sabato 7 febbraio 2015

10 ANNI di Fusoradio - Festeggiamo al Fusoradio Carnival Party e ai MEI


10 ANNI di Fusoradio - Festeggiamo al Fusoradio Carnival Party e ai MEI
10 anni insieme trasmetti e festeggia con noi
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10 ANNI DI FUSORADIO LA NOSTRA WEBRADIO

 primo meeting delle etichette indipendenti (MEI) a Roma, Domenica 8 Febbraio

FUSORADIO CARNIVAL BIRTHDAY VALENTINE QUELLO CHE TE PARE PARTY

Il party dei parrucconi SABATO 14 FEBBRAIO

**** LOCATION DA 1200MQ ****
FUSOLAB 2.0 Viale della Bella Villa 94 (alessandrino-casilina) ROMA
BIGNAMI DELLA FESTA
Ingresso 5 euro mascherati, 500 euro senza maschera !
Chiappe alzate! Chi non balla è perduto!
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6 Dj-set - 3 SALE
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dalle 22.30
LIVE degli ANTISTAMINA! a seguire
Sala Madison Square Garden
Dance anni 90 - Italia 90 - Tutti a 90 NO trash
80's, Wave, Rock, Electro
Funk-Acid Jazz-Disco
Sala Empire State Building
HipHop - House
Reggae, Dancehall, Latino, Black
Sala ammucchio a lume di candela con una donna che non è la tua
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Bar a prezzi popolari
Spazio Trucco e Parrucco
Pillola rossa per le donne
Pillola blu per gli uomini
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Sesto Fusoradio Carnival Party
Quinto Fusoradio Carnival Party
Quarto Fusoradio Carnival Party I
Quarto Fusoradio Carnival Party II
Terzo Fusoradio Carnival Party
Secondo Fusoradio Carnival Party
Primo Fusoradio Carnival Party
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Questa è la newsletter delle attività del Fusolab (corsi, concerti, mostre, cinema, progetti)

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Periferica #artisact - Festival di arti digitali e interattive

 Redazione  by  FUSOLAB/ROMA CREATIVA
Periferica #artisact - Festival di arti digitali e interattive
Dal 16 al 21 Febbraio @ Fusolab 2.0 

Periferica #artisact
Interactive and digital art festival

Periferica #ArtIsAct intende costruire nuove visioni e narrazioni collettive della realtà urbana mixando media tradizionali e strumenti collaborativi ed interattivi. Il festival si propone come interfaccia tra il territorio, il cittadino e la rete attraverso l'ibridazione di linguaggi artistici diversificati.
Periferica #ArtIsAct è una delle prime iniziative in Italia dedicate all'arte interattiva e digitale, un tipo di arte che trova senso unicamente in presenza di partecipazione attiva del pubblico: lo spettatore diviene spett-attore e l'opera stessa non esiste se il fruitore rimane passivo. Questo concetto si mutua nella città che prende forma solo se gli abitanti partecipano alla sua costruzione e al suo sviluppo: ed è proprio questa l'immagine che ha suggerito il nome della prima edizione del festival, denominata ―Urban Breaths, Respiri Urbani, perché incentrata sull'arte come linfa vitale per la città.
Il festival offre un ricco calendario con oltre 60 proposte afferenti a 3 aree:

- Live performance: musica elettronica, vjing, live cinema, danza interattiva, videomapping achitetturale e video teatro;
- Interactive experience: installazioni, software, hack, net e games art;
- Learning act: workshop, talk e laboratori per bambini.
Il programma completo più di 60 eventi
Maggiori info sui workshop
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Le origini della seconda guerra mondiale nella fine della prima guerra mondiale.

Benché Russia e Germania fossero entrambe sconfitte nel 1918, i risultati dell'una e dell'altra disfatta furono assai diversi. La Russia scomparve di vista: il suo governo rivoluzionario, la sua stessa esistenza, furono ignorati dalle potenze vincitrici. La Germania restò invece unita, riconosciuta dai vincitori. La decisione che finì per portare alla seconda guerra mondiale fu presa, per motivi altissimi e delicatissimi, pochi giorni prima della fine della prima guerra: e fu la decisione di concedere l'armistizio al governo tedesco. Questa decisione fu assunta principalmente per motivi militari: l'esercito tedesco era stato battuto sul campo; era in ritirata, ma non era stato né messo in rotta, né distrutto. Gli eserciti francese ed inglese, seppur vittoriosi, erano prossimi all'esaurimento. Era difficile misurare dall'esterno la misura del collasso tedesco. Soltanto Pershing, il comandante in capo delle truppe americane, non temeva i rischi di una nuova campagna: le sue forze erano fresche ed intatte: gli sarebbe spingersi fino a Berlino (circostanza rinvitata solo di 27 anni e che avverrà nel 1945 in condomino con i russi, che peraltro arrivarono per primi nella capitale tedesca), un altro incentivo per il generale a stelle e strisce era poi l'idea che nel 1919 gli americani si sarebbero trovati a reggere il peso maggiore del proseguimento della guerra e avrebbero potuto quindi imporsi agli Alleati quasi nella stessa misura che ai tedeschi, come non avrebbero invece potuto nel 1918. Per le potenze europee, però, questo era un motivo per porre termine al conflitto al più presto possibile. Gli americani, del resto, non avevano concreti scopi bellici, né precise rivendicazioni territoriali da avanzare. Sembrerà paradossale, ma questo li rendeva meno ansiosi di giungere all'armistizio con la Germania: essi volevano solo la resa incondizionata della Germania ed erano intenzionati ad insistere per ottenerla. Anche gli Alleati volevano la la sconfitta della Germania, ma avevano pure urgenti aspirazioni pratiche. Sia la Gran Bretagna che la Francia, infatti, volevano la liberazione del Belgio, mentre i francesi, dal canto loro, volevano la liberazione della Francia nord-orientale, e gli inglesi volevano lo smantellamento della flotta tedesca: tutte cose che si potevano ottenere con un armistizio. Come potevano i due governi giustificare un ulteriore spargimento di sangue di fronte ai loro popoli stanchi della guerra? Ma anche prescindendo da ciò, un armistizio, come lo cercavano i tedeschi, avrebbe soddisfatto le finalità più generali degli stessi Alleati. Questi avevano, infatti, sempre dichiarato di non volere la distruzione della Germania: essi avevano combattuto per dimostrare ai tedeschi che una guerra d'aggressione non si può vincere. Ora la dimostrazione c'era. Ovvio che per gli Alleati, ma anche per i generali tedeschi la Germania era stata battuta; solo più tardi ci sia accorse che la cosa era meno ovvia per il popolo tedesco. Ma nel 1918 sembrava che il popolo tedesco avesse dato anch'esso il proprio contributo perché la guerra finisse. gli Alleati avevano in genere dichiarato, se pur non compatta unanimità, cdi combattere contro l'imperatore tedesco e i suoi consiglieri militari e non contro il popolo tedesco: adesso la Germania era divenuta una monarchia costituzionale, e prima della fine del conflitto, diventò una repubblica, con un governo democratico, che riconosceva la sconfitta ed era pronto a cedere tutte le conquiste tedesche ed accettava come base per una pace futura i principi idealistici del presidente americano Wilson. Principi che anche gli Alleati, se pur a malincuore, accettavano con due riserve. Tutto quindi deponeva a favore dell'armistizio, e poco contro. L'armistizio fu più che una cessazione del fuoco. Le sue clausole furono accuratamente formulate in modo che la Germania non potesse riprendere il conflitto. Su queste ed altre successive vicende si tornerà in altra occasione, significando comunque che le origini della seconda guerra mondiale vanno lette assolutamente in quei momenti.
Casalino Pierluigi, 7.02.2015

venerdì 6 febbraio 2015

Anniversario del poeta Robert Brasillach

 Pierfranco Bruni


Il 6 febbraio di 70 anni fa veniva ucciso il poeta Robert Brasillach
Nel Settantesimo dell'uccisione la poesia diventa la luce di generazioni che amano la coerenza

Robert Brasillach, a 70 anni dalla morte, (Perpignan, 31 marzo 1909 - Forte di Montrouge, 6 febbraio 1945) ha una voce che si fa inquietudine e armonia. Si fa rapimento esistenziale e superamento di qualsiasi disperazione. Poetica dell'attesa della rivelazione pur fortemente consapevole dell'innocenza in un destino che accomuna sacrificio e fede.
Una poesia che si raccoglie in una parola che sembra dettata come preghiera e si canta come se fosse una recita di rosario. Si tratta di una poetica, quella di Brasillach, che ha due punti di riferimento letterari ma anche due espressioni ontologiche. Nel 1990  nella mia monografia dedicata a Brasillach cercai di sottolineare l'importanza del poeta e dello scrittore attraverso l'armonia della fede e della grazia.
Poesia della tensione ma anche della distinzione. Poesia del conforto ma anche della fede. E' un cantico non dell'esperienza ma un poema unico battuto sulla corda di una religiosità quotidiana. Dopo i romanzi e dopo la costruzione di alcuni straordinari e riusciti personaggi che raccontano avventure (da René e Florence a Fabrizio e Caterina dalle voci del tempo al gioco dei colori, da Giovanna D'Arco a Virgilio), dopo il dramma e il destino (che ha coinvolto Brasillach stesso in un comune destino con i suoi stessi personaggi) di quella stagione in cui la giovinezza era saper correre senza timore nella vita e nei sogni e in cui la giovinezza non era soltanto "una primavera di bellezza" ma l'ancoraggio ad un tempo che supera la storia e si fa appunto avventura e destino la poesia, come parola in versi e come poetica dell'essere o come poesia-vita, è riconquista del cuore dell'uomo.
Tutto ci parla e sul piano letterario affiora il poeta che sa del destino della poesia, che sa del destino del linguaggio che raggiunge le epoche nascoste e sa catturare i segreti. Appunto nelle ultime pagine poetiche Brasillach affida tutto alla parola. La parola stessa "scavata" nel cuore e nell'animo diventa la sola compagna del suo destino. E' una poetica della distinzione perché in essa la parola non è soltanto uno strumento di comunicazione ma è soprattutto l'anima di un pensare che oltre la cronaca, oltre la tragedia, oltre la morte la rivelazione esiste. E la poesia si fa segno premonitore, gesto risolutore, superamento della realtà.
Al di là c'è sempre qualcosa che va oltre. E la poesia per Brasillach disegna la poetica non solo dell'attesa e siglando la voce del destino prepara non l'angoscia del domani ma la serenità del dopo. Brasillach non soffre con i suoi fantasmi: dai morti di febbraio al canto di Andrea Chènier, dai personaggi del Vangelo ad egli stesso personaggio. Ma è come se giocasse senza ritualità, senza nascondersi ma raccontandosi come avviene nei passaggi di Spoon River di Lee Masters.
Proprio per questo è piuttosto una poesia della riconciliazione che sembra sottoscrivere un testamento sia esistenziale che spirituale. Un testamento di fede. Si pensi ai versi di "Getsemani". La metafora del tradimento inquieta Brasillach. Ma ciò che trionfa è la figura di Lazzaro: "Tutto è possibile quando Voi volete, Signore./Il catenaccio viene tirato sulla soglia della prigione,/Il fucile s'abbassa davanti al bersaglio,/I morti già pianti escono dal sepolcro".
Brasillach sa guardare la morte in faccia e senza timore ci lascia la sua "accettazione". Ecco, tra l'altro, è una poesia dell'accettazione. Mai della disperazione. E il linguaggio dei suoi versi è sofferto sul piano espressivo perché ondeggia tra la recita e il diario. Versi raccolti come un diario. O un diario raccontato in versi. Ma la poesia è una lunga tensione tra la vita e l'attesa e riesce ad assorbire la straordinaria manifestazione di un incontro, che non è mai cortocircuito. L'attesa-speranza di Brasillach.
Sempre nel gioco infinito (e indissolubile) del tempo-memoria. Un tempo che non cancella i ricordi nel quotidiano ma i ricordi stessi si fanno metafora del sempre in quella metafisica del tempo che è rivelazione di una comunione che solo la poesia può partecipare e rendere vivibile. Tasselli di un mosaico che colorano il presente. Ma esiste il presente della poesia?
Esiste, invece, il viandante della poesia che approda non solo ai porti ungarettiani ma che riesce anche ad ancorarsi nel mare d'altura perché ciò è sublime, in tutto questo, non è la meditazione dell'atto poetico o la poesia stessa, bensì la contemplazione. Il poeta vive di dettagli, anzi la poesia è un dettaglio tra i ritagli di un incontro e tra lo sguardo della poesia e l'anima del poeta.
Nostalgia e riconciliazione sono, dunque, un ritornare al tempo primordiale dopo aver camminato tra le pareti di un labirinto. Nostalgia – tempo. Riconcialiazione – speranza.
 

Marco Vannini presenta Lucetta Scaraffia: “Due in una carne”




Marco Vannini presenta
Lucetta Scaraffia che parla sul tema:
"Due in una carne"

Sarà la storica e giornalista Lucetta Scaraffia, con il suo intervento "Due in una carne", la protagonista del quinto appuntamento con il percorso interdisciplinare "Incontri con la spiritualità" che si terrà martedì 10 febbraio alle 17.30 presso la chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini (via Faenza 43, Firenze). L'iniziativa è organizzata dall'associazione Sintagma, l'Istituto Lorenzo de Medici di Firenze, l'Unicef, con la collaborazione del Quartiere 1 del Comune di Firenze.
Docente di storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, collaboratrice di testate quali Avvenire, Il Foglio, Corriere della Sera, Osservatore Romano e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, Lucetta Scaraffa si occupa di storia delle donne e storia religiosa, approfondendo in particolar modo la religiosità femminile.
Insieme a Margherita Pelaja, ha pubblicato di recente Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (Laterza, 2014, 2° ed.).
Ingresso libero. 

La prima guerra mondiale. Questioni ancora aperte

La prima guerra mondiale fu combattuta per tanti motivi,  ma anche per nessun motivo reale. E soprattutto di quest' assenza di motivi tutti i protagonisti se ne avvidero solo quando erano ormai dentro il conflitto. D'altra parte  tutti i combattenti cercavano di imporre la propria volontà agli altri, senza avere un'idea chiara di cosa esattamente fosse quella volontà. Sia l'uno che l'altro degli attori in causa, infatti, trovavano difficile definire i propri obiettivi di guerra. Quando i tedeschi avanzarono proposte di pace, come nel 1917 alla Russia e, più vagamente, alle potenze occidentali, la loro unica preoccupazione fu di migliorare la propria posizione strategica in vista della prossima guerra; anche se una prossima guerra non ci sarebbe stata se i tedeschi avessero vinto la prima. Gli Alleati avevano, in un certo senso, un compito più facile: potevano limitarsi a chiedere ai tedeschi i frutti delle loro prime vittorie. Oltre a ciò gli Alleati a poco a poco formulavano una serie di idealistiche finalità di guerra con l'aiuto e dietro il suggerimento degli americani. Non erano certo questi gli obiettivi con cui gli Alleati erano scesi in guerra e nemmeno quelli per i quali si battevano adesso. Il programma idealistico scaturiva semmai dalla convinzione che un conflitto, combattuto in quella misura e con tali sacrifici, dovesse avere un risultato grande e nobile. In sostanza scopo della guerra era la vittoria: la vittoria avrebbe per lo meno fornito il risultato. E così fu. La seconda guerra mondiale nacque dalle vittorie della prima, e  dal modo in cui quelle vittorie furono usate. Due furono le vittorie decisive, nella prima guerra mondiale, anche se allora l'una oscurò l'altra. Nel novembre del 1918 la Germania fu decisamente battuta dagli Alleati sul fronte occidentale, ma prima ancora l Germania aveva sconfitto la Russia ad est, e questa vittoria ebbe una profonda influenza sull'andamento del periodo fra le due guerre. Prima del 1914 c'era stato un equilibrio, per cui l'alleanza franco-russa si contrapponeva alle potenze centrali. La guerra, quando cominciò, fu guerra continentale, combattuta su due fronti. Salvo gli inglesi, che in un primo momento non schierarono che centomila uomini, gli altri misero in campo milioni di uomini. In seguito anche la Gran Bretagna creò un esercito di massa e analogamente si comportarono gli USA quando nel 1917 entrarono nel conflitto. Questo rafforzamento sul fronte occidentale giunse troppo tardi per salvare la Russia dalla catastrofe: le due rivoluzioni del 1917 e la disfatta militare la tirarono fuori dalla guerra; nel marzo del 1918, la nuova dirigenza bolscevica conclusero senza discutere la pace di Brest-Litovsk. La successiva sconfitta ad Occidente costrinse la Germania ad abbandonare gli acquisti che allora aveva fatto; ma il risultato maggiore non poteva essere  disfatto: la Russia usciva dall'Europa e cessava di esistere, per allora, come grande potenza. Il firmamento europeo era fortemente mutato e a vantaggio della Germania, nonostante la sconfitta, Dove prima, sul fronte orientale, c'era stata una grande potenza, c'era adesso una terra di nessuno, fatta di tanti piccoli stati e, dietro, il buio dell'ignoto, cioè una Russia lontana ed enigmatica, oscura alla comprensione. Per molti anni, dopo il 1918, nessuno avrebbe saputo dire se la Russia avesse qualche potenza e, in caso affermativo, quale uso ne avrebbe fatto. Ma alla fine del 1918 tutto ciò non importava molto. La cosa importante, allora, era che la Germania era stata sconfitta senza aiuto della Russia, e sconfitta prevalentemente, se non esclusivamente, sul fronte occidentale. Questo esito inatteso determinava il destino dell'Europa, se non al mondo intero, Non solo, tale conclusione diede all'Europa un carattere diverso da quello ce aveva avuto prima del 1914. Ora le grandi potenze erano la Francia, la Germania, se pur battuta, alle quali si aggiungeva per cortesia l'Italia, mentre gli USA occupavano ancora il posto periferico già occupato dalla Gran Bretagna. Il centro di questa nuova Europa era sul Reno, anzi a Ginevra. La Russia non contava più come grande potenza; la monarchia asburgica aveva cessato di esistere. L'Europa come concetto politico si era spostato nettamente verso ovest. Nel 1918, e per molti anni successivi - in realtà fino al 1938-, si dette per scontato che la direzione del mondo stesse nelle mani di quelle che erano state un tempo le potenze occidentali.
Casalino Pierluigi, 6.02.2015

giovedì 5 febbraio 2015

ANTEREM Notizie La comunità poetica del Premio Lorenzo Montano

 Redazione   by Anterem rivista letteraria

Il Premio Lorenzo Montano ha un momento di grande visibilità con la premiazione dei poeti vincitori e con le giornate di lettura dedicate agli autori finalisti e segnalati. Ma non si esaurisce con questi eventi.

Con molti poeti il dialogo continua oltre la cerimonia conclusiva. È un confronto poetico che dà vita a una vera e propria comunità poetica. Non solo: porta talvolta alla pubblicazione di opere di rilievo.

È accaduto recentemente con Stefania Negro che si è distinta in varie edizioni del Premio. Di questa autrice abbiamo pubblicato la raccolta Oscillazioni, con prefazione di Flavio Ermini.

Sul sito di Anterem i nostri lettori troveranno preziose anticipazioni su questo libro:
www.anteremedizioni.it/oscillazioni_di_stefania_negro

Sullo stesso sito è possibile anche scaricare il bando della XXIX edizione del Premio:
www.anteremedizioni.it/xxix_edizione_premio_lorenzo_montano
La Direzione Editoriale
Flavio Ermini

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1939-1945. La Russia da potenza minore a potenza mondiale.

L'anno 1939 vide lo scoppio della seconda guerra mondiale. Ma in una prospettiva più lunga può darsi che che quell'anno appaia anche più significativo in quanto vide il ritorno della Russia sovietica al ruolo di grande potenza, per la prima volta dopo il 1917. La Russia sovietica dopo la rivoluzione bolscevica si era spesso presentata come un problema:il comunismo internazionale era stato un pericolo politico e magari lo era ancora, almeno potenzialmente: ma la Russia sovietica non aveva contato come grande potenza. Quando Litvinov avanzava una proposta alla società delle Nazioni, aveva tutta l'aria di chi venisse da un altro pianeta. Le potenze occidentali non s'erano mai prospettata chiaramente una collaborazione con la Russia sovietica, nonostante il patto franco-russo; e durante la crisi ceca del 1938 né gli occidentali, né i tedeschi si aspettavano un intervento russo. La Russia sovietica pareva infinitamente lontana. Ciò dipendeva in larga misura dalle enormi differenze di prospettiva politica e dalla lunga tradizione, dall'una e dall'altra parte, di virtuale non-riconoscimento; ma c'era anche una base pratica. La Russia sovietica era veramente tagliata fuori dall'Europa finché esisteva il "cordone sanitario" contro di essa. E la Russia comunque non era la prima volta nella sua storia che subiva tale limite, se si eccettuano brevi periodi risalenti al Congresso di Vienna. Se agiva doveva farlo dall'esterno, non diversamente dagli USA e dal Giappone. Tutto questo cambiava una volta chiamata in causa la Polonia. L'Europa era arrivata alle soglie dell'Europa e le piacesse o no la Russia ridiventata una potenza europea, alla vigilia di diventare una potenza mondiale. E mentre cresceva nel mondo l'influenza dell'America, analogamente il ruolo della Russia si rafforzava secondo l'antica profezia di Alexis de Tocqueville che previde il condominio-confronto mondiale tra americani e russi. Circostanza che sembra continuare anche nei giorni dell'attuale crisi ucraina. Nel 1939 tutti si ponevano (non solo gli occidentali, ma anche i tedeschi) questo grande interrogativo: quale parte avrebbe avuto dunque la Russia ora che era tornata all'Europa o l'Europa tornata a lei. E paradossalmente il quesito se lo poneva la stessa Russia. Era impossibile allora formulare delle risposte. Non era forse possibile trattare più la Russia come una potenza minore, ma contemporaneamente sembrava difficile cogliere il senso del cambiamento, aldilà delle ideologie o delle prospettive storiche in atto. Era comodo procedere sulla questione secondo le statistiche del passato e probabilmente solo i tedeschi, nella misura dello spirito di Rapallo (e dell'alleanza russo-tedesca), sapevano coglierne gli aspetti nuovi. In Germania fu messa la sordina all'anticomunismo sostituito da un più violento antisemitismo. Berlino cercò di migliorare i rapporti commerciali con Stalin. Nessun tentativo inizialmente fu peraltro messo in atto da parte tedesca per precisare quale forma avrebbe potuto assumere tale miglioramento; e i russi furono ancor più reticenti. L'iniziativa restava altrove. I francesi pensavano di rendere attuabile un'alleanza tra l'Occidente e la Russia per ammansire Hitler, e pertanto non avevano nemmeno il timore che un'alleanza con i sovietici potesse provocarlo. Parigi pensava che Hitler sarebbe stato dissuaso solo da una schiacciante dimostrazione di forza; e l'alleanza con i sovietici avrebbe concorso a darla. Se poi la dimostrazione falliva allo scopo e si arrivava alla guerra, la minaccia russa avrebbe ancora una volta diviso le forze tedesche come già nel 1914; e se i tedeschi avessero attaccato la Russia, i francesi sarebbero di certo rimasti dietro la linea Maginot. Nel frattempo verso l'estate del 1939 maturavano rapidamente le condizioni dell'alleanza russo-tedesca con la spartizione della Polonia e l'inevitabile scoppio del conflitto. I tedeschi caddero poi sul fallimento della loro miope politica e aprirono la strada alla Russia per essere protagonista e vincitrice della guerra, affiancandosi all'altro vincitore, il colosso a stelle e strisce.
Casalino Pierluigi, 5.02.2015