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sabato 26 aprile 2025

La Battaglia di Trump: una Cortina Fumogena per la Globalizzazione - la newsletter di Società Libera

 
Da: Societa' Libera <news@societalibera.org>
Date: sab 19 apr 2025 alle ore 18:51
Subject: La Battaglia di Trump: una Cortina Fumogena per la Globalizzazione - la newsletter di oggi di Società Libera
To: <guerra.roby@gmail.com>







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La Battaglia di Trump: una Cortina Fumogena per la Globalizzazione

di Riki Sospisio*

La situazione che circonda il signor Trump può essere paragonata alle cortine fumogene utilizzate durante la prima guerra mondiale per mascherare i movimenti delle truppe prima di una battaglia.

Questa cortina fumogena sui dazi, che ha attirato l'attenzione dei commentatori politici, è solo un diversivo.

La vera intenzione di Trump è indebolire il valore del dollaro per allinearlo ad altre valute come l'euro e il renminbi. Tuttavia, l'obiettivo più profondo e a lungo termine – che costituisce il fulcro della missione di Trump – è la creazione di una stablecoin globale ancorata al dollaro. Trump gode del supporto dei principali attori dell'economia digitale e delle piattaforme di distribuzione, il che lo posiziona in una sfida significativa con il signor Powell.

Powell, infatti, rappresenta la Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, la cui missione è stabilizzare il dollaro e mantenere l'integrità del sistema bancario. Una stablecoin potrebbe fungere da stabilizzatore per la potenza economica statunitense fornendo un sistema di transazioni ampiamente riconosciuto su scala globale. Tuttavia, questa missione rappresenta una grave minaccia per il sistema bancario esistente.

Il ragionamento è semplice: tutte le banche centrali sono le custodi della rispettiva ortodossia bancaria. Controllano il flusso delle loro valute attraverso banche regolamentate. In un quadro economico tradizionale, una circolazione controllata del denaro favorisce la prosperità di queste banche. Storicamente, il loro successo è stato indispensabile per la prosperità delle nazioni.

L'attuale sistema bancario può prosperare solo se dispone di un afflusso costante di capitali a basso costo da parte di numerosi clienti, consentendo a queste istituzioni di generare profitti sostanziali per pagare i dividendi e sostenere le proprie operazioni. Un circuito finanziario parallelo, come quelli implementati da piattaforme come Apple Pay, Amazon Pay e Walmart Pay,

Le banche centrali, insieme alle banche tradizionali, sono spesso gravate da inefficienze e ridondanze. La Banca Centrale Europea si trova ad affrontare una preoccupazione analoga, quando valuta il lancio di una stablecoin legata all'euro, esercitando cautela nell'affrontare potenziali rischi di destabilizzazione.

Se Trump riuscisse a creare una stablecoin digitale basata sul dollaro riconosciuta a livello globale, potrebbe posizionare l'America come leader per i decenni a venire. I dazi doganali con paesi come Europa, Giappone, Australia e Vietnam potrebbero scomparire, e i problemi con Canada e Messico, essendo più semplici, potrebbero essere facilmente risolti.

L'esito di questo sconvolgimento trasformativo potrebbe essere traumatico o, auspicabilmente, portare a una rivalutazione consensuale dei valori occidentali, quegli ideali essenziali che differenziano le democrazie dalle altre.

*Società Libera

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Roberto Guerra
 

sabato 12 aprile 2025

Trump Pazzo, Criminale, Strano o Realistico - la newsletter di oggi di Società Libera



 
Da: Societa' Libera <news@societalibera.org>
Date: mar 8 apr 2025 alle ore 03:06
Subject: Trump Pazzo, Criminale, Strano o Realistico - la newsletter di oggi di Società Libera
To: <guerra.roby@gmail.com>  
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Anno XXV - n. 570- 08 aprile 2025

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TRUMP PAZZO, CRIMINALE, STRANO O REALISTICO

di Riki Sospisio*

Un punto di partenza cruciale ma spesso trascurato in Europa sono gli squilibri economici presenti negli Stati Uniti. Nonostante gli alti tassi di crescita e il considerevole reddito pro capite a Washington e dintorni, c'è un problema di fondo preoccupante.

Secondo i dati del Dipartimento del Tesoro, il debito nazionale è triplicato dall'inizio della crisi finanziaria nel 2008, attestandosi ora a un sorprendente importo di 35 trilioni di dollari, che supera il 120% del prodotto interno lordo. Ogni anno, gli Stati Uniti spendono circa 500 miliardi di dollari solo per coprire gli interessi su questo debito, un importo che rappresenta quasi il 16% del bilancio federale, una cifra sostanziale per una nazione che ha tagliato la spesa pubblica fino all'osso.

È anche incredibilmente difficile convincere gli americani a ridurre i loro consumi, in particolare a dare priorità ai prodotti nazionali. La nozione di consumismo come status symbol è profondamente radicata nella cultura americana. Inoltre, ridurre la spesa per la difesa è irto di difficoltà a causa della sua correlazione diretta con la forza e la stabilità del dollaro.

Il vecchio adagio suggerisce che quando ci si trova di fronte a un pericolo, si dovrebbe chiedere aiuto, che si tratti della polizia o di un amico filosofo. In questo contesto, è chiaro che è consigliabile essere cauti quando si tratta di provocare gli Stati Uniti.

Mentre i dazi potrebbero sembrare una soluzione poco pratica, sono uno dei pochi strumenti che potrebbero potenzialmente attuare un cambiamento.

La questione chiave, tuttavia, è garantire che tali misure non destabilizzino l'intero sistema.

*Società Libera



 


     



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giovedì 3 aprile 2025

Quattro Amazzoni e due Funerali - la newsletter di oggi di Società Libera



 
Da: Societa' Libera <news@societalibera.org>
Date: dom 30 mar 2025 alle ore 20:36
Subject: Quattro Amazzoni e due Funerali - la newsletter di oggi di Società Libera
To: <guerra.roby@gmail.com>
 
 

...Con queste riflessioni il primo funerale è stato celebrato, quello di una non definibile dirigenza di uno stanco, confuso e sconvolto europeismo.

Gustave Le Bon, antropologo e sociologo francese, nel 1895 pubblicò   Psicologia delle Folle un saggio di sociopsicologia politica meditato e   apprezzato da Schumpeter, Freud, Adorno, Sorel, Pareto, Mussolini, Lenin, per ricordarne alcuni. Il saggio ci aiuta a comprendere percorsi, manipolatori non cognitivi, tipici dell’azione politica che insistendo sulle folle ne condizionano le credenze.

L’Affermazione, la Ripetizione, il Contagio e il Prestigiosono elementi, strumenti e azioni funzionali al convincimento.

“C’è il concreto pericolo di guerra, le Borse vanno male, si avvantaggia la Tesla, azienda automobilistica di Elon Musk”,annunciano nel programma della 7, L’aria che tira, mentre scrivo venerdì 28 alle 12,13. Ma non è così, i listini, normalmente, flettono mediamente dello 0,40, la Ferrari segna +3,27 %, la Tesla – 0,45%.

Ecco, in diretta televisiva, l’esempio di affermazione priva di ragionamento e prove. Un’idea secca attecchisce meglio e subito tra le folle e, quanto più si ripete un’affermazione semplice, tanto più assume valore e, quindi, influenza. A seguito s’innesta il possente meccanismo del contagio che ha la stessa struttura di un virus, Le Bon argutamente sostiene che: “le folle si guidano con dei modelli, non con degli argomenti”.

Il contagio è essenzialmente imitazione di comportamenti e modelli, in questo non siamo molto distanti dal mondo animale. Le opinioni, poi, acquistano il sigillo conclusivo quando scatta il meccanismo del prestigio prodotto da fascino personale, da un particolare abbigliamento, pensiamo ai giudici in toga, dai titoli di ogni genere e specie, dai politici di ogni provenienza, colore, spessore culturale e intelletto che, indipendentemente dal livello, emanano più o meno prestigio per la sola circostante di occupare una carica.

Geniale Le Bon per aver nel 1895 disegnato, oltre alla già evidente essenza della politica, il fondamento della moderna informazione televisiva, stampata e di qualsiasialtro genere.

Abbiamo sviluppato una piccola deviazione argomentativa in quanto premessa al nostro ragionare che riprendiamo, riportandoci all’Europa al suo impegno in Ucraina, al suo futuro.

Ci soffermeremo sui mutamenti strategici dell’Amministrazione Trump e le conseguenze per l’Ue, muovendo dalla premessa che ai governanti europei poca importa dell’Ucraina e del suo popolo, poco importa delle centinaia di migliaia di vittime, poco importa dei milioni di espatriati, dei tanti giovani annegati nel Danubio per arrivare in Romania e nel Dnestr per entrare in Moldavia, poco importa di un Paese ridotto in macerie e dei tanti uomini nascosti in cantine e sotterranei per sfuggire al fronte e alla legge marziale.

Importa sbandierare agli europei che è necessario difendere la democrazia ucraina e di conseguenza l’occidente europeo.

Allora, occorre mettersi di traverso alla possibilità di arrivare ad una tregua che apra un percorso verso la pace. Occorre infondere sconcerto, paure, allarmi e sgomenti nei popoli dell’Unione, ricordiamo le Amazzoni, occorre convincere con strumentali affermazioni che l’europeismo esiste, che la loro Europa ha un ruolo e una missione, che è potenza planetaria e tant’altro ancora.

Il tutto per mascherare la sconfitta psicologica, morale e materiale accusata dopo un triennio di guerra, il disonore per aver occultato lapalissiane verità sulla consistenza militare e sulla tenuta russa.

Ma ancor più per sostanziare l’esistenza in vita di un’entità politica completamente assente sullo scenario internazionale dove, se in qualche caso, si è intervenuti, vedasi Libia, lo si è fatto in ordine sparso.

Ed allora, Macron e Starmer si sono auto ritagliati il ruolo di leader dell’impianto operativo le cui forze, individuate dapprima come volenterosi e oggi come rassicuranti, saranno composte da squadre franco britanniche che prepareranno l’esercito ucraino, ricevendo il plauso di Zelensky, in qualità di indiscusso onnipresente leader: “L’Europa dimostri che sa difendersi”.

Siamo alle comiche. L’Unione si riunisce a Parigi o Londra, da anni fuori da Ue, il cui vertice ha sostanzialmente abdicato favorendo propositi, mire, progetti e tornaconti non pubblici. Il dibattito politico è centrato su due problematiche, la prima sull’ipotetico modello di difesa se dovrà essere comune e accentrato o potenziato a livello nazionale, l’altra sulle necessità finanziarie per soddisfare il riarmo.

Già, le ragioni del riarmo, le alleanze, il futuro geopolitico, gli apparati e le strategie militari, l’assenza di riflessione sull’impiego di truppe in Ucraina, con o senza il supporto americano e tanto altro non sembrano essere all’attenzione della politica europeista, protesa più verso un gioco di risico rispetto a comprensioni, valutazioni e scelte sia politiche che militari.

Noi, comprendiamo che il rampollo dei Rothschild l’intelligente Macron, persuaso del suo tramonto in Francia aspiri, nel deserto della dirigenza europeista, a partire dal 2027 ad essere il leader in pectore del futuro europeismo.

Allo stesso tempo il britannico Starmer, fuori dall’Ue, si adopera per la posizione di Deus ex machina collettore tra le due rive atlantiche in linea con l’ottantennale ruolo.

Gli altri? Comparse di primo, tra cui Meloni, e secondo piano.

Rischi, pericolosità e futuro di presenza militare europea in Ucraina? Non pervenute. Conseguenze per l’Europa in caso di prosieguo del conflitto?

Le Amazzoni sussurrano: GUERRA.

Il secondo funerale, quello dell’Europeismo, è servito, siamo alle condoglianze dove si sprigiona una vigorosa risata quando la vice presidente del Parlamento europeo onorevole Pina Picierno rende noto che:” C’è Mosca dietro le Fake su di me”.

E così siamo anche al di là del ridicolo.

* direttore Società Libera

 


 
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Roberto Guerra
 

venerdì 7 marzo 2025

Europeisti, un non elogio di una pazzia- la newsletter di oggi di Società Libera

 

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EUROPEISTI, UN NON ELOGIO DI UNA PAZZIA

di Vincenzo Olita*

Tutto è iniziato nella prima settimana di gennaio quando, improvvisamente, il Presidente del Consiglio volò da Trump, in pochi comprendemmo le ragioni della trasferta. Cecilia Sala giornalista detenuta aTeheran, entro qualche giorno sarebbe stata liberata, e così fu.

Il 20 gennaio ritornò per il giuramento del Presidente, unica leader europea ad essere presente, poi un’eccessiva confidenzialità con Musk, alquanto sopra le righe per chi rappresenta e interpreta una nazione. Ma, se nel primo caso si avvertì un imbarazzato balbettio per il secondo, ragionamenti e linguaggio iniziarono ad essere confusi e sconcertati lasciando spazio ad una profonda inquietudine camuffata da una baldanzosa semantica aggressività.

Con il secondo episodio, Giorgia Meloni aveva dato possibilità ai suoi detrattori che, appannato il timido riconoscimento per la liberazione della giornalista, di iniziare un persistente tam-tam mediatico.

Occorreva evidenziare il doppio gioco avviato dall’ex ancella di Draghi, verso Trump e l’Unione europea. Purtroppo, la maggioranza dell’elettorato valutava positivamente il gran colpo politico e d’immagine messo a segno con i due viaggi in Usa. A parte l’emozionante segnale della liberazione della giornalista, non credevamo che vi fosse stato un gran significato politico nel comportamento meloniano. Eravamo in pochi a valutare di qualche interesse la frenesia transatlantica del Presidente che, nello spazio di un bimestre, era passata dai baci di Biden sul capo agli scomposti abbracci con Elon Musk. Solo i partigiani, naturalmente, in veste di oppositori o di sostenitori hanno dibattuto del Sesso degli Angeli.

Questi, i semipolitici antefatti

Dopo poche ore dall’insediamento, il mondo, in particolare gli europeisti avvertono che molti e profondi saranno i mutamenti, erano annunciati ma non l’avevano capito o non l’avevano voluto capire.       

Intanto, la tregua a Gaza, buon risultato per gli americani, ma non illudiamoci, quel conflitto è destinato a durare per decenni.

L’annuncio dell’imposizione dei dazi verso varie aree del pianeta, che vanno ad impattare con un 25% di tassazione sull’esportazione di beni verso gli USA. Naturalmente anche l’Europa ne sarà colpita e minaccia contromisure.

Ma ciò che ha procurato agli europeisti un vero e proprio smacco esistenziale è stato l’aver appreso che l’Unione europea non avrà alcun ruolo nella tregua e in un processo che porti alla pace in Ucraina.

Al di là del politichese, questo ha significato un vero e proprio pesante disconoscimento di status e ruolo dell’Europa come soggetto politico. Un muro è caduto quello della retorica sulla capacità strategica e di visione planetaria in grado di far diventare questo continente un chiaro punto di riferimento per un mondo, a sua volta, frastornato e incapace di percorrere un cammino di tranquilla serenità.

Da un decennio andiamo raccontando che ONU, NATO, Ue, malati terminali, non sarebbero stati in grado di sopravvivere allo scorrere del tempo. Nel 2019, a conclusione di un articolo che spaziava su una non tranquilla situazione internazionale, scrivevo: di questa Europa, la Presidente Ursula von der Leyen, i commissari Borrell e Gentiloni non ne saranno i costruttori. (Intervento nella Società 2019).

Aprendo una parantesi, vogliamo sottolineare che, pur avendo accolto con interesse la nascita e il progredire del progetto BRICS, oggi alla luce del mutamento strategico USA e del venir meno di alcune contrapposizioni geopolitiche, anche la fattualità di quel cammino perde gran parte di significato a causa della criticità del suo stesso scopo.

Del resto, non è difficile comprendere che nessuna organizzazione, nessuna struttura politica, dagli imperi, alle grandi civiltà, dai governi alle alleanze, sono sopravvissute all’impetuosità del tempo, figurarsi l’Ue un’assise paragonabile molto più a comari condominiali che a un progetto politico.

La situazione, poi, si è ulteriormente complicata con l’incontro tra Trump e Zelenskyj che rilanciato, immediatamente dal globalismo planetario e ripreso dal coro dei replicanti, come un agguato dell’Amministrazione americana alla cortese disponibilità e dell’ucraino.

Da qui lo scatto, il sussulto di leader, commentatori, analisti, esperti, politici di primo, secondo e di infiniti livelli. Un’essenza dell’europeismo si va dischiudendo, si può avverare il sogno di avere una difesa comune che consentirà di continuare a difendere l’Ucraina nel momento in cui viene abbandonata dall’odioso stupido Trump ormai alleato di Putin.

E allora, il primo della classe,il protetto dei Rothschild, si è adoperato per assumere la testa dell’agguerrita brigata. Straordinario politico questo Macron, gran capo in Europa, perdente, tra gli ultimi, in Francia, ha annunciato Urbi et Orbi che Putin non si fermerà all’Ucraina e (quindi) vi sarà necessità di un ombrello atomico (il suo).

Ascoltare politici, europeisti e l’informazione si ha la sensazione di star giocando a Monopoli. Tutti esperti di geopolitica, strategia militare, tattiche confondenti, alleanze (si è sentita anche quella con la Cina). Più credibile (sic!) l’estone Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la sicurezza, che ha dichiarato: obiettivo Ue è la vittoria non solo sulla Russia ma anche sulla Cina.  

Siamo sul viale della pazzia, con la piccola fiammiferaia (von der Leyen) che gira per continenti vendendo, cosa? Con l’errante pifferaio (Macron) che, tra un summit e l’altro, incanta solo sé stesso,con la sveglia Meloni in fase di esaurimento della spinta propulsiva. Tutti satrapi che condividono la corsa al riarmo, disposti a farsi ingannare ed ingannare sulla volontà della Russia di occupare chissà quant’altri Paesi occidentali.

L’inganno è una sventura direbbe Erasmo da Rotterdam e la pazzia è causa delle guerree noi non elogeremo la pazzia di un piano di riarmo europeo da 800 miliardi, come sgraziatamente definito dalla Presidente.

Siamo al bivio della verità che, nella storia dell’umanità, tra Ragione e opportunità politica è stata, quasi sempre, subordinata alla seconda.

Con grande lucidità, non a caso, lo storico americano Henry Adams nell’800 affermava: “La politica pratica consiste nell’ignorare i fatti”.

Sul conflitto in Ucraina, nell’agosto 2023  scrivemmo:“l’Occidente ha privilegiato l’opinione rispetto alla ragione”.

Il filo conduttore delle convinzioni, che hanno condotto a tonificare ed accrescere l’opinione diffusa, è stato centrato su un retorico quesito presupponente un’assodata risposta: “Tra l’aggredito e l’aggressore con chi occorre schierarsi?”, il risultato è nella logica delle cose, la seconda possibilità sarebbe indicata solo da svantaggiati psichici.

Se lo chiedessimo, a Greci e Troiani, Cattolici e Ugonotti, Americani e Vietnamiti, Iraniani e Iracheni, Indiani e Pachistani e andando così, saremmo certi d’individuare immediatamente per chi schierarci? Certamente no!

Ci sfuggono realtà fattuali, informazioni, certezze storiche, eppure in molti di questi casi ci siamo allineati non sulla base di verità ma di opinioni indotte da interessi politici, economici, religiosi, perfino individuali”.

Nulla d’eccezionale, è la storia dell’Umanità.

Altra cosa è la consapevolezza o meno dell’oscura tortuosità che si ha dei corti circuiti che conducono a ciò che chiamiamo guerra.

L’invasione russa poteva essere evitata, Putin avrebbe avuto diversa accoglienza se fosse stata predisposta una campagna d’informazione su criticità ed errori della politica estera americana a partire da Berlino 1989.

Certo, non avrebbe avuto il consenso USA intenta a realizzare tre obiettivi: compensare il fallimento afghano, anche con l’allargamento della Nato; armonizzare e compattare politica estera e fedeltà atlantica dell’europeismo di Bruxelles; indebolire ed isolare la Russia in previsione della complessità dei rapporti USA – Cina sul futuro di Taiwan.

Per l’Amministrazione Biden, su 43 Paesi europei, 28 membri Nato sono un brillante risultato, se fosse anche chiaro, tralasciando la natura difensiva dell’Alleanza, rispetto a chi e a cosa dovrà indirizzarsi questa macchina da guerra se non verso la Federazione Russa valutata e considerata una minaccia esistenziale.

È complesso prevedere la fine della guerra in Ucraina ormai ridotta a guerra di logoramento, in cui tutte le parti hanno ancora la convinzione della vittoria.

Di fatto, solo i diretti interessati hanno necessità di una fine vittoriosa pena la loro identità e la loro stessa esistenza.

L’Europa, in tutti i casi, vivrà uno stato di tensione permanente, acceleratore di quel avviato processo di sfaldamento della sovrastruttura statuale, inconsistente costruzione politica dell’Unione.

Schuman, Monet, Adenauer, De Gasperi, solo per citarne alcuni, accesero speranze ed immaginazioni in virtù di un pensiero alto proiettato verso il futuro. Michel, von der Leyen, Timmermans, Macron, Rutte, Meloni, Scholz contribuiscono a spegnere speranze imprigionando la nostra immaginazione, mortificando il nostro futuro ristretto in un asfissiante e grigio spirito mercantesco.

Il conflitto ucraino, presentato ed imposto come estrema difesa dell’Occidente ricorda quel vecchio adagio anti Patto di Varsavia: “Bisogna fermarli, altrimenti i cosacchi abbevereranno i loro cavalli nelle fontane di Piazza San Pietro e canteranno le loro canzoni al ritmo della balalaika”. 

Oggi, nessuno degli alleati Nato evidenzia che non riuscirebbero a dissetarsi neppure alle fontane di piazza Majdan.

E dov’era l’ONU quando Clinton, Bush, Obama, Biden lavoravano per trasformare l’Ucraina in un avamposto occidentale anti Russo? Era sul cammino del tramonto, oggi conclusosi con una sua profonda trasformazione, da collettore di coesistenza, da centro nevralgico di comprensione e gestione geopolitica a, in sintonia con Davos, inefficace centro burocratico del quasi nulla che, per dirne una, raccomanda l’ingresso nelle scuole delle competenze non cognitive.

Si potrebbe continuare con altre riflessioni, soffermarsi sul dibattito tra Stati, tra maggioranze e opposizioni in cui si esprimono ragionamenti tra il serio e il   faceto, spesso apolitici, al di là della realtà.

Preferiamo evidenziare una seria dichiarazione di Soros del maggio ’22, tre mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina: “Il mondo è sempre più impegnato nello scontro tra due sistemi. L’ipotesi di un cessate il fuoco, di trattative non è praticabile, Putin non è affidabile.

Per i globalisti finanziari la guerra non era da interrompere dopo tre mesi né ora, anche se quella nazione è disperata, occorre non interrompere il conflitto, l’appannata democrazia ucraina, l’Europa, falsamente, in pericolo e una possibile trappola di Tucidide, valgono bene ancora qualche centinaia di migliaia di vittime. Pur di soddisfare la volontà globalista di smembramento della Federazione russa.

In ogni casoil futuro è patrimonio di nuove vite non il risultato di aborti vari, affidandosi alla resilienza, che Klaus Schwab intende come opportunità che nascono dalle crisi, i seguaci del suo globalismo non hanno compreso che l’Europeismo non è in crisi, è al tramonto che anticipa il buio.

*direttore Società Libera*www.societalibera.org

 

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domenica 8 settembre 2024

Il silenzio di un malato terminale - Russia- la newsletter di oggi di Società Libera



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Da: Societa' Libera <news@societalibera.org>
Date: mar 3 set 2024 alle ore 03:06
Subject: Il silenzio di un malato terminale - Russia- la newsletter di oggi di Società Libera
To: <guerra.roby@gmail.com>





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Anno XXIV - n. 548- 3 settembre 2024

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IL SILENZIO DI UN MALATO TERMINALE

di Vincenzo Olita*

Chiariamolo subito il malato, senza speranza, è l'Unione europea e l'europeismo suo assetto ideologico; chiariamo, anche, che la nostra non è un'estemporanea presa di posizione, scaturita da chissà quali complessi ragionamenti politici, no, muoviamo da una nuda e sconcertante osservazione.

Viviamo frastornati da una esorbitante, a volte irragionevole, continuità di notizie, informazioni vere, presunte o false capaci di ridurre il pianeta ad uno stato di pessima consapevolezza o addirittura di non informazione.

Ma succede anche che il 27 agosto, non molti, notiziari radiotelevisivi hanno riportato che il direttore argentino dell'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica (AIEA) Rafael Mariano Grossi, ha comunicato che vi è allarme in Russia ed in Ucraina per la sicurezza di due centrali nucleari.

La prima, Zaporizhzhya nel sudest ucraino, fu occupata dai russi nel marzo del 2022 - quindi appena iniziata la guerra – e, da allora, più volte si è temuto l'irreparabile per ordigni caduti anche al suo interno causando momentanei blackout. Di chi la responsabilità?

Senza essere strateghi, va da sé che gli occupanti di un sito non si auto bombardano; lo scrivemmo lo scorso anno quando la giornalista del TG1 Battistini, appostata al di là del corso d'acqua che lambisce la centrale nucleare, in un'edizione delle 13, ci informava di non essere in grado di stabilire la paternità degli ordigni indirizzati verso e nei pressi della centrale.

Esilarante, al punto che scrivemmo di non sapere che i russi giocavano a Stanlio&Ollio, il primo conquista un sito atomico, il secondo gli spara contro. La postmodernità ha prodotto anche i giornalisti fans o, se lo preferiamo, partigiani che a seguito della parte scelta e comandata, non produce informazione ma resoconti di parte. D'altronde se i giornalisti Rai, Mediaset, la 7 e quant'altro non seguissero la comanda non farebbero i corrispondenti, non avrebbero onori e riconoscimenti, ad esempio,dell'Ordine della Principessa Olga concesso dalla Presidenza della Repubblica d'Ucraina.

L'altro caso è quello della centrale nucleare russa di Kursk, stesso copione dove non si esclude il solito film diStanlio&Ollio.

In conclusione, abbiamo voluto evidenziare che l'allarme lanciato dall'Agenzia dell'Energia Atomica, del tutto inascoltato e sostanzialmente censurato, in effetti, non è stato avvertito dai popoli europei. Russi occupanti, certamente sì, ma le responsabilità ucraine? Non pervenute.

Non è questo, però, il nocciolo del nostro ragionamento che come sfondo ha il  critico e deprimente stato dell'informazione nel suo complesso. Sfonderemmo delle porte aperte se ci limitassimo a soffermarci su un'informazione che non informa, ridotta ad uffici stampa e casse di risonanza di un globalismo i cui potentati moltiplicano ingerenza e pervasività, purtroppo non avvertite da una disattenta Umanità.

Istruttivo, ma di nessuno interesse per la pubblica opinione, il documento inviato alla Commissione giustizia della Camera dei rappresentantidegli Stati Uniti, da Mark Zuckerberg, proprietario di Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger,in cui ha denunciato le pressioni subite nel 2021 dall'Amministrazione Biden affinché Facebook censurasse contenuti riferiti al Covid. Dopo tre anni si è detto pentito per aver accondisceso alle pressioni ma è un aspetto, questo, che esula dalle nostre conoscenze.

Il nocciolo, dicevamo, è la scomparsa di qualsiasi organica presa di posizione, di qualche equilibrato e autorevole ragionamento, da parte dell'Ue: il silenzio dei suoi vertici e degli europeisti di professione in merito all'allarme nucleare e quindi alla stessa esistenza di qualche milione di donne e uomini europei.

Certo se la politica estera dal 2019 è competenza del Commissario Josepp Borrell - la cui posizione, pomposamente, viene declinata come Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza - si comprende perché sulle grandi questioni internazionali il più delle volte l'Ue non appare o è presente con incomprensibili banalità.

Basterebbe riprendere le sue dichiarazioni in occasione della fuga della Nato e dell'Occidente da Kabul, o le più recenti sul Medio Oriente e le pericolose affermazioni sul conflitto in Ucraina, paragonabili a quelle del segretario NATO Stoltenberg, fortunatamente, ambedue senza poteri, altrimenti saremmo già nella terza guerra.

L'indimenticabile Borrell, causa della sua insipienza, da anni l'accompagno con l'aggettivo "tenero" in quanto non ne coglie una. Neppure quella di aver accolto la raccomandazione di Draghi per l'assegnazione di una posizione al servente Di Maio. Ottimo il suo prodigarsi per la risorsa italiana, che così diventa Rappresentante speciale dell'Unione europea per il Golfo Persico, status con passaporto diplomatico, immunità, retribuzione di 13mila euro, rimborso spese e staff. Notizie sull'attività svolta: non pervenute, se non alcune quisquiglie con Giuseppe Conte. Proprio tanto tenero Borrell.

In compenso con la nuova legislatura, la Presidente von der Leyen (partito popolare) ha annunciato che ci sarà anche il Commissario alla Difesa, anche lui Alto Rappresentante?

Incarico fondamentale per il coordinamento delle inesistenti forze armate europee e della strategia militare già coordinata dal comando NATO.

Come è noto il tasso di burocrazia è inversamente proporzionale all'efficacia e all'efficienza di qualsiasi struttura, l'Ue non è da meno, con circa 40 mila dipendenti, con una missione in stato comatoso, di fatto ha solo da occuparsi dell'annosa redistribuzione dei contributi finanziari. Problemi di nepotismo? Anche. Si dice di una parentopoli strisciante, di fatto in un sistema complesso   dal futuro incerto adoperarsi per chi ci è vicino appare solo come inconvenienza e non altro. E' quello che avrà pensato anche la Presidente del Parlamento Europeo, la maltese Roberta Metsola (partito popolare) che in questi giorni ha nominato il marito di sua sorella, lavorava già da anni nella sua segreteria, suo capo di gabinetto, 20mila euro mensili più benefits.

Non è nostro costume dilungarci sui singoli, in questa occasione è stato naturale osservare alcune miserie, nel momento in cui dovremmo essere presi e preoccupati dalle indicazioni dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica. Evidentemente non è un problema per l'europeismo che innanzitutto crede e si adopera per lo smembramento della Russia, poi per le nostre case e le nostre automobili, per la ripartizione delle nostre risorse finanziarie e poi di tanto ancora. Si occupa, cioè di tutte le transizioni indicate dal globalismo finanziario e dall'ideologismo di Davos ma non di un possibile trapasso di fette di un incolpevole Umanità.

Con Tito Lucrezio Caro diciamo di essere proprio innanzi adanimi ciechi.

Ad un'Unione europea che riesce a far credere di essere al centro del pianeta a sempre meno dei quattrocento milioni di europei, quando essa stessa non è in grado di comprendere che dopo Schuman, De Gasperi, Adenauer, Monnet, Spaak, Segni, Martino, Pineau, Luns, de Gaulle, Brandt, Thatcher, kohl e Merkel, con Macron, Meloni, Von der Leyen, Metsola e Scholz l'europeismo non è sul viale del tramonto ma in dirittura  per malati terminali.

*direttore Società Libera

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Roberto Guerra