Lo scopo primario delle creature viventi è sopravvivere. Per farlo esse devono adottare due strategie. Una prevede di sfruttare sapientemente le proprie qualità per prosperare in un ambiente dato, l’altra consiste nel prestarsi a mutamenti progressivi per adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente che li circonda. Cambiamenti che procedono inesorabili, caotici ma con metodo e che nulla può arrestare perché intrinsechi alla natura della fisicità e del tempo.
Contrariamente a quanto pensano in molti, l’uomo non è un alieno piovuto da una dimensione parallela, ma un’espressione di questo cosmo e una derivazione delle forme viventi che lo hanno preceduto, quindi risponde alle loro stesse logiche di sopravvivenza, conservazione ed evoluzione.
A mano a mano che l’ominide diveniva sempre più un essere mentale, e si affrancava dal bisogno di soggiacere alle condizioni ambientali, queste istanze si sono trasferite nella sua socialità e nella sua storia. Quindi, inevitabilmente nella politica che regola i rapporti tra di essi.
Ecco allora che le forze politiche fondamentali sono la tendenza al conservatorismo e al progresso. Nei secoli che ci hanno preceduto il conservatorismo l’ha fatta per lo più da padrone, perché è fatto per la gestione della quotidianità.
Poco spazio veniva concesso alle forze e alle persone più sensibili al mutare delle cose. Questo garantiva lunghi periodi di stabilità, tuttavia alla fine di questi il prezzo da pagare era ed è ancora molto alto, perché l’evoluzione, se compressa, comincia a rispondere alla logica dell’ebollizione dell’acqua. Un lungo periodo di silente preparazione che sfocia in una sorta di violenta esplosione.
Un evidente esempio di questo è la Rivoluzione francese, ma in fondo anche la seconda guerra mondiale potrebbe essere letta in questa logica.
Forse non a caso, proprio dal dopoguerra a oggi nell’occidente anglicizzato si è sviluppato un tentativo di regolamentare meglio quest’alternanza di forze; prima con lo sviluppo della democrazia, poi con il tentativo di sviluppare un sistema di alternanza di gestione politica tra progressismo e conservatorismo.
Il guaio però è che la potenza quotidiana della conservazione è sempre molto forte e quindi la verità è che i due partiti o movimenti in questione in genere sono costituiti da forme più o meno spinte di conservatorismo: i progressisti sono in realtà conservatori con qualche spruzzatina di progressismo, ma senza esagerare.
Il vero progressismo resta latente nella società, dominio esclusivo delle avanguardie, quando va bene, o degli estremismi. E, dato che il Mutamento è inarrestabile, questo ci espone lo stesso alla faccenda della pentola in ebollizione, cosa che vuol dire guai per tutti.
A questo si aggiunge il fatto, dovuto a una spinta evolutiva universale (cosa di cui sono personalmente convinto) o semplicemente per lo sviluppo storico dell’umanità, che la velocità del cambiamento sembra più alta che nel passato. Una velocità che aumenta ogni giorno di più.
Ciò a cui stiamo assistendo in occidente è quindi una veloce decadenza di questo progetto bipartitico, soprattutto dovuto al fatto che le forze della conservazione e del progressismo oggi si sono mescolate come in un frullatore, infuriando in ogni compagine politica e sociale come mai si era visto prima d’ora.
I possibili scenari quindi sono due.
Quello più probabile è un ritorno a un conservatorismo sempre più dispotico, che purtroppo, come si vede bene in tutto il mondo orientale, conduce a soffocamento, violenze e successive e cruente rivoluzioni.
L’altra via sarebbe trovare un sistema migliore per garantire un lento e fisiologico progresso costante che consenta il cambiamento sociale necessario alla società senza sconvolgere le sue attività quotidiane.
Cosa prevarrà?
Personalmente continuerò a mantenere la mia fede nell’Impossibile.