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venerdì 29 aprile 2011

Compagno Dvce! di Ivan Buttignon * from Mario Grossi/Fondo Magazine

88741566.gifMario Grossi

In Italia, compagni, c’era un solo socialista capace di guidare il popolo alla rivoluzione: Mussolini. Ebbene, voi lo avete perduto e non siete capaci di ricuperarlo!

Lenin

Predappio è una cittadina della Romagna a tutti nota per aver dato i natali a Benito Mussolini che vide la luce in località Dovia un piccolo agglomerato di case di contadini, mezzadri e artigiani.

E Mussolini per i romagnoli è sempre stato Muslèn nella storpiatura dialettale di quelle parti. Per molti fu da subito Muss-Len un termine che fondeva insieme i nomi di Mussolini e Lenin.

Bisogna partire da questa storpiatura dialettale se ci s’interessa al cosiddetto “Fascismo di sinistra”.

Non è cosa nuova che la storiografia degli ultimi decenni ha posto la sua attenzione su questa corrente di pensiero tutt’altro che marginale.

A partire da Renzo De Felice, nel corso degli anni, si sono susseguiti studi che hanno scandagliato questo filone del movimento e poi del Regime che, come un fiume carsico, ha solcato tutte le vicende del Ventennio, inabissandosi talvolta, per poi riemergere quasi dal nulla vitale più che mai, per poi scomparire, ma solo alla vista più superficiale, di nuovo.

Storici come Emilio Gentile, Giuseppe Parlato, Pietro Neglie, Paolo Buchignani hanno affrontato il tema.

In particolare, ricordo con affetto Fratelli in camicia nera di Pietro Neglie perché, con il piccolo circolo culturale Ezra Pound, in una manifestazione organizzata con l’aiuto di Giuseppe Parlato per ricordare Renzo De Felice, presentammo alcune tesi di laurea di suoi allievi. Tra questi appunto Pietro Neglie che aveva da poco pubblicato Fratelli in camicia nera che sviluppava in saggio la sua tesi di laurea.

Che qualcuno voglia cimentarsi nuovamente con questi temi, assai dibattuti, potrebbe dunque sembrare ridondante e scontato.

Per questo, è con qualche perplessità, tra il dubbio e la curiosità, che mi sono messo a leggere, in formato pdf, visto che sta per uscire in questi giorni, Compagno Duce di Ivan Buttignon per i tipi di Hobby&Work.

Con animo da lettore, che vince sempre le sue ritrosie iniziali, mi sono dunque immerso nella lettura, per me doppiamente difficile.

Da un lato perché non ho nessuna abitudine alla lettura digitale e la mancanza di contatto fisico con le pagine dell’oggetto libro è per me frustrante.

Dall’altro perché sapevo che, a meno di qualche rivelazione clamorosa, non avrei trovato notizie e fatti che già non conoscessi.

Il risultato è stato che la lettura delle 250 pagine del testo si è esaurita nel giro di tre giorni (di tre notti in realtà) e la rilettura nell’arco della settimana successiva.

Rilettura che mi ha confermato che le tre notti insonni sono state assai bene spese.

Un primo incontestabile pregio del libro è quello di riproporre una lettura del fascismo di sinistra che, se noto agli addetti ai lavori o alle persone di parte (come io sono), non è affatto di dominio pubblico.

Ma questo è un piccolo pregio veramente di fronte alla qualità che il lettore scopre, pagina dopo pagina, in un racconto che si snoda supportato da una scrittura limpida e d’immediato impatto.

Pregio questo non secondo al primo se pensiamo quanta fatica fanno taluni storici nel trasferire su carta la loro criptica sapienza, spesso intralciata da una prosa faticosa, farcita da tecnicismi e da una lingua gergale oscura che spesso mette in fuga i lettori meno pazienti.

Il saggio abbraccia un percorso temporale che va da prima della marcia su Roma fino ai nostri giorni. Rievoca e mette in fila gli uomini e le idee che costituiscono il nucleo assai eterogeneo di pensiero che sta alla base del “Fascismo di sinistra”.

::::::::::::::::CONTINUA

http://www.mirorenzaglia.org/2010/02/compagno-duce/

lunedì 18 aprile 2011

Miro Renzaglia: Il Fondo del Giovedì - 14 aprile 2011

 
File:Pennacchi3.JPG - Wikipedia | http://it.wikipedia.org/wiki/File:Pennacchi3.JPGIl GRANDE IMMENSO ANTONIO PENNACCHI
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Asor Rosa l'ossimoro profumo della paleosinistraALBERTO ASOR ROSA A LAMEZIA TERME su ifamelici | http://blog.libero.it/ifamelici/4319089.html

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Il Fondo del Giovedì - 14 aprile 2011


ALBERTO ASOR ROSA INVOCA LO STATO DI POLIZIA

articolo di

Alberto Asor Rosa


nell'edicola di via
www.mirorenzaglia.org
 
*Miro Renzaglia sul progetto Pennacchi a Latina: Al di là della Destra e della Sinistra


http://www.mirorenzaglia.org/2011/04/lista-pennacchi-fli-a-latina-al-di-la-della-destra-e-della-sinistra/





lunedì 11 aprile 2011

Il futurismo sociale di Antonio Pennacchi? (*da Fondo Magazine-Miro Renzaglia)

http://www.mirorenzaglia.org/2011/04/lista-pennacchi-fli-planando-sopra-boschi-di-braccia-tese/

L’articolo che segue è stato pubblicato ieri, 10 aprile, sul Secolo d’Italia.

La redazione


FASCIOCOMUNISMO
L’ANTIDOTO CONTRO LA TRINCEA
(CHE NON C’È)
miro renzaglia

È bastata una foto [quella a fianco] che riprendeva assieme tre bandiere (un tricolore, una con la falce e il martello e un’altra di Futuro e libertà) e l’ipotesi di un’alleanza civica a Latina tra Pd ed esponenti provenienti da destra, per riaprire lo scontro tra i nostalgici dei vecchi steccati e chi propone nuove sintesi. Quella foto scattata a piazza Montecitorio, nel giorno in cui la Camera votava sul conflitto di attribuzione per il caso Ruby, ha ridestato dal torpore della seconda metà del Novecento addirittura i teorizzatori dello scontro “antropologico”. Una visione stantia, che era già archeologia per chi ha vissuto davvero lo stagione del Sessantotto. A questi, allora, è consigliata la lettura “preventiva” di un passaggio della Carta della Sorbona (il “documento” del Maggio francese) quando già, decenni fa, si affermava: «Nessuno si meravigli del caos delle idee, nessuno ne sorrida, nessuno ne tragga motivo di burla o di gioia. Questo caos è lo stato di emergenza delle idee nuove…».
La vita è difficile. Ma quasi niente, a parte l’immortalità fisica (per ora) è impossibile. La politica poi che, come sosteneva Otto von Bismarck, «non è una scienza ma un’arte» è, addirittura, «la dottrina del possibile». Come in tutte le arti, però, anche in quella del possibile, oltre agli artisti veri ci sono i pataccari, gli imitatori, i falsari. Gente che – metaforicamente parlando – saprà pure tenere il pennello, una chitarra o una penna in mano ma, mancando d’immaginazione, di fantasia, di estro si limita a ripetere il già dipinto, il già sentito, il già detto. Senza mai uno scarto innovativo, un’invenzione, un lampo di genio. Anzi, peggio: ogni volta che uno di loro incontra qualcuno capace di farlo, si barrica dietro le proprie certezze e bolla l’altro come un dilettante indegno di presentarsi al suo cospetto. Di esempi del genere, nella storia della politica, ce ne sono a bizzeffe. Ma senza andare troppo in là nel tempo, basta pensare a come i socialisti della sua epoca considerarono Benito Mussolini. Quel massimalista sovversivo che non aveva capito – secondo loro, i socialisti avveduti – come si facevano i veri interessi del proletariato. Beccandosi giustamente sulle mani le bacchettate di quell’altro grande artista della politica che fu Lenin: «Avete perso con Mussolini la grande occasione, l’unico in grado di fare la rivoluzione in Italia». Eh! che volete farci? Così va il mondo: artista intende artista, mentre i pataccari non arrivano mai alla loro altezza.
Ora, fatte tutte le debitissime proporzioni fra ieri e oggi, situazione e situazione, personaggi e personaggi, e mutatis mutandis, non è che le cose siano poi cambiate di molto. Prendiamo come riferimento la disputa di questi giorni sulla possibilità di creare una lista Pennacchi-Fli per le prossime consultazioni amministrative di Latina. Pennacchi chi, innanzi tutto? Ma sì, lui, Antonio Pennacchi il romanziere, il vincitore in carica dell’ultima edizione del Premio Strega con quel Canale Mussolini che segna, nell’asfittico panorama della narrativa italiana, il ritorno del grande romanzo epico e popolare. Lo scrittore, sì insomma: il fasciocomunista che in giovinezza aveva militato nel Msi per poi passare all’estrema sinistra, nei sindacati, nel Psi, nel Pci, sempre espulso per posizioni che i dogmatici di tutte le chiese trovavano immancabilmente troppo eretiche per i loro gusti. Avete inquadrato il personaggio? Bene: proprio lui che oggi si ritrova in tasca la tessera del Pd (e, stranamente, non ne è stato ancora espulso) se ne è uscito nei giorni scorsi con un’altra delle sue diavolerie: faccio una lista con Fli, ci metto faccia e nome, non mi candido in prima persona per la carica di Sindaco ma, insieme, appoggiamo il candidato di centrosinistra. Già detta così la cosa, ti prende un colpo. Ma state a sentire le ragioni che lo spingono a tanto.
Pochi giorni fa, su queste stesse pagine, in un’intervista concessa ad Antonio Rapisarda che gli chiedeva: «Pennacchi, intende fare di Latina un “laboratorio”?» rispondeva: «Qui non c’entra solo Latina. Perché il problema della città è lo stesso del Paese. Abbiamo bisogno di un nuovo patto sociale, di ricomporre le fratture vecchie e nuove. Ma per fare questo occorre porsi una domanda: a chi interessa oggi lo Stato? Di sicuro non a chi sta adesso al governo: che è impegnato a garantire in questo preciso momento solo se stesso, al prezzo degli interessi della collettività. Per questo è necessaria un’alleanza di uomini di buona volontà. Sì, perché quello che si trova davanti non è solo l’antistato ma, mi si consenta, addirittura l’anticristo: perché a parole parla, invocando il Santo padre, di Dio, patria e famiglia mentre in realtà è un vero “drago”».
Oh! Gesù, Giuseppe e Maria. Lo vedete che scherzi fa il genio dell’arte che poi – come si diceva – è lo stesso della politica? In quattrocento battute scarse di tastiera quello (il genio) di Pennacchi prende e ti butta giù un manifesto che se non è per la rivoluzione ti scompagina sicuramente le care categorie di destra e di sinistra a cui si aggrappano gli identitaristi del presente perpetuo; t’inventa, così sue due piedi, un laboratorio politico che ritira fuori una parolina ormai desueta: “sociale”; lancia pure il progetto oltre i confini comunali della sua città, lasciando immaginare futuribili scenari nazionali. Non solo ma, udite udite, osa tanto: «È ora che i fasci veri tornino a casa, superando la frattura del 1914. I fascisti tornino a San Sepolcro!». Cose dell’altro mondo… Talmente dell’altro mondo che i conservatori (se non proprio i reazionari) di destra e di sinistra di questo mondo si sono subito affrettati a opporre il loro niet: ‘sto matrimonio non s’ha da fare. E perché, no? Perché, no. Pura tautologia. E se non è pura tautologia, sono motivazioni facilmente smontabili.
D’acchito, infatti, verrebbe da chiedersi perché Fli, in Sicilia, con due assessori nella giunta regionale, può stare in una maggioranza che comprende il Pd e mettere all’opposizione il Pdl e a Latina, invece, lo stesso non si può fare. Che ha fatto di male Latina per rischiare di ritrovarsi governata da una giunta di centrodestra che nemmeno un anno fa è stata commissariata? Ma il discorso è più largo e lo focalizza bene, ancora una volta, Pennacchi che rivolge a quei futuristi riottosi di guardare al futuro la domanda delle domande: «Ma allora che cosa siete usciti a fare dal Pdl? Tanto valeva rimanere lì dentro. E magari mettergli pure il preservativo, a Berlusconi». Sante parole, ma pensate che siano percepibili da chi comunque non vuol sentire? Diranno, piuttosto, che ci vuole saggezza, prudenza, che Pennacchi è un poeta e, come tale, a volte vaneggia… Che, soprattutto, l’elettorato non capirebbe. L’elettorato di un partito – capite? – che non ha ancora ricevuto un voto che è uno e che si pone da solo la questione della fedeltà ad una entità che ancora non esiste. Ha ragione Alessandro Campi quando, dalle pagine de Il Riformista (6 aprile scorso) brucia nella loro alienante fissazione di passatisti i custodi della vera-destra-vera, finendo per dare esplicitamente ragione a Pennacchi e a quanti in Fli (ne cito alcuni e mi scuso con gli altri: Umberto Croppi, Luciano Lanna, Flavia Perina, Fabio Granata, Benedetto Della Vedova, Antonio Bonfiglio, Filippo Rossi) hanno aderito alla proposta del narratore: «A quale elettorato può mai rivolgersi un partito che oscilla tra soluzioni tanto diverse, il cui vertice appare indeciso se schierarsi a destra, al centro o a sinistra?».
.....................ART.COMPLETO VEDI LINK IN ALTO A SINISTRA

MIRO RENZAGLIA

NOTA DI ASINO ROSSO: articolo di rara espansione di idee e inclassificabile, input alla luce del Sole di certa Destra Immaginaria culturale al quadrato, certamente del duemila, al di là del novecento terminato e della superstizione...destra/sinistra, sinistra/destra.....dell'Ideologia e della Divina Politica...  Va da sè, Antonio Pennacchi, primula rossa (o nera) d'altrettanta espansione intellettuale - vivente - non salottiera o kulturale reificata, contro la casta culturale e ideologica italiana ben nota,  persino il suo nuovo incredibile progetto antineopostpolitico, quasi un remix downloadato di certo futurismo sociale mai fiorito negli anni dieci del... Novecento stesso (e anche durante il ventennio...), in questione, finanche diversi altri- chiaramente indicati da Renzaglia (e quest 'ultimo stesso): Pennacchi e postcompagni o postcamarades... che c'entrano con l'equivoco- cattofascista e storicamente inaffidabile- del camaleontico Gianfranco Fini da Predappio/Montecarlo..., non perchè spirito... libero persino dalle proprie idee, ma in "scientifico", quasi copione appunto peggiordemocristiano e italiota? Per non parlare di comparazioni diciamo strettamente intellettuali neppure accostabili e af-fini?  Fini,  mentre la storiografia non ideologica negli anni 90 finalmente scientificizzava senza virgolette la storia del ventennio, da De Felice a Gentile, liberandola parzialmente  dal male assoluto e persino riattivando certo fascismo culturale non esorcizzabile (lo stesso menu più ò meno nel dibattito del Fondo attuale e del progetto di Pennacchi...) , relativizzandolo al passo con la complessità sia moderna...che contemporanea.., con la Svolta di Fiuggi celebre, positiva in sè, ha però parallelamente fatto il contrario.... anzi proclamando alla rovescia proprio ..e nuovamente certa vulgata ideologica dominante per 50 anni! Fini, mentre il futurismo doc al passo con il centenario usciva da certe nicchie e certo oblio (chi scrive, Graziano Cecchini Rosso Trevi, Antonio Saccoccio, anche certo neofuturismo transumanista), ha -con clichet orwelliano- inventato come un astrologo  un nuovo partito definendolo- vera e propria neolingua - futurista, inquinando informazione e linguaggio, innestando nuovamente- e specularmente all'informazione negazionista culturale pseudogramsciana del secondo novecento- nuovamente, mistificazioni e superballe sul futurismo già ampiamente nocive e fuorvianti!  Avallato magari da certa intellighenzia anche futuristica potenziale o legittima, ma incapace di aggiornarsi- nonostante i fatti- agli artisti più significativi di certa continuità futurista postinternet, anzi appunto obliandoli.... Tranne eccezioni, perchè no lo stesso Renzaglia e naturalmente Pennacchi e altri, un poco di ingegneria genetica ...  è necessaria e inrinviabile, soprattutto da un'ottica futurista doc, tecnoanarchica e neoprogressista (l'essenza del Futurismo, anteriore, contemporaneo e prossimo...).
Legittimo anche-ovvio- bordi rivoluzionari neoconservatori (sempre al di là del binomio numerologico...destra-sinistra..) ma -a parte- ribadiamo- l'arduo e improbabile eco finiano - certo radical chic non esiste soltanto nella matrice proveniente dalla paleosinistra.  L'Avanguardia non è nè sarà mai salottiera e troppo pensiero e meno azione... Altra modulazione, in scenari plurali di modulazioni appunto anche differenti e  legittime ma d'altro gioco linguistico-  non a caso diciamo "meramente" sperimentali, per rilanciare l'analisi fondamentale (a parte quelle sempre operative delle avanguardie soprattutto storiche...e dei futuristi contemporanei doc) di un certo Charles Russell, "Da Rimbaud ai Postmoderni", dove chiarissime le differenze tra i diversi bordi del gioco lingustico, tra Avanguardia e Sperimentazione (o Rcerca o Laboratori). La vita e la guerra delle idee principale laboratorio vivente per il Futurismo, sistema operativo,  l'hardware l'abbiam brevettato da 100 anni e +..... e funziona ancora meglio...   Chiamiamo le cose con il loro nome. Il Futurismo è il Futurismo,  il cosiddetto fascio-comunismo alla Pennacchi et amis  un software molto eccitante ma da riformulare in prospettiva, in quanto parole mediaticamente fallimentari per ovvi motivi.... E i finiani si chiamino finiani e basta, con il Futurismo non c'entrano nulla, chiaro?

venerdì 18 marzo 2011

IL FONDO Magazine - Edizione Speciale - 17 marzo 2011 ITALIA 150


 88741566.gifAntonio Fiore Ufagrà : il futurismo celebra l'Italia 150° | http://lasinorosso.myblog.it/futurismo/



 

Edizione Speciale - 17 marzo 2011

FORUM


150° DELL'UNITA'
W L'ITALIA


hanno partecipato


Arba, Angela Azzaro, Giorgio Ballario,
Mario Bortoluzzi
, Michele De Feudis, Sandro Giovannini,
Mario Grossi
, Roberto Guerra, Alberto B. Mariantoni,
Raffaele Morani
, Antonio Pennacchi, Raffaele Perrotta,
Luca Leonello Rimbotti
, Giovanni Tarantino

 

nell'edicola di via
www.mirorenzaglia.org

 

venerdì 14 gennaio 2011

IL FONDO MAGAZINE - Inserto del Giovedì - 13 gennaio 2011 con Antonio Pennacchi


 

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Inserto del Giovedì - 13 gennaio 2011


MARTIN HEIDEGGER
E I PUPAZZETTI DI PABLO ECHAURREN

articolo di

Antonio Pennacchi

 

nell'edicola di via
www.mirorenzaglia.org
 

 Dice: “Ma che significano quei pupazzetti di Echaurren?”.

Ah, e lo chiedi a me? Cosa vuoi che ne sappia io? Io di arti figurative non capisco niente. Vado solo a “mi piace” o “non mi piace” e in tutta la storia dell’arte gli unici che mi siano sempre piaciuti senza riserve – ma non ne so bene il perché – sono Hopper, Salvador Dalì e le torri di Babele dei Bruegel. Prima mi piaceva anche De Chirico – fin che lo conoscevo solo dalle riproduzioni a stampa o sopra i libri – ma quando la conoscenza s’è fatta più intima, dopo che sono andato a una mostra e ho visto i quadri veri con la pittura tutta screpolata, ho detto: “Ma vaffallippa va’, ma che si lavora così?”. Resta comunque che di arte non capisco nulla. Tra impressionismo e espressionismo – per dirne una – faccio una confusione che neanche fra tangente e cotangente quando studiavo topografia al geometri, e quella volta che mi sono dovuto fare l’Argan all’università, certi dolori di testa che nemmeno le botte della Celere. L’artrosi cervicale. Le fitte suboccipitali.

Dice: “Vabbe’, Argan scriveva un po’ difficile, diciamo così. Tu però perché ti sei accinto anche tu ad un saggio di critica d’arte? Non ti pareva un po’ azzardato, non capendoci poi molto?”. Certo, e chi ti dice di no? Tu pensa che sono pure daltonico.

Ma quelli hanno insistito, hanno detto che non gli importava: “Chi vuoi che se ne accorge? Siamo in Italia: se il figlio di Bossi fa il deputato regionale tu non puoi fare il critico d’arte? Ma scherziamo?”. E così m’hanno convinto. Hanno detto che il mio metodo – “mi piace” o “non mi piace” – è più che sufficiente. E a me Pablo Echaurren mi piace. Stop. Ho finito qua.

Dice: “Sì, vabbe’. Però a te Pablo Echaurren ti piace perché è amico tuo. Se non era amico tuo, mica ti piaceva. A fare le critiche così, sono buoni tutti a questo mondo”. No compa’, ferma. Un passo indietro.

Io conosco Pablo Echaurren dal 1973. O meglio: nel 1973 l’ho conosciuto io. Lui no, lui manco m’ha filato e se glielo chiedi adesso, nemmeno si ricorda. Me lo fece vedere Paolo Forte dentro la tipografia di Lotta Continua a Roma quando andammo a portargli i soldi delle sottoscrizioni per le armi al Mir dopo il golpe in Cile. “Quello è Pablo Echaurren”, mi fece piano piano Paolo Forte dandomi di gomito sul fianco – ahò, noi venivamo da Latina – manco fosse stato Che Guevara.

Io – sia chiaro – con Lotta Continua non avevo e non ho mai avuto niente da spartire. Quelli erano trotzkisti. Spontaneisti. Io ero uno stalinista marxista-leninista che veniva da Servire il popolo, ma mi si era già sfasciato il partito mio e adesso ero un cane sciolto – come sostanzialmente poi sono sempre rimasto – senza più catena e senza padroni (la cosa più drammatica è che ogni volta che ho tentato di rimettermela la catena, e di ricercarmi un nuovo padrone, sono sempre stati loro poi – Uil, Psi, Pci, Cgil – a tagliarmela ed a cacciarmi via: “Vaffanculova’, vaffanculo a un’altra parte”. Espulso). Comunque ero stalinista; ma senza partito, senza casa e senza famiglia e quando c’è stato il golpe in Cile non c’era nessuno con cui fare qualcosa a Latina, e allora sono andato da questi di Lotta Continua e assieme a Paolo Forte – che era il segretario – abbiamo messo su la raccolta fondi. Siamo andati in tipografia a farci fare i blocchetti per le ricevute con scritto sopra “Armi al Mir – Soccorso Rosso” e poi via in giro per tutti i professionisti progressisti ad estorcergli qualcosa....

 

FONDO MAGAZINE-  ANTONIO PENNACCHI