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La Psicoanalisi restituisce il senso della vita vera. S. Thanopulos,
Presidente SPI, intervistato da D. D’Alessandro, Huffpost 20/12/2024
A colloquio con il presidente della SPI, che traccia un bilancio
del suo operato mentre si avvia a chiudere il mandato di quattro anni:
“È un’esperienza che prescinde da un disagio, restituisce alle persone
il senso della vita vera fatto di desideri, di emozioni e di pensieri
affettivi che sentono il respiro, i colori, le forme, i profumi e la
musica del mondo”
1 Che cosa hanno rappresentato per te questi anni di Presidenza della Spi?
Il momento più importante e impegnativo del mio lungo servizio alla
“causa” psicoanalitica. La fase più intensa della mia militanza in
difesa di una psicoanalisi appassionata, amante e promotrice del
pensiero critico, rigorosa nella sua ricerca teorica e clinica,
culturalmente aperta e dialogante, sensibile alle questioni sociali,
amica e sostenitrice della Polis democratica. In prima linea nello
spazio della cura psichica e nella difesa della salute pubblica.
Orgogliosa della sua tradizione e del suo sapere complesso, ma anche
modesta, capace di apprendere dall’esperienza e dai suoi errori,
rispettosa e curiosa nei confronti degli altri saperi.
2 C’è stato un solo attimo in cui hai detto: chi me l’ha fatto fare?
Fare il presidente della Società Psicoanalitica Italiana è oneroso, a
tratti davvero difficile. Devi mediare tra l’autonomia preziosa,
feconda delle esperienze locali e la necessità di una composizione dei
tanti fermenti in una cultura scientifica unitaria. Evitare le
dispersioni e le frammentazioni del pensiero e la formazione di realtà
autoreferenziali e di scompartimenti stagni.
Il presidente resta sempre profondamente legato al suo lavoro di cura
e dedica alla sua attività di coordinamento dell’attività scientifica,
socioculturale, formativa, che è molto complessa e ampia, il suo tempo
libero. Nulla può essere considerato come suo merito personale, ma se
qualcosa va male ne è il primo responsabile.
Ci sono stati momenti in cui ho affrontato un’opposizione
pregiudiziale. La mia politica di “apertura” sociale e culturale è stata
vista da una parte dei soci con diffidenza, era in effetti una cosa
nuova come orientamento “ufficiale” della SPI. Le critiche “per partito
preso” sono emotivamente difficili da gestire perché la nostra è una
comunità fatta di legami scientifici, culturali ma anche molto
affettivi. Tuttavia, se fare il presidente comporta lo svantaggio di
essere il potenziale bersaglio di malumori e di scontenti vari, al tempo
stesso ti dà il privilegio di essere esonerato dalle reazioni
personali. Così le tensioni dentro di te e dentro gli altri si
allentano.
Quindi non ho mai pensato “chi me l’ha fatto fare”. Anche perché per
fortuna, amo l’amicizia e in questi anni non mi sono mai sentito solo.
3 Mi descrivi la comunità della Spi? Da chi è composta, cosa si agita all’interno, qual è la missione che è chiamata a perseguire?
La SPI ha 1050 soci. Distribuiti in 13 Centri nel territorio
nazionale. Il suo Istituto Nazionale di Training, che si occupa della
formazione dei futuri analisti, è diviso in 4 sezioni. Attualmente ha
circa 300 allievi. Pubblica la Rivista della Psicoanalisi e Psiche, una rivista che affronta temi sociali e culturali.
Attraversata da tutte le correnti del pensiero psicoanalitico, la SPI
è probabilmente la Società psicoanalitica più plurale come orientamento
scientifico e culturale. Il suo pluralismo è la fonte della sua
ricchezza, ma porta con sé il rischio della separazione delle
prospettive, di una crescita disomogenea e dispersiva. C’è
un’opposizione silenziosa tra un rigore teorico che rischia di cadere
nell’esegesi e un relativismo clinico che rischia di cadere in una
cultura della cura un po’ approssimativa. Tra queste due opposte
tendenze, c’è una vasta area di contaminazioni feconde che soffre,
tuttavia, della solita contrapposizione, presente oggi in ogni campo del
sapere, tra la difesa acritica della tradizione e il “nuovo che avanza”
con la pretesa di farsi verità.
La missione della SPI consiste essenzialmente in quattro punti:
- Dialogare con la grande tradizione del suo sapere clinico e teorico per creare idee nuove (Deleuse);
- promuovere la cura psichica a partire da un presupposto fondamentale: la soggettivazione dell’esperienza;
- leggere in modo rigoroso e approfondito il “disagio nella civiltà”,
capace di cogliere le sue caratteristiche strutturali (lontano dagli
sguardi superficiali del pensiero “mainstream”);
- trasmettere la psicoanalisi come sapere critico e dialogante
indissociabile dalla cura di sé, degli altri e degli spazi sociali e
culturali della convivialità nella Polis
4 In tante istituzioni due mandati non si negano ad alcuno. Perché la Spi mantiene l’obbligo di uno solo?
Intanto è un mandato quadriennale. Fare il presidente per 8 anni
comporta il rischio di personalizzazione della gestione della Società.
Inoltre, è davvero un compito oneroso.
5 Quali sono le cose importanti che credi di aver fatto e che cosa non sei riuscito a fare e magari avresti tanto voluto?
Per prima cosa abbiamo riportato con forza in vigore il principio
della “presenza” nella nostra attività scientifica nazionale e nella
formazione, rendendo la partecipazione dal “remoto” periferica,
supplementare. Abbiamo ribadito la priorità degli impegni nazionali su
quelli locali, collaborando con i Centri nella loro definizione e
organizzazione. Abbiamo rinforzato nella SPI lo spirito unitario che la
pandemia aveva indebolito.
Dopo anni di reciproca incomprensione con le forme riformiste della
Salute Mentale, attente al legame tra disagio sociale e sofferenza
psichica, è stato avviato un rapporto di dialogo e di collaborazione
importante. Questa collaborazione che ha il suo atto fondativo nel Manifesto della Salute Mentale
ha come suo scopo la difesa della riforma Basaglia, oggi largamente
abbandonata, e il rinnovamento del suo spirito di umanizzazione della
cura. Per l’uso ragionevole (non puramente sedativo) dei farmaci, per il
reinserimento delle persone sofferenti nel contesto lavorativo,
culturale e politico della loro comunità e, questione centrale,
l’elaborazione del loro dolore, l’espressione delle loro emozioni e la
valorizzazione della loro esperienza soggettiva.
È attiva una collaborazione con le Università di Calabria e di Verona
(dipartimenti di Filosofia), con La Sapienza (dipartimento di Lettere),
con la fondazione AREL e con la Scuola di formazione Donne al Governo.
Sono stati istituiti, con la convergenza di forze interdisciplinari, un
Osservatorio Nazionale sulla Migrazione (con la partecipazione di
psicoanalisti, esperti della migrazione, magistrati) e un Osservatorio
sulla violenza nei confronti delle Donne sulla base di un protocollo di
intesa tra la Corte della Cassazione, la Federico II di Napoli
(Filosofia del Diritto). La SPI oggi è attiva nella vita culturale e
sociale italiana e riconosciuta come un’importante voce critica e
costruttiva al tempo stesso.
La nostra Società è stata la prima a segnalare con preoccupazione le
grandi criticità del trattamento della disforia di genere con i
bloccanti della pubertà. Si è mossa con spirito di collaborazione fedele
alla sua adesione al rigore scientifico e alla sua opposizione a ogni
infiltrazione ideologica della cura. Abbiamo affrontato con serenità la
disinformazione di cui la nostra iniziativa è stata oggetto e insistito
perché si dialogasse. I fatti ci hanno dato ragione. Più in generale la
SPI si è fatta fortemente carico di una difesa dello spazio della cura
psichica contro la sua medicalizzazione (la pretesa che ogni forma di
malessere sia di origine biologica) e la sua psicologizzazione (la
pretesa di costruire “stili di vita” capaci di produrre benessere).
C’è una delusione innegabile per l’interruzione di una collaborazione
che prometteva molto con il Ministero della Salute nell’ambito dello
sforzo di restituire vita e centralità all’interno del Servizio pubblico
alla riforma Basaglia. Il cambio di indirizzo politico nel governo del
Paese ha fatto cadere un progetto di importanza vitale e lo
scoraggiamento degli operatori, il peggioramento progressivo della
formazione e della qualità della cura e e l’assenza di una prospettiva
credibile crea gravi danni le cui conseguenze peseranno sul futuro di
tutti. In un momento di grande malessere psichico dell’intera società
(in modo particolare per gli adolescenti) la situazione della Salute
Mentale è davvero avvilente. Nonostante tutto, le basi per ripartire ci
sono. La SPI può sere protagonista di un rinnovamento profondo della
cultura e della prassi della cura che richiede ora più che mai un grande
sforzo formativo.
6 Qual è lo stato della psicoanalisi oggi in Italia?
La psicoanalisi ha molte espressioni: la SPI, la psicoanalisi
lacaniana, la psicoanalisi junghiana, diversi indirizzi di psicoanalisi
di bambini e di adolescenti, varie forme di psicoterapia ad orientamento
psicoanalitico di gruppo, di famiglia, di coppia, individuale. La sua
grande diffusione è indice di forza e di ricchezza. Tuttavia, dove
l’espansione è disordinata si crea un problema di qualità. La
psicoanalisi, che è una prassi clinica inattuale, lontana dalle mode e
dai dispositivi consolatori, va nella direzione opposta alla regressione
culturale della nostra epoca che ha fatto della negazione del dolore il
suo obiettivo. La SPI ha la grande responsabilità, perché è la Società
psicoanalitica italiana con la storia, la struttura, la cultura
scientifica più complesse, ricche e solide, di mantenere vivo il legame
tra il rigore teorico e clinico e la libertà di pensiero che fa della
psicoanalisi lo strumento più raffinato e efficace della cura psichica
intesa come restituzione di un senso personale alla propria vita.