Da: Pierluigi Casalino <pierluigicasalino49@gmail.com>
Date: mer 26 mar 2025 alle ore 18:48
Subject: Dante modello di speranza per un mondo migliore.
To: ROBERTO GUERRA <guerra.roby@gmail.com>
L’idea di viaggio è da sempre associata a molteplici significati, da quello del semplice spostamento fisico, in luoghi lontani e ignoti, a quello spirituale, espressi nel desiderio e nell’ansia dell’ascendere nelle dimensioni misteriose, imperscrutabili e invisibili dello spirito. Costante è la ricerca di se in diversi e articolati percorsi. Nessun’altra esperienza umana, del resto, è più frequente del viaggio. Si tratta forse dell’azione compiuta più spesso dall’uomo. Vivere è viaggiare. Viaggiare è vivere. E’ la mistica del viaggio che prende il cuore dell’uomo. Oltre l’orizzonte, oltre il tempo, oltre la morte, oltre la storia. Un itinerario senza fine che si snoda nel cosmo e nelle sue varie dimensioni. Geometrie verticali e variabili tracciate nel profondo della coscienza. Il linguaggio dell’immaginazione, che si snoda sul cammino concreto del tempo e dello spazio, è perfettamente conoscibile. La conoscenza a cui abbiamo diritto non è limitata alla nostra ragione e non ci corre dietro, ma ci attende. Se andiamo a cercarla ci accoglie. Si tratta di un’iconografia di purificazione e di rinascita. Dalla notte al giorno, dalle tenebre alla luce, secondo l’irripetibile intuizione dantesca. Un’intuizione che è propria anche di Ibn Arabi, mistico e filosofo arabo-andaluso del XIII secolo. Il Corano, secondo il pensatore arabo, non lascia dimenticare all’uomo la sua condizione itinerante, quindi di viaggiatore, che si esprime compiutamente e in modo rituale attraverso il viaggio alla Mecca. Innumerevoli sono nell’opera di Ibn Arabi i termini adottati per significare il viaggio. “Cammino”, “via”, cioè “charia”, “l’Itinerarium mentis in Deum” di Sant’Anselmo d’Aosta, il sentiero dell’anima immaginato da Dante Alighieri, secondo il mistero dell’ascesa verso il Cielo, percorso accidentato del viandante evangelico verso la salvezza. Ibn Arabi fa del viaggio il centro della fede, alla cui ricerca, come dice il Profeta Maometto, si va “fino in Cina”. Del resto sia Ibn Arabi che i mistici cristiani sottolineano come Dio stesso viaggia, nel tragitto che lo divide dal Suo Trono e che pseudo-Dionigi definisce la “divina calligo”. Il rapporto originale tra “Il viaggio notturno del Profeta Maometto”, noto in Occidente come “Liber Scalae”, e la “Divina Commedia” del Sommo Poeta ha aperto, in proposito, un dibattito inesauribile, facendo scorrere fiumi di eloquenza e di inchiostro. La questione delle fonti arabo-islamiche della Commedia dantesca è sempre di più, infatti, un tema di avanzata esplorazione. Il viaggio come proiezione del progresso futuro, attraverso la mistica del movimento, costituisce, da ultimo, la speranza inarrestabile coltivata dal pensiero futurista, la cui eredità resta incancellabile nella coscienza contemporanea.
Casalino Pierluigi. 4.01.2010.
L’opera di Ibn Maimun, (più noto come Ibn Maimun o Moses ben Maimon), nato a Cordova nel 1135 e morto al Cairo nel 1204, travalica i confini della speculazione ebraica e appartiene al patrimonio della filosofia universale. Studioso della legge ebraica e poi medico del Sultano Saladino, Maimonide è figura fondamentale nella storia della filosofia. In particolare il pensatore ebraico-andaluso ci offre una grandiosa visione del macrocosmo a cui paragona l’uomo microcosmo. L’intuizione di Maimonide costituisce uno dei punti di riferimento principali per il pensiero rinascimentale e moderno. Già tuttavia l’interpretazione del mondo da parte del filosofo, pur rientrando nella concezione aristotelico-tolemaica, si apre ad una nuova rappresentazione della realtà. Costruzione dinamica e capace di descrivere il senso profondo dell’umanità nell’economia del disegno divino, il pensiero di Maimonide ha riflessi anche su Dante. Maimonide non è assente nel processo di elaborazione dell’escatologia dantesca. La Commedia, originale prodotto della fantasia del Sommo Poeta, muove da molte e diverse fonti. Quella che affonda le radici nella mistica giudaica appare, a dire il vero, notevole. Molti sono gli studi che si soffermano sui rapporti tra Dante e la Qabbalah. E sempre più ricco di spunti si manifesta oggi l’orizzonte esegetico di Dante, alla luce della mistica ebraica. Ne emerge una chiave di lettura interessante, che getta nuova luce sul multiforme lascito di Dante. Un lascito, che riprende in larga misura, tramite gli insegnamenti di Tommaso d’Aquino e di Alberto Magno, la dottrina di Maimonide. Sotto l’egida della Sapienza, che governa i cuori e l’intelligenza, si delinea quel percorso invisibile che conduce l’uomo verso l’estremo fine della beatitudine. Il viaggio dell’anima quale immagine del cammino dell’universo verso Dio rappresenta un progressivo avvicinarsi all’estasi, attraverso l’abbandono dei condizionamenti terreni. La ricerca della verità, dopo un lungo percorso volto a recuperare l’iniziale e perduta unità è elemento centrale in Maimonide. Una ricerca che Dante rinnova con la potenza della sua arte.
Casalino Pierluigi, 7.06.2009.