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venerdì 13 maggio 2011

Poetica Coazione di Federico Li Calzi, recensione di Diego Romeo

http://lasinorosso.myblog.it/media/01/01/1621738477.jpgDi seguito la recensione di Diego Romeo ne “La mosca” di Milano. Diego Romeo è un docente universitario, giornalista e critico
multimediale.
“Federico Li Calzi, ventottenne “poeta compulsivo”, possiede, insieme al padre, un’avviata fabbrica di infissi; eppure il
“bene-stare” anche stavolta è rimasto contagiato dal ritornante “male di vivere”, dalle sempre ineludibili “fragen” heiniane che lo portano
a rimestare e anche fuggire lontano dalle bolle economiche, dai consunti capitalismi, da impossibili comunismi e cristianesimi; e lo
dimostrano questi versi inconsueti che potrebbero appartenere ad uno “scapigliato” o a poeti dalla vita scomposta o emarginata di un Sandro
Penna o di un Valentino Zeichen che oggi abita una capanna sulla sponda del Tevere. Se lo vedi, Federico è un “picciotto” compito ed
elegante, parco di parole e felice di mettersi in discussione, di offrirsi sotto forma di poesia…
Un “beau geste” offerente ma che reclama
un’afferenza che non puoi eludere o rimandare. Perché la “coazione poetica” è lì, ti investe come un’onda e non ammette vie di fuga.
Alternativamente, ho rapportato queste poesie all’immagine sempre presente dell’ “Impero delle luci” di Magritte e del “Concetto Spaziale”
di Fontana con quel blu illusorio e ossessivo martirizzato da quei tagli di lame implacabili. A cos’altro pensare, infatti, quando leggi
versi come ”Tu sei la parola non detta di una triste opinione, un ciglio al crepuscolo” oppure “ Essere vivo o morire non conta, è questa
la fortuna che mi hai dato”? E significativi appaiono anche questi altri, che citiamo in sequenze frammentate:
“Narcotici i tuoi occhi
spensero la Ragione che qui rimase a giocarmi gli eventi”; ” Ho ricordato che tutto fu possibile una sera, una sera di luna e di notte
profonda”; “E’ inutile badare a ciò che avvenne una volta, se poi non torna”; ”… a noi che siamo soli, risultante di materia, nonostante ci
chiamiamo, affinché rimanga una presenza”; “Solleviamo palazzi con le mani, spostiamo le vie con le parole, camminiamo senza fine, persi
per sempre, ipnotizzati in noi”; “Ma ora mi chiedo se tu esisti, se pensi all’esistenza, se esiste il già esistito, o se è tutto nell’
essere”; “Quanti uomini han toccato quel corpo, quanti hanno sussurrato parole da stupidi”; “Non riesce facile a te che sei luce, restare
chiusa in una cassa”.
Le poesie del libro, scritte tra il 2005 e il 2009, s’acquietano, all’ultima pagina, nella saggezza di un’Arcadia
pensata e implorata nel “bisogno di due occhi giovani e due braccia forti… per saper organizzare il lavoro (che è quello che conta) e
sfruttare quel ponte, per far fiorire un giorno, forse, la terra nel lavoro di oggi”. C’è forse, in questo corposo volume,un ritorno ad un’
Arcadia-Utero? Ad un’Arcadia politico-imprenditoriale originaria? Ad un rigenerante riformismo? Ed ancora: quel “lei” e quel “tu” sono
vissuti come opposizioni alla degradazione della storia? Sono segnali lessicali su un paesaggio fisico e metafisico? O cos’altro sono?
Li
Calzi non fa e non vuol fare la fine delle Silvie Plath e dei Michelstaedter. La sinestesia poetica stavolta interpella, richiede, esige
risposte dalla presunta “divina indifferenza”. In un mondo, si spera, popolato non più da “indifferenti”.”
Vi lascio il link della
biografia di Federico Li Calzi:
http://oubliettemagazine.com/2011/02/16/federico-li-calzi-vita-opere-e-critica/



Link sito dell’autore nel
quale potrete scaricare gratuitamente “Poetica Coazione” e link pagina facebook:
http://www.federicolicalzi.it/


http://www.facebook.com/pages/Federico-Li-Calzi/188911001130172

Alessia Mocci
Responsabile dell’Ufficio Stampa “Poetica Coazione”




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sabato 3 ottobre 2009

ENRICO GHERARDI RECENSITO DAL POETA MARCO TANI

la-casa-delle-antiche-enrico-gherardi.jpgEnrico Gherardi- La Casa delle Antiche (edizioni Mjm  ) recensione
Il romanzo di Enrico Gherardi "la casa delle antiche" rientra a pieno titolo in quella lunga tradizione culturale europea che esplora la terra di confine dove si muovono in un difficile equilibrio eros ed archetipo pagano. L'innocenza pagana segue infatti come un'ombra Lucilia, la protagonista del romanzo che, non diversamente da molti di noi, si trova nella vita casualmente a scontrarsi col senso della propria origine e quindi con la propria identità.
   Da qui muove verso la consapevolezza del desiderio. E poichè per tutti noi i cancelli dell'eden sono stati abusivamente chiusi da un pezzo, anche Lucilia deve scontrarsi coi meccanismi inevitabili della paura e di un'antica vertigine senza nome che sempre accompagna la consapevolezza del desiderio stesso.
   Ad aiutarla in questo percorso non sarà una psicanalista in tailleur grigio ma una stravagante anziana donna che vive in una casa isolata degli Appennini dove la protagonista "sente" e "ricorda" di aver trascorso l'infanzia. Sarà lei a riceverla e ad accompagnarla dove tutti vorremmo e dovremmo andare fra i venti solo apparentemente contrari del panico e della nostalgia. La vecchia oscura "sciamana" ha conosciuto la madre di Lucilia e sa dove e come condurre la protagonista verso quel luogo felice dove l'eros rivela, nella propria raffinata crudezza, la cifra più alta della sua sacralità.
   La scrittura di Enrico Gherardi sa essere lineare e quotidiana senza rinunciare a un timbro elevato e mai enfatico.C'è in essa e nell'esperienza di Lucilia il grido dell'autore contro una concezione manichea del bene e del male che avvelena la nostra cultura da quando gli antichi dei sono stati detronizzati e ridotti a fiabe archeologiche. Vale davvero la pena di leggere questo schietto e appassionato contributo a quella riapertura dei cancelli dell'eden che, come per Lucilia, anche per noi appare per tutta la vita irta di ostacoli e terrorizzante, ma che nasconde, lo sappiamo benissimo, la vocazione alla felicità insita, da vero paradiso perduto, nella nostra natura.  

Marco Tani

VIDEO http://www.youtube.com/watch?v=cwA5hI-j6Zs