sabato 3 febbraio 2018

IL VATICANO E LA RUSSIA

Non fu solo durante il bolscevismo che la Russia divenne ostile ad ogni rapporto con le istituzioni religiose o i fedeli di ogni fede: a dire il vero ci furono anche ai tempi della Russia sovietica fasi di tolleranza e distensione tra Mosca e le religioni e i loro rappresentanti e persino sotto Stalin in occasione della Grande Guerra Patriottica contro il nazismo si assistette ad un ricompattamento delle anime della Russia anche in esilio. Una certa ostpolitik si verificò del resto quando il Nunzio apostolico della Chiesa Cattolica Mons. Pacelli, futuro Pio XII, incontrò il Commissario del Popolo agli Affari Esteri sovietico Cicerin, ex funzionario di carriera sotto il deposto zar: nell'occasione si registrò infatti un dialogo di notevole spessore intellettuale e di straordinaria finezza dialogica.  Nella Russia zarista, invece, dopo un lungo periodo di alterne vicende (talora segnate da concilianti relazioni), i Romanov stipularono con il Vaticano un concordato nel 1847; ma i rapporti si deteriorarono dopo la repressione dei moti polacchi nel 1863, al punto che lo Zarismo interruppe con la Chiesa Cattolica ogni rapporto fino allo zar Nicola II, che fu l'unico capo di stato o sovrano che non scambiava gli auguri con il Papa neanche per il nuovo anno. Nel febbraio 1917, allo scoppio della prima rivoluzione borghese, la Santa Sede accolse con favore la notizia dell'abdicazione dello Zar, nella speranza, poi coltivata nei primi timidi rapporti con il nuovo regime rivoluzionario e più ancora con quello sovietico dopo l'Ottobre (appunto il sopra citato dialogo tra Cicerin e il Nunzio Pacelli), dell'avvento di una nuova era di libertà religiosa in Russia. La storia successiva è nota e ancora è in corso, considerato l'avvicinamento tra gli studiosi della nuova Russia di Putin e quelli vaticani per ricostruire la storia dei rapporti tra Roma e Mosca nei secoli. Un momento di apertura che può contribuire alla distensione internazionale.
Casalino Pierluigi.

Il segno "tatuaggio" futurista delle avanguardie...


REDAZIONE, PHOTO DI REPERTORIO



fonte

MAMe


FUTURISTI: IL SEGNO DELL'AVANGUARDIA – L'INCISIONE

FUTURISTI: IL SEGNO DELL'AVANGUARDIA – L'INCISIONE

DAL 23 FEBBRAIO AL 14 APRILE 2018 LA FONDAZIONE RAGGHIANTI DI LUCCA ACCOGLIE I FUTURISTI

Il segno dell'Avanguardia I Futuristi e l'Incisione è la mostra curata da Francesco Parisi e Giorgio Marini per scoprire il disegno e la grafica da un altro punto di vista.

Moltissime sono state le mostre sui Futuristi nel corso dei decenni, ma poche, quanto nessuna hanno affrontato lo studio dell'incisione. Questo non è un aspetto molto conosciuto, ma si è rivelato di profondo interesse sia per gli studiosi sia per il pubblico.

Per ampliare il quadro di conoscenza e di azione la mostra punterà a restituire, attraverso un lungo salto indietro nel tempo che inizia dalla fine del 1800 sino al dopoguerra, tutta l'arte grafica.

Per meglio comprendere le fasi e scandire le tempistiche si dividerà l'esposizione in sezioni, 3 per la precisione: Simbolismo, Prefuturismo e Futurismo.

Dunque non una mostra focalizzata unicamente al tema futurista, ma una ricerca attenta allo sviluppo dell'incisione poco prima del movimento artistico vero e proprio. L'arte simbolista, la sua grafica, dal richiamo divisionista come anticipazione di artisti come Russolo, Sironi, Boccioni, Carrà. Maestri che successivamente avrebbero abbracciato il pensiero artistico di Marinetti.

L'attenzione sarà data all'arte, tutta, anche quella che porta con se nomi poco noti appartenenti allo stesso periodo, che con i Grandi si sono confrontati. Pensiamo ad artisti futuristi rimasti in sordina o che vi parteciparono per un brevissimo periodo come Lorenzo Viani.

Il Futurismo è noto anche per l'aspetto artistico legato alla sponsorizzazione, alla pubblicità; ecco che una sezione della mostra è dedicata alle pubblicazioni illustrate. Ci saranno Cataloghi autoprodotti, libri illustrati, tutto questo per mostrare le tecniche grafiche futuriste, le stesse utilizzate per la pubblicistica.


http://www.mam-e.it/arte/futuristi-segno-dellavanguardia-lincisione/



Politiche 2018/ Sgarbi: «Esposto alla magistratura per verificare validità dei titoli di studio di "Giggino" di Maio»


Da: ufficiostampasgarbi@gmail.com  


 
Politiche 2018/ Sgarbi: «Esposto alla magistratura per verificare validità dei titoli di studio di "Giggino" di Maio»

 

ROMA - Vittorio Sgarbi ha dato mandato al suo legale Giampaolo Cicconi di presentare un esposto alla magistratura campana per verificare se i titoli di studio di Luigi Di Maio siano stati conseguiti regolarmente.

 

«In particolare  - spiega Sgarbi che è candidato contro di Maio nel collegio uninominale di Acerra-Pomigliano d'Arco per la Camera dei deputati - intendo verificare se Di Maio abbia realmente svolto le scuole elementari e conseguito il diploma di scuola media.

 Numerosi e concordanti elementi, ormai di dominio pubblico, relativi alle sue lacune su argomenti di storia e geografia che fanno parte del bagaglio di conoscenze di uno studente di scuola media, nonché la sua oramai conclamata incapacità di coniugare i verbi e di confondere i congiuntivi con i condizionali, possono, a evidenza, far ritenere che egli abbia potuto ottenere i titoli della scuola dell'obbligo in maniera fraudolenta.

La magistratura non avrà difficoltà ad accertare questa mia ipotesi, augurandomi che si possa procedere, preliminarmente, con una sorta di "incidente probatorio" sottoponendo Di Maio a un esame pubblico»

 

l'Ufficio Stampa

(Nino Ippolito)

+39 340 73 29 363

Ferrara nel mondo : Tiemme Edizioni Digitali, anche EINSTEIN....

REDAZIONE


Nuova chicca di Tiemme Edizioni Digitali (a cura di Riccardo Roversi), ora persino scientifica:  EINSTEIN FACILE. LA RELATIVITA' PER TUTTI, se vi par poco.  Forse, tutt'oggi, il più grande e geniale scienziato moderno che ha rivoluzionato la storia non soltanto della Fisica  ma della percezione verosimile dell'Homo Sapiens nel mistero virtualmente decifrabile dell'Universo. O persino dei Multiversi vista non solo la persistente validità scientifica di Einstein e le sue rivoluzionarie scoperte, ma il suo influsso  sempre fondamentale e spesso anche in orizzonti all'epoca insospettabili.  Un Einstein da decenni sempre  anche ristampato, ma visto certo andazzo del mondo contemporaneo, oseremo dire sempre incompreso dal volgo e dai popoli.... Si pensi solo alla verità... basilare del cosiddetto Relativismo diventato quasi un mantra new age per certa cultura liquidissima miserrima contemporanea, quando al contrario proprio Einstein ha praticamente fondato con gli stessi Freud, J. Huxley, B. Russell  il grande Umanesimo scientifico del nostro tempo,  la verità relativa, ma verità più potente e verosimile per la specie umana nel XX e XXI secolo e oltre.....

Altro che nessuna differenza tra "aborigeni" e Uomo scientifico, o tra coca cola e bomba atomica come certa contemporaneità feccia (politici in primis ma anche il solito uomo comune ancora irrazionale come nel neolitico) si autocompiace persino con i risultati planetari sotto gli occhi di tutti...

Non ultimo quando Einstein, per la cronaca, simbolo con altri del sempre ineguagliabile genio ebraico, sognava, come umanista puro, una nuova religione cosmica più evoluta al posto e semmai evoluzioni stesse delle religioni tradizionali, centra tutt'oggi  un nodo strutturale (come evidente a tutti ) sempre del nostro tempo...


--
dr. Riccardo Roversi
http://www.riccardoroversi.onweb.it/

Macerata, Saviano e la fu sinistra fuori di senno...

Incredibile il solito falso guru Saviano che  capovolge la verità verosimile sui fatti di Macerata. Incredibile anche la sua ennesima mente ristretta tipica dei giustizialisti specchio della miseria dell'Intellighenzia di sinistra italica, la cui unica passione non è la Giustizia ma il mito dei Migranti contro gli italiani e il degrado della civiltà (con certa Filosofia Buonista e in malafede che vivendo la questione come una Religione e non con pragmatismo e Senso del Reale ( e della storia evolutiva diversa dei popoli)  è in realtà, la Boldrini in primis ad esempio, responsabile politica e "intellettuale" sia del degrado esponenziale sia del - e da anni - prevedibile scontro sociale...  oltre naturalmente a foraggiare il business criminale e mafioso proprio sui migranti). Incredibile la povertà  mentale della fu sinistra!  La vendetta del destroide di Macerata che ha sparato ferendoli sui sei migranti, fatto ovviamente esecrabile) è soltanto spiegabile come un segnale preciso di scontro sociale, vendetta per il caso del serial killer nigeriano che proprio in questi giorni ha letteralmente ucciso e sventrato la nota purtroppo vittima italiana. Come al solito lo stesso zelo ora giustizialista di Saviano (e non solo) contro, sic!- Salvini mandante morale della vendetta in questione, per le sue dichiarazioni contro il Nigeriano, mica si è visto...   Sembra per Saviano ora che sia quasi SALVINI stesso il serial killer nigeriano!  La sua inoltre pretesa di Saviano di imporre ai media di scrivere che trattasi per la vendetta di un chiaro caso di matrice fascista (confondendo al massimo residui nostalgici con una soggetto -  chissà perchè- molti simpatizzanti Isis dopo attentati vari tutti matti, questo vendicatore di Macerata invece e per dogma solo fascista?) rivela ultriormente la solita diversamente fake news e ossessione antifascista deja vu, unica arma ormai per la fu sinistra  per le prossime elezioni, visti i sondaggi...

L'antifascismo, oggi, è soprattutto una Fake News per  demonizzare i nemici del Regime PD  buonista   e quello intellettuale ipocrita e persino peggio culturalmente, ovvero le opposizioni, il solito comunismo mentale totalitario che non legittima mai l'Altro politico.  A sinistra sono fuori di senno....

Parliamoci chiaro: in futuro  se ci saranno svolte finalmente politiche in Italia, al contrario soggetti come Saviano, la Boldrini, Fiano ad esempio e molti rossi estinti  saranno al limite - loro! - dell'eversione politica antidemocratica e contro l'Italia. Nessuno si stupisca se  giustamente saranno processati....



fonte Il Giornale


Roberto Saviano non ha dubbi su chi sia il colpevole della sparatoria di Macerata.

E punta il dito contro Matteo Salvini.

Questa mattina a Macerata, capoluogo delle Marche, un uomo, poi identificato come Luca Traini, ha sparato diversi colpi di arma da fuoco dalla sua automobile, contro sei persone di colore. Al momento dell'arresto, il 28enne aveva una bandiera tricolore sulle spalle, ha fatto il saluto fascista, ha gridato "viva l'Italia", per poi essere portato via dai carabinieri. È anche emerso che nel 2017 Traini è stato candidato con la Lega Nord, ma non eletto.

A poche ore dai fatti, Roberto Saviano scrive un post su Facebook in cui punta il dito contro Matteo Salvini: "ll mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini. Lui e le sue parole sconsiderate sono oramai un pericolo mortale per la tenuta democratica. Chi oggi, soprattutto ai massimi livelli istituzionali, non se ne rende conto, sta ipotecando il nostro futuro".

Poco dopo lo scrittore partenopeo scrive un tweet, sempre in merito alla vicenda, rivolto però ai media: "Invito gli organi di informazione a definire i fatti di Macerata per quello che sono: un atto terroristico di matrice fascista. Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutra la notizia è connivenza".

......

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/macerata-roberto-saviano-incolpa-salvini-lui-mandante-morale-1490103.html


Letture, escursioni e mostre con l'associazione Salinguerra II | estense.com Ferrara

Letture, escursioni e mostre con l'associazione Salinguerra II | estense.com Ferrara: di Silvia Malacarne E' stato presentato nella sala dell'Arengo del Comune di Ferrara, da Marco Ardondi, Simone Zagagnoni e Antonio Vaianella, il programma delle attività del 2018 dell'Associazione Culturale e Storica 'Salinguerra II'. L'associazione, riattivata lo scorso anno, ha realizzato numerosi progetti, primo fra tutti 'Ferrara Nascosta', un portale web nato nella primavera del 2016 in cui vengono elencati tutti i monumenti esistenti e non più esistenti della città estense, a partire dalle sue origini fino ad oggi. Il 'Centro Studi sulla Grande Guerra 'Forte Leone'' si occupa invece di realizzare ricerche e pubblicarle in un apposito sito all'interno del quale vengono suddivise per categorie, quali le Battaglie, i Personaggi, le Armi e i mezzi, al fine di creare un archivio storico. Con oltre 550 iscritti, il canale Youtube 'Habitat' cerca invece di raccontare, attraverso video e servizi speciali, le eccellenze italiane relativamente a cultura, storia, arte ed enogastronomia.

venerdì 2 febbraio 2018

Sgarbi show per inaugurare la 'casa delle meraviglie' in Castello | estense.com Ferrara

Sgarbi show per inaugurare la 'casa delle meraviglie' in Castello | estense.com Ferrara: È un vero e proprio regalo da scartare con stupore quello che la famiglia Sgarbi ha donato alla città, selezionando 140 opere dei 4mila pezzi che compongono la collezione Cavallini Sgarbi, in mostra da oggi fino al 3 giugno nel Castello Estense. Un omaggio a Ferrara ma soprattutto alla loro famiglia che in quarant'anni di collezionismo vorace ha portato a casa (nel senso letterale del termine) un tesoro di inestimabile valore da scoprire in 15 sale. 'La collezione torna a casa in un momento doloroso, a una settimana dalla morte di nostro padre Nino. A lui e mamma Rina, scomparsa nel 2015, sento di dedicare questa mostra, che li vede presenti in ogni sala' fa gli onori di casa Elisabetta Sgarbi, che si augura sia 'un punto di partenza e non di arrivo per un rapporto sempre più profondo tra la collezione della casa di Ro e la città di Ferrara inevitabilmente inscritta nel suo destino e che sta vivendo un bel momento di vivacità culturale, anche grazie all'operato di Franceschini'. In

GECOFE Il consenso, la democrazia e il debito | estense.com Ferrara

Il consenso, la democrazia e il debito | estense.com Ferrara: 'Ma tu per chi voti?' Questa la domanda che ognuno di noi farà - in confidenza - ad amici e parenti, ma soprattutto a se stesso. Da qui fino al 4 marzo. Nella canzone 'Mrs Robinson' Simon & Garfunkel cantavano 'Quando vai a votare e sei di fronte ad una scelta, qualsiasi scelta fai hai già perso'. Sarà così anche questa volta? Temiamo di sì. Desideriamo sgomberare il campo da facili critiche ai politici, spesso accusati di inefficienza e corruzione. Questi aspetti rappresentano un altro problema. Quello che intendiamo condividere con i nostri concittadini sono punti ben più gravi e drammatici. Siamo convinti che sia necessario spostare l'attenzione su noi cittadini e sulle idee che ognuno di noi ha in particolare sull'economia in funzione del benessere della collettività. Su questo e diversi aspetti fondamentali abbiamo ceduto ad altri il nostro 'consenso', delegando persone che si sono rivelate anche incapaci o in malafede. Che cosa abbiamo effettivamente delegato? L'economia, o

STATO SOCIALE

In Francia dicono che lo Stato italiano è povero e il popolo è ricco: tutto il contrario di ciò che avviene in F. Premesso che oggi in Italia anche il popolo è afflitto da una crescente povertà, con la distruzione del ceto medio e il suo precipitare ai livelli di sussistenza al pari dei ceti più sfortunati che stanno occupando ormai uno spazio in pericolosa estensione. L'Italia è divenuta il fanalino di coda d'Europa e le statistiche ad usum delphini propinate per convincere una pubblica opinione sempre più sfiduciata rappresentano la quintessenza dell'illusione venduta a basso prezzo. Il tutto in uno scenario elettorale che rinvia a scelte forse improntate all'instabilità permanente. E la crisi economica è a sua volta non solo dell'instabilità, ma soprattutto dell'incapacità di governo, laddove lo Stato risulta il grande assente, non essendo in grado di offrirsi come uno Stato sociale che si rispetti, data l'esiguità delle sue risorse e/o l'assenza di lungimiranza della classe politica  che crede possibile, per fare un esempio, l'aumento della natalità con provvedimenti congiunturali largamente insufficienti e non invece con il ricorso ad una politica strutturale della famiglia finalizzata ad un miglior livello della vita sociale. In Europa siamo il fanalino di coda anche per tale motivo, mentre le misure per la gioventù risultano ridicole controproducenti: i bonus per i giovani finiranno per l'acquisto di cellulari, ma non certo per incentivare la cultura o favorire l'inserimento nel ciclo produttivo. Lo Stato in Italia dunque non dico che non esista, ma è ridotto al lumicino. In tempo di crisi questo è il grande problema,, problema che non sarà mai risolto da una generazione politica rissosa, litigiosa, superficiale, approssimativa e incapace di vedere le cose in maniera equa, sinottica e coraggiosa. Le prossime elezioni rischiano di trasformarsi nell'ennesima fiera della vanità.
Casalino Pierluigi

Elezioni Marzo 2018: Vittorio Sgarbi contro... e .... Dario Franceschini

Nota di R. Guerra


Articolo molto interessante su la Nuova Ferrara,  face to face prossimo venturo tra Vittorio Sgarbi e Dario Franceschini, uno dei migliori critici d'arte italiani (ferrarese) e noti polemisti e certamente poco simpatizzante con la fu sinistra, e il Ministro uscente (ferrarese) culturale , improbabile... ma appunto e si spera uscente dopo una gestione poco futuribile e politichese..


http://lanuovaferrara.gelocal.it/ferrara/cronaca/2018/01/31/news/ferrara-crocevia-la-cultura-si-decide-qui-1.16421523


ROBOT E SPACE CAR?

di ADRIANO AUTINO


(photo di repertorio)


CI SERVIRÀ UNA PATENTE PER GUIDARE LE INTELLIGENZE ARTIFICIALI, SULLA TERRA E NELLO SPAZIO ESTERNO


*tratto da aa.vv, Futurologia della vita quotidiana, Transhumanist Age (eBook Asino Rosso, collana The Italian Transhumanist a cura di Hyperion e R. Guerra)


Quello dell'intelligenza artificiale è un argomento di portata talmente ampia che non ci si può limitare a considerazioni legate ai ritorni di investimento, effetti sull'occupazione, o altri aspetti meramente economici. Il tema investe la dimensione filosofica a più lungo termine, prova ne sia che due grandi protagonisti della scena industriale contemporanea, come Mark Zuckerberg ed Elon Musk, proprio su questo terreno si sono recentemente confrontati.

Iniziando con le considerazioni più generali, l'Intelligenza Artificiale (IA) fa parte degli sviluppi tecnico-scientifici cosiddetti GRAIN (Genetics, Robotics, Artificial Intelligence, and Nanotechnology), tutti molto promettenti, ma che, come ho già scritto più volte in passato, ed anche nel mio ultimo libro "Un mondo più grande è possibile!", di cui riporto qui un passo, hanno tutti un grave handicap. "L'economia terrestre è ormai fallita, le Industrie terrestri non possono più crescere né svilupparsi oltre. L'ulteriore sviluppo della scienza terrestre nel mondo chiuso potrà fare miracoli, come sempre, ma il loro effetto sarà di breve durata, conferendo alla civiltà forse pochi anni di apparente ripresa dalla crisi. La caduta successiva sarà peggio, se il mondo dovesse restare chiuso. In mancanza di spazio lo stesso sviluppo tecnologico potrà imboccare strade involutive, tendenti a deprimere l'iniziativa, la creatività e lo spirito di avventura che da sempre caratterizza la nostra specie. Infatti, in un contesto di fabbisogni energetici mortificati dalla scarsità di risorse, il sistema non potrà che tendere alla staticità, all'immobilismo fisico e quindi culturale, all'equilibrio, forse, ma l'equilibrio della vecchiaia e della morte. Da tempo le forze che fiancheggiano la prematura estinzione della nostra civiltà tentano di "educarci" ad una maggiore stanzialità, a limitare i viaggi. Lo stesso termine "navigazione in rete" appare particolarmente odioso, in questa prospettiva, addirittura patetico, in quanto suggerisce di abbandonare le velleità dell'esplorazione, in favore di una comoda poltrona davanti allo schermo televisivo, dove possiamo fruire di suoni ed immagini di terre lontane, o addirittura di altri pianeti… Suoni ed immagini ripresi da professionisti dell'esplorazione, meglio se mediante ausilii completamente robotici. Tutta la "cultura" (se così la vogliamo chiamare) del Ventunesimo Secolo ci suggerisce che ogni cosa è meglio lasciarla fare ai professionisti, e diventare sempre più dei consumatori, tenuti in poltrona, all'ingrasso, fisico e mentale. Salvo che poi il giochetto non funziona, perché l'economia ne risulta terribilmente depressa, i mercati diminuiscono, e tutto rischia di finire molto più velocemente di quanto gli strateghi del cosiddetto "soft landing"  avessero previsto, tramutandosi presto in "hard landing". Si dimostra così una volta di più che la pretesa di aver compreso a fondo i meccanismi dell'economia, ed ancor più, l'illusione di poter agire su tali processi come se si avesse a che fare con un sistema totalmente deterministico e controllabile, sia una delle tante false metafisiche, con le quali la nostra civiltà si fa del male, e questa volta rischia di causare un crash irrecuperabile." Da queste poche righe si comprende già quale sia il mio pensiero, a proposito dello sviluppo delle IA, alle quali non sono affatto contrario, in linea di principio, purchè siano al servizio degli umani, e non in senso lato. Vale a dire che i civili possano usufruirne così come oggi utilizzano i personal computer, i tablet ed i telefoni portatili. Usufruirne come degli strumenti, avendone cioè il completo controllo, ed avendo la piena libertà di attivarne o disattivarne ogni singola funzione. Quindi, tanto per capirci, auspico un controllo molto maggiore di quello che abbiamo oggi su telefoni e computer, dove è sempre meno l'utente a decidere quali applicazioni installare, quale grado di autonomia devono avere, e quanto il sistema deve essere aperto ad interventi esterni.

Questo significa, anche, un approccio alla tecnologia ben diverso da quello oggi spacciato da google, whatsapp e facebook, rudimentali IA che già esistono. Niente di strano, a tal proposito, che Zuckerberg si pronunci a favore di non preoccuparsi troppo, dello sviluppo delle IA! Si tratta di mezzi di comunicazione che prendono molte decisioni al posto dell'utente, se così lo vogliamo ancora  chiamare, e spesso ne scopriamo i risultati in seguito a cose spiacevoli, di cui avremmo volentieri fatto a meno.  Le modalità di privacy, ad esempio, hanno impostazioni di default molto aperte, ed è solo spendendo ore in ricerche che riusciamo a capire (i) quali regole esistono (ii) su quali possiamo influire (iii) come ci conviene settare il sistema. Tutto questo ha avuto origine quando l'informatica di consumo (Microsoft) ha sconfitto e rottamato l'informatica industriale (Digital Equipment), in virtù dei numeri economici enormemente superiori. Così i personal computer, i telefoni smart ed i social media, sono dati in mano ad "utenti" incompetenti dal punto di vista informatico, che non si vogliono "annoiare" troppo chiedendo loro di impostare i parametri del sistema. Gli si vuole dare un mezzo che possano usare subito e divertirsi, per default connesso ed aperto. Perché questo è lo scopo: che la gente si diverta e, divertendosi, compri. Hey, ma guarda, si fanno del male! Cosa vuoi che sia, intanto comprano, e questo è l'essenziale. Quei quattro fissati che amano mettere sempre i puntini sulle i hanno comunque i mezzi, se hanno conoscenze sufficienti per trovarli, per proteggere la propria privacy ed il proprio libero arbitrio (fino ad un certo punto). Viene da pensare se questo problema del libero arbitrio non si sia già posto, in un passato magari molto remoto, con una qualche super-IA deificata. Se le scritture hanno posto un'enfasi così accentuata sul libero arbitrio… che la nostra stessa idea di Dio (onnipotente,  onnisciente, che tutto vede) non sia derivata da un simile passato…

Ma, bando alle divagazioni fantasiose futuriste e passatiste, per adesso non siamo al punto di aver creato o ri-creato un Dio (immagino cosa ne trarrebbe Alessandro Bergonzoni dal concetto della ri-creazione di Dio! ah ah!), o un Comitato Centrale artificiale (fate un po' voi), anche se indubbiamente molti sognano qualcosa del genere… Ad oggi qualsiasi intelligenza artificiale, a meno che vi siano sviluppi di cui non sono a conoscenza, consta di un motore inferenziale (l'algoritmo), e di un database di regole, definito da un esperto. Ad esempio, se voglio una IA che controlli i pozzi di petrolio ascoltando il rumore che fa la trivella, dovrò chiedere ad un vecchio esperto di pozzi di trasferire il suo know how dentro un database di regole. Essenziali sono dunque i database delle regole, quindi è molto importante da chi sono scritte tali regole, e per quali scopi. Da umanista, credo si dovrebbe partire dalle tre leggi della robotica, definite da Isaac Asimov nei primi anni quaranta del secolo scorso: (1) Un robot non può recar danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. (2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. (3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. Vorrei subito aggiungerne alcune altre: (4) qualsiasi IA dovrà essere utilizzabile come strumento personale da un singolo utente, o da gruppi di utenti che ne decidano la condivisione totale o parziale (5) qualsiasi IA dovrà risiedere fisicamente su un supporto hardware in piena disponibilità fisica dell'utente, e non su un'infrastruttura centralizzata (6) qualsiasi IA deve potersi connettere in rete solamente a discrezione dell'utente, e per gli scopi definiti dall'utente (7) qualsiasi IA potrà installare applicazioni sull'infrastruttura informatica dell'utente solo su esplicito consenso di quest'ultimo (8) qualsiasi IA sarà completamente inattiva finchè non sia stata parametrizzata dall'utente secondo le funzioni e le modalità desiderate da quest'ultimo (9) qualsiasi IA sarà completamente inattiva finchè l'utente non l'abbia attivata, e sarè disattivabile (standby) in qualsiasi momento (10) il grado di autonomia di qualsiasi IA per quanto riguarda le ricerche e qualsiasi tipo di iniziativa in rete sarà definibile dall'utente, da 0% a 100% (11) in nessun caso qualsiasi IA potrà iscrivere automaticamente l'utente a servizi di alcun genere, anche se gratuiti, senza aver prima avvisato l'utente e richiestone il permesso. Sono certo che queste poche regole elementari sono solo l'inizio, e che ne seguiranno altre, in base a riflessioni più approfondite ed ampie casistiche (use case).

È chiaro che si fa presto a sconfinare nel territorio dell'etica. E questa è indubbiamente la questione più importante, quando si parla di IA. Tecnicamente un database di regole può essere scritto sia da Batman che dal Joker… i database di regole delle IA dovranno quindi essere certificati da apposite authority, e gli utenti dovrebbero acquisire una sorta di patente di guida, prima di iniziare ad usare una IA. Pensiamo che usare una IA sia meno complesso e meno pericoloso, rispetto alla guida di un'automobile, o di qualsiasi altro mezzo di trasporto, di terra, mare o cielo? Ad IA di diversi livelli di pericolosità dovrebbero corrispondere diversi livelli di patente, così come avviene per i mezzi di trasporto. Non si può pensare che la preparazione per l'utilizzo di un'IA di navigazione e ricerca in rete sia la stessa che servirà per utilizzare un robot per operazioni minerarie asteroidee. E che dire di una IA in grado di fornire pareri legali, a supporto della magistratura, oppure di una IA capace di operare chirurgicamente? Non si pensi, del resto, che l'utilizzo di un robot per lavori domestici presenti minori complessità o necessità di attenzione. Dai pochi esempi che ho fatto s'intuisce anche come si stia parlando di applicazioni molto diverse tra di loro. Abbiamo già assistito, nella storia del software, a diverse fasi: inzialmente esisteva il mestiere del programmatore, che scriveva software. Poi l'elettronica avanzata (automazione) è entrata ovunque, negli elettrodomestici, nei telefoni, nelle auto, nella produzione industriale, … Oggi il mestiere del programmatore non esiste più, essendo il software stato inglobato nelle diverse branche dell'ingegneria. Chi progetta il software da inserire in elettrodomestici o in un telefonino, o il software di automazione di una centrale elettrica, non si definisce più programmatore, bensì un progettista nel comparto industriale in cui presta la sua opera. Un processo simile si può prevedere anche per le intelligenze artificiali. Dopo un periodo, (speriamo breve, perché già non se ne può più J) di discussioni feroci tra entusiasti e detrattori, sociologhi e tuttologhi, le IA saranno quietamente assorbite nei diversi sistemi, che diventeranno così dei sistemi "intelligenti". Questa grande varietà di utilizzo delle IA, tra l'altro, darà origine a tutta una serie di nuovi mestieri, a cominciare dai docenti di "scuola guida delle IA", che dovranno avere una preparazione ben diversa e superiore, rispetto ai tradizionali istruttori di scuola guida, senza nulla togliere, ovviamente, alla professionalità richiesta a quest'ultima categoria.

È chiaro che non è possibile discutere tutta la vastissima materia dell'Intelligenza Artificiale in un solo articolo, che già sta sfiorando pericolosamente la dimensione del saggio, e che potrebbe tranquillamente strabordare nel formato di un piccolo (?) libro… Tuttavia non si può evitare di almeno sfiorare l'argomento dell'occupazione e dei posti di lavoro. Coloro che paventano addirittura la progressiva obsolescenza del genere umano come conseguenza dello sviluppo delle intelligenze artificiali, si possono definire luddisti? Coloro che considerano invece le IA come uno stadio evolutivo dell'intelligenza, che soppianterà a buon diritto l'homo sapiens, sono antiumanisti? È chiaro che nessuna di queste definizioni regge, nel contesto attuale. Di sicuro l'intelligenza artificiale è uno dei vettori del rinascimento che sta lottando per emergere dal maelstrom della crisi globale. Dove ci porterà tutto questo? Per poter muovere un passo alla volta, ma nella direzione giusta, non sarebbe male avere un'idea di dove vogliamo, o possiamo, andare. La mia personale senzasione è che, siccome l'elettronica prosegue nel suo processo di miniaturizzazione, approderà prima o poi su un hardware parzialmente  o completamente biologico. La biologia umana, d'altro canto, è già abbastanza inoltrata sulla strada della bionica. Non è difficile prevedere un'epoca in cui le nostre protesi informatiche (strumenti di comunicazione, di calcolo e di archiviazione dati) potranno integrarsi biologicamente con i nostri sottosistemi biologici naturali. Arriveremo così ad una sorta di evoluzione autodiretta, fusione trascendente tra natura e cultura tecnologica. Non credo né ancor meno spero in un futuro dove tutti se ne stanno sdraiati in ozio e le macchine fanno tutto il lavoro. Finiremmo come polli, immobilizzati, imboccati e puliti in cubicoli dotati di tutti i comfort… Situazione che forse potrà sembrare interessante a qualcuna delle tipologie caratteriali umane, ma credo che ai più non possa che fare orrore.

Già, ma a cosa serve, ed a cosa dovrà servire il lavoro? Nella nostra storia come specie culturale, per dare una motivazione completa al lavoro si deve utilizzare la gerarchia dei valori definita da Abraham Maslov, colui che considero il miglior analista delle categorie dei bisogni umani, di gran lunga superiore a Karl Marx, soprattutto perché Maslov discute i bisogni umani, mentre Marx, ed ancor più i suoi epigoni, avevano finito per occuparsi soltanto dei bisogni delle classi subalterne. Dunque il lavoro, nella storia, è servito a mantenere in vita noi umani, assicurandoci protezione dagli eventi naturali, vitto, alloggio, vestiti, mezzi di trasporto, e tutto ciò che serve per soddisfare i nostri bisogni, dai più elementari (anche analizzati da Marx e da diversi marxisti) ai più elevati, categorizzati, appunto, da Maslov. Ci avviamo ad un'epoca in cui potremo dedicarci al 100% a soddisfare i nostri bisogni più elevati, essendo tutti i bisogni più elementari soddisfatti dalle macchine? Oppure le macchine finiranno per scipparci anche quei lavori di alto profilo che ci permettono di soddisfare i nostri bisogni più elevati? È chiaro, in questo secondo scenario, che si tratterebbe di macchine dotate di creatività ed emozione, e del piacere sublime che ne deriva… degli umani artificiali… o degli umani biologici, ma potenziati con hardware bioinformatico aggiuntivo. Alla fine la distinzione potrebbe essere molto sottile: in ogni caso si tratterebbe di esseri evolutivamente superiori all'homo sapiens, quello che hanno in mente i transumanisti , più o meno. Ragionando per ora sul primo scenario, quello che lascia all'homo sapiens le funzioni intellettualmente ed emotivamente superiori, forse sarebbe possibile, a patto che i modelli sociali possano adattarsi a questa nuova situazione. Un modello secondo me molto semplicistico, è quello del reddito universale (Elon Musk), reddito di cittadinanza (M5S), o reddito di inclusione (PD), tutte varianti di un sistema di retribuzione basato sul paradigma esisto-quindi-vengo-pagato. Tale sistema ha un grave difetto: istituirebbe una differenza sociale fondamentale tra chi ha un lavoro (necessariamente di alto profilo intellettuale) e chi vive di quello che, comunque lo si voglia chiamare, sarebbe un sussidio di disoccupazione. Gli occupati avrebbero uno stipendio che permette loro di soddisfare i bisogni più elevati, alla soddisfazione dei quali già contribuirebbe sostanzialmente lo stesso lavoro svolto. Tutti gli altri — una maggioranza drammaticamente grande — avrebbero un reddito che permette soltanto la soddisfazione dei bisogni più elementari (forse). Società utopica? Ne dubito fortemente.

Credo invece si debba pensare ad un modello sociale in cui il grande patrimonio umano venga utilizzato interamente, ed al meglio. Un modello del tipo penso-quindi-vengo-retribuito, in cui la grande maggioranza viene pagata per pensare, per risolvere problemi, per impegnarsi nell'arte, nella progettazione, nello sviluppo della cultura e di mezzi sempre più avanzati per condividerla e per fruirla. Siamo una specie culturale. Il nostro futuro è produrre cultura, possibilità per tutti di viaggiare, di esplorare, di sperimentare direttamente emozioni non accessibili attraverso la tv o qualsiasi mezzo multimediale, di incontrare fisicamente i propri simili, in contesti meravigliosi e romantici, di godere della musica e delle altre arti dal vivo, di produrre musica ed arte live… Tutto questo, ed altro ancora, che noi terrestri terricoli non riusciamo ancora neppure ad immaginare, otto miliardi di persone possono svilupparlo solo espandendosi nello spazio esterno, dove ci sono risorse per lo sviluppo di trilioni di persone.

Ed eccoci ad una questione fondamentale: a chi serve l'espansione nello spazio? Intanto stiamo parlando di una quantità enorme di LAVORO, qualcosa che sembra scarseggiare, oppure adesso parliamo d'altro, quindi ce ne dimentichiamo? Intanto serve all'AMBIENTE, per coloro che si preoccupano prioritariamente di questo aspetto: spostare il nostro sviluppo civile (cioè industriale) fuori dal pianeta allevierà il nostro pianeta dall'ingombro ambientale che il nostro sviluppo rappresenta. L'espansione nello spazio serve alla civiltà. E di quale espansione la civiltà ha un disperato bisogno? L'espansione nello spazio serve alla gente, è la gente, sono i civili terrestri che devono poter viaggiare, lavorare ed insediarsi nel mondo più grande, su città orbitali, asteroidi urbanizzati, stabilimenti industriali lunari, ed oltre. Perché? Guardate una qualsiasi discussione a questo proposito sui social: troverete i pareri più diversi e contrapposti. C'è chi sostiene che siamo "progettati" per vivere sulla Terra, e non sopravviveremmo altrove. C'è chi è convinto che sopravviveremmo benissimo, adattandoci, come ci siamo adattati a vivere in case di ghiaccio nelle regioni polari e nelle capanne di frasche all'equatore. Magari in un futuro non troppo lontano l'homo-sapiens+  auspicato dai transumanisti potrebbe adattarsi  biologicamente anche alla bassa gravità ed alle radiazioni cosmiche…

Il guaio è che ciascuno pretende di affermare il proprio punto di vista e le proprie "soluzioni" a discapito delle soluzioni auspicate da altri. Esistono diversi tipi di esseri umani, e tutti hanno diritto a vedere realizzati i loro bisogni più alti (secondo la scala di Maslov), perché tutti questi tipi corrispondono ad impulsi evolutivi, estremamente utili alla civiltà: la mortificazione anche di uno solo di questi impulsi risulterebbe fatale, in un'epoca in cui tutti i nodi verranno al pettine, portando ad una catastrofica implosione della civiltà, oppure ad uno sviluppo sbilanciato, destinato a fallire sul medio o lungo termine.  Steven Wolfe, nel suo bellissimo romanzo-saggio "The Obligation", cataloga sei "endowments" (dotazioni) che caratterizzano altrettanti tipi umani. Il "wanderer" (il vagabondo, o esploratore), che non sopporta di restare a lungo nello stesso posto, ed ha bisogno di muoversi, esplorare, cercare nuovi orizzonti e nuovi panorami, nuove situazioni in cui poter sviluppare la civiltà. Il "settler", ossia il pianificatore urbano, colui che ama sviluppare infrastrutture adatte alla vita ed alle attività civili. L'inventore, che sviluppa nuove tecnologie per nuovi bisogni. Il costruttore, che realizza quanto progettato dall'inventore. Il visionario, capace di immaginare scenari futuri, ed ispirare gli inventori. Il protettore, che pensa alla sicurezza della gente. In una recente conversazione il dr. Paul Ziolo (docente di psico-storia all'università di Liverpool) ha menzionato il modello Gardner, secondo il quale esistono molti altri tipi di intelligenza, oltre il logico-matematico attualmente considerato come fattore primario e dominante. Le intelligenze di Gardner sono ritmico-musicali, visive-spaziali, verbali-linguistiche, logico-matematiche, corpo-cinestetiche, interpersonali, intrapersonali e naturalistiche. Ha anche ipotizzato l'esistenza di un'intelligenza morale ed esistenziale, che sarebbe fondamentale nel contesto del futuro sviluppo culturale: l'intelligenza morale non può che essere umana, ed avrà un ruolo essenziale ed insostituibile nell'era delle intelligenze artificiali.

Non è difficile identificare, nelle nostre società, tutte queste diverse tipologie caratteriali. E si può quindi riflettere su quanto sia grande il patrimonio umano, nella sua attuale consistenza di quasi otto miliardi di persone. Non è difficile neppure constatare come la stragrande maggioranza di questi tipi abbiano bisogno di spazio, di movimento, di libertà, di godere del contatto anche fisico con altre persone, ed anche della solitudine, quando sentono di doversi concentrare da soli, per creare, elaborare, progettare… Il settimo tipo, identificato da Wolfe, è quello dell'evolutore cosciente, colui che sente dentro di sé l'impulso a guidare l'evoluzione, completando la doppia obbligazione che abbiamo, verso la nostra specie/civiltà, garantendole spazio e risorse per continuare lo sviluppo, e verso il nostro pianeta madre, liberandolo, adesso che abbiamo le tecnologie necessarie, dall'ingombro del nostro sviluppo, trasformandolo in un grande giardino e parco naturale.


http://www.mondadoristore.it/Futurologia-Vita-Quotidiana-a-cura-di-Roby-Guerra-e-Associazione-culturale-Hyperion/eai978882753377/


Ultimo, per oggi, argomento di discussione: si potrebbe colonizzare lo spazio esterno utilizzando esclusivamente robot ed intelligenze artificiali? Sarebbe questo lo sviluppo, il rinascimento spaziale di cui abbiamo bisogno? Le mie risposte sono due decisi NO. La presenza di colonizzatori umani è indispensabile, benchè coadiuvati da sistemi robotizzati ed IA. Se pure si riesce ormai a teleoperare chirurgicamente, comandando sistemi robotici a distanza, si tratta comunque di distanze terrestri, sulle quali non c'è alcun ritardo. Tra la Terra e la Luna si apprezza già un ritardo di 3 secondi nelle telecomunicazioni, più che sufficiente ad impedire qualsiasi controllo in tempo reale di operazioni delicate. Tra la Terra e Marte 20 minuti. E comunque, le situazioni in cui ci si può venire a trovare sono così varie e largamente imprevedibili, che non sono immaginabili campagne di insediamento ed operatività industriale su vasta scala condotte da IA. La risposta alla seconda domanda non può che essere altrettanto negativa. Non possiamo infatti pensare allo spazio solo come un deposito di risorse da portare a terra, per utilizzarle qui, o comunque per contribuire a mercati unicamente terrestri. Ci sarà vero sviluppo solo se i mercati, e le industrie, e la vita civile, si espanderanno ben oltre i confini dell'atmosfera terrestre. Non posso immaginare un mondo che continua a crescere solo sulla superficie terrestre… un'armata crescente di automi in orbita sulla nostra testa sarebbe una condizione di ulteriore aumento della pressione e dello stress, e di limitazione della libertà di movimento e della fantasia creativa! Ora, se mi legge qualche carattere stanziale, che troverebbe piacevole una tale situazione, per favore non cerchi di imporre la sua visione a noi esploratori/colonizzatori: la nostra visione espansionista non toglie nulla a loro, mentre una loro insistenza nel mantenere il mondo chiuso a noi ed a molti altri toglierebbe l'aria necessaria per vivere e per pensare… e questo non farebbe che aumentare l'entropia psicologica generale, quella che chiamo riscaldamento metafisico globale, che abbiamo invece tutto l'interesse a mitigare!

Questo articolo è pubblicato anche su L'Avanti! online.


Tra Parmenide, Heidegger e Severino

di Angelo Giubileo


tratto da Parmenide 2.0 dell'autore (eBook Asino Rosso 2018)


Il Parmenide di Heidegger

Il Parmenide di Heidegger è un'opera, che racchiude il testo rielaborato dall'autore, del corso di lezioni che Martin Heidegger svolse all'Università di Friburgo nel semestre invernale 1942-43, pubblicato per la prima volta nell'ottobre del 1981 e per la prima volta edito in Italia da Adelphi nel giugno del 1999. E' un'opera di valore assoluto, quasi pari al forse impareggiabile Poema a cui si riferisce, ovvero i frammenti così come pervenuteci opera del filosofo di Elea, Parmenide.

La chiave di lettura essenziale dell'opera heideggeriana è presentata dal curatore dell'edizione adelphiana nella prima di copertina, allorché è detto: "Prendendo le mosse da una serrata interpretazione del poema parmenideo …, ed estraendone con magistrale sicurezza gli insegnamenti essenziali, Heidegger va ben oltre l'esegesi del testo, e disvela uno scenario speculativo da cui emerge come allora siano apparse le parole-cardine di tutta la filosofia occidentale. Con altrettanta persuasività egli mostra poi quali mutamenti epocali si siano prodotti allorché il lessico delle origini fu 'romanizzato' e a termini come aletheiamythoslogosepos, polisdikepraxistheoriatheion subentrarono i concetti di veritasratioimperiumiustitia, ecc.".

Si tratta indubbiamente di una chiave di lettura assai complessa, che, soprattutto per coloro i quali non hanno l'abitudine al confronto su relativi temi ed argomenti, potrebbe risultare di difficile comprensione. Al punto che può senz'altro tornare utile rileggere il testo heideggeriano in base anche ad un agevole articolo di stampa, contemporaneo all'uscita dell'edizione adelphiana, che reca il commento all'opera da parte di Emanuele Severino, noto studioso ed interprete del pensiero parmenideo.

Nel breve commento, Emanuele Severino sembra partire dalla fine della dicitura del testo. Egli infatti scrive che "Heidegger ha sempre sostenuto che l'Occidente è nel senso più essenziale, la Terra del tramonto e dell'errare. Vi tramonta il fondamento di ogni opera umana e divina, della terra e cielo, e dunque della stessa totalità degli enti …". E tuttavia, il dire di Severino è incompleto, perché molto chiaramente Heidegger ribadisce invece nell'Aggiunta che: "Soltanto al cospetto dell'inizio il tramonto può essere pensato ed esperito. Il tramonto è superabile soltanto se è salvato l'inizio: ma allora esso è anche già superato. Tuttavia l'inizio può essere salvato unicamente se può essere l'inizio che è. E l'inizio è iniziale solo se il pensiero stesso e l'uomo nella sua essenza pensano in modo iniziale. Ciò non significa l'impossibile, cioè una ripetizione del primo inizio e una sua traduzione in termini attuali concepita come un rinnovamento della grecità, bensì questo: pensando in termini iniziali, entrare in discussione e in dialogo con l'inizio al fine di percepire la voce della disposizione e destinazione future" (292).

Dunque, innanzitutto qui è il compito di cercare e dire il primo inizio e quindi entrare in discussione e in dialogo con tale inizio che è l'inizio "al fine di percepire la voce della disposizione e destinazione future".

Quanto alla questione dell'inizio per i Greci, Heidegger scrive che tre sono quelli che lui chiama i pensatori iniziali: Anassimandro per primo e poi Parmenide ed Eraclito. Ed invece la Tradizione di pensiero storiografica ha accomunato questi tre pensatori a tutti i pensatori che precedono Platone e Aristotele, definendoli viceversa "pensatori primitivi"(32). Risalire al pensiero dei pensatori iniziali è quindi un'operazione assai complicata e tuttavia possibile, che richiede innanzitutto l'uso di un metodo, laddove il termine greco di riferimento per Heidegger non indica "un procedimento con l'ausilio del quale l'uomo attua il suo assalto indagatore e inquisitorio nei confronti degli oggetti. (Il termine) è il 'restare sulla via', e precisamente su quella via che non è pensata dall'uomo in quanto 'metodo', bensì viene indicata dall'ente e attraverso l'ente che si mostra, è in tal modo già è" (122).

Tradotto, per così dire, significa che occorre necessariamente partire dal testo, e in definitiva dal testo di Parmenide. Rispetto al quale, ma è solo un esempio, perché lo stesso accade in relazione ad ogni ente, "la traduzione (n.d.r.: un termine equivalente a rappresentazione) ne contiene già l'interpretazione. Tale interpretazione ha bisogno tuttavia di una delucidazione. Eppure né la traduzione né la delucidazione hanno un peso fintanto che ciò che è pensato nella parola di Parmenide non ci tocca direttamente. Tutto dipende dal nostro prestare o meno attenzione al richiamo proveniente dalla parola pensante. Solo così, prestando attenzione al richiamo, conosciamo il detto … Il pensare è l'attenzione per l'essenziale, e in essa consiste il sapere essenziale" (34), in una ritrovata identità di pensiero e essere che trova assoluta conferma nei frammenti del Filosofo di Elea.

Il discorso (logos) di Parmenide è introdotto da una dea, che è la dea "Verità", e pertanto l'indagine sull'inizio parte esattamente da qui, dal significato correttamente inteso del termine greco alethéia, supposto quale derivazione del termine lethe e prefissato dall'a che indica in genere negazione o contrapposizione, e quindi in definitiva: a-lethéia.

Severino, commentando il testo di Heidegger, scrive che "nell'antica lingua greca (…) la parola viene solitamente tradotta con la parola 'verità', ma la … traduzione più appropriata, e anche più letterale, è appunto 'dis-velamento' (dove il prefisso 'dis' corrisponde all'alfa privativo di a-létheia). Per i Greci la 'verità' è un trar fuori dal 'velamento', ossia dalla léthe – dalla latenza. Il 'disvelamento' non un atto umano (n.d.r.: il corsivo è mio). Heidegger lo interpreta come una luce che sorge dall'oscurità (a cui è quindi essenzialmente unita) e che illumina le cose; e aggiunge, spintovi dal senso greco di quella parola, che tale luce, ancor prima di illuminare le cose, quindi indipendentemente da esse, apre una 'radura' luminosa che non è costituita da alcun ente e non rappresenta alcun ente, ma è, appunto, l''essere' di ogni ente (n.d.r.: il corsivo è mio) …".

E tuttavia, le parti del testo trascritte in corsivo mettono in luce, qui, non più un'incompleta e pur sempre inesatta, ma addirittura una mancata corrispondenza con il detto di Heidegger: l'ente, che è svelato nel dis-velamento, è "svelato nel riparo del senza-fondo dell'aperto (del libero) dell'essere … In quanto aperto, l'aperto salva il sito (n.d.r.: il corsivo è mio) essenziale dell'uomo, se non altro perché solo ed esclusivamente l'uomo è quell'ente per cui l'essere si apre nella radura" (268). E tuttavia, accade che "dal momento che anche lo svelato dell'ente può apparire e appare soltanto nell'aperto dell'essere, l'uomo, in un primo momento, e poi d'improvviso costantemente, si attiene solo all'ente. Egli dimentica l'essere, e in tale dimenticare impara un'unica cosa: il disconoscimento dell'essere e l'estraniamento nei confronti dell'aperto" (269).

Ma dov'è in-sita tale radura? E' una dimora che può essere abitata dall'uomo?

Nella ripetizione che appartiene a Severino, il linguaggio tradisce piuttosto le origini della sua critica e caratterizza, a differenza dei pensatori iniziali, ed in particolare di Parmenide, il suo pensiero anch'esso come un pensiero metafisico; sì che, dice Heidegger, "non giungiamo quindi mai all'aperto in quanto essenza dell'alethéia finchè ci limitiamo ad ampliare, per dir così costantemente e gradualmente, l'aperto nel senso dell''esteso' o del 'libero' a noi dapprima noto facendolo diventare un gigantesco contenitore che tutto 'abbraccia'. Intesa in senso stretto, l'essenza dell'aperto si svela soltanto a quel pensiero che tenta di pensare l'essere stesso così come ci viene suggerito nella storia occidentale e in quanto nostro destino, come il da-pensare nel nome e nell'essenza dell'alethéia (266)". E dunque, allora, in definitiva: "cos'è per noi l'essenza della verità?" (287).

Heidegger così conclude: "L'indicazione (n.d.r.: dell'accenno iniziale del corso riferito all'ambito da cui parla la parola di Parmenide) data da questo accenno si riferiva al luogo verso cui il pensatore iniziale è in cammino, cioè la dimora della dea Alethéia. Solamente a partire da tale dimora (n.d.r.: accessibile all'uomo), infatti, anche il vero e proprio viaggio del suo esperire riceve l'indicazione riguardo alla via. La dimora della dea è il luogo del primo arrivo della peregrinazione pensante, eppure è al tempo stesso quel punto di partenza del viaggio del pensiero che definisce tutti i riferimenti dell'ente" (287), ovvero l'essenza dell'ente che, esperito, non ha bisogno di alcun pensatore, in quanto "'l'essenza' della dea si compie proprio nell'abitare" (287). E pertanto: "L'Alethéia è lo svelamento che salva in sé ogni sorgere e ogni apparire e scomparire. L'Alethéia è l'essenza del vero: la verità. Quest'ultima è essenzialmente presente in tutto ciò che essenzialmente è, ed è l'essenza di ogni 'essenza': l'essenzialità. Farne esperienza è la destinazione del pensatore che pensa in modo iniziale. Il suo pensiero riconosce nell'essenzialità l'essenza della verità (non soltanto quella del vero) in quanto verità dell'essenza" (288).

Ma, qui resta ancora un ultimo punto da discutere. Severino scrive anche che, in relazione a quanto afferma Heidegger, e precisamente che "la volontà di potenza appartiene al tramonto del senso greco originario dell''essere'", "qui non si tratta di mettere in rilievo la profonda arbitrarietà di questa interpretazione (n.d.r.: il corsivo è mio), ma di richiamare l'attenzione sulla chiarezza con cui (nell'opera) Heidegger mostra il legame che unisce il velamento dell''essere', alla volontà di potenza, al nuovo senso della verità, affermato dal mondo 'romano-cristiano', e all'errore-il legame che porta al tramonto la grecità originaria e da cui sarà guidata l'intera storia dell'Occidente (n.d.r.: il corsivo è mio)".

Ma, ancora secondo l'analisi del pensiero di Severino, in cosa consisterebbe fondamentalmente questa "profonda arbitraria interpretazione" da cui deriverebbe "l'errore-il legame che guida l'intera storia dell'Occidente" e che, come viceversa abbiamo già visto, non conduce necessariamente al tramonto della grecità originaria, che peraltro "nell'ambito da cui parla la parola di Parmenide non può tramontare"?

Scrive allora Severino: "Heidegger trascura anche questa volta che lo stare saldamente diritto è il significato più proprio di ciò che i Greci chiamano sin dall'inizio epistéme e che noi traduciamo impropriamente con la parola 'scienza'(il corsivo è mio); ma intanto egli può affermare che nel mondo 'romano', 'imperiale', 'curiale', 'cristiano' il senso autentico della verità come 'disvelamento' è andato perduto … 'La dimenticanza dell'essere … induce in errore la storia dell'umanità'. Un discorso chiaro, dunque, che giudica negativamente quella storia – e quindi anche il cristianesimo. Ma perché, allora, proprio in quegli anni Heidegger scriveva che il suo pensiero lasciava impregiudicati i problemi dell'esistenza di Dio e dell'immortalità dell'anima, che il cristianesimo risolve positivamente? (il corsivo è mio)".

Anche qui vorrei partire dalla parte finale del commento, per ribadire che la questione dell'esistenza di Dio e dell'immortalità dell'anima appartiene piuttosto all'ambito della metafisica e pertanto nulla ha a che vedere con il pensiero iniziale e quindi dei pensatori iniziali. Semplicemente, accade che "l'essenza della verità in quanto essenza della veritas e della rectitudo trapassa nella ratio dell'uomo … La ratio è una facultas animi, una facoltà dell'animo umano, il cui actus ha luogo all'interno dell'uomo. Distinta dalla ratio è la res, la cosa" (109). E dunque, "alla fine della metafisica occidentale la giustizia ha la propria essenza nell'imperativo della volontà di potenza" (112) e l'intera storia dell'Occidente, al tramonto (storiografico) della grecità, è così pensata da Heidegger in termini negativi. Non così, s'intende, da parte di Severino.

Nell'intera opera di Severino il discorso scientifico approda all'uso della tecnica, che a giudizio del filosofo finisce con il determinare il rovesciamento del rapporto di mezzo e scopo; nel senso da lui più volte chiarito, "trasformata da mezzo in fine, la tecnica ha conquistato il dominio sul mondo contemporaneo: il suo potere assoluto rappresenta il dispiegamento totale del carattere tecnico che a partire dai Greci l'Occidente attribuisce all'uomo" (In Il destino della tecnica, 1998). La tecnica e l'uso che ne deriva è avvertita pertanto da Severino (e dai metafisici moderni) come una (più grave) minaccia per l'uomo, e non viceversa come una possibilità o meglio ancora sarebbe un'opportunità che possa condurre al (temuto) "Paradiso artificiale" dell'"Apparato tecnologico-scientifico"sia pure nella vagheggiata forma di un destino postumano "nel quale eliminare definitivamente la conflittualità religiosa e ideologica e soddisfare i bisogni dell'intera umanità, sia 'individuali' che 'spirituali'"(Dario Smizer).

Nel Parmenide di Heidegger, la rappresentazione della tecnica è invece cosa del tutto diversa. Egli infatti scrive: "Forse il problema molto dibattuto se sia la tecnica a rendere suo schiavo l'uomo, o se sia l'uomo a dominare la tecnica, è già un problema superficiale, poiché ci si dimentica di domandare quale sarebbe l'unica specie di uomo in grado di esercitare un 'dominio' sulla tecnica. Le 'filosofie' della tecnica si comportano come se 'la tecnica' e 'l'uomo' fossero due 'grandezze' e due cose in sé lì presenti, come se cioè il modo in cui l'essere stesso appare e si sottrae non avesse già deciso circa l'uomo e la tecnica, vale a dire circa il rapporto fra l'ente e l'uomo, dunque la mano e la parola, nonché il loro dispiegamento essenziale" (166).

Inscritto nel percorso della metafisica occidentale, anche il pensiero di Emanuele Severino subisce pertanto quel destino che non vorrebbe gli appartenesse, che trova fondamento nella "metafisica di Platone e Aristotele" e quindi nella "metafisica medioevale del cristianesimo" e infine nella "metafisica dei moderni" (280). Quella stessa metafisica che, con le parole di Severino "oltre l'uomo e oltre Dio", non può che approdare a nient'altro che a "una sorta di cristianesimo fallito" (281). Ignorando o piuttosto abbandonando la via, semplice e immediata, che conduce all'essenziale.


http://www.mondadoristore.it/Parmenide-20-Angelo-Giubileo/eai978882755833/