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mercoledì 7 gennaio 2015

Ferrara, l'ebook di Luigi Bosi: Una manciata di niente

Este Edition/Ufficio Stampa

Una manciata di niente
Luigi Bosi
Este Editon, 2015 eBook 
È nato a Ferrara. Ha ricoperto per quindici anni il ruolo di primario di medicina generale presso l’Arcispedale S. Anna. È autore d’innumerevoli pubblicazioni a carattere scientifico, comparse su importanti riviste mediche italiane e straniere. Ha pubblicato raccolte poetiche e romanzi, fra i quali, per questa casa editrice, Le stagioni della memoria (2011), Al tempo dei lupi (2013) e Dove finisce il cielo (e-book, 2013).
  Nel difficile mondo delle pescose valli di Comacchio (FE), sulla metà dell’800, il giovane Filippo Mezzogori conduce la sua ordinata esistenza di grisolino, esercitando con bravura questo difficile mestiere, del resto assai apprezzato e ben remunerato, alle dipendenze dello Stabilimento Camerale addetto alla pesca delle anguille. La sua famiglia, pur se non agiata, è una di quelle che se la cava meglio, in un paese sperduto in mezzo alla laguna dove impera la miseria più nera. Quando, per una serie di terribili malintesi, si troverà a spasso dalla sera alla mattina, licenziato in tronco, si vedrà costretto ad entrare per forza a far parte del mondo spietato dei fiocinini, dei pescatori di frodo, di coloro cioè  che per mantenere i figli e la famiglia devono andare a prendere il pesce là dove si trova, affrontando ogni notte rischi e pericoli d’ogni genere. Avrà modo così di scoprire, e d’imparare ad apprezzare, questo mondo parallelo al suo del quale sapeva ben poco e che prima detestava.

INFO
 http://www.este-edition.com/prodotti.php?idProd=537


 

martedì 10 giugno 2014

Luigi Bosi, Dove finisce il cielo (Este Edition eBook)

 



Dove finisce il cielo
AUTORE Luigi Bosi

È nato a Ferrara. Ha ricoperto per quindici anni il ruolo di primario di medicina generale presso l’Arcispedale S. Anna. È autore d’innumerevoli pubblicazioni a carattere scientifico, comparse su importanti riviste mediche italiane e straniere. Ha pubblicato raccolte poetiche e romanzi, l’ultimo dei quali è Le stagioni della memoria (2011).

Questo libro è la versione romanzata del “Caso Faccani”, una storia realmente accaduta a Comacchio nel 1912, che per la drammaticità degli eventi coinvolse a quel tempo l’opinione pubblica nazionale. A lungo se ne occupò la stampa, e sulla vicenda venne fatta pure un’interpellanza parlamentare. Il linciaggio di una giovane guardia valliva, Demetrio Faccani, detto “Il Romagnolo”, ad opera della popolazione esasperata, a cui fecero seguito altri gravissimi fatti di sangue d’inaudita violenza, furono eventi che destarono sconcerto nell’intero Paese, anche se avvenuti in una cittadina sperduta in mezzo alle acque stagnanti della laguna, oppressa da una miseria e da una fame ataviche che certi accadimenti degli ultimi tempi avevano rese non più sopportabili.

domenica 8 gennaio 2012

Luigi Bosi Le stagioni della memoria *recensione di Emilio Diedo

 

Este Edition, 2011, pp. 240, € 15,00

 

 

In copertina, fotografia di Luigi Bosi

 

Prefazione di Gianna Vancini

 

Luigi Bosi, medico in pensione, quanto a pubblicazioni ha già al suo attivo almeno un paio di bei romanzi (Dove finisce il cielo, 2000; Una manciata di niente, 2007).

 

È un narratore, Luigi Bosi, che sa esprimersi bene sia nel breve e sia nel lungo respiro. Qualora si sia espresso nella performance più lunga del raccontare, ha dimostrato di saperci fare, scrivendo romanzi autentici. Soprattutto ha voluto prediligere tematiche d’interesse etnografico. Questa la sua vera carta vincente.

 

L’ultima pubblicazione d’ambientazione contadinesca, a conferma d’una dislocazione provinciale, anche se più vicina a Ferrara rispetto alla già rispettosamente decantata Comacchio, dove l’ambiente era logicamente marinaresco, dà ancora, e senza smentita, una sferzante pennellata di concretezza storica. L’autore attinge infatti da una realtà imbevuta di folclore, propria d’una precisa epoca e d’uno specifico squarcio culturale definibile popolare, ricamato su una puntuale cornice di dettagli colti in un loro cogente insieme. Mosaico di minimi pezzetti finalizzati alla realizzazione d’un esaustivo collage d’analitica pertinenza. Il lettore si trova in mano dei personaggi ed una loro struttura ambientale d’appoggio in perfetta sintonia. Elementi in assoluta coincidenza con la realtà temporale del narrato.

 

Ed è vero anche che, in queste

 

stagioni della memoria, v’è una protagonista che invece di vestire panni umani è rivestita di genuina ed incontaminata natura: ‘la campagna ferrarese’ («vera "prima donna" di tutta la storia», c.f.r. p. 13, Premessa). Com’è vero del resto che il suo raccontare Comacchio assumeva ad eroina la stessa Città lagunare. Lì erano le valli ed il microcosmo dei pescatori a tenere impegnato il lettore; qui sono il suolo agreste ferrarese ed i contadini (prima mezzadri e poi, grazie ad un colpo di fortuna, misterioso quanto provvidenziale, coltivatori diretti) a ravvivarne la lettura.

 

Circa il fattore-Storia, la ventina d’anni che grossomodo alimentano la trama nella sua diretta e progressiva maturazione (1940-1960 ca) è arricchita da dei flahsback che, spezzando quella che avrebbe potuto essere solo una mera possibilità di monotonia dell’intreccio (ma che, nella riconducibilità visiva della lettura, così non è!), allargano l’orbita temporale del romanzo. In maniera opportuna. Intromettendo un epocale lasso alquanto affascinante per impatto sulla memoria del fruitore (non certamente sul piano più propriamente civico ed umano). Parlo del ventennio fascista, che, proprio nel suo presupposto di dilatazione, impreziosisce il romanzo con stimoli di cui la ‘memoria’ non cessa mai d’essere sazia (visto che è, come avverte il titolo, la memoria ad essere impressionata nella pellicola dell’ipotetico film cui Luigi Bosi ci guida). Probabilmente nella meditativa ricerca d’un’ulteriore consolidata conferma del blasfemo, negletto rapporto di civiltà che il ‘ventennio’ ha significato. È eloquente inserimento d’un racconto nel romanzo. Appendice piacevolissima, molto gradita. Azzeccata per il paradossale contrapposto d’una frammentata conduzione e d’un’unitaria coesione.

 

Ecco che, al di là della terragna Ferrara, localizzata nel fondo cosiddetto della "Sterpata", in località Torre della Fossa, il personaggio Olindo Marchetti, sintonico alla sua bella, variegata famiglia, quasi senza soluzione di continuo, sarà sostituito e perciò superato, per importanza nella trama, dai figli Dante e Viler. Ma la famiglia patriarcale rimarrà tale, unica. Nella grande famiglia, composta dai nuclei familiari dei figli, a loro volta comprensivi delle relative mogli Irma e Cleves, nonché delle loro discendenze, v’è una necessaria corrispondenza ed alternanza anche nel ruolo, quasi comprimario a quello del capofamiglia di turno, che lascia giusto spazio all’arzdóra, la conduttrice della casa, vera regina del focolare. Un ruolo al femminile, necessariamente. Anche questo domestico ruolo soggiace all’ineludibilità dinastica, al passaggio dal vecchio al nuovo. Giungendo così ad un marcato svincolo, irreversibile, tra l’antico ed il moderno (viene soppiantata la coltivazione della canapa in favore della frutticoltura; vengono dismesse, e vendute, le mucche a tutto vantaggio delle macchine agricole e di tanti altri più pratici presidi – di conseguenza è pur vero che il bovaro rimane disoccupato).

 

Nella dicotomia narrativa che consente l’innesto dell’esperienza fascista, la figura sui generis di Aldo, fratello di Olindo, permette a sua volta l’elevazione (non proprio etica, semmai squisitamente avventuristica) d’un parallelo protagonista, arruolato nella milizia e che innalza la qualità della narrazione, proponendo una fervida ripresa d’una commovente memoria.


 

 

emiliodiedo@libero.it