LUCA OLEASTRI- Esperto Sci Fi....
SULLA FINE DELL’ASCOLTO REALE E DELLA VERA MERITOCRAZIA
Parliamoci chiaro.
Vale per tutti: per chi scrive, per chi dipinge, per chi compone musica, per chi fa teatro, per chi fotografa, disegna, realizza video, installazioni, performance, per chi crea contenuti originali - in qualunque forma, su qualunque piattaforma digitale o reale.
Esprimersi oggi non basta più.
Puoi essere bravo, bravissimo, perfino unico.
Ma se nessuno ti presta la minima attenzione - che tu lo meriti o no - tutto resta irrilevante.
È lo stesso meccanismo che domina ormai tutto: social, media digitali, editoria, musica, arte contemporanea, streaming.
Tutti possono parlare, suonare, mostrare.
Ma nessuno viene davvero ascoltato se non c’è un “plus” - spesso artificiale (per esempio comprare ascolti/commenti/like) - che lo spinge.
E il feedback significativo costruito sulla reale qualità? È scomparso.
La libertà di parola non è solo il diritto di dire.
È la possibilità concreta di essere ascoltati con attenzione, e questa possibilità è stata disintegrata da un rumore sistemico permanente: interruzioni algoritmiche, distrazione programmata, polarizzazione forzata, sovraccarico informativo.
Poi magari qualcuno dirà:
“Chi ce l’ha più lungo se lo tira”
- come sempre è stato del resto, certo.
Ma oggi non basta averlo più lungo.
Oggi serve come minimo, giusto per iniziare:
- della visibilità dopata
- un micro-scandalo giusto
- una “bella idea del cazzo” che l’algoritmo ama.
Solo così si esiste nel flusso.
Non è più questione di esprimersi, né di essere “bravissimi”:
Parliamoci chiaro.
Vale per tutti: per chi scrive, per chi dipinge, per chi compone musica, per chi fa teatro, per chi fotografa, disegna, realizza video, installazioni, performance, per chi crea contenuti originali - in qualunque forma, su qualunque piattaforma digitale o reale.
Esprimersi oggi non basta più.
Puoi essere bravo, bravissimo, perfino unico.
Ma se nessuno ti presta la minima attenzione - che tu lo meriti o no - tutto resta irrilevante.
È lo stesso meccanismo che domina ormai tutto: social, media digitali, editoria, musica, arte contemporanea, streaming.
Tutti possono parlare, suonare, mostrare.
Ma nessuno viene davvero ascoltato se non c’è un “plus” - spesso artificiale (per esempio comprare ascolti/commenti/like) - che lo spinge.
E il feedback significativo costruito sulla reale qualità? È scomparso.
La libertà di parola non è solo il diritto di dire.
È la possibilità concreta di essere ascoltati con attenzione, e questa possibilità è stata disintegrata da un rumore sistemico permanente: interruzioni algoritmiche, distrazione programmata, polarizzazione forzata, sovraccarico informativo.
Poi magari qualcuno dirà:
“Chi ce l’ha più lungo se lo tira”
- come sempre è stato del resto, certo.
Ma oggi non basta averlo più lungo.
Oggi serve come minimo, giusto per iniziare:
- della visibilità dopata
- un micro-scandalo giusto
- una “bella idea del cazzo” che l’algoritmo ama.
Solo così si esiste nel flusso.
Non è più questione di esprimersi, né di essere “bravissimi”: