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venerdì 25 luglio 2025

STONEHENGE-Massi mossi dagli Umani...

 https://www.ansa.it/canale_viaggi/notizie/mondo/2025/07/24/ricerca-gb-scioglie-mistero-massi-di-stonehenge-mossi-dalluomo_87fecba0-3592-4171-80f6-5d6f64c3698a.html

..I Grandi massi disposti in circolo nel sito neolitico britannico di Stonehenge, nella contea inglese del Wiltshire, furono collocati nelle notte dei tempi da mani umane laddove tuttora si trovano: meta d'attrazione ogni anno per milioni di visitatori, curiosi e cultori del New Age.

...STONEHNGE....

lunedì 24 marzo 2025

SERGIO ALTAFINI-Poesia Sonora-Letteratura a Ferrara..

 https://www.ferraratoday.it/eventi/presentazione-libro-sergio-altafini.html

Giovedì alle 18 al circolo Acli di Pontelagoscuro arriva il terzo appuntamento della rassegna Righe di Periferia. In programma c'è la presentazione di un libro particolare 'Soggetti smarriti. Racconti da vedere' di Sergio Altafini. 

L’autore con i propri studi accademici e l’esperienza professionale, ha maturato varie competenze specialistiche nell'ambito della produzione culturale. La comunicazione artistica l’ha visto presente, nel tempo, come autore e che come organizzatore di eventi di letteratura sperimentale anche a livello internazionale. 

In questa sua ultima produzione Altafini propone storie brevi, sequel, da leggere e immaginare, da udire con la mente. Racconti estremi, invocanti umanità, narrazioni senza tempo. Di ogni tempo, per chi non ha tempo, per chi vuole il suo tempo.

Nuova presentazione per SergioAltafini,  a suo tempo protagonista a Ferrara per la cosidetta Poesia Totale o Sonora (A Spatola docet...Pignotti), noto anche come Archeologo in tempi piu recenti. Chi scrive lo ricorda, ancora con affetto per una lontana nostra collaborazione, in certo modo a Sivilla,Van Gogh 2ooo, 1990, poesia sonora al grande pittore dedicato, su indicazione proprio di Altafini  AsinoRosso





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Sergio Altafini presenta il suo nuovo libro al Circolo Acli di Pontelagoscuro
https://www.ferraratoday.it/eventi/presentazione-libro-sergio-altafini.html
© FerraraToday

mercoledì 12 marzo 2014

Filippo Venturini, la morte dopo lo specchio...



Un’altra volta il sentimento della morte appassionò ed inalzò la mia anima per modo che tutte le apparenze vi si riflettevano con trasfigurazioni di poesia[1].

Lo specchio è una componete del corredo funebre in varie civiltà, si pensi, ad esempio, ai numerosi reperti etruschi, ornati da immagini mitologiche. Quest’oggetto ci da informazioni sul sesso del defunto, in genere una donna, sulla sua appartenenza ad un élite, si tratta di oggetti di pregio e sul livello culturale, del quale possono essere testimonianza le raffigurazioni mitologiche. Siamo però nel campo dell’archeologia come scienza, cioè come raccolta e possibilmente, distaccata analisi di dati, che non è quello che interessa in questa sede. Si vuole infatti usare questi documenti come pretesto per riflettere sulla morte. Se provassimo a proiettare la nostra vita verso quella che è l’unica nostra certezza, ci troveremmo immediatamente a compierne un sunto e a contemplarlo, ci vedremmo, cioè, per quello che siamo veramente. La morte è specchio della vita.
In tombe maschili di varie civiltà e culture, anche in questo caso, non si procede scientificamente, ma, usando i dati archeologici come spunto per una riflessione, si trovano armi sia di offesa che di difesa, come gli scudi, quest’ultimo tipo di oggetto ha, almeno nel mondo greco-romano, la stessa funzione dello specchio. Sarà sufficiente ricordare il celebre mosaico della battaglia di Alessandro, nella villa del Fauno a Pompei, ove un guerriero persiano si specchia sullo scudo di un mercenario greco, vedendovi  la propria morte. Nella Domus IX, 1, 7 di Pompei, c’è una pittura in cui Efesto mostra le armi di Achille a Teti, in particolare regge lo scudo, nel quale la madre del Pelide si specchia, vedendosi atteggiata in una posizione funebre, che ricorda quella delle figure femminili nel sarcofago detto delle piangenti di Istambul. Ancora una volta lo scudo-specchio dice la verità, Teti si vede per quello che è: una madre in lutto e non si tratta di una previsione di un futuro altrimenti ignoto, infatti sin dal momento in cui ha scelto di partire per Troia Achille ha accettato di morire giovane e Teti questo lo sa benissimo.
La morte è specchio, dunque misura della vita, poiché riflette la verità[2]. Non è un caso se le prime, più antiche manifestazioni artistiche, ma forse è meglio dire culturali, sono comparse nel momento in cui l’uomo è diventato consapevole della morte e quindi ha imparato a conoscere se stesso, avendo un metro e uno specchio[3]. La prima percezione della morte dovette comportare anche quella del caso come signore dell’esistenza, alla quale è stato quindi necessario dare un senso, quindi la nascita della cultura è intimamente connessa con un profondo e spontaneo atto di volontà, al cospetto della morte, alla quale si oppone la memoria, la tradizione.
Una società che ritiene la morte come qualcosa di sconcio, da nascondere, da allontanare il più possibile, non tanto come fatto ineluttabile, ma come idea, pensiero, quella è anche una società anticulturale, cioè una società nella quale l’uomo cessa di darsi una forma, commisurandosi con quel supremo metro di paragone che è la morte e vive abbandonato al caso, una vita di mille stimoli, sollecitazioni, eccitazioni, letterarie e non, al solo fine di stordirsi. Società della retorica. L’uomo è tale proprio per il sentimento consapevole della morte, che non hanno gli animali, al livello dei quali viene riportato da una raffinatissima e avanzatissima società della retorica, nella quale la cultura è casuale abbandonarsi, cioè non è più cultura, quest’ultima presuppone, infatti, non un abbandono, ma una volontà, una disciplina. Nel vocabolario compatto indoeuropeo c’è un termine: WEI che accomuna il valore verbale del “volere” con quello nominale di “forza”[4]. Forza e volere sono le scintille che scaturiscono dalla frizione fra la nostra finitezza e la consapevolezza della morte. L’interrompersi di questo continuo confronto con la morte porta alla fine delle civiltà, poiché porta alla fine della cultura la quale assomiglia al patrimonio genetico nel senso che, nell’una come nell’altro vi è un passaggio di informazione da una generazione all’altra. Il genoma si trasmette tramite la duplicazione del DNA; l’informazione culturale passa dalle cellule nervose del cervello di un individuo a quelle di un altro…per la gran parte le mutazioni culturali sono innovazioni volute e dirette a qualche fine[5]
Ecco quindi il supremo atto rivoluzionario e restauratore: pensare alla morte, affrontarla, nel senso di proiettare il nostro esserci in essa, quindi specchiarvisi.
I più ardimentosi potranno anche scegliere di porsi volontariamente in condizioni di pericolo, ma basterebbe applicare scientemente alcuni principi senechiani…meditare mortem…
Meditare mortem è anche confronto con il prossimo, la cui esistenza segna un limite della nostra, quindi una fine nella quale specchiarsi, misurarsi, riconoscersi, non sfuggirà che nelle società della retorica, in cui la morte è sconcia, gli uomini sono profondamente soli, ancorché immersi in una continua ridda di reciproci contatti motivati, però, solo dall’egoismo del preservarsi, da qui il  carattere fortemente prosaico di questa società fondata sulla furbizia, cioè sulla disonestà e sulla tirannia di un altro elemento assolutamente retorico: il tempo d’orologio. Quest’ultimo implica anche una visione storica retorica, basata su singoli fatti giustapposti in sequenza come secondi e minuti, scanditi dalla lancetta dei signori di turno. Dal momento che la quantità e anche la qualità di questo tempo sono state aprioristicamente stabilite e permettono di vivere distogliendo perennemente lo sguardo dall’”Orco”, non se ne mette in dubbio il senso generale, ma ogni singolo fatto viene scandagliano esaminato custodito incasellato, secondo quella cieca morale da carrettieri già stigmatizzata da altri[6], ai sensi della quale si pone la storia su di un piedistallo, nel momento in cui si presume anche di sancirne la fine. Una siffatta società non può che essere anche laica, poiché distogliendo lo sguardo dalla morte non può certo specchiarsi in Dio: “Dio stesso è lo specchio…..E’ nello specchio che si compie l’unione come un’uguaglianza pura e indifferenziata….” (Meister Eckhart)[7], ma nel momento in cui il caso sembra riprendersi ciò che gli spetta e improvvisi elementi di crisi pongono i componenti di questa società di fronte alla morte, allora diventa disperatamente laica, anzi violentemente atea e ferinamente egalitaria e libertaria: la reazione di chi vede la propria fine e specchiandovisi ha paura di ciò che vede. Quando questa società contempla la morte, giunge alla convinzione che la vita sia una battaglia persa ed è allora che si fa nuovamente tempo per chi s’è ostinato a difendere posizioni irrimediabilmente perdute, senza per questo ritenere giusto abbandonarle e specchiandosi costantemente nella possibilità d’essere annientato s’è dato una forma ha creato un impero interiore.
La sovranità interiore è il principal segno dell’aristocrate[8].....

 Filippo Venturini




[1] G. d’Annunzio, Le vergini delle rocce, Milano 1995, p. 99.
[2] Apuleio, De Magia XIII-XVI
[3] F. Martini, Archeologia del Paleolitico, Urbino 2013, pp. 65-75.
[4] G. Devoto, Origini Indoeuropee, Padova 2005, p. 249.
[5] L. L. Cavalli-Sforza, Geni, Popoli e Lingue, Milano 1996, pp. 253-254.
[6] F. Nietszche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita, Milano 1998, p. 63.
[7] T. Burckhardt, Considerazioni sulla conoscenza sacra, Milano 1987, p. 71.
[8] G. d’Annunzio, Le vergini delle rocce, Milano 1995, p. 30.

sabato 10 settembre 2011

LAVORO E AZIONE

LAVORO E AZIONE


C’è un Dio in noi, ci entusiasmiamo, quando questi ci sprona:
in tale impeto è l’essenza della mente divina.
Soprattutto a me è stato lecito avere visto il volto degli Dei,
o perché sono Vate o perché canto argomenti sacri(1).



Che senso hanno i così detti “studi classici” oggi? Di fatto nessuno e questo perché al di là delle belle frasi retoriche, si tratta d’un campo di ricerca che non produce alcun effetto materiale, immediatamente fruibile. In parte si salva l’archeologia, in quanto contribuisce materialmente al turismo.
Al di là dei vari problemi contingenti ritengo che quello fondamentale sia che: tutto oggi è lavoro e così l’archeologo, il filologo, lo storico sono come il muratore, l’operaio, il dentista….Finché si valutano certi studi con il metro del “lavoro” risulteranno sempre inutili, saranno sempre più sviliti, per renderli sempre più lavoro, ma non potendo essere tali, finiranno con l’essere eliminati, allora definitivamente si profilerà quanto afferma Dumézil: “un popolo senza leggende è destinato a morire dal freddo” o peggio divenire, preda o integrarsi con i popoli che di leggende e miti ne hanno ancora operanti nella realtà quotidiana. L’esempio pratico è l’assimilazione di buona parte d’Europa alla cultura americana, che al di là di ogni valutazione personale è indubbio che si sia ammantata d’una alone mitico, leggendario, che ha finito per essere spiegazione anche per il quotidiano europeo e non solo.
Esiste qualche punto di contatto fra la cultura americana e “tradizione” europea, ma cosa avverrebbe con culture estremamente, totalmente, diverse che si trovassero ad avere lo stesso ruolo che hanno avuto gli Stati Uniti negli 100 anni?
“La parola «lavoro» ha sempre designato le forme più basse dell’attività umana, quelle appunto che sono condizionate più univocamente dal fattore economico. Tutto quanto non si riduce a simili forme è illegittimo chiamarlo lavoro; la parola da usare è invece: azione: azione e non lavoro è quella del capo, dell’esploratore, dell’asceta, dello scienziato puro, del guerriero, dell’artista, del diplomatico, del teologo, di chi pone una legge o di chi la infrange, di chi è spinto da una passione elementare o guidato da un principio”. La citazione di Evola serve a quietare la mia coscienza dopo avere dato ragione a Marx, ma, scherzi a parte, è qui indicata la salvezza. Alla riunione premanifesto a Roma, tenutasi ad aprile, ho sentito alcuni affermare che Evola non appartiene al nostro passato, ma alla nostra preistoria. Il non essere dogmatici è senz’altro un presupposto fondamentale per sviluppare un’azione che produca un qualche frutto e non fare della semplice testimonianza, ma è vero che molte delle idee espresse da Evola sono oggi molto più che attuali, quasi lucidamente profetiche e questo, forse, perché come affermava Eliade: “Evola non ha idee che gli siano proprie”. Non intendo spiegare Evola a nessuno, ci mancherebbe, dico solo che dei punti di riferimento ci vogliono, almeno per chi non è ancora un “Individuo Assoluto”.
La perdita d’importanza degli studi classici è un fenomeno che s’è sempre più aggravato a partire dal dopoguerra. E’ ovvio che a monte ci siano motivi ideologici ben precisi, senza scendere troppo nel particolare di cose ben note, basti pensare che vengono considerati eroi coloro i quali aiutarono eserciti stranieri a invadere e conquistare il suolo patrio, mentre quelle minoranze, determinate a fare sì che ciò non avvenisse, come ad Anzio, vengono considerate nemiche della patria. Ciò è come se gli Elleni avessero chiamato Efialte eroe, liberatori i Persiani e delinquenti, taglia gole i 300 al seguito di Leonida. Una totale inversione di valori è a monte dell’Italia liberata, non è una novità, inversione, anche questa simboleggiata dal corpo appeso a testa in giù, di colui che fu quasi smembrato. Lo sparagmòs(smembramento) è un momento topico del rituale dionisiaco è un episodio fondamentale della vita, del Dio delle Donne e del Toro, come lo chiama Kerenyi, seguito da masse invasate e cantanti, al quale si rifacevano i tyrannoi dell’antichità, spesso finiti smembrati anch’essi, non è un caso se il termine tyrannos sia di origini orientali e indichi un dio dell’abbondanza, della vegetazione rigogliosa.
La storia ha indubbiamente un profondità, una terza dimensione, come dimostrano queste analogie.
Inversione dei valori è anche l’importanza data al lavoro: “Il mondo antico non disprezzò il lavoro perché conobbe la schiavitù ed erano degli schiavi a lavorare, ma al contrario perché disprezzò il lavoro esso disprezzò lo schiavo…al lavoro come ponos, oscura fatica vincolata al bisogno, si opponeva l’azione: l’uno il polo materiale, greve, oscuro; l’altra il polo spirituale, libero, staccato dal bisogno”, come non citare anche “Rivolta”! Le Lettere, la Storia, l’Archeologia sono state investite da una concezione da schiavi, come avrebbero potuto non degradarsi?
La distanza che la così detta “gente comune” ha, prova, sente verso l’antico, sia esso letteratura o reperto, monumento è anche imputabile ad un fatto tutto contingente, materiale: il sempre più massiccio uso di potenti macchine per il movimento terra e la costruzione.
Un tempo quando ogni costruzione comportava un largo impiego di lavoro umano, si “andava al risparmio”, cioè si cercava di usare quanto già presente, quindi resti medievali, romani, sia come “cave” dalle quali prelevare materiali edili, sia come fondamenta per le nuove strutture: quante chiese, castelli, palazzi sorgono su strutture più antiche. Nella pratica quotidiana, quindi, il mondo antico era sentito, come imprescindibile presupposto del presente, come fondamento, inamovibile di quello, anche dagli illetterati, che certo non saranno stati capaci di distinguere un opus vittatum augusteo da una muratura altomedievale, ma sicuramente consideravano quei resti come fondamentali per la loro esistenza. Tutto ciò oggi è venuto meno.
Gli archeologi spesso si trovano a lavorare in cantiere, fianco a fianco con gli operai, a diretto contatto con i costruttori, spesso non proprio coltissimi, ma non si può se non raramente agire positivamente su questi, poiché i secondi pagano e perdono tempo nella loro ottica; mentre i primi sono quasi sempre stranieri e hanno ben poco interesse alle radici di un popolo, al quale non appartengono e che essi stessi vedono non tenere poi tanto alle sue stesse radici.
In alcuni casi si riesce ad esporre parte dei reperti in loco, allestendo delle bacheche permanenti nelle fabbriche, negli uffici, nei condomini costruiti sul sito, ma il risultato è modesto.
Le rivoluzioni si fanno dall’alto, allora è dalle accademie, che deve partire l’azione, devono sparire gli oziosi lavoratori dell’intelletto, i colletti bianchi della cultura, i proletari delle lettere e come?
Una soluzione credo sia senz’altro quella di ricominciare ad emozionarsi, a sognare, a ragionare per ampi orizzonti, creando quegli spazi, anche mentali, spirituali, sconfinati, nei quali è possibile agire. In questo senso è esemplare l’azione svolta da A. Carandini negli ultimi 20 anni, durante i quali ha scavato tra Campidoglio, Foro, Velia e Palatino, cioè nel cuore di Roma, cioè nel cuore d’Europa, giungendo ad una conclusione che può essere così sintetizzata: “il mito dice il vero”. Per chi fondi la propria visone del mondo su autori come Evola, Eliade, Jünger, solo per citarne alcuni, questa potrebbe sembrare una frase lapalissiana, ma se si considera quale sia stata la tendenza che ha dominato certi studi dal dopoguerra ad oggi è una frase rivoluzionaria, nel senso tradizionale, vero di questo termine.
Carandini è uno studioso di formazione marxista, che fonda o meglio fondava, la propria visione del mondo sul materialismo storico, quindi il procedimento rivoluzionario, deve averlo prima di tutto realizzato in se stesso, non ha certamente compiuto a cuor leggero certe affermazioni: “ le favole avevano nella protostoria un’energia propulsiva e il nostro materialismo, razionalismo e laicismo fanno velo nel capire, che sono state proprio quelle magiche potenze le più vere matrici delle azioni umane di allora. In queste circostanze il mito è una realtà e la storia non è che una sua metafora” (2), cioè detto in termini marxisti: le sovrastrutture sono strutture. “non ha senso liberare l’entità storica da quella sovrumana”(3) . Non si vuole tessere il panegirico di Carandini, ma mostrare come questi abbia allargato gli orizzonti degli studi archeologici, costretti entro dogmi laici come “il divieto di risalire oltre le colonne d’Ercole del VII secolo, dettato dalla scarsa fiducia nei miti” (4). Questi dogmi furono imposti dal dopoguerra in poi, da studiosi come il Momogliano ipercritici nei confronti delle fonti e iperazionalisti, tanto da inaridire le fonti della cultura del popolo Italiano, a questo, in ambito archeologico, ha contribuito l’esaltazione del reperto di per sé, legato al dato stratigrafico, studiato ed interpretato, completamente avulso dal contesto culturale, letterario, al quale apparterrebbe, in nome della così detta “cultura materiale”: infinite teorie di cocci, frammenti scultorei e quant’altro, accompagnati solo da una datazione, che spesso risultano anonimi irrilevanti anche agli specialisti, se non ne sono gli scavatori, a maggior ragione risultano incomprensibili e superflui all’uomo comune. Strano e triste paradosso questo, visto che uno dei pionieri della stratigrafia fu Giacomo Boni: l’antitesi dell’arido studioso iperazionalista, data la sua sincera fede nella Religione Romana, come se quanto più scavasse tanto più venisse compenetrasse la tradizione, d’innanzi al muro del tempo, anziché limitarsi a contarne i mattoni(gli strati), a rilevarne le misure, sentì che “Non solo l’uomo crea uno strato, ma lo compenetra di spirito. Ciò conferisce a quello strato della terra che gli appartiene e forse anche all’intero suo pianeta, una luce speciale”(5) . Chi semplicemente “lavora” non può percepire ciò, ma solo chi agisce, chi irrora del proprio spirito ogni sua azione.
Il più superficiale degli strati in genere viene detto strato agricolo, quello intriso del sudore di generazioni e generazioni, nate, vissute, morte calpestandolo, spesso del tutto inconsapevolmente, questo è lo strato della Storia, roboantemente scritta con la S maiuscola, così come secondo alcuni andrebbe scritta la parola Lavoro: gli stessi che scrivono Storia. Quindi il più superficiale degli strati si chiama Storia: teoria di fatti, reperti, di ogni entità e grandezza, accumulatisi, spesso per pura inerzia, quei fatti, quei reperti, verso i quali nutrono una passione feticista coloro che si riducono, per questo, ad essere:”risonanza passiva, che agisce a sua volta con le sue vibrazioni su altre nature passive dello stesso genere”(6) . Se provassimo a immaginare quale vantaggio possa derivare reciprocamente a due operai che si descrivano a vicenda le loro quotidiane azioni meccaniche, alla catena di montaggio, quanto vantaggio ne possa derivare a chi si trovi ad ascoltarli e capiremmo quanto vantaggio derivi dai discorsi degli zelanti catalogatori, lavoratori della cultura.
“Oppure si può sposare la tesi secondo cui l’uomo con una vieppiù crescente consapevolezza (…) penetrando strato dopo strato(il più superficiale dei quali viene chiamato storia) arrivi in certa misura ad attingere il fondo originario, spiritualizzando e rendendo attive parti di esso. Là dove avverrà il contatto vi saranno risposte straordinarie” (7). Questo indubbiamente fece il Boni, non a caso detto “Vate del Palatino”, proprio nel senso dei versi ovidiani citati in apertura.
Qualcosa di simile ha fatto, sta facendo il Carandini, che ha rimosso la Storia, ciò che è transeunte, effimero, per giungere all’essere, la percezione del quale rende essenziale anche la storia, che allora diviene simbolo, di una realtà più profonda, percepibile a seconda delle naturali predisposizioni e attitudini, quindi, come tutti i simboli creatrice di gerarchie, cioè di ordine, di oggettività.
Come chi uscito dalla caverna delle ombre di Platone, poi vi fa ritorno per portare alla conoscenza quanti ancora sono lì dentro, Carandini ha dato vita ad una attività pubblicistica di tipo divulgativo, con testi come: “Roma il Primo Giorno” di semplice rapida lettura, ma dal forte significato simbolico, vettoriale. “Il 21 aprile, prima dell’alba Romolo esce dalla capanna in cui abita(8) : per fare cosa?Vicino c’era un’altra capanna a due ambienti, che poteva accogliere i culti di Marte e Ops, la dea dell’opulenza. Le due capanne sorgevano dove prima sorgeva un'unica più ampia capanna, corrispettivo archeologico di quella di Acca e Faustolo. Dopo avere sacrificato il re si reca verosimilmente al centro del lato occidentale del Palatino e qui crea un secondo templum per osservare gli uccelli, rivolto anche questo al monte Albano. Definisce prima di tutto i limiti alla radice del monte entro i quali desidera che scenda la benedizione divina o augurium(da augere: aumentare)….Segna poi questi limiti, a partire dai quattro angoli del monte, facendo infliggere in terra pietre terminali, che costituivano il pomerium o limite continuo, da immaginare dietro alle mura che sarebbero poi state edificate. Nella visione del re ugure ciò rappresentava il prospetto della sua futura Urbs”(9). Dato di scavo e mito convergono, dimostrando, chiaramente come lo strato superficiale della storia, una volta rimosso, venga ricomposto e dotato di veridicità, di fondamento proprio dal mito. La reazione che si prova davanti a ciò è lo stesso solco primigenio della Città, che esclude o include. L’impassibilità, l’indifferenza di qualche uomo comune, come quel popolano che fischietta noncurante d’innanzi alle Terme di Caracalla, nell’omonima lirica del Carducci; così come il distacco razionalista, il sarcasmo scettico, che alcuni studiosi potrebbero provare, sono altrettante condanne all’esclusione e al sacrificio qualora cerchino di penetrare quel sacro recinto: Sic deinde quincumque alius transiliet moenia mea!10). L’emozione che in un primo spontaneo moto fa vibrare all’unisono i cuori del professore, dell’operaio, del libero professionista è l’oggettività che li include entro quel sacro recinto, che li unisce indissolubilmente a formare un popolo, la profondità d’intuito, invece ne definisce i rapporti gerarchici, al colmo dei quali ci sarà chi entusiasmato giunga a vedere il volto degli dei, divenendo così Vate: uomo d’azione: Vir.
Nella descrizione del Carandini,ove il mito sostanzia la storia, l’azione di Romolo si compie ciclicamente ogni 21 aprile, come la nascita di Cristo ogni 25 dicembre, a tal proposito: “Come la basilica costantiniana di Betlemme era sorta sulla grotta dell’epifania di Gesù ai pastori, così la basilica di Anastasia poteva essere sorta sopra l’ingresso al Lupercale, la grotta dell’epifania di Romolo ai pastori e al porcaro Faustolo”(11) , ancora una volta il potere legante ed escludente del simbolo, non può che essere cartina di tornasole, per rivelare la necessità di escludere da una comunità, chi non ne rispetta e riconosce ciò che oggettivamente la lega. Di fronte ad un tale accostamento quanti vorrebbero costituire un’Europa sulla base di radici giudaico-cristiane, è chiaro che, nella migliore delle ipotesi, non sappiano di cosa parlino, dato che le radici sono incontestabilmente: Romano-Cristiane. Nella peggiore delle ipotesi, quanti parlano a favore delle radici giudaico-cristiane, sono in malafede, questo binomio che sarebbe a fondamento della civiltà occidentale è una delle armi propagandistiche più forti dei gruppi di cristiani evangelici, estremamente diffusi oltreoceano, che sono: antieuropei, antiromani, anticattolici, ai quali è anche riconducibile un gruppo di cristiani sionisti, che insieme a più potenti organizzazioni ebraiche come AIPAC influenzano in modo nefasto la politica americana in Medioriente, si tratta dei: Christian United for Israel(CUFI)(12) . Ecco che si è appena dimostrato, come degli studiosi, che siano degli uomini d’azione, non dei lavoratori catalogatori, alienati dal lavoro, investirebbero inevitabilmente anche ambiti del vivere quotidiano, della politica, dell’economia, partecipando all’azione storica/spirituale del proprio popolo, anzi alimentandola, mantenendone viva l’oggettività. Questo non, agendo istrionicamente come certi intellettuali alla moda, sentenziano, spocchiosamente e superficialmente su qualsiasi argomento, ma occupandosi del proprio campo d’azione.

(1) Ovidio, Fasti, VI, 5-8
(2)A. Carandini, La Nascita di Roma, Torino 1997, p. 7
(3)Ibid., p.8
(4)Ibid., p.14
(5)E. Jünger, Al muro del tempo, Milano 2000, p.190
(6)F. Nietszche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita, Milano 1998, p. 49; si veda anche l’epilogo di G. De Santillana, Il Mulino di Amleto, Milano 2004, pp. 381-398.
(7)Jünger, op. cit., p.190
(8) Capanna che lo studioso identifica: A. Carandini, Roma il Primo Giorno, Bari 2007, p.45.
(9)Ibid., pp. 44-47.
(10)Liv., I, 7
(11)A. Carandini, La Casa di Augusto dai Lupercalia al Natale, Bari 2008, p. XVI
(12)J.J. Mearsheimer, S. M. Walt, La Israel Lobby e la politica estera americana, Milano 2007

martedì 29 giugno 2010

Archeologia a Salemi

 

Mokarta[1].jpg SALEMI – «Archeologia a Salemi: passato, presente e futuro» è il titolo di una conferenza, promossa dal Comune di Salemi, in programma mercoledì 30 giugno alle 18,00 nei saloni del castello normanno-svevo.

Oltre a Vittorio Sgarbi, tra i relatori ci saranno Giuseppe Gini della Sovrintendenza dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana («L’archeologia nella provincia di Trapani»), Oscar Belvedere dell’Università degli Studi di Palermo («La Carta archeologica del territorio di Salemi»), Michael Kolb della Northen Illinois University («Scavi archeologici nel centro urbano di Salemi: passato e futuro»), Sebastiano Tusa della Soprintendenza del Mare («Il sito archeologico di Mokarta e la Scuola di Archeologia a Salemi»), Rossella Giglio del Servizio per i Beni Archeologici della Soprintendenza di Trapani («Un Museo archeologico a Salemi»).


L’organizzazione logistica è stata curata da Salvatore Denaro e Mariella Spagnolo. Il moderatore sarà l’assessore ai Beni Culturali Bernardo Perrier Tortorici Montaperto.


«Attualmente – spiega il Vice Sindaco Antonella Favuzza - è presente in città un gruppo di archeologi americani coordinati dal professore Michael Kolb, al quale il Comune, con la collaborazione del gruppo archeologico «Xaire», ha garantito supporto logistico ed organizzativo. Il loro lavoro negli anni a Salemi ha permesso di ricostruire con nuove informazioni le diverse fasi della fondazione della città, oltre a portare alla luce straordinari reperti. La conferenza servirà dunque a fare il punto sugli scavi fin qui condotti e a esaminare le proposte per migliorare la fruizione dei reperti raccolti»

 

l’Ufficio per la Comunicazione

0924 – 991401 e 0924-991400

331-1708195,380-5475045

ufficiostampa@cittadisalemi.it

 


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Il mistero dei bambini del passato in Gran Bretagna

da Guida Latino SuperEva  Vittorio Todisco/Taras 66
 

Scoperti in Gran Bretagna i corpi di bambini morti ad appena 40 giorni di gestazione o uccisi dopo la nascita

 
Una notizia sensazionale pubblicata oggi dal TELEGRAPH di Londra: i corpi di 97 bambini ritrovati nell'area di un vecchio bordello frequentato dai Romani. Gli archeologi suppongono che questo sito fosse usato per seppellire bambini nati prematuri o uccisi subito dopo la nascita perché non voluti dalle loro madri. Certo si tratta di una ipotesi che tuttavia non sembra faccia una piega considerata la mentalità degli antichi Romani e le usanze dell'epoca circa la contraccezione non sempre efficace. Il lavoro si presenta alquanto difficile per gli addetti ai lavori in Buckinghamshire.
 
 
*Una risposta immediata al servizio del TELEGRAPH sui neonati sepolti nel Buckinghamshire durante la presenza Romana
Una risposta al servizio del TELEGRAPH. anzi più di una, se consideriamo il DAILY MAIL, l' INDEPENDENT e vari blog di specialisti del mondo antico. In particolare ritengo significativa la risposta data da Rosemary Joyce, giornalista e docente, esperta di problemi sociali. Una risposta che dimostra la serietà del suo impegno nello sviscerare i problemi del mondo antico, mettendoli a confronto con il mondo moderno. Purtroppo non sempre si ha la lucidità e la consapevolezza di trovarci di fronte a società diverse, a cui non è possibile attribuire i nostri parametri e valutare con lo stesso nostro criterio. Questo è antistoricismo, concetto fondamentale che tutti gli studenti di liceo e universitari conoscono, o dovrebbero conoscere.
 


 


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mercoledì 7 aprile 2010

Indiana Jones ferrarese in Georgia

ARCHEOLOGI.jpgda Estense Com

C’è il timbro di Ferrara nella straordinaria scoperta archeologica avvenuta recentemente in Georgia per opera di un moderno “Indiana Jones” di Unife. Il prof. Livio Zerbini dell’Università di Ferrara e il prof.  Vakhtang Licheli dell’Università di Tbilisi hanno scoperto una antichissima necropoli nascosta per secoli e secoli nel territorio georgiano.

La Georgia, nella cui parte occidentale si trova l’antica Colchide, custodisce ancora ben conservata una storia plurisecolare, che addirittura risale alle origini della nostra civiltà. Crocevia di importanti vie di comunicazione tra l’Occidente e l’Oriente, la Colchide divenne spesso, nel corso della storia, il centro dell’attenzione di grandi imperi e stati...

continua

http://www.estense.com/indiana-jones-ferrarese-scopre-antica-necropoli-040300.html

domenica 30 agosto 2009

IL TROFEO DI TEOTOBURGO? di Vittorio Todisco

IMPERATORE AUGUSTO.jpgRitrovato un trofeo della famosa disfatta di Teutoburgo?

In questi giorni c'e' un grande fermento fra gli studiosi tedeschi di storia romana ed esperti di archeologia per il ritrovamento casuale di alcuni frammenti in un vecchio letto del fiume Giessen di una grande statua equestre di bronzo dorato. I frammenti più importanti purtroppo riguardano soltanto la testa del cavallo, uno zoccolo, parte delle briglie ed una scarpa del cavaliere. Tutto il resto, oltre 100 pezzi, sono interamente da ricomporre nella statua originaria. C'e' tuttavia una serie di interrogativi da parte di vari esperti che riguardano l'attendibilita' dell'ipotesi finora accreditata, ovvero se si tratta realmente dell'imperatore Augusto che regnava all'epoca della disfatta del 9 d.C. o di qualche altro personaggio, per es. Druso che ebbe l'incarico di ritornare sul luogo del disastro e riportare in patria i resti mortali o i cimeli dei legionari caduti a migliaia nella imboscata delle tribu' germaniche. Qualcuno arriva a supporre che possa trattarsi anche di Tiberio. Ma tutto e' nella mani di una commissione di esperti. Comunque l'avvenimento e' stato riportato da vari giornali in lingua inglese, oltre ovviamente ai giornali locali in lingua tedesca. Interessante il video del DER SPIEGEL che riporta una panoramica del luogo dove e' avvenuta la scoperta, nonche' la documentazione dell'annuncio ufficiale dato alla stampa dagli incaricati del governo.
 


 VIDEO http://www.youtube.com/watch?v=aoDDlKY3cH0

ULTIMI GIORNI DI POMPEI di Vittorio Todisco

da Vittorio Todisco supereva-latino

Last days of Pompeii (Gli ultimi giorni di Pompei) su YouTube

L'eruzione del vesuvio che nel 79 d.C. seppellì sotto una valanga di cenere, fango e lapilli una delle aree più popolose e più ricche della Campania, viene ricordata come una delle catastrofi più dannose che siano mai avvenute sul nostro pianeta. Pompei è rimasta la città simbolo di questo luttuoso evento del passato, al quale, però, se ne sono aggiunti altri in tempi a noi più vicini, tutti indicati da appositi link...
 
continua
 

 

 VIDEO http://www.youtube.com/watch?v=Oc4qi03QgOg

domenica 2 agosto 2009

DALLO SPAZIO RINASCE L'ANTICO...

ARCHEOLOGI.jpgRitrovata Altino, la citta' Romana scomparsa nel nulla

*from SuperEva Guide Latino

Ancora un ritrovamento fortunato grazie alla moderna tecnologia. Altino, antica città romana abbandonata dai suoi abitanti dietro la minaccia dell'invasione di Attila, poi lentamente sparita nel nulla, di recente ritrovata grazie alle foto aeree scattate per conto della compagnia Telespazio.
Lo studio delle immagini ha consentito di individuare il sito dove sorgeva una citta' con un porto attivissimo, che anticipo' lo sviluppo di Venezia.
 
 

http://www.youtube.com/watch?v=AAtkRYBzXpE VIDEO 

sabato 21 marzo 2009

CITTA' DI SALEMI MOSTRA ARCHEOLOGICA

 sgarbi 2.jpg

CITTA’ DI SALEMI

Provincia di Trapani

Gabinetto del Sindaco - Ufficio per la Comunicazione

Sede: Via La Rocca - 91018 Salemi-

Telefono 0924 - 991 406 – Mobile: 347 – 96 89 937 * 380 – 54 75 045

Email: ufficiostampa@cittadisalemi.it – Web: www.cittadisalemi.it

   Archeologia: in mostra

i reperti del sito di Mokarta

 SALEMI –  Venerdì 20 3  alle ore 12, 00 nei locali della Biblioteca comunale «Simone Corleo» Vittorio Sgarbi ha inaugurato una importante mostra dal titolo «Reperti archeologici restaurati del sito preistorico di Mokarta».

 La mostra, promossa dal Comune di Salemi in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Trapani, rimarrà aperta per un mese con i seguenti orari: 9-13 / 15-18.

L’allestimento è stato curato dagli archeologi

Mariella Spagnolo e Pierre Citerne.

CITTA’ DI SALEMI - Ufficio per la Comunicazione

Nino Ippolito 

 

(*Il progetto Terremoto di Sgarbi Toscani Cecchini e l'incredibile città siciliana

si arrichisce ulteriormente con quest'iniziativa squisitamente culturale: tra arte,

futurismo sociale, Grande Politica, Turismo, Gastronomia al quadrato, eccetera,

l'esperimento di Salemi è già un esempio concretissimo di fare cultura politica economia

marketing istituzionale inedito nel panorama nazionale attardato... Asino Rosso)

 www.cittadisalemi.it

http://www.youtube.com/watch?v=1dnzi2j7Wt8&feature=related Filmato

 

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