* Luca Nannipieri
I l ministro dei Beni
culturali Dario Franceschini smentisce il premier Matteo Renzi. In
un'intervista a Repubblica il ministro cancella due anni di
dichiarazioni sulla cultura e sulle soprintendenze che il pimpante
presidente del Consiglio ha fatto da sindaco, da segretario del Pd e da
capo del Governo. In tutte le campagne elettorali e nei suoi discorsi da
presidente del Consiglio Renzi ha infatti detto che le soprintendenze
sono strutture ottocentesche, incapaci di innovazione, che vanno
profondamente cambiate: «Sovrintendente è una delle parole più brutte di
tutto il vocabolario della burocrazia. È una di quelle parole che
suonano grigie. Stritola entusiasmo e fantasia fin dalla terza sillaba.
Sovrintendente de che?», «La cultura non può basarsi sul sistema delle
sovrintendenze», «Sono un potere monocratico che non risponde a
nessuno», «Le accorperemo e avvieremo una gestione manageriale dei poli
museali». Queste dichiarazioni, altamente condivisibili, sembravano
dover essere la linea del Governo. Ma Franceschini nell'intervista
ammutolisce il premier dicendo che le soprintendenze svolgono un compito
fissato dall'art.9 della Costituzione. Dunque sono sacrosante,
intoccabili. Toccarle, o addirittura abolirle, significa rinnegare uno
dei principi fondamentali della Costituzione; al massimo occorre
istituire un organo d'appello che controbilanci «l'eccessiva
discrezionalità» che hanno. In esse lavorano «funzionari ottimi e
funzionari inefficienti» come in ogni istituzione. Ma i loro controlli
«non vanno allentati». Dunque esse servono e tutto deve rimanere
sostanzialmente com'è. È facile prevedere chi avrà la meglio, al di là
del bagno di voti di Renzi alle elezioni europee: avrà la meglio la
linea di Franceschini, da sempre maggioritaria nella sinistra, che vede
le soprintendenze come un presidio sicuro dello Stato. Del resto il
decreto Art bonus, da poco varato dal Governo, toglie ogni dubbio: si
occupa di donazioni e mecenatismo, di progettisti per Pompei, dell'Iva
sugli eBook, del credito d'imposta sui film, delle fondazioni
lirico-sinfoniche. Tanti piccoli provvedimenti, che servono da toppa
all'emergenza, ma che non affrontano con decisione nessuna vera
criticità della cultura. E inoltre, appunto, nessun accenno alle
soprintendenze. Nessun accenno a togliere un grammo del loro potere di
veto o di freno allo sviluppo. Tutt'al più il decreto ne rende autonoma
qualcuna. Con buona pace delle parole di Renzi in campagna elettorale.
Il GIORNALE