sabato 21 novembre 2015

Da Prometeo ad Ermes

Quando scocca la scintilla della conoscenza si accende la luce della
ragione, una fiamma che si propaga come notizia senza fine che come la
Fama dai Cento Occhi pervade il mondo. Da Prometeo ad Ermes dunque.
Nella notte risplendente di fuochi, una breve pace concorde discende
tra gli agitati rumori, gli scontri, gli impeti, il sangue, le
passioni, le fughe della guerra, l'attesa spasmodica di una tregua,
l'ansia di una pace difficile che non arriva. Attorno ai fuochi
accesi, gli uomini e le donne si stagliano a gruppi visibili nella
notte serena, mentre l'aria è percorsa da un mormorare di voci come un
battito d'ali di falene; ogni tanto qualcuno intona una canzone. In
una notte così intatta e tranquilla, questa veglia quasi simbolica,
tra il reale e il surreale, non è certo una veglia d'allarme; nessuno
farà imboscate, non occorre spiare il nemico. Così si veglia
semplicemente per essere "presenti" al mondo della notte, mentre i
fuochi che ardono come stelle di pianura non sovrastano l'ombra, ma la
rendono più intensa e più viva, raccogliendola in un calmo palpitare
che sembra riconciliato per sempre con le volontà tese e diritte della
coscienza eroica. Questo è il senso del fluire del tempo,
dall'ignoranza oscura alla luce della conoscenza. E così tra gli
uomini e nella Storia.
Casalino Pierluigi, 21.11.2015

Rousseau et Diderot

Dans "L'éloge de la follie", E'rasme da (1469-1536) vait marqué
l'humanisme de la Renaissance. Partie intégrante de lui-me^me et de
tous les humains, Dame Folie prend enfin la parole en philosophie.
L'imaginaire de Rousseau la prolonge et la transmue en un "E'loge de
l'illumination". Sour la route de Vincennes, l'homme ausculte son
"état dìégarement". Mais de cette "agitation qui tenait du délire" et
qui lui revient souvent par rafales, il tire aujourd'hui un
enthusuasme qu'il va partager avec Diderot et les E'ncyclopedistes.
Leurs complicités fraternelles et les sinstres démolissages vont
opposer trois décennies durant le clan des déistes, des matérialistes
et les athées à J.J. Rousseau. Qui du protestantisme au catholicisme
et viceversa, mais toujours dans son vagabondage intérieur, confesse
:"J'avais souvent travesti la religion à ma mode, mais je n'avais
jamais été san réligion". Pour l'instant, nous sommes en 1749.
L'auteur neurasthénique et encor obscur s'enflamme pour Diderot. Avec
sa "Lettre sur les aveugles à l'usage de ceux qui voient" (1749), le
grand Diderot qui se disait déiste est devenu athée, ce qui lui vaut
d'e^tre embastillé à Vincennes.
L'incarcération met Rousseau en état de crise pathétique:
palpitations, incontinence de larmes, "troubles inexprimable", qui
s'écluse cependant dans une pousée d'enthousiasme verbal et créatif.
Déprimé, maniaque, instable, Rousseau compose un hymne au bonheur de
rendre son a^me transparente, et transmue la fièvre amoureuse en une
"illumination" qui engendre le "Discours sur les sciences et les
arts".
Casalino Pierluigi, 21.11.2015

Hitler e la strategia in Oriente. Afghanistan e dintorni.

Come già ricordato in precedente occasione sulle colonne di questo
blog, ripeto che grazie alla sua lontananza dagli scacchieri di guerra
e alla tradizionale rivalità in questa zona tra la Gran Bretagna e la
Russia, l'Afghanistan riuscì a mantenere la sua neutralità fino alla
fine della seconda guerra mondiale. Infatti, dopo che le truppe
inglesi e sovietiche ebbero occupato dal 25 agosto 1941 l'Iran, non ci
furono più possibilità per la Germania di influenzare il corso degli
eventi in Afghanistan. Che Hitler, tuttavia, continuasse a perseguire
l'idea di attaccare l'India durante lo svolgersi dell'operazione
Barbarossa lo dimostrò l'osservazione fatta al conte Ciano, al momento
del presunto trionfo dopo la battaglia di Vjazma e Brjansk del 25
ottobre 1945. Quando Ciano,su incarico di Mussolini, gli offrì le
divisioni alpine, Hitler rispose che "queste sarebbero potute essere
impiegate nel territorio del Caucaso e, forse più tardi, avrebbero
potuto partecipare anche a battaglie contro l'India britannica.
Casalino Pierluigi, 21.10.2015

L'ISIS E LE CAUSE DI UN CONFLITTO

In una serie di articoli su Asino Rosso e sul sul blog ho avuto modo
di trattare le ragioni della scissione nell'Islam tra sunniti e sciiti
e il determinarsi nel tempo di una contesa che va oltre il limite
della divisone religiosa per investire il piano geopolitico e
strategico, con coinvolgimento dell'Occidente e i suoi diversi
interessi nella regione mediorientale e nel resto del mondo islamico.
Vale la pena, tuttavia, ritornare brevemente e in un certo qual senso
più organicamente su una questione che appare poco chiara al grande
pubblico, rischiando di ingenerare confusioni e mancanza di adeguata
conoscenza del fenomeno conflittuale legato all'Isis e dintorni.
L'Isis è il figlio della disastrosa invasione americana dell'Iraq e
rappresenta una prospettiva, se non fermata in tempo, può provocare
ancor più disastrose conseguenze. La componente sunnita in Iraq, che
prima aveva il potere in Saddam Hussein, lo ha perso da quando a
Baghdad si è affermata l'influenza sciita. L'Iran sciita, dal canto
suo, e i suoi alleati nell'area, dalla Siria di Assad agli Hezbollah
libanesi, all'ala sciita in Yemen ora al potere, hanno mutato
radicalmente lo scenario del Medio Oriente. Le potenze ultrasunnite
del Golfo hanno sostenuto l'Isis per frenare l'avanzata sciita e, ora
che gli Usa, per controbilanciare le opposte fazioni, hanno stretto il
"patto nucleare", anche a dispetto di Israele, il timore dei sunniti
si è accresciuto, con conseguenze fatali sugli sviluppi del fanatismo
ultrasunnita in zona e nel mondo intero. I sauditi e i loro alleati
della Penisola arabica appartengono quindi paradossalmente ai due
schieramenti opposti, quello della coalizione anti-Isis e quello che
aiuta segretamente gli stessi "uomini neri". L'ipocrisia si aggiunge
all'ipocrisia, pertanto: lo stato bellico e la frustrazione degli
appartenenti all'isis finisce per scaricarsi sull'Occidente e in
particolare sull'Europa come dimostrano gli eventi tragici che hanno
segnato di sangue e rovine la Francia dall'inizio del 2015. Quando si
vede il re saudita stringere calorosamente le mani del presidente
americano Obama (contratto di vendita di armi sofisticate all'Arabia
Saudita) si resta sconcertati proprio perché tale circostanza si
verifica durante il vertice di Antalya dedicato alla lotta all'Isis.
Quando Poi Putin fa notare quanto la cosa sia così poco semplice e
bombarda l'Isis, va da sé pensare anche quanto interesse abbia la
Russia ad aiutare il suo vecchio alleato filo-sciita siriano, per
uscire dall'isolamento in cui si era cacciato con la crisi ucraina. Il
resto deve ancora venire. E speriamo non a spese del Vecchio
Continente così vicino all'occhio del ciclone.
Casalino Pierluigi, 21.11.2015

Le mire della Germania nazista verso Afghanistan.

Sulla questione e in particolare sull'atteggiamento della Russia
sovietica nei confronti delle mire tedesche verso l'Afghanistan
esistono numerosi documenti riservati della diplomazia tedesca, in
particolare dell'ambasciata del III Reich a Mosca. Documenti del
rappresentante di Berlino nella capitale sovietica datati 14.11.1939 e
18.11.1939 sono assai significativi per comprendere il pensiero della
Russia a riguardo dell'influenza tedesca in Afghanistan. Stalin non
sembra avesse riserve su tale influenza: Molotov non sollevò mai,
infatti, alcuna "obiezione di principio" in proposito nei contatti con
la diplomazia tedesca. I rapporti tra l'Unione Sovietica e governo di
Kabul furono fino alla metà del 1940 molto tesi. La forte
concentrazione di truppe sovietiche al confine afghano sembravano
indicare, secondo fonti del paese asiatico, che l'URSS era
eventualmente pronta, nel corso di disordini in Afghanistan, a
invadere il nord del paese. Solo dopo il ritiro delle truppe tedesche
dal confine a metà del 1940, le relazioni tra Mosca e Kabul
migliorarono fino ad un certo grado. Il leader afghano Abdul Majid
disse che si era diffuso il sospetto che la Germania volesse soltanto
sfruttare gli stati del patto di Saadabad e fosse pronta a lasciar
mano libera ai russi se ciò fosse stato in linea con la politica
tedesca. Del resto Hitler ebbe a far presente che "l'Afghanistan ed
altre piccole nazioni...se liberate dalla paura della Russia avrebbero
collaborato con noi". Già, però, le condizioni della linea afghana
stavano cambiando e il fatto che il governo afghano respingesse la
nomina dell'addetto militare tedesco a Teheran munito di analogo
incarico a Kabul testimonia lo scivolare su posizioni neutrali
dell'Afghanistan per paura delle reazioni britanniche. Una neutralità
che Kabul riuscì a mantenere fino alla fine della guerra. Ma sta di
fatto che, dopo l'occupazione inglese, non ci furono più possibilità
per la Germania di influenzare la politica afghana.
Casalino Pierluigi, 21.11.2015

venerdì 20 novembre 2015

Per rileggere gli Orienti nuova edizione del libro di Pierfranco Bruni: “LA PIETRA D’ORIENTE”. Si raccontano i destini e i personaggi nella tradizione e nella storia

 


  Per rileggere gli Orienti nuova edizione del libro di Pierfranco Bruni: "LA PIETRA D'ORIENTE". Si raccontano i destini e i personaggi nella tradizione e nella storia

 

Nuova edizione del romanzo di Pierfranco Bruni "La pietra d'Oriente" (edito, in una elegante veste, da Pellegrini). Un romanzo profetico che intreccia le fedi tra le civiltà e i personaggi raccontano destini. Gesù, Giuda, Maria di Magdala, Pilato e Paolo nel cammino alla ricerca degli Orienti e degli Occidenti sono i protagonisti che si raccontano intrecciando linguaggi e culture, modelli identitari e poesia. Una tematica che vive anche nel suo libro su San Paolo e i Mediterranei.

Il romanzo di Pierfranco Bruni presenta un forte inciso proprio nella condizione geopolitica in cui si trovano a vivere il Mediterraneo e l'Oriente nella sua articolazione geografica. È certamente un romanzo in cui le metafore e l'estetica della filosofia si intrecciano, come avviene negli scritti di Pierfranco Bruni, con la letteratura tra prosa e poesia.  

"Nelle pagine di Bruni, ha affermato  Gerardo Picardo, la memoria è un abbraccio o una condanna. Narra di identità non sconfitte eppure dolorose perché "c'è sempre una ruga solcata dalle mani".

Giuda si è smarrito, come Ulisse che ha dovuto combattere la perdizione per ritornare a Penelope e alla sua terra. Il Nazareno e Giuda sono ancora insieme sui sentieri del tempo.

"Gesù gli teneva la mano. Non hai sfidato me – gli dice – ti sei voluto sfidare. Il tuo peccato non è il tradimento, è quello di non essere stato capace di resistere e di aspettare. Non hai saputo sperare". Si è contrapposto alla Verità con una sua verità".

Un romanzo già tradotto in diverse lingue offre spazi a chiavi di lettura importanti nell'intreccio tra metafisica e religioni tanto che nell'ultimo capitolo si parla di Tunisi e di una donna con il velo, Nadine, che incontra il suo amante alle porte della Medina.

Bruni, attento conoscitore del mondo mediterraneo e orientale fa incontrare, in una lettura buddista, le fedi ed è una significativa finestra aperta sulle culture diverse che incontrano il linguaggio della letteratura.

Con questo romanzo Pierfranco Bruni, nella continuità del suo ricercare l'essenza nell'anima dei simboli, tocca i rifermenti più alti del dialogare tra la metafora del narrare e una griglia di personaggio LA PIERA D ORINT 54d33c65a451eche costituiscono i veri archetipi di una letteratura del sogno e della memoria, della magia e dell'incanto grazie ad una tavolozza che ricami i pensieri di un io narrante che diventa il dialogante contatto tra il viaggiatore incantato e il disincanto del silenzio. Pagine preziose che toccano l'originalità di un modello letterario tutto vissuto nella trasparenza dell'immaginario e della profondità. Un romanzo viaggio, ma questa volta lo scrittore, servendosi dei monaci camminanti nel deserto, apre un costante colloquio con dei personaggi che sono la sfera del linguaggio.

 

 

 







Memorie naziste in Afghanistan.

Sul piano, poi scartato da Hitler, per estendere l'influenza della
Germania nazista in Afghanistan ho avuto modo di intervenire in
precedente occasione. I primi contatti del Ministero degli Esteri
germanico con rappresentanti dell'Afghanistan avvennero tutti in gran
segretezza. Anche gli accordi del 1937 rimasero segreti. Fu resa
soltanto nota la precedente visita a Hitler del ministro degli Esteri
afghano Sidar Faiz Muhammed, del 28 febbraio 1936. La presenza a
Berlino, all'inizio del 1937, del primo ministro afgano Mohammed
Hashin Khan restò invece segreta. Breve riassunto sulla situazione
dell'aiuto tedesco all'Afghanistan, sulla base di diverse intese dal
1937 al dicembre del 1939, in Das politische Tagebuch Alfred
Rosenberg, a cura di H.-G. Seraphim, Gottingen, 1956, pag. 161.I più
importanti degli accordi presi riguardavano:"Ammodernamento
dell'esercito afghano con materiale bellico tedesco e invio di
ufficiali istruttori; inizio di armamento di una divisione per un
valore di 15 milioni di RM", riorganizzazione della polizia e della
polizia segreta afgana da parte di ufficiali di polizia tedeschi",
"Accordo del Dr.Todt; Potenziamento della rete
stradale....afghana....", "Richiesta di numerosi specialisti tedeschi,
tecnici e organizzatori, per i servizi governativi afghani".
Casalino Pierluigi, 20.11.2015

Gettare a bagno l'austerità. Considerazioni a più voci.

Se si vuole sul serio sia in tema di ripresa economica che in tema di
sicurezza e di lotta all'eversione islamica si deve gettare a bagno la
politica d'austerità, condotta suicida che ha fatto precipitare
l'Europa e ancor più l'Italia in un mare di guai, aldilà dei suoi
demeriti. Negli USA se ne fregano del deficit e quando si vuole fare
investimenti non si bada a spese, soprattutto in vista di un
miglioramento produttivo. Cosa che in Europa, con una non ben meditata
politica della lesina si finisce per portare la gente
all'esasperazione. Alla faccia di chi dice che la crisi è finita. Non
basta a questo proposito fare la guerra all'isis (quasi come
palingenesi del dopo crisi), occorre distruggerlo e poi ricostruire
sulle rovine del suo impero mafioso con cui anche alleati riluttanti
dell'Occidente sono compromessi in forza di tensioni e di rivalità
interne al mondo islamico. Errori capitali degli Occidentali sono
stati i conflitti portati avanti irresponsabilmente (forse proprio per
ingraziarsi linee politiche di potentati ultrasunniti), ma non
conclusi: anzi scatenati senza meditate strategie, concludendo poi
d'aver sbagliato a cominciarli. Prevale così il partito del non fare
che è ancora più pericoloso del fare male. Un eminente studioso
pakistano ha voluto ricordare che sia USA che Francia, d'intesa con i
sauditi, hanno creato un mostro che porta il nome della teologia
saudita-wahhabita che nutre da sempre i jihadisti di ogni segno.
Esiste un Islam diverso e spess poco noto che soffre per combattere
l'estremismo, ma di questo non sembra importare all'Occidente che si
preoccupa di armare l'Arabia Saudita e non pensa al danno che simili
connivenze, se non corrette finalmente, condurranno il mondo alla
rovina. Anche per questo l'austerità deve finire per compiere i passi
che vanno compiuti senza indugio per annientare non tanto dei
frustrati, ma per sradicare le condizioni di una realtà che non ha
ragion d'essere. Non è sufficiente istituire una Norimberga per l'Isis
se non si trascinano anche i complici sul banco degli imputati. E ciò
per chiarezza storica. Dietro l'insistenza nel promuovere l'austerità
si sono persi di vista quei principi superiori di difesa della
democrazia e della libertà che non hanno prezzo, nemmeno quello della
logica del rigore del bilancio, tutto sommato dimensioni puramente
virtuali e mai corrispondenti alla realtà che vive la gente. A gente
che non interessa la favola delle contese tra sunniti e sciiti, ma
vuole soltanto sicurezza e tranquillità,oltre che potersi permettere
una vita con meno stenti.
Casalino Pierluigi, 20.11.2015
Casalino Pierluigi, 20.11.2015

giovedì 19 novembre 2015

Rousseau en face de Montaigne et de Montesquieu.

Il est fort courant de voir Rousseau invoquer Montaigne à propos des
écrits autobiographiques et Montesquieu au sujet des réflexions
politiques. Les deux ont durablement marqué son oeuvre. Dans le
manuscript des "Confessions", Rousseau, rivendique son originalité,
puis ajoute:"Jnt d'hommes qui n'en aient d'odieux. Je mets Montaigne à
la te^te de ces faux sincères qui veulent tromper en disant vrai. Il
se montre avec des défauts, mais il ne s'en donne que d'aimables; il
n'y a points d'hommes qui n'aient d'odieux. Montaigne se peint
ressemblant mais de profil". Il écrit également dans E'mile: "Le seul
moderne, en état de créer cette grande et inutile science (quelle du
droit politique) eu^t été l'illustre Montesquieu. Mais il n'eut garde
de traiter des principes du droit positif des gouvernements établis et
rien au monde n'est plus différent que ces deux études". Rousseau non
seulement se flatte d'ouvrir une voi inédite dans le domaine de la
connaissance de soi, mai il s'érige encore en fondateur du droit
politique. Il n'a cependant pas pour Montaigne les égards qu'il a pour
Montequieu qu'il évince tout en prenant soin de faire son éloge. C'est
qu'il compte Montesquieu parmi "les précepteurs du genre humain" au
lieu qu'il ne cesse de reprocher à Montaigne son relativisme
sceptique. Preuve que la philosophie ne limite pas son dialogue avec
ses prédécesseurs aux domaines respectifs de la politique et de la
connaissance de soi. Ce point est sensible dans le "Discours sur
l'inégalité, où il réscuse l'invariabilité des lois de la nature pour
l'homme comme e^tre physique établi par Montesquieu et affirme, avec
Montaigne, le principe d'une nature "sans haut, ni bas". L'homme
physique n'étant pas identifiable à l'animal, il faudra penser les
conditions d'une connaissance de soi ignorée de Montaigne, à partir
d'un principe, le sentiment intérieur, cher à Montaigne, et compter
avec lui dans toute réflexion sur la liberté politique.
Casalino Pierluigi, 19.11.2015

mercoledì 18 novembre 2015

Rischio ISIS in Italia ?

Le anime dell'Islam, com'è noto, sono molte e di diversa formazione
anche in Italia, ma ciò che potrebbe far paura da noi, se mai, sarebbe
lo spirito di emulazione importato dalla vicina Francia, ma anche da
altri paesi e non direttamente solo da quelli originari (anche se
inquietano le bordate di fischi dei tifosi turchi contro il minuto di
silenzio in memoria delle vittime di Parigi). Uno spirito che potrebbe
- e in parte lo sta già facendo, forse- soffiare sul fuoco di elementi
non troppo dormienti. Un rischio che trova di norma concretezza non
nelle moschee tradizionali, dove la partecipazione è assai ridotta,
invero, se pur non vadano mai escluse frequentazioni equivoche di
cattivi maestri con conseguente seminagione negativa per altrettanto
cattivi discepoli. Le elucubrazioni di isolati soggetti non devono
però convincerci che il fenomeno sia del tutto assente nel nostro
Paese. Aree di ottusità polemiche e recidive composte da esaltati, non
si sa fino a che punto minoritarie, esistono, purtroppo, e non troppo
dormienti. Ma la maggior parte dei musulmani è ormai laicizzata e
persino il loro popolo femminile coltiva aspirazioni piuttosto mondane
e lontane dalle dottrine salafite. E sempre la gran parte dei
musulmani ama vivere e ben mangiare soprattutto nel mese di ramadan,
quando, dopo il rituale digiuno dall'alba al tramonto, consuma,
festeggiando, i prelibati piatti della loro tradizione, compresi i
dolci detti i pasticcini di Allah. Tutt'altro che inseguire
improbabili guerre sante. Che, se si legge correttamente, significano
qualcosa di simile alla lotta contro le,cattive inclinazioni, di cui a
l "video meliora, sed deteriora sequor" descritto da San Paolo. La
lotta cioè contro la tendenza umana a seguire il vizio e non la virtù,
comune in tutte le culture religiose. In ogni caso la vigilanza contro
le degenerazioni della lettura politica dell'Islam va tenuta alta. In
questo senso il rischio Isis esiste. Ma va lasciata a chi ne è
preposto istituzionalmente.
Casalino Pierluigi, 18.11.2015

Siamo tutti francesi. Il caso turco.

La Francia sbagliò.come il resto dell'Occidente (e lo riconosce anche
Prodi) a disarcionare Gheddafi. Ma ora Parigi ha ragione a chiedere
una strategia comune contro l'idra islamista. Mi pare la posizione
tiepida di Renzi sia ingiustificata. E' il tempo della guerra, una
guerra a tutela della nostra civiltà, a difesa del nostro futuro e la
miopia non ha più diritto d'essere. Gli errori del passato non si
cancellano, ma è giunto il momento di svegliarsi e di combattere nel
nome di un'Europa stanca e decadente. Bisogna parlare chiaro: anche
l'Islam, quello non soggetto a strumentalizzazioni salafite, sembra
scuotersi e puntare ad un'energica reazione militare e politica. Le
schiere di fanatici ed esaltati combattenti di una "guerra santa"
tanto distorta, quanto infame, devono essere piegate solo con la
forza. Ce lo chiedono gli stessi musulmani non dico moderati, ma
normali, che si sentono offesi dal comportamento dei tifosi turchi
che fischiano il minuto di silenzio in memoria delle vittime di
Parigi. E siamo tutti francesi anche nel rispedire al mittente la
richiesta turca di entrare in Europa a queste condizioni. Ankara è un
alleato antico, ma deve ricostruire la sua fiducia. In caso contrario,
aldilà delle alchimie politiche che stanno dietro gli atteggiamenti
turchi, i sospetti saranno interpretati come una prova di colpevolezza
e di complicità.
Casalino Pierluigi, 18.11.2015

Riflessione sul'attualità. Difesa comune europea e ruolo del Marocco nella lotta all'estremismo islamico. Due realtà parallele.

La Francia invoca una solidarietà militare europea. Idea condivisibile
e paradossalmente riformulata dopo gli stessi francesi, nel 1954,
avevano bocciato analogo progetto (CED) proposto dall'Italia
democristiana. Ciò premesso, piace sottolineare il ruolo che sta
svolgendo il re del Marocco nella lotta alla distorta visione settaria
della "guerra santa". Le autorità di Rabat, già colpite in passato da
gesta nefande come quelle che hanno segnato di sangue la Francia, si
sforzano di arginare il dilagare di pericolose derive radicali
soprattutto in seno alle moschee. Non è un caso che la scuola degli
imam in Marocco è di stato, uno stato che professa un Islam non solo
moderato, ma anche formato a concetti di profonda pietà religiosa, di
dialogo spirituale e di feconda tolleranza con altre fedi. La storia
del Marocco è storia ebraica, soprattutto, dato che gli ebrei e la
loro cultura sono alla radice della società marocchina, ancor prima
della conquista romana. Il disegno storico successivo ne è conferma
(vedi su Asino Rosso i miei articoli su quell'influenza - Casalino
Pierluigi, Morocco Jewish....). Ed è storia di misticismo musulmano e
di confraternite ispirate a devozioni popolari e di articolata
capacità di accogliere le influenze della altrui spiritualità. Tutto
il contrario dell'oscurantista predicazione salafita e wahhabita di
origine saudita, che è la fucina dell'estremismo sunnita. Basti
ricordare che in Marocco venne in visita pastorale Papa Giovanni Paolo
II con grande successo presso quella pubblica opinione, stante anche
la tradizione ecclesiale presente nel Paese nordafricano (circostanza
constatata nei miei viaggi cola', dove ho potuto apprezzare il
lavoro, ad esempio, di istituzioni scolastiche cattoliche (salesiani)
a favore di alunni musulmani). Il re ha voluto ricordare ai suoi
concittadini quanto fuorviante sia l'interpretazione integralista del
concetto di "guerra santa", che, come ricordato in altra occasione,
interessa solo la perfezione della vita e il rendersi meritevoli della
grazia di Dio. La guerra santa come arma di difesa contro gli
stranieri fu, in realtà, solo una leva nelle mani dei nazionalisti al
tempo della fine del periodo coloniale. Il resto è nato durante la
guerra fredda e a seguito di maldestre operazioni occidentali contro i
mali minori secolari, dalla Libia alla Siria. Errori di valutazione
che ora costano cari e che richiedono uno sforzo comune del Vecchio
Continente, come, appunto, quello di una difesa comune, difesa comune
che invoca anche il Marocco ai suoi alleati e anche a quell'Algeria,
che, per interessi di bottega, sostiene il Polisario contro Rabat,
perdendo di vista il senso di una cooperazione ormai ineludibile.
Casalino Pierluigi, 18.11.2015

martedì 17 novembre 2015

Oscure profezie e capacità di reazione.

Ricordo che negli ambienti salesiani in cui mi sono formato negli
studi era nota una profezia terribile sulla distruzione di Parigi e
poi di Roma. Non so se si tratti di qualcosa di simile a ciò che sta
avvenendo in questi giorni, ma il destino del Vecchio Continente è
appeso al filo della sua debolezza di fronte alla tragica guerra che
intende muovergli un'armata di fanatici assassini nel nome di una
dottrina prevalentemente travisata per creare terrore. Il dio della
guerra viene in modo crescente evocato da quando Parigi, come
anticipava in un'altra profezia San Vincent Ferrer, ha visto
cominciare il suo incendio (Parigi brucerà e tutto il mondo brucerà,
recita la profezia, maomettani contro maomettani, cristiani contro
cristiani...et cetera). Tra suggestione e realtà si avvicina dunque
uno show-down epocale, ma ancora una volta la ragione e il cuore
trionferanno contro la miserabile strategia di chi vuole l'eclissi
della civiltà. Forse anche la crisi filistea in cui da troppo tempo ci
battiamo, come d'incanto cesserà e la capacità di reazione non avrà
altro effetto che suscitare quel moto di solidarietà in Occidente che
nei momenti supremi della storia ha saputo esprimere. Senza reticenze
e dubbi, senza ignavia, senza viltà.
Casalino Pierluigi, 17.11.2015

Arte-Politica - Parigi: la valanga si e' messa in moto

http://www.oscarb1.blogspot.in/2015/11/parigi-la-valanga-si-e-messa-in-moto.html


Oscar Bartoli Washington DC  lettere da Washington

I media americani hanno dato grande risalto a una telefonata di Papa Bergoglio con Tv2000, la televisione della Conferenza episcopale italiana, secondo cui questi attacchi fanno parte della terza guerra mondiale.

Un'affermazione di elementare semplicita' che il Pontefice ha voluto dare per richiamare l'attenzione della gente assopita nel ricorrente "Finche' succede agli altri, per me va bene..".

I 129 morti (fino ad ora) e gli oltre trecento feriti, tra i quali molti in gravi condizioni, sono un attacco al cuore della civilta' occidentale e la conferma che la valanga di una catastrofe mondiale ha cominciato a muoversi.

Parigi insegna alcune ovvieta':

i servizi segreti francesi non hanno fallito. Semplicemente non sono stati in grado di fare fronte alla organizzazione delle cellule ISIS cosi' come l'intelligence americana fu presa di contropiede dall'11 settembre 2001.

Se come sembra sono bastati otto terroristi votati al martirio per scatenare in sei punti della capitale francese il caos totale questo significa che la reazione al fondamentalismo religioso non puo' che essere incerta e senza risultati.

Domanda: come hanno fatto a comunicare tra loro i membri dell'organizzazione terroristica? Certo non in maniera digitale. Forse riscoprendo la tradizionale posta o lasciando messaggi in punti anonimi.

Il presidente francese ha annunciato dure ritorsioni contro ISIS che si risolveranno certamente in una intensificazione dei bombardamenti con il coinvolgimento di donne e bambini spesso usati come scudi strategici.

La valanga ormai si muove e non si sa dove potra' andare a finire.

Nella instabile coalizione antiterrorismo con Usa, Francia, Inghilterra, Russia, non e' chiaro quale ruolo andra' a giocare l'Iran schiita unica vera fortezza contro il fondamentalismo sunnita.

Da anni si parla negli ambenti diplomatici di Washington della conflagrazione prossima ventura tra le due componenti del mondo musulmano.

Ma si pensava in maniera sorniona che fosse un problema che riguardava solo i due eterni rivali all'interno dell'Islam dei quali uno, i sunniti, decisamente piu' numeroso come adepti a livello planetario.

Il conflitto riguarda ormai ogni stato europeo e l'America dove la componente musulmana e' forte di milioni di individui.

In piu' c'e' voglia di scontro e di guerra tra le giovani generazioni non solo musulmane che vogliono sfogare in qualche modo l'eccesso di energie e la mancanza di prospettive per il proprio futuro.

La guerra mondiale e' una livella che alla fine del suo parossismo velleitario lascia sul terreno centinaia di milioni di vittime innocenti come hanno dimostrato il primo ed il secondo conflitto mondiale.

E sulle ceneri di un'umanita' agonizzante si ricostruiscono business e ricchezze.

Questa volta, pero', bisogna tenere conto della componente nucleare. E qualcuno gia' sta facendo calcoli approssimativi.
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"Je suis un parisien" avrebbe detto oggi John Fitzgerald Kennedy, come aveva detto in visita a Berlino Ovest "Ich bin ein Berliner" il 26 Giugno del 1963 l'allora presidente degli Stati Uniti.
...........CONTINUA VEDI LINK IN ALTO


Arte-Politica... Rassegna Stampa - Speciale Parigi

 
 
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Rassegna Stampa - Speciale Parigi
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Il trio del centrodestra all'attacco. «È drammaticamente evidente che siamo nelle mani di incompetenti e incapaci», afferma il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, «l'Unione europea è un nulla politico e uno zero militare». «Il 13 novembre 2015 verrà ricordato come il giorno nel quale il fondamentalismo islamico ha dichiarato guerra all'Europa», dice Giorgia Meloni in un videomessaggio da Parigi, sullo sfondo la Tour Eiffel.
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