Pasqua 2016 body { font-family: verdana, arial, sans-serif; } a { color: #C16E00; text-decoration: none; } a:hover { text-decoration: underline; } p { font-size: 12px; } Pasqua 2016 Easter 2016 Auguri di buona Pasqua! ...e per chi rimane in città: lunedì 28 Marzo, h.10,30 Visita guidata al Ghetto ed al Cimitero Ebraico di Ferrara quota 12,00€, in bici o a piedi (min.10 pax) Pasqua 2016
Pasqua 2016
Easter 2016
Auguri di buona Pasqua!
...e per chi rimane in città: lunedì 28 Marzo, h.10,30
Visita guidata al Ghetto ed al Cimitero Ebraico di Ferrara
Sulla stampa local, intervento rivelatore di Diego Marani, europeista fin dal midollo spinale, scrittore di buona e meritata fama, pure quando scende - e troppo spesso – nell'agorà politico-sociale – fin dai tempi della sua strenua difesa di certo affaire Sateriale/Ronconi – assolutamente conformista, prevedibile e sintomatico di certa costante "filosofia" politicamente e culturalmente corretta dominante nell'Intellighenzia fu sinistra... Come molti letterati, direbbe H.M. Enzensberger, un classico Idiot Lettré, digiuno di conoscenza scientifica se non in moduli stantard laicistici e pensiero unico. Altrimenti, vista la stoffa comunque culturale, si renderebbe ben conto di certe gaffe, come nell'intervento in questione. Neppure Bruxelles l'ha svegliato, i suoi uffici europeistici proprio a due passi dalla strage recente, ed era in quegli uffici... Ma non ha trovato di meglio di lanciarsi in una apologia piagnistea letterale, razionalizzando e giustificando le ben note lacrime della nostra Magherini, del PD e nominalmente Ministro degli Esteri attuali dell'Unione Europea, all'indomani della strage in questione! Come al solito per attaccare e mai ascoltare le opposizioni a lui, come certo sessontardismo tardo e obsoleto, solo indigeste perchè, nello specifico, contestano legitimamente quel fantasma che i fatti dimostrano e purtroppo tragicamente che è l'Europa: quindi solita retorica contro Bertolaso e Meloni che hanno ben denunciato le lacrime sconcertanti della Magherini che come Marani scambia la Politica e persino quella bellica con un programma sentimentale (e ipocrita...manipolatorio) della De Filippi... Se le strategie di un ministro degli Esteri, sono le lacrime, anziché a caldo... parole non retoriche ma autorevoli e necessariamente fredde, allora meglio la De Filippi stessa che almeno di manipolazione dell'informazione se ne intende! Di più: Marani si vada a leggere qualcosa della Scuola di Palo Alto, confondere la Politica con la psicologia spicciola, è un errore persino patologico di codice, giochi linguistici sballati. Più in profondità è questa sintomatologia che dimostra Neuropa e anche parzialmente, ma centralmente sul piano psicosociale, quel che è potuto accadere in questi giorni a Bruxelles, capitale dell'Unione Europea! Gli incredibili bachi sulla sicurezza emersi riflettono il delirio del buonismo e della tolleranza indiscriminata come strategia fallimentare di integrazione multietnica... Più tolleranti della tolleranza nella capitale europea … Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti ma non di certa Intellighenzia pericolosa ormai, con il suo ostentato negazionismo del Reale e dei fatti.
Luigi Tenco, Fabrizio De André, Franco Califano, Skoll, Compagnia dell'Anello: dal mondo celtico e Antica Tradizione alla cultura popolare dei processi linguistici che trovano voce in Dante Alighieri
Dalla poesia araba alla "Vita Nova". Da Rumi a Dante sino a Poliziano e a Ronsard. Il percorso dei linguaggi è fatto di parola, musica, immagine. Dante è contemporaneità nel Sante oltre la teologia. La nostra contemporaneità, dalla scuola ai beni culturali, deve fare i conti con il legame tra poesia e musica. Ovvero con la parola dei poeti – cantautori (o viceversa) e con la musicalità stessa del linguaggio. Poesia e musica. Un dialogo costante che ha caratterizzato soprattutto gli ultimi decenni e in particolare la stagione degli anni Sessanta – Ottanta.
Non bisogna dimenticare un dato che resta fondamentale proprio negli intrecci tra linguaggio poetico ed eredità letteraria all'interno di un approccio con la canzone d'autore. Il patrimonio musicale di una comunità è espressione di civiltà all'interno di un contesto quale può essere la cultura popolare. La cultura popolare trova proprio nella musica e nella canzone cosiddetta d'autore un modello di raccordo con la storia, con la tradizione, con la letteratura. Ci sono stati cantautori che hanno manifestato, attraverso i loro testi, un percorso di identità e di cultura. L' "Antica Tradizione" è il tardo medioevo che si fa Tradizione nel Dante che recupera la musicalità greco – latina.
Tre elementi fondamentali si enucleano nei processi musicali che hanno caratterizzato la canzone d'autore. Mi riferisco alla parola (come espressione ed esperienza lirica), alla musica (come dettato fondamentale esercitato dalle note), all'immagine (come metafora di una proiezione visiva data dall'accordo tra la parola e la musica stessa). Parola, musica e immagine costituiscono un vero e proprio modello progettuale che ha trovato nei cantautori italiani degli anni Sessanta/Settanta (e mi riferisco in particolare a Luigi Tenco, a Franco Califano e a Fabrizio De André) dei riferimenti fondamentali.
Da qui alla "Antica Tradizione" e alla "Compagnia degli Anelli": gruppi fuori dal conformismo e che recuperano ballate celtiche e medioevale.
Sono patrimonio culturale di una testimonianza che raccorda la parola alla musica in uno spaccato la cui cultura popolare diventa anche interpretazione di una memoria e di un tempo che hanno attraversato la nostra storia contemporanea.
La canzone d'autore è senza alcun dubbio un patrimonio culturale da tutelare, valorizzare e promuovere in un'ottica anche educativa rivolta verso le nuove generazioni. Promuovere la conoscenza di questa cultura è rimarcare quei processi identitari che hanno caratterizzato un passaggio generazionale.
I testi di questi autori sono anche il racconto di quell'Italia che si trovava a vivere gli anni Cinquanta e gli anni successivi in modo disorientante e proprio attraverso un atto creativo (qual è la canzone dei cantautori) si è rappresentato un modo di essere e un modo di esistenza attraverso dei codici etici ed estetici.
Nella canzone d'autore ci sono almeno tre percorsi tematici che andrebbero esplorati.
A) I rimandi letterari.
B) I luoghi presenti nei testi (una geografia che diventa anche esigenza esistenziale di raccontare i luoghi).
C) Il rapporto con il cinema (ovvero le colonne sonore che hanno "siglato" molti sceneggiati e molti film) che è un fatto nuovo perché si stabilisce un dialogo non solo sul piano delle immagini ma anche in termini musicali.
La canzone come testimonianza e quindi come prodotto culturale grazie anche ad una intelaiatura con le altre arti. Credo che sia importante poter stabilire un rapporto con la letteratura e con il cinema oltre alla sua autonoma forza che emana un vissuto lirico e musicale. Il labirinto della parola e l'isola del suono tra Tenco, De André e Califano: è questo il mio viaggi antico e nuovo.
I luoghi nella canzone d'autore potrebbero costituire una chiave di lettura delle città, dei paesaggi, del mare, delle campagne. Quante città sono state immortalate nella canzone. Quanta Italia, con le sue immagini e la sua storia, c'è nel rapporto tra parola e musica. Sarebbe un percorso di estremo interesse perché dentro le parole coronate dalla musica (e viceversa) vive un patrimonio di cultura. Un patrimonio che va rivalutato.
Così pure il dialogo, che non è possibile interrompere, tra la poesia e la musica. I cosiddetti rimandi sono delle traiettorie che non possono essere trascurate. Le colonne sonore. Penso ad un solo esempio: ad una serie del Commissario Maigret (incarnato in modo particolare da Gino Cervi) che aveva come sigla una delle canzoni più belle di Luigi Tenco.
Ebbene, credo che mettere insieme queste realtà culturali in un unico percorso e offrire una mappa articolata sul piano tematico servirebbe a rileggere la cultura riferita proprio agli anni Sessanta/Settanta. La canzone d'autore è una ricchezza importante e da tutelare e ha capacità di aggregare altri modelli culturali. Il cinema, la letteratura, la musica. I testi della "Antica Tradizione" hanno modelli prettamente medioevale.
Sembrano tre tappe ma hanno un unico obiettivo affidabile, chiaramente, al concetto di identità culturale: quello della conoscenza, della valorizzazione di queste forme dell'espressività, della promozione per la diffusione, anche nelle scuole, di una proposta che, sempre più, si incardina in quell'asse tra letteratura, storia e realtà.
Soprattutto se si fa riferimento e si parte da tre autori, citati prima, già consolidati, Luigi Tenco (1938- 1967), Franco Califano (1938 – 2013), Fabrizio De André (1940 – 1999), nella storia della canzone (e quindi dei linguaggi musicali) i temi e le suggestioni possono trovare una loro maggiore solidità perché ci si trova di fronte a materiali non in itinere ma storicamente leggibili. Ma il discorso delle presenze è, certamente, più ampio.
La valenza creativa degli artisti non può non confrontarsi con i modelli che propone una società. La civiltà dei linguaggi è dentro quell'esperienza creativa che realizza costantemente dei processi culturali.
Ecco perché è necessario valorizzare e promuovere la conoscenza di questi elementi culturali che sono e restano parte integrante della manifestazione identitaria di un popolo. I cantautori sono i poeti della nostra contemporaneità. Ed è proprio vero che, in questo inciso, matrici letterarie e matrici poetico – musicali sono un costante incontro. Un incontro che raccordano il concetto antico di canzone con i nuovi modelli linguistici. Dante tra i cantautori dagli anni Sessanta al futurismo degli Skoll. Un gruppo che recupera i luoghi dell'immaginario futurista anche attraverso le finzioni di Dante.
di Casalino Pierluigi, 26.03.2016
> Les attentats à Bruxelles sont une suite logique et quasi attendue de
> ce qui s'est passé à Paris. C'est une me^me rage, un haine sans limite
> de l'Occident qui animent ces enfants européens issus de l'immigration
> maghrébine. Pourquoi tant de cruauté? Pourquoi ces assasinats
> aveugles? Comment devient-on un mostre qui sacrifie sa vie en tuant le
> maximum de personnes autour de soi? La plupart des terroristes qui on
> comis des attentats en Europe sont des enfants d'immigrés. C'est un
> constat. Ces individus n'ont jamais reçu ou n'ont jamais inculqué les
> valeurs que porte la civilsation d'où viennent leurs parents. Ces
> derniers, aussi impuissants que les services de sécurité, ont leur
> part de responsabilité dans ce qui arrive me^me s'ils sont pluto^t à
> plaindre. Parce qu'ils n'ont aucune autorité sur leurs enfants, ils
> ont raté leur éducation. Ils n'ont pas su ni pu leur transmettre la
> valeur culture, meilleur barrage contre la barbarie. Ils n'ont pa su
> ni pu les protéger contre le mal absolu, un fanatisme enrobé dans un
> drap islamique. Un certain nombre d'enfants d'immigrés souffrent
> d'insécurité ontoligique et pourtant ils ne prennent pas les armes
> pour tuer des innocents. Cìest là qu'intervient l'Etat islamique avec
> sa propagande diabolique. Elle mène une guerre partout où elle trouve
> des failles. L'Europe, entité faible et sans consistance, est
> justement pleine de trous. L'Etat islamique les a investis depuis
> longtemps. Ils le font sans hésiter ou presque parce qu'on a su les
> convaincre que mourir c'est mieux que vivre dans des pays présentés
> comme hostiles à leur fois. La mise en place de solution pour leur
> désendocrtinement doit tenir compte de l'absence d'utopie politique.
> Il y a un mélange explosif, conséquence d'une globalisation mentale
> que l'Etat-nation européen a désormais du mal à contro^ler. Ce dernier
> ne veut pas non plus s'européaniser, bien que le volet sécuritaire
> montre l'inefficacité du nationalisme des services de reinsegnement au
> sein d'une Europe de Schengen sans frontières.
Il paradigma del cambiamento, il segreto è adattarsi
Ci troviamo in uno scenario di dinamicità sociale senza precedenti nella storia, trainato dalla sempre maggiore disponibilità di dispositivi tecnologici a basso costo e ancor più da un nuovo modo di intendere la propria esistenza all'interno di una società fluida, slegata più che mai da vincoli etico-religiosi e patriottici, sempre più generica e solipsista. Non molti anni fa pensare di lavorare all'estero era per molti un'utopia, oggi sembra quasi una conquista riuscire a mantenere il proprio lavoro in Italia (e guai ad ambire a un posto fisso…). Eppure andare lontano ormai non fa così paura: sappiamo tutto di luoghi remoti senza mai averci messo piede, semplicemente informandoci attraverso il web. Pensandoci adesso sembra quasi assurdo che, appena quindici anni fa, internet stesse ancora muovendo i suoi primi, lentissimi passi nelle case di pochi luminari. Non posso che ritenermi fortunato a poter vantare di aver visto in 23 anni di vita più cambiamenti in termini di tecnologia di quanti non se ne siano visti dai tempi di Cristo fino alla Rivoluzione Industriale. Quando ero piccolo, se non si aveva a disposizione un telefono fisso, si doveva aspettare giorni, se non settimane, per ricevere risposta a una lettera; oggi il web ha demolito il concetto di distanza, rendendoci onnipresenti in un mondo virtuale sempre più popolato, sempre più integrato con quello reale. Nel terzo millennio probabilmente il dono dell'ubiquità sarà molto meno determinante di una connessione a internet. Ma come mai tutta questa velocità di cambiamento? La Legge di Moore ci insegna che ogni 18 mesi siamo in grado di raddoppiare la complessità, quindi la potenza, dei nostri dispositivi, ma non ci dice che in un tempo poco più lungo compreremo un nuovo computer, un nuovo smartphone o un nuovo tablet. Nessuna invenzione può trasformarsi in innovazione se non trova un significato economico, e ciò non vuol dire solo raggiungere prezzi appetibili, ma anche avere la capacità di rivolgersi a un pubblico interessato. E oggi più che mai il pubblico è disposto al cambiamento. D'altronde, di innovazioni radicali ce ne sono state diverse nell'ultimo mezzo secolo: dai compact disc ai primi telefoni senza fili, fino a macchine in grado di affrontare un viaggio di andata e ritorno per la luna. Ciò che rappresenta la vera rivoluzione del terzo millennio rispetto al passato forse non è neanche la quantità di innovazioni, già di per sé enorme, quanto l'abitudine a esse, alla semplicità e alla rapidità con cui si affermano e scompaiono in un brevissimo arco di tempo, nel quale hanno comunque avuto modo di entrare nelle nostre case e modificare tanto radicalmente quanto silenziosamente la nostra vita di tutti i giorni. Per questo mi piace parlare di paradigma dinamico, piuttosto che di paradigma tecnologico, per definire la rivoluzione sociale della nostra generazione. ......CONTINUA ARTICOLO FERRARA ITALIA
Galleria Lacerba - Mostra on-line di Cesare Ghiselli su www.lacerba.com
NATURAL-MENTE
Mostra on-line di Cesare Ghiselli www.lacerba.com
LA GALLERIA LACERBA la invita A VISIONARE sul sito www.lacerba.com LA MOSTRA ON- LINE DEDICATA ALL'ARTISTA CESARE GHISELLI DAL TITOLO NATURAL-MENTE.
Osservando nel loro insieme tutte le opere artistiche di Cesare Ghiselli, a partire da quelle realizzate sul finire degli anni '60 fino a quelle create di recente, si nota prima di ogni altra cosa, una coerenza formale e di intenti comunicativi alquanto rari, se si considera che parliamo di un periodo temporale che supera il mezzo secolo. Queste opere non presentano elementi di ripetitivita' che di solito caratterizzano artisti che assumono un' identita' artistica immediatamente riconoscibile con un'immagine (si pensi ad esempio ai volti di Ernesto Treccani), operazione quanto mai caldeggiata da galleristi per mere speculazioni mercantili; al contrario, Ghiselli, percorre la sua strada, applicando quelle variazioni stilistiche e formali che derivano dalla naturale evoluzione e maturazione delle idee. Ogni artista avverte dentro di sè il bisogno di comunicare, la necessita' di dare sfogo ad un istinto impellente che lo induce a liberare la propria anima da cio' che la opprime. Solo il gesto attuativo di un'opera d'arte e la sua realizzazione possono lenire, raramente soddisfare, questa necessita'. In Ghiselli tale azione si traduce nel godimento di un'opera che racchiuda in sè il soggettivo senso di lirismo, equilibrio formale e cromatico. E' una ricerca che, come sa benissimo l'artista, non giungera' mai a compimento. Per cio' che concerne l'aspetto concettuale, emerge un pensiero che induce a riflessioni filosofiche. I frammenti lignei che l'artista isola dal loro contesto per applicarli su tavole o tele, sembrano metaforicamente posti sopra un vetrino di un laboratorio scientifico per essere analizzati al microscopio, in un'operazione di analisi sul particolare per individuare le leggi universali secondo teorie aristoteliche. Questi materiali, talvolta disposti in schemi ordinati, nel loro insieme inducono altresi' a pensare a una specie di codice, di nuovo alfabeto o ricordano gli ideogrammi orientali, formulando ipotesi di un linguaggio della natura nel quale bisogna individuare l'arche'. Tutto cio' avrebbe senso se non fosse che talvolta questo linguaggio della natura e' interrotto dalla presenza di manufatti creati dall'uomo, come ad esempio un bottone o un oggetto ferroso lavorato. Come se non bastasse ecco che una spruzzata di vernice di tipo industriale ci viene a ricordare la presenza ingombrante ed immanente dell'uomo nelle vicende di questo mondo. Ecco allora che in alcune opere rimangono solo le tracce, le orme di una presenza contornate da vernice a spruzzo che mette in maggior risalto un'assenza. Non ci sono piu' bastoncini o legnetti, ma solo l'impronta del loro passaggio. Queste mie riflessioni sono solo alcune possibili chiavi di lettura, infatti tutta l'opera di Ghiselli si presta ad interpretazioni individuali differenti e soggettive, esaltando al massimo il carattere polisemico dell'opera d'arte. Il titolo stesso della mostra, "NATURAL-MENTE", gioca sul doppio senso della parola letta separatamente o continuativamente, per rappresentare la pluralita' di interpretazioni dell'opera di Ghiselli. Alla mostra sono presentati 8 lavori scelti e significativi degli anni compresi tra il 1969 ed il 1980. Alfredo Pini
Cammino tra un Occidente perduto e smarrito e un Oriente che mi affascina ma diventa indefinibile. Dentro di me convivono destini di secoli ma il mondo cattolico è sempre più distante. I monaci del deserto sono come gli sciamani. Non hanno nulla di Pietro. Io sono nella cultura del sorriso e delle danze arabe. Non accetto il senso di colpa. Mi spaventano coloro che vivono di sensi di colpa. Sono tenebre. Sono ferire e uomini che si sentono martiri in un martirio disperante! Gli occhi bassi come se le pene degli Universi fossero tutte tra le loro mani.
----- Io amo il sorriso e chi sa giocare a carte scoperte. In un'altra vita sarò stato un forte giocatore di poker. Ma anche nella mia giovinezza. Quando tornavo all'alba nelle mie notti tra danzatrici e vento d'Oriente. Ora il tempo è trascorso. Voglio lasciare nel cuore tutto ciò che ho vissuto e ripartire per altri viaggi. Il mondo cattolico senza eresia mi deprime. Che provocazione la mia... Io sono un intellettuale che conosce il contro. Mi piace gramscianamente il termine intellettuale. A chi imbarazza? Ho imparato che gli sciamani hanno gli angeli. Contraddizioni? Ma no. I CATTOLICI senza ERESIA non racconta no altro che le piaghe di Cristo. La vita è fatta di fantasia. Come il Gesù nel Tempio. Ho vissuto tra gli sciamani ed ho abitato la danza dei dervishi lungo le terre delle pietre d'Oriente. Ma l'Occidente è terribile. Il mondo giudaico cristiano è Oriente o Occidente o è il compromesso storico in incipit? I morti continuano a non essere uguali. Cosa è la tragedia? Non è vero che il senso tragico nasce con la Grecia e in Occidente. La commedia che si illude di essere tragedia nasce in Grecia. L'ironia e l'illuminazione e il sorriso trovano nel Namaste la voce più eccitante. La vita e lo sguardo come danza e come cielo vivono in Persia. La comunicazione con l'aldilà e l'ascolto del e nel silenzio con il mondo sciamanico che ha la bellezza del volo delle aquile.
Il mondo giudaico cristiano sigilla la Croce il peccato e il perdono nel tradimento consumato o da consumare. Il mondo cattolico ha la tristezza fattasi commedia perché tutti peccatori siamo. Così si sottolinea. La teologia è la morte vera e non solo simbolica di Cristo. Perché toglie la fantasia il mistero e il sogno nel nome della ragione di una Verità. Quest'ultimo viaggio teologico non mi ha mai convinto perché non vorrei vivere di ferite e di piaghe. Io sono un credente ma le mie religioni con il mondo giudaico ebraico sono distanti. Non sono costretto da alcuna teologia ad accettare. Io vivo di mistero. Rifletto sulla Grecia. Ascolto i dervishi. Accolgo e regalo un Namaste e sono pienamente dentro questo mondo. Vivo il silenzio degli sciamani e mi lasciò vivere con serenità. Non appartengo alla Croce come simbolo di morte. È angosciante anche il loro cantare. In altre culture la Croce è un sorriso. Noi ancora portiamo la tristezza l'angoscia la morte e il senso di colpa di un Occidente che ha messo in croce Cristo. Ma così non è. È il mondo ebraico giudaico che ha crocifisso il Cristo ma vogliono far ricadere le colpe su chi mai è stato giudaico ebreo. È la solita storiella che si ripete. Gli sciamani sorridono e sanno che la verità non è questa e non domandano non interrogano ascoltano le aquile. Il mio giardino ha rose anche d'inverno e vivo di armonie. Il mondo cattolico pietrino mi porta il senso delle tenebre. Il mito attraverso gli archetipi trasformato nella dolenza del senso di colpa che è sacro. Io amo le albe e i tramonti. L'orto degli ulivi non ha fantasia. Ha finzioni. Ma è un discorso che si ripete da millenni. E da millenni si resta addolorati e oranti bel dolore. La preghiera è gioia è comunicazione è interlocuzione. È fare l'amore! Che il dio del Sole sia con te! Gli sciamani mi accompagnano gli angeli degli sciamani segnano profeticamente il cammino. I danzatori sono vento d'Oriente. Gli ebrei non mi convincono e sono presuntuosi e pregiudiziali i cattolici senza eresia non sono la storia ripetono sempre la stessa storia. Io resto accampato bella mia tenda. Senza rimorsi e aspetto che si faccia primavera. Gli sciamani hanno gli angeli. Sono i danzatori della pioggia del vento e della fantasia. Senza fantasia si diventa tristezza. Il mondo giudaico cristiano non conosce la fantasia. È impregnato di una storia che loro stessi hanno scritto. Ma la storia davanti al mistero non ha senso. Un solo esempio: osservateli nei loro vestimenti e nel tono delle preghiere... Ma cosa ci fa il Canto di Salomone nel loro mondo... Già il mondo arabo...
L"introduzione della vigna è sempre stata accompagnata da episodi tragici e sanguinosi, da crimini e persino da patetici malintesi. Aldilà delle diverse narrazioni dei miti, la scoperta e lo sfruttamento della vite presenta grandi contraddizioni. Considerata l"origine divina della vigna e dei suoi frutti, molte sono le divinità coinvolte in in ogni tempo e in ogni luogo nella rivelazione di essa e negli insegnamenti volti a conoscerne meglio le qualità. Di tutte queste divinità la più nota è Dioniso, figlio di Zeus, il Giove dei latini, e di Semele. Colui che inventò l"ebbrezza e il piacere del bere. Per etimologia il nome del dio significa "nato due volte", perché a causa della morte prematura della madre in cinta di lui e folgorata dallo splendore dell"amante, il feto di Dioniso fu raccolto da Zeus e fatto nascere al compimento del tempo della gestazione. Perseguitato dalla gelosia di Era (la Giunone dei latini), sposa Zeus, per l"ultimo tradimento della serie del re dell"Olimpo, Dioniso venne nascosto in una località montana ai confini dell"India (e là si evocano leggende in sintonia con quella greca). Allevato dalle ninfe dei boschi, il dio crebbe circondato da satiri, sileni e baccanti, vero e proprio folle corteo di ebbri e dalla mente devastata, in grado di terrorizzare e suscitare ostilità, piuttosto che entusiasmo. Dovunque Dioniso passava provocava eccidi e disordini. Il senso del mito è quello di dimostrare il potere ambiguo del vino e dell"ebbrezza. Un dono divino che rischia di sprofondare l"uomo nella perdita della dignità e nella rovina. Come godere dunque della civiltà del bere, evitandone gli effetti perversi (anche per rendere meno dura la crisi del nostro tempo e la ottusa austerità che ci tiranneggia) è questione d"attualità. Quando viene meno la misura, l"intelligenza è travolta da demoni mostruosi, che oscurano la dignità. La famiglia di questi demoni è popolata dai fantasmi dell"estremismo e del fanatismo, dell"incontinenza, dell"eclissi della ragione. Proprio per tale ragione il re Licurgo di Tracia voleva distruggere la vigna, pianta ritenuta malefica. Il dio finì per colpirlo con la pazzia. Tra le credenze dell"Ellade c"era un"altra credenza curiosa sull"origine della pianta della vite, oltre a quell"altra della sua prima coltivazione nel Caucaso, terra delle Amazzoni: tale credenza si collega ad Oreste, figlio di Deucalione e Pirra. Un giorno Oreste vide un cane addormentato, dopo aver morsicato un alberello. Interrò un ramo dell"alberello e ottenne una pianta di vigna con grossi grappoli. Questa fonte richiama quella biblica di Noè, inventore della vite secondo la tradizione giudaico-cristiana. Nacque in tal modo una bevanda capace di risollevare lo spirito e ispirare i poeti. Anche nel mondo islamico, nonostante gli apparenti divieti (e a leggere bene il Corano emergono persino palesi contraddizioni tra il divieto e la liceità nei detti del Profeta Maometto), la vite infiammò artisti come Omar Khayyam, matematico e lirico persiano o Abu Naws, capofila dei poeti gaudenti del mondo musulmano. Il vino era una bevanda certamente di prerogativa degli dei, poi ad essi rapita. Un bicchiere di vino non può ormai mancare sulla tavola e, soprattutto nelle grandi occasioni, Un"idea in più che ritrova il suo culmine nell"entusiasmo di una coppa di champagne. Del resto, chi non rischia, dice un proverbio russo, non berrà mai champagne. Non vengono, peraltro, meno le rischiose ambiguità di quello che un tempo veniva definito il liquore degli dei.
Siamo lieti di presentarti Darkside, la nuova collana dedicata a tutte le sfumature del giallo di qualità: dal noir al thriller, dalla crime fiction al polar. Primo titolo di questa collezione èLe acque torbide di Javel, romanzo finora inedito del grande Léo Malet, del quale in questi giorni ricorre il ventesimo anniversario dalla scomparsa. In questa nuova collana troveranno spazio tutti i migliori autori pubblicati dalla nostra casa editrice negli ultimi anni, da Léo Malet a Pierre Lemaitre, da William Blatty a Shane Stevens, ma anche novità contemporanee dei nuovi autori più promettenti, sia del panorama internazionale che di quello italiano. Qui vi presentiamo i primi titoli. Ci auguriamo siano di vostro interesse e gradimento. Buone letture!
Léo Malet LE ACQUE TORBIDE DI JAVEL
In occasione del ventesimo anniversario dalla scomparsa, pubblichiamo un romanzo inedito del maestro del noir francese. Per la serie I nuovi misteri di Parigi ritroviamo l'affascinante detective Nestor Burma, autentico mito moderno, investigatore privato sciupafemmine e trovacadaveri dalla lingua sarcastica. Uno che la pistola ce l'ha, ma preferisce usare il cervello. [continua a leggere]
Harry MacLean LA GIOIA DI UCCIDERE
«Era da American Psycho che non si vedeva un romanzo inquietante e inarrestabile come questo». Gregg Olsen, New York Times Un brillante noir letterario, che in America ha suscitato molto clamore e raccolto importanti paragoni con pietre miliari del calibro di Edgar Allan Poe e Bret Easton Ellis appunto. Harry MacLean porta il thriller a un nuovo livello di complessità filosofica: La gioia di uccidere è un romanzo tortuoso come le vie cave della mente del protagonista, scritto con una lingua cristallina, quasi lirica. Un lungo, agghiacciante sguardo sul fascino della violenza e sugli effetti dell'ossessione su una mente vulnerabile – fino allo sconvolgente colpo di scena finale. [continua a leggere]
Paolo Restuccia IO SONO KURT
Andrea Brighi, detto Kurt, in viaggio verso la Svizzera per un trasporto illegale di valuta, improvvisamente devia per Trieste in seguito all'incontro fortuito (e forse immaginario) con Stefano Zanchi, alias Diavolo Biondo, suo ex amico nonché datore di lavoro più di vent'anni prima a Radio Punto Nord. Nella misteriosa e decadente pensione Ghega dove alloggia il protagonista, il passato tornerà a disturbare la quotidianità di Kurt, ex dj in fuga, fornendogli una chiave di lettura inedita per ripensare agli avvenimenti dei propri vent'anni. Una storia di sesso, ricatti e debiti, scritta abilmente dal regista del Ruggito del Coniglio, che ripercorre gli ultimi vent'anni della vita di Andrea/Kurt in parallelo alla storia della musica rock dagli anni '90 fino a oggi. [continua a leggere]
Rosanna Rubino IL SESTO GIORNO
Gli italiani di seconda generazione, la crisi economica, i movimenti di protesta, Piazza Affari, la Milano dei nuovi sviluppi immobiliari; la sabbia di Agadez, i traffici di esseri umani a Tripoli, i movimenti migratori verso il Nord, l'amicizia, il sogno di riscatto. Ronnie ha trentacinque anni, di origini nigeriane. Orfano, è arrivato in Italia a 12 anni su un barcone partito da Tripoli e ha trasformato radicalmente la sua vita. Ha costruito un impero dal nulla fondando Talentik, uno dei siti più visitati al mondo, che gli analisti stimano in due miliardi di dollari. Entro sei giorni l'azienda verrà quotata in borsa e Ronnie diventerà uno degli uomini più ricchi del pianeta. Eppure rinuncerà a tutto. Il sesto giorno. Quale mistero si nasconde dietro a questo gesto? Un romanzo avvincente, ambientato in una Milano distopica o forse solo prossima. [continua a leggere]