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venerdì 17 aprile 2009

WEB & POLITICA

orwell.jpgGentiloni: Carlucci, D'Alia e tutto il resto
di: Giacomo Dotta


Interessante intervista di Vittorio Zambardino a Paolo Gentiloni. L'ex ministro delle Comunicazioni ha detto la propria a proposito delle proposte D'Alia e Carlucci, spiegando come e perché non siano cosa buona. Ed ha difeso il proprio operato da ministro.

Una intervista, un riassunto, un commento generale: il dialogo tra Vittorio Zambardino e Paolo Gentiloni riesce a fare un completo punto della situazione dopo che nelle settimane scorse le proposte di legge relative al Web si sono sovrapposte creando non poco scompiglio. Solo una di esse, infatti, è arrivata a compimento (D'Alia), mentre altre (Carlucci, Barbareschi) si sono arenate in una fase antecedente in attesa di arrivare nelle sale di dibattito istituzionale.
Zambardino introduce anzitutto la proposta Vita-Vimercati, chiedendo a Gentiloni un'opinione in merito: «le questioni che noi poniamo sono 4 e sono tutte grosse: la prima, l'accesso per tutti e quindi il tema della banda larga; la seconda è la neutralità della rete, la terza è il sostegno al software libero e la quarta la trasparenza nei siti della pubblica amministrazione. Noi le vogliamo imporre all'attenzione del dibattito parlamentare, altrimenti qui si finisce col parlare solo di filtri e limitazioni [...] Si tratta di influire su questa ondata di iniziative, anche un po' disordinate, di maggioranza e governo. Sono iniziative da cui temo escano proposte infelici, prenda il lavoro del comitato interministeriale appena insediato. C'è da temere una riedizione dell’inattuabile decreto Urbani».
L'analisi di Gentiloni, ex Ministro per le Comunicazioni, non si limita al caso italiano: la Francia (con la cosiddetta "dottrina Sarkozy") ed il Regno Unito (con la proposta di schedare i 27 milioni di partecipanti ai social network) vanno di pari passo con il nostro paese, partorendo proposte frutto della paura. Per quanto riguarda l'Italia, invece, il monito va tanto contro l'emendamento D'Alia quanto contro la proposta di Gabriella Carlucci: «Dove l'errore è non capire che non si parte da zero, ci sono state esperienze pregresse che dovrebbero insegnare qualcosa. Il decreto Urbani, del 2003/04, prevedeva la repressione del peer to peer, dei download, e si è rivelato del tutto irrealizzabile, inattuabile. Una legge sbagliata. Mentre nel mondo invece ci sono esempi positivi, con offerte di contenuti a prezzi controllati [...] Funzionano i modelli dove l'industria culturale prende l'iniziativa e capisce che per evitare che la rete le provochi danni irreparabili bisogna inventare, capisce che non bisogna chiedere l'intervento della polizia, ma bisogna adottare una tattica zen, capire la rete e avere un'offerta coerente con i suoi meccanismi distributivi».
A domanda specifica relativamente all'emendamento Cassinelli (quello che potrebbe raddrizzare il tiro all'emendamento D'Alia), la risposta è interrogativa e di stampo politico: «Con tutte le fiducie che ci faranno votare nelle prossime settimane?». L'emendamento D'Alia, insomma, potrebbe passare direttamente proprio nel voto di fiducia sul decreto sicurezza: «Potrebbe succedere. A questo proposito mi faccia dire che il mio decreto, quello approvato quando ero ministro delle comunicazioni, permette alla polizia postale di intervenire rapidamente contro i responsabili dei reati. Qui nessuno vuole la libertà di delinquere, ma davvero c'è una foga repressiva...».
L'intervista si conclude con alcune considerazioni sulle Raccomandazioni provenienti dall'Europa e sulla necessità di un approccio del tipo "laissez faire", con lo Stato defilato e pronto ad intervenire senza cedere alle tentazioni repressive. Dulcis in fundo, una ammissione: Paolo Gentiloni, l'ex-ministro blogger, oggi è catturato da «un'arma di distrazione di massa altrimenti detta Facebook»: oltre 5000 contatti ed una piattaforma usata anche per programmare incontri e comunicazioni private.

GIACOMO DOTTA

(a cura di David Palada)

http://www.google.it/search?hl=it&q=GENTILONI+E+IL+WEB&btnG=Cerca+con+Google&meta=&aq=f&oq=

http://blog.vnunet.it/2006/11/video_il_minist.html  FILMATO

domenica 8 marzo 2009

FREE INTERNET IN FREE WORLD!

internet 2.jpg
Questo articolo è tratto da www.webnews.it. L’Asino Rosso lo ripropone in versione integrale.
A cura di David Palada (david.palada@libero.it)

Assoprovider: La rete? Non la si disegna così
di: Giacomo Dotta
Assoprovider ha diramato un duro comunicato con il quale boccia totalmente le misure abbozzate da Gianpiero D'Alia, Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi per regolamentare il rapporto tra cittadini e Web: gli ISP non siano i poliziotti della Rete
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> «La rete non si disegna così». Non impeccabile nella forma, ma sicuramente efficace nella sostanza: è questo il "claim" che Assoprovider utilizza per portare il proprio punto di vista ufficiale sui recenti fatti di cronaca che avevano visto la Rete nel mirino di alcuni provvedimenti legislativi tra i quali il noto emendamento D'Alia. Un punto di vista ufficiale da parte degli Internet Service Provider è il tassello che mancava al dibattito in corso: gli ISP sono stati infatti tirati in ballo con decisione dai provvedimenti legislativi abbozzati, ed ora è Assoprovider a mettere insieme le opinioni provenienti dal mercato su di un intervento politico già bocciato da più parti.
> Il comunicato Assoprovider introduce, anzitutto, il contesto sul quale intende intervenire, precisando che non ci sia di mezzo soltanto l'emendamento D'Alia: «Negli ultimi mesi sono stati presentati diversi disegni di legge rivolti alla regolamentazione della rete: tutti sembrano sottintendere la scarsa conoscenza del mezzo e la sua colpevolizzazione insieme ad una una sorta di rinuncia a perseguire il vero colpevole dei reati commessi sulla rete. Ci riferiamo all'Emendamento D'Alia al Ddl sulla Sicurezza, al Ddl Carlucci e al Ddl Barbareschi. Le conseguenze derivanti dall'applicazione di tali disegni di legge sarebbero gravissime: perdita di diritti civili e costituzionali, adozione di pratiche di censura, obblighi identificazione preventiva, attribuzione di compiti di polizia ad entità private.».
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> Il comunicato entra quindi nel merito della discussione in atto: «A fronte di una appurata difficoltà nell'identificazione del responsabile del reato si rinuncia a cercarlo per scaricare tutte le responsabilità sul Provider che diviene contemporaneamente "sia la guardia che il ladro": un'entità privata viene infatti investita, per giunta totalmente a sue spese, del ruolo di controllo dell'operato degli Utenti e contemporaneamente diventa corresponsabile delle violazioni commesse da altri. Per contro tali misure si rivelano del tutto inefficienti nel perseguire lo scopo che si prefiggono: infatti per sua stessa natura la rete internet consente sempre agli utenti la costruzione di meccanismi di elusione non appena esista anche un solo nodo fuori dal controllo del censore, figuriamoci quando i nodi fuori dal controllo sono quelli di intere nazioni. Ricordiamo che in Italia fino all'ultimo grado di giudizio tutti sono innocenti salvo sentenza passata in giudicato contraria e questo deve valere anche per i reati commessi su Internet: gli imputati non devono subire danni fino a quando non sono condannati in un regolare processo. Quando si tratta di internet sembra invece che le libertà fondamentali degli individui passino in secondo piano rispetto alla ricerca esasperata di un controllo che non si riesce ad ottenere. Il legislatore deve attivare gli strumenti e le norme che rendano la Società della Informazione non una formula vuota ma il modello della società del futuro, smettendo di far calare dall'alto norme che spesso denotano scarsa conoscenza degli argomenti trattati, ma coinvolgendo in modo permanente i cittadini e gli addetti ai lavori».
 
Riassumendo:
• è sbagliato attribuire ad una azienda privata come un ISP la responsabilità di monitorare l'operato dei cittadini ed a maggior ragione è sbagliato attribuirvi un ruolo di corresponsabilità;
• le misure previste sono del tutto inefficaci, soprattutto in ambito internazionale;
• il giudizio deve giungere da un processo ed un ISP non può sostituirsi alle istituzioni annullando la presunzione di innocenza.
Il giudizio di Assoprovider, insomma, è completamente contrario alle leggi formulate ad oggi (non è citato l'intervento dell'on. Cassinelli, il quale gode pertanto per ora del beneficio della fiducia delle parti). Scontata, quindi, la chiosa della comunicazione diramata: «Assoprovider si opporrà come sempre ad ogni tentativo di attribuire agli Internet Service Provider il ruolo di Poliziotti della Rete. Ci auguriamo che i parlamentari sia del governo che dell'opposizione respingano questi disegni di legge che rischiano di far pervenire all'Italia provvedimenti in sede internazionale ed europea ed accuse di censura».

 
www.webnews.it
 
http://www.youtube.com/watch?v=OBMXHMf6oa0&feature=related  filmato

 


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