memori della lezione appena ricevuta, cominciare a ragionare sulle implicazioni espressive, linguistiche e lessicali che la nuova umanità dovrà, per forza di cose, impiegare nei suoi interfacciamenti sociali, artistici, cerebrali...

CONT. http://www.fantascienza.com/magazine/rubriche/13344/il-linguaggio-e-la-sua-arte-nel-periodo-postumano/

domenica 21 febbraio 2010

Arte e Parola nel Postumano di S.Battisti e F. Fuochi

SECOND LIFE 3.jpgda Fantascienza Com/Delos
 
L’affacciarsi di una concreta possibilità d’evoluzione postumana della nostra specie spinge ad altrettanto concrete forme di riflessione sul nostro futuro e, maggiormente, sul futuro delle prossime generazioni. Così come la digitalizzazione ha comportato inizialmente una rimappatura di tutto quello che conoscevamo fino a quel momento (suggerendoci banalmente che la digitalizzazione non portava a nessuna rivoluzione vera ma soltanto a un cambio d’interfacce, salvo poi accorgerci che proprio quella era la vera natura del cambiamento) ora sarà bene, memori della lezione appena ricevuta, cominciare a ragionare sulle implicazioni espressive, linguistiche e lessicali che la nuova umanità dovrà, per forza di cose, impiegare nei suoi interfacciamenti sociali, artistici, cerebrali.

 

Tanto per chiarire un minimo i dubbi o le incomprensioni che si potrebbero concretizzare in quest’indagine, un umano attualmente utilizza parole che sottendono a concetti in uso da sempre, un linguaggio codificato e referenziale, sviluppato per la maggior parte per l’esigenza di esprimere sensazioni, idee, esperienze e necessità di vita quotidiana. Modi di dire prettamente umani come “mettere il carro davanti ai buoi” o “chi dorme non piglia pesci” risultano assolutamente validi e lampanti poiché delineano immediatamente un quadro memetico universalmente noto, giacché basato su quanto tutta la nostra specie ha sperimentato nel corso dei secoli. Tutto è costruito sull’osservazione diretta, tutto è rapportato al nostro mondo e sensi; ma per un postumano, accresciuto cerebralmente e fisicamente, quali paradigmi si potrebbero prospettare? Avranno ancora senso quei modi di dire che abbiamo appena citato?.....

 ART.COMPLETO http://www.fantascienza.com/magazine/rubriche/13344/il-linguaggio-e-la-sua-arte-nel-periodo-postumano/

 SANDRO BATTISTI (E FRANCESCA FUOCHI)

VIDEO

 

mercoledì 9 settembre 2009

ESSERE POSTUMANI PER TRASCENDENZA TECNOLOGICA di SANDRO BATTISTI

DE CHARDIN.jpgDA FANTASCIENZA COM SITE  di SANDRO BATTISTI
 

Su cosa può significare essere postumani (ex umani) per trascendenza tecnologica

Ovvero, cosa la tecnologia non può dare e che ci possiamo comunque prendere.

Postumano si diventa per l’esaltazione della tecnologia insita nell’organismo o per affinamento, per la crescita (ottenuta sempre tramite la tecnologia) delle nostre energie psichiche e della cultura derivante dall’essere postumano?


La prima delle opzioni appare scontata, almeno agli occhi di alcuni lettori di Fantascienza e, magari, anche per qualcuno che si appassiona al futuro dell’umanità. In uno scenario in cui la tecnica gioca un ruolo sempre più determinante e addirittura potrà forse assurgere presto a ranghi quasi senzienti (la Singolarità Tecnologica) è normale pensare a una sofisticazione della specie umana sempre maggiore, sofisticazione data dalla presenza di innesti bio e nanotecnologici all’interno dell’organismo umano (o, se preferite, in quello che sarà già diventato il corpo postumano) che potranno portere a un mutamento sostanziale delle abitudini e della vita dell’individuo ex umano. ..
 

 VIDEO http://www.youtube.com/watch?v=Nk31t5O5-G0

venerdì 26 giugno 2009

NICKY LAUDA FUTURISMO POSTUMANO

La rincorsa verso i limiti non deve finire mai

*from Fantascienza Com

Esempi di come sfruttare tutta la propria vitalità in chiave futurista. Che poi è la base della nostra amata Fantascienza

Per quelli della mia generazione Lauda è stato un simbolo, un personaggio scaltro e schietto, capace di fare grandi cose e non necessariamente solo in Formula 1. Dotato di abilità velocistiche innate, parallelamente ha sempre coltivato la necessità del ragionamento finalizzato all’ottenimento del miglior risultato possibile, non cercando la dimostrazione della velocità pura e del controllo sul mezzo che contraddistinse il suo successore alla Ferrari, quel Gilles Vielleneuve....

continua

http://www.fantascienza.com/magazine/rubriche/12458/la-rincorsa-verso-i-limiti-non-deve-finire-mai/

SANDRO BATTISTI

www.cybergoth.splinder.com

domenica 17 maggio 2009

ESSERE POSTUMANI di Sandro Battisti

connettivismo.jpgfrom Fantascienza Com

Su cosa può significare essere postumani (ex umani) per trascendenza tecnologica

Ovvero, cosa la tecnologia non può dare e che ci possiamo comunque prendere.

Postumano si diventa per l’esaltazione della tecnologia insita nell’organismo o per affinamento, per la crescita (ottenuta sempre tramite la tecnologia) delle nostre energie psichiche e della cultura derivante dall’essere postumano?

La prima delle opzioni appare scontata, almeno agli occhi di alcuni lettori di Fantascienza e, magari, anche per qualcuno che si appassiona al futuro dell’umanità. In uno scenario in cui la tecnica gioca un ruolo sempre più determinante e addirittura potrà forse assurgere presto a ranghi quasi senzienti (la Singolarità Tecnologica) è normale pensare a una sofisticazione della specie umana sempre maggiore, sofisticazione data dalla presenza di innesti bio e nanotecnologici all’interno dell’organismo umano (o, se preferite, in quello che sarà già diventato il corpo postumano) che potranno portere a un mutamento sostanziale delle abitudini e della vita dell’individuo ex umano.

 

Ciò su cui m’interessa invece disquisire, in questo piccolo intervento, riguarda la seconda opzione: il delineare una crescita intellettuale postumana, interiore e psichica, che di fatto poco ha a che vedere con la tecnologia. Sto per analizzare i risvolti di un’improvvisa accelerazione della coscienza umana proiettata verso consapevolezze provocate dalla tecnologia usata a mo’ di strumento, in cui l’acquisita coscienza superiore postumana scavalcherà un livello di cognizione ritenuto umanamente insormontabile; sarà un trovarsi su un punto di osservazione superiore e non più umano (You can see the earth, we're high here, we're climbing over sumertown).

 

Perché quelle parole precedenti tra parentesi? È uno stralcio del testo di Wail of Sumer, un brano dei Fields of the Nephilim che celebra la nascita dell’umanità e della civiltà sumera; citare qui, in un tale contesto postumano, una band musicale che fa dell’occulto la sua bandiera può sembrare un nonsense. In realtà, è come indicare una pletora di simboli che affondano nel territorio antropologico e mitologico dell’umanità, nelle leggende di creazione dell’uomo da parte degli dei sumeri (Nephilim, ovvero angeli caduti dal cielo, di biblica memoria) che avrebbero creato la razza umana tramite esperimenti genetici, partendo dai primati e ominidi esistenti svariate centinaia di migliaia di anni fa. Questa tesi, elaborata e diffusa tra gli altri anche dall’antropologo russo Zecharia Sitchin, ha generato parecchie discussioni in ambito scientifico che, onestamente, in questa sede non voglio discutere; ciò che m’interessa sviscerare ora è invece il concetto di innalzamento che tale mitologia sumera (ma non solo) nasconde, ovvero l’elevarsi dal rango di scimmia a quello umano per poter accedere, quindi, a tutta una serie di nuove sapienze e modelli comportamentali, a classi di pensiero prima sconosciute: Sitchin, leggendo letteralmente i testi sumeri, pare arrivi a documentare che fin dagli albori della razza umana si sperimentasse una crescita interiore, derivata dall’uso da parte degli dei di tecnologie evolute abbastanza simili a quelle che oggi — noi umani sviluppati — maneggiamo nei nostri laboratori di ricerca (ingegneria genetica, tecnologia dell’elettrone e nucleare). È questa una possibile chiave di lettura dell’evoluzione umana dallo stadio animale di partenza e che sembra evocare leggi esoteriche, magia e  misticismo oltre che mistero; è tuttavia innegabilmente reale che l’iperbole percorsa dalla conoscenza umana da un preciso momento storico (l’inizio della civiltà) in poi ci abbia portati a un discreto grado di padronanza dei mezzi tecnologici attuali, a un livello che può spalancarci le porte verso lo status semidivino; pensate soltanto a come potrebbe osservarci un uomo primitivo quando gli mostriamo tutta una serie di gadget tecnologici, quando gli ostentiamo la potenza dei nostri mezzi atti al volo o allo spostamento veloce su strada. Pensate a tutta una pletora di concetti e conoscenze indotte dalla sapienza e potenza tecnologica: sono inconfutabilmente livelli superiori di esistenza, di origine sconosciuta, che da un momento all’altro potrebbero proiettarci nell’universo del postumano interiore, in consapevolezze da salto prigoginico — per dirla alla Sterling.

You can see the earth

we're high here

we're climbing over sumertown

you can kiss the air

we're gliding

follow me for sumerland

no sound life no essence

we lay entranged in our curious ways

memories lay beside us

but I'm seeing through an age

who I am

through sumerland

lead me taken from god

forgivers sent in to the dark to play

from life here I lead them

taken away from where they layed

getting old together

to breathe myself free

I'll stay

we're high here

forever

no tomorrow no today

through sumerland lead me

(Wail of Sumer— Fields of the Nephilim)

SANDRO BATTISTI (CONNETTIVISMO)

http://www.fantascienza.com/magazine/rubriche/11476/su-cosa-puo-significare-essere-postumani-ex-umani/

http://www.youtube.com/watch?v=A7os_UPGl-Q filmato Bruce Sterling

sabato 16 maggio 2009

MORALE E SCIENZA TRANSUMANISTI

divenire.jpg29/10/2008 - Comunicato AIT sul valore morale della scienza

L'Associazione Italiana Transumanisti sottoscrive i contenuti del documento redatto dai professori Corbellini, Strata e Cossu sulla dimensione etica dell'impresa scientifica, in risposta alle accuse di Papa Benedetto XVI che l'ha indicata come amorale o meramente asservita ad interessi economici.
La scienza non emette giudizi di valore, ma è sorretta da una sua etica. La ricerca disinteressata della verita' attraverso l'uso della ragione, il rifiuto del dogmatismo e del principio di autorità, la continua disponibilità a correggere le proprie costruzioni, l'utilizzo della conoscenza così ottenuta per il miglioramento della condizione umana sono i valori portanti dell'impresa scientifica. Solo chi non concepisce il sapere critico come un valore in se', da preferire all'ignoranza e al fideismo, e rinvia la felicità a un altro mondo, può disconoscere il profondo senso morale dell'impresa scientifica.
Gli attacchi alla scienza a cui assistiamo da tempo appaiono motivati non dalla pretesa amoralità del sapere scientifico, ma dall'ostinato rifiuto da parte della chiesa cattolica di accettare teorie scientifiche che rendono implausibili i suoi apparati dogmatici.
Non si vede poi da quale pratica di disinteresse economico o di trasparenza interna la chiesa cattolica si permetta di lanciare accuse alla scienza.

www.transumanisti.it

http://www.youtube.com/watch?v=hEOpjdiXVbE filmato

venerdì 15 maggio 2009

TRANSUMANISTI NEWS MAGAZINE - STEFANO VAJ INTERVIEW

NIETZSCHE.jpgFUTUROLOGIA ,FUTURISMO SCIENTIFICO NEWS!

08/05/2009 - Lanciato ufficialmente il Magazine dell'AIT

Dopo un periodo di presenza "discreta" sul sito dell'AIT è stato ufficialmente lanciato il Magazine dell'associazione, che mira a raccogliere e pubblicare, esclusivamente sul Web, testi di rilevanza transumanista per lo più provenienti da membri dell'associazione. Tale iniziativa affianca la più accademica rivista/collana "Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano" la cui pubblicazione è promossa dall'associazione, e che ora ha anche un proprio gruppo su Facebook, esattamente qui.

Dove va la biopolitica - 14/04/2009

Intervista di Sandro Giovannini a Stefano Vaj per "Letteratura-Tradizione"

 

Sandro Giovannini
A pag. 7 del libro (“Dove va la biopolitica” intervista a Stefano Vaj a cura di Adriano Scianca - Settimo Sigillo) usi la metafora della barca nel mare magnum e dei tre uomini, di cui uno propone di buttarsi a nuoto, un altro di amministrare al meglio l’attesa, il terzo di usare la barca per raggiungere un ipotetico approdo. Ed è chiaro chi scegli per te e proponi per gli altri. Ora ti prego di fare un piccolo (o grande) sforzo e di leggere questa mia poesia e di rinvenirne potenziali consonanze o dissonanze…

(Misure epiche, input-output)

L’inefficienza contro l’efficienza
se un cavallo un treno un aereo
era poesia
anche poesia
e questa macchina
ora
che ingoia
clear-cut
non c’è guadagno
a fare in un giorno un motore
che si fa ora in un ora
né utilità spirituale.

Allora siamo al punto
rivoluzione ha posto il suo limes
che dal linguaggio
ha sciolto il lavoro
dal peso e dalla condanna.

Al di là
resta
prevaricazione fame miseria
di qua forse
l’intelligenza rubata da restituire
all’uomo
la scelta che libertà
per
comunque per noi
è un dovere.

Stefano Vaj
Che posso dire? Tecnica, prima ancora di ogni "tecnologia", significa "metodo per raggiungere un risultato". Significa cioè libertà non solo di scegliere un obbiettivo, ma anche di raggiungerlo. Perché il senso del tragico, dal Mahabharata e da Omero in poi, significa accettare un destino che ci impone non solo delle scelte, ma anche quanto tali scelte rendono necessario - e possibile. Questa per taluni è grandezza, questo è il rein-menschliches, lo specificamente-umano; questo è ciò che oggi ci impone il postumanismo e l'emancipazione dalle catene della contemporaneità, prosaica, dal sogno di una "fine della storia" e prima ancora di un'immutabilità a-temporale che tale fine della storia sarebbe chiamata a ripristinare contro ogni divenire. Se ha ragione Faye (cfr. Per farla finita con il nichilismo. Heidegger e la questione della tecnica, SEB, 2007) questo è del resto il vero messaggio della riflessione di Heidegger - così come lo è dell'Operaio di Jünger. Un messaggio esigente, un messaggio rivoluzionario, che non consente alibi per rimozioni e compiacenze reazionarie che servono solo a renderci schiavi. Schiavi insoddisfatti e frustrati, e per questo ancora più schiavi - in particolare di un mondo inteso come emanazione e dominio di leggi "divine", siano esse connotate in termini metafisici, o in termini secolarizzati sotto la specie di leggi "universali ed eterne" di natura economica, giusnaturalista, utilitaristica, etc., che all'Operaio - colui che crea "opere" - e all'Artista - colui che crea l'"artificiale", il mondo-fatto-arte - sostituiscono prosaicamente il "lavoratore" - colui che si identifica invece nel suo agire la sorte e maledizione biblica che gli impone di "laborare" ("soffrire") per garantirsi le condizioni di una sopravvivenza senza scopo. Questione tra l'altro che si salda con quella squisitamente politica che riguarda il dibattito tra la liberazione del lavoro (inteso appunto gentilianamente come attività specificamente umana, come slancio prometeico collettivo) e l'aspirazione messianica e piccolo-borghese di una liberazione dal lavoro, magari in un quadro di decrescita e decadenza consensuali e "controllate"...

Sandro Giovannini
A pag. 13, a fronte della potenziale rivoluzione biopolitica poni un paragone con la svolta del neolitico e la risposta differenziata di alcune società storiche. Tra le quali “La risposta (indo)europea e del mito che ad essa dà luogo”. Il genoma stesso, con il suo incredibilmente e necessitatamente lungo processo trasformativo, va ben al di là persino di una visione da Annales… forse si avvicina di più ad una logica ciclico-mutante? (Anche perché nella società post-neolitica ed in quella o questa post-moderna - come dici lucidamente a pag. 18 - è la massa e non l’élite - e quindi l’insieme e la risultante di una società o di una civiltà - a “subire” più profondamente il paradigma del cambiamento).

Stefano Vaj
Esistono cicli nei cicli, le sfide ritornano eternamente a ripresentarsi, e nello stesso tempo come ricorda Eraclito non ci si bagna mai nello stesso fiume, ogni alba ci vede confrontati a un nuovo sole... Le questioni "biopolitiche" che oggi ci stanno di fronte rappresentano forse un punto di incrocio, una sovrapposizione, tra un ciclo relativamente breve - secolare, quello in particolare dell'umanismo giudeocristiano di cui parla Foucault constatandone al tempo stesso l'origine relativamente recente e l'esaurimento contemporaneo - ed uno più profondo, di decine e centinaia di migliaia di anni, che ha a che fare con l'ominazione stessa e le sue fasi: con il "divenire uomini" e il "cosa significa umano". In questo, l'accelerazione (ma d'altro canto la possibilità molto reale di un arresto entropico) della trasformazione culturale e l'accelerazione di quella "biologica" della nostra specie convergono. Ma prima ancora del recente aprirsi, dal marinettiamo Mafarka in poi, della prospettiva di acquisire un crescente controllo diretto e consapevole sulla nostra identica genetica e fenotipica (vedi sotto la rubrica "fyborg"), l'autostrutturarsi delle società umane ha sempre comportato una "artificiosa" direzionalità ed accelerazione nella trasformazione del nostro stesso pool genetico, in particolare attraverso le condizioni di sopravvivenza e il successo riproduttivo differenziale del tutto artificiale che ogni cultura veniva ad instaurare - al punto da istituirsi spenglerianamente in soggetto pseudo-biologico, e da impattare significativamente sulla propria "biologia" etnica (e su quella in generale della specie). Per esempio, al contrario dell'opinione tradizionale sulla relativa stabilità del genoma umano in epoca storia o preistorica recente, sappiamo oggi che varianti genetiche che interferiscono in modo rilevante con le nostre capacità cognitive si sono diffuse nella nostra specie, in modo differenziato ma significativo, non molto prima di seimila anni fa, proprio con l'Europa come epicentro e dopo il maximum glaciale che ridusse la sua popolazione all'orlo dell'estinzione (cfr. Before the Dawn di Nicholas Wade, Penguin Press, 2006). D'altronde, sappiamo oggi che taluni tratti che le società contemporanee selezionano, o viceversa contribuiscono a diffondere cessando di selezionarli, possono ben essere considerati disgenici non tanto in rapporto ad un concetto di ottimalità "oggettivo" o "naturale", ma in rapporto alla stessa norma culturale che la medesima società sceglie di adottare, per ragioni foss'anche solo mitico-estetiche, magari legate ad una valenza darwiniana in via di esaurimento (come la capacità di deambulare facendo uso degli arti inferiori). Dal che l'inevitabilità di farla finita una buona volta con politiche proibizioniste e di rimozione freudiana riguardo agli strumenti presenti e futuri della nostra arbitraria (ed auspicabilmente plurale) autodeterminazione biologica.

Sandro Giovannini
Del “realismo biologico”, tesi sostanzialmente antiegualitaria e differenzialista (il vero passo ulteriore - lo sostieni precisamente tra pag. 29 e 30 - passo di supero del cosiddetto crinale del mondo post-nichilista) tu comunque salvi la verità spingendo appunto all’oltre. Ma sembra di cogliere che la paura della nominazione che assale altri - a tal punto della tua analisi - non assalga te. Ovvero tu parli di una sorta di “fyborg” ("functional cyborg") non facendolo mai divenire, se non all’interno del medesimo processo, “un altro da sé”. Quindi - ma correggimi se forzo il passaggio logico - non morirebbe “l’umano”, “l’umano” si trasformerebbe. E’ corretta questa mia interpretazione?

Stefano Vaj
Certamente io rifiuto - e penso vada anzi demistificata, denunciata - la paura dell'"umano". Quella paura dell'umano reale, a favore di un'"umanità" astratta, immaginaria, statica, specista, che rifiuta la dimensione animale quanto quella sovrumana, e che contraddistingue l'umanismo e lo distingue dall'Umanesimo - istigando solo qualche decennio fa la denuncia isterica dei portati dell'etologia, della psicologia evolutiva, della sociobiologia, come inaccettabili e "moralmente inapplicabili" alla nostra specie. Quell'ossessione per la purezza da ogni "ibridazione" che denuncia Roberto Marchesini (cfr. Post-Human. Verso nuovi modelli di esistenza, Bollati Boringhieri 2002, o "Oltre il mito della purezza" in Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano, vol. 2, Sestante 2009) e che si rovescia d'altronde nella voluttà e nell'entropia del melting-pot etnico e culturale su scala globale. E rispetto a cui va forse ancora una volta opposta la massima "homo sum; nil humanum a me alienum puto". Ma cosa detta in effetti questa massima? Cosa caratterizza davvero la nostra specie, se non quell'"incompletezza" di cui parla Arnold Gehlen, quell'ansia per il superamento di sé, se non il fatto di essere ciò che Nietzsche - talora poeticamente generalizzando al vivente in genere - vede fare "tutto ciò che può non per conservare se stesso, ma per diventare più di ciò che non sia" (La volontà di potenza, aforisma 302)? Perciò, l'umano "muore" - diventa disumano - esattamente quando cessa di trasformarsi. Oggi, quando rinuncia perciò a diventare "postumano". Attraverso il tentativo di ignorare quella che è la realtà già presente del suo "fenotipo esteso" (cfr. Richard Dawkins, The Extended Phenotype, Oxford University Press 1981), ed a maggior ragione la direzione che tale realtà indica quanto alla sua possibile, futura metamorfosi, in termini biologici e non.

Sandro Giovannini
Del “nuovo inizio” heideggeriano, di un “neo-paganesimo” post-moderno (e quindi, a fortiori, post-antico) tu dai una lettura da “origine esemplare”. E dici che l’“origine esemplare” è post-umana. Ma la poiesis - che tu stesso (necessariamente?) implichi fondante tale processo quanto - al di là della voluta o cogente tassonomia - possiamo appercepirla proprio come “post-umana”, od anche od invece come “ultranovecentista”, nella stessa accezione a cui potevano riferirsi già da tempo, ad esempio, intellettuali mille miglia (e tanti anni) diversi da te per formazione, temperie e gusti, come un Vettori (ultraumanesimo ed ultranovecento)…?

Stefano Vaj
Io non mi considero un grande "umanista" (in questo caso intendendo la parola nel suo significato di "esperto di tradizioni letterarie ed artistiche"), ma piuttosto uno studente di diritto, filosofia e politica, e in particolare dei luoghi concettuali in cui tali materie si incontrano con la tecnoscienza e l'antropologia culturale. Non conosco perciò bene Vettori. Ciò di cui sono sicuro è che il "postumanismo" che la tradizione stessa dell'Umanesimo, da Pico della Mirandola a Leonardo a Machiavelli sino a Gentile (cfr. quanto dice Severino riguardo a quest'ultimo), ci impone oggi di declinare, e che la "teoria critica" del postmodernismo accademico (Lyotard, Baudrillard, Deleuze...) in parte traduce, è il presupposto stesso perché sia possibile pensare sino in fondo, in una rottura prima di tutto culturale, quella che si annuncia come una possibile rottura ("postumana") di natura e portata antropologica. In questo senso, la rivoluzione "pagana", e ciò che essa ha comportato in termini di mutamento di paradigma rispetto alla cultura del paleolitico rappresenta davvero un'origine esemplare, la cui eredità e modello ci chiama heideggeriamente dall'avvenire come destino con cui siamo obbligati a confrontarci. E ancora, rappresenta la scelta di un "altro passato", quello che ci vede eredi tra gli altri di Talete, Eraclito, Pitagora, Democrito, Ippocrate, Lucrezio, piuttosto che della pira su cui è stato bruciato Giordano Bruno o del tribunale che ha costretto Galileo all'abiura. Un passato che continua a stendere la sua lunga ombra sul nostro presente, sia nelle sue varianti che conservano una fondazione apertamente metafisica, che nelle propaggini secolarizzate e materialiste ormai per lo più ridotte alla sfera etica ed epistemologica, specie dopo la "crisi delle ideologie". D'altro canto, come dice Faye in "Futurismo e modernità" (Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano, vol. 3, Sestante Editore 2009), la prima modernità conosce nel novecento il suo canto del cigno, una "morte trionfale" che ci impone oggi una Aufhebung ipermoderna e perciò "postmoderna" capace di portarci "là dove nessun uomo è mai giunto prima". Oltre la "vecchia" modernità, per una nuova origine.

Vedi articoli su:  Biopolitica, umanismo, postumanismo,

H+MAGAZINE - Interviste 

www.transumanisti.it  (Associazione Italiana Transumansiti-A.I.T-Presidente Riccardo Campa)

http://www.youtube.com/watch?v=ELAPaaqsers CLIP EMANUELE PILLIA