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mercoledì 10 luglio 2013

Geopolitica: Ubaldo Villani-Lubelli Enigma Merkel: luci e ombre della Cancelliera (goWare e-Book)

Enigma Merkel: luci e ombre della Cancelliera
Il nuovo ebook di Ubaldo Villani-Lubelli delinea il profilo politico e umano della personalità politica europea più enigmatica e più influente nel mondo
A due mesi dalle prossime elezioni federali tedesche, Angela Merkel si appresta a vincere il suo terzo mandato da Cancelliera e a consolidare il potere silenzioso che l'è valso il riconoscimento dell'opinione pubblica e dei media internazionali quale personalità più influente del mondo, dopo Barack Obama.
 
La storia della sua inarrestabile e fulminea ascesa politica resta però ancora tutta da raccontare nei risvolti più segreti. Nel nuovo ebook "Enigma #merkel. In Europa il potere è donna: Angela Merkel" edito dalla casa editrice digitale goWare, Ubaldo Villani-Lubelli – ricercatore, saggista e blogger esperto di politica e cultura tedesche – delinea il profilo politico e umano di una Merkel segreta, che il lettore italiano conosce ancora poco,  ma che condiziona molte scelte dei governi italiani, cercando di mettere ordine nei numerosi contributi usciti recentemente in Germania.
 
L'autore ripercorre la storia politica della Cancelliera e ne analizza lo stile politico che è stato chiave del suo successo: dall'avvento in politica avvenuto dopo la caduta del Muro di Berlino e sostenuto da Helmut Kohl, al distacco dal suo mentore e all'ascesa al vertice della CDU, il partito democratico-cristiano tedesco di cui è riuscita a rinnovare profondamente i valori conservatori.
 
Come si spiega il discusso stile di Angela Merkel con il suo enorme successo? Com'è arrivata al vertice della CDU, della Germania e dell'Europa? E perché è considerata la donna più potente del mondo? Insomma: chi è Angela Merkel? A tutte queste domande non c'è una sola risposta. Solo ripercorrendo la formazione e la carriera politica della Cancelliera e ricostruendo la genesi di alcune sue decisioni, è possibile cercare di comprendere meglio la personalità politica più amata e odiata, popolare e discussa in Europa.
 
Con un investimento di tempo pari a quello di un convulso talk-show televisivo, la donna che tiene in mano il futuro dell'Europa e del nostro Paese vi apparirà come un politico radicato nella tradizione di Metternich e Bismarck.
 
 
Il saggio "Enigma #merkel. In Europa il potere è donna: Angela Merkel" di Ubaldo Villani-Lubelli è disponibile in versione digitale su:
 


 
 
L'autore
Ubaldo Villani-Lubelli classe 1978, ricercatore, saggista e blogger esperto di politica e cultura tedesche. Ha conseguito una laurea e un dottorato di ricerca in filosofia tedesca. Ha vissuto in diverse città della Germania. Scrive per numerose testate online e cartacee tra cui "Longitude", "Succede Oggi", "Full Politic" e "The Post Internazionale". Ha un blog di approfondimento politico e culturale sulla Germania molto seguito in Italia e all'estero: Potsdamer Platz.
Enigma #merkel è il suo secondo ebook, il primo è stato Piratenpartei. I Pirati all'arrembaggio del Bundestag. Attualmente è assegnista di ricerca in Storia delle Istituzioni Politiche e Parlamentari alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento e Consigliere di Amministrazione dell'Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce.

giovedì 17 gennaio 2013

Neuropa: after the Berlin's Wall (*2012, F.Sacconi) * video

IL MURO CINQUANT'ANNI DOPO


* All'alba di cinquant'anni fa, la popolazione berlinese si risvegliò con la spiacevole sorpresa che solo un topo in trappola può provare:durante la notte, i soldati dell'esercito della DDR avevano eretto il filo spinato lungo il confine tra le due Berlino, Est e Ovest, prima fase della costruzione di quel muro che avrebbe tenuto i berlinesi separati per quasi un trentennio.
Su quell'episodio è stato scritto di tutto, da Il cielo diviso a Non si può dividere il cielo, dalle testimonianze di quanti hanno visto amici e familiari uccisi dai Vopos a quanti oggi sono nel pieno di quella sindrome di Stoccolma chiamata Östalgie, passando per le produzioni cinematografiche di Goodbye Lenin a quelle di tutt'altra natura in Le vite degli altri.

Di sicuro c'è stato lo shock di un'intera nazione che, improvvisamente, s'è vista togliere anche l'ultimo, umano e naturale, diritto che le era rimasto, quello di far crescere il più serenamente possibile una famiglia nonostante tutto e tutti.
Si trattava di una generazione di donne e uomini straziati, piegati, umiliati e, per l'ennesima volta, incolpati della tragedia della seconda guerra mondiale, molti dei quali avevano perso genitori, amici, parenti e, magari, sotto gli occhi oppure vanamente in attesa di un loro ritorno dal fronte, che non ci sarebbe mai stato.
Tra tutte le produzioni artistiche sul tema, quella che più di ogni altra ha inciso nell'inconscio di chi scrive, ma non solo suo, è la grandiosa opera cine – musicale dei Pink Floyd, in collaborazione con il regista Alan Parker ed il disegnatore Gerald Scarfe, The wall, capace di sintetizzare come poche altre manifestazioni, contemporanee o postume, tutto il coacervo di situazioni, emozioni, stati d'animo e costumi di un'intera epoca, quella che va, appunto, dagli ultimi anni di guerra (il padre di Roger Waters, bassista e cantante del gruppo, morì proprio durante la battaglia di Anzio, episodio al quale è legata la struggente ed epica When the tigers broke free) alla costruzione selvaggia delle attuali città e metropoli contemporanee, grige e solipsistiche nel loro anonimato.

Uno dei temi dell'opera, forse il più celebre e celebrato ( giustamente sotto molti punti di vista ), è quello della pedagogia nera e della scuola che ne è derivata.
Dimentichi della migliore tradizione educativa europea, dalla paideia greca allo spirito di ricerca illuminista, passando per la cultura dello scambio tra allievi e docenti nelle facoltà teologiche medievali, gli adulti della seconda metà dell'Ottocento, genitori, insegnanti, istruttori di ogni rango e disciplina, fecero del rigore e della repressione la base del loro operato.
Analogamente alla crescita della logica di guerra, che dall'imperialismo avrebbe portato a ben due guerre mondiali e ai sistemi totalitari, per un secolo circa si affermò l'idea che il bambino fosse una sorta di tabula rasa su cui scrivere precetti indiscutibili e funzionali alla continua riaffermazione dei valori e dei modelli dominanti, senza il minimo ostacolo o la più timida critica alla loro imposizione dall'alto.
Conseguentemente a questa mission, il formatore non si curava di essere più autorevole che autoritario e, per molto tempo, furono previste e adoperate le stesse metodologie punitive corporali, di cui sono pieni i romanzi di autori simbolo come Charles Dickens.
Se dal punto di vista della crescente militarizzazione della società questa tendenza non poteva che portare al fanatismo e alla subordinazione costante, deleterio è il risvolto psicologico cui tutta quella generazione dovette far fronte, spesso senza poterci riuscire.
Ovviamente – e qui l'opera considerata è fondamentale per capirne i collegamenti – c'è un fil rouge che lega il sistema educativo della repressione alla chiusura mentale e all'irrigidimento ideologico, dovuto alla continua frustrazione della creatività che è insita in ogni giovane.
De Montaigne, già in pieno Rinascimento, scriveva: “I ragazzi non sono bottiglie da riempire ma fuochi da accendere” e in tempi più attuali Rita Levi Montalcini, con il suo spirito acutamente ironico, ha ricordato che “i bambini sono sempre più intelligenti dei pediatri dai quali li portate”, consapevole che con l'avanzare dell'età si va inevitabilmente incontro al graduale processo degenerativo neurale.
A rimettere quell'impostazione così rigida in discussione, si sa, fu il movimento di contestazione studentesca del Sessantotto, guarda caso fermato non tanto dalla repressione poliziesca quanto dalla luciferina somministrazione di quell'arma di distruzione di massa cerebrale chiamata “droga” ( si veda la puntata di Blu notte misteri italiani su OSS, Gladio e CIA ).
Oggi sono molti i detrattori di quell'evento epocale, non sempre del tutto a torto, ma al di là delle ingenuità e dei limiti insiti in ogni iniziativa umana, quell'esperimento sociale ebbe il merito di coltivare un sogno, traducibile nella famosa formula: “Portare la fantasia al potere”.
Un sogno così forte che ancora oggi non è del tutto sopito e, anzi, annovera tra i suoi sostenitori ed interpreti anche tutti quegli operatori dell'educazione che cercano d'incoraggiarli e valorizzarli, i nostri ragazzi, che sono pronti ad ascoltarli e ad imparare da loro perchè, come emerge da un intellettuale dimenticato come Gentile, quello dell'educazione è uno spazio sacro, dove l'insegnamento è più importante dello stesso insegnante, qualcosa di talmente grande da inglobare nella sua attualizzazione tanto discente quanto docente, entrambi piacevolmente sopraffatti dalla forza dello Spirito di ciò che viene insegnato.
I Cinquant'anni dal Muro ci servano, allora, a porci la domanda fondamentale sul nostro futuro, collettivo e individuale: “Siamo più dalla parte di chi erige muri o cerchiamo di stare con coloro che in qualche angolo di mondo stanno costruendo ponti?”.
Mezzo secolo è passato da quel 13 agosto, vent'anni dalla sua caduta ma, Da Cipro Nord alla Corea, passando per Tihuaca e Tel Aviv, i muri sono addirittura aumentati e non sono più soltanto di terra.
Tuttavia, il terzo millennio s'è aperto con una grande invenzione, la Rete, ed una decisiva scoperta scientifica, quella dei neuroni specchio, la cui portata dev'essere ancora ben compresa e assimilata: c'è ancora speranza nel pianeta Terra!





lunedì 23 aprile 2012

Quanto vale il modello tedesco?





Quanto vale il modello tedesco? Di questi tempi la risposta a tutti i problemi è una sola: modello tedesco. Dalle riforme istituzionali, alla riforma delle pensioni, dal sistema elettorale alle ricette per la crescita economica, dal mercato del lavoro al nucleare, dal ruolo delle donne in politica alla grande coalizione fino all’export.
La nuova frontiera del politicamente corretto è prendere la Repubblica Federale Tedesca a modello, sempre e comunque, perché solo così si può uscire dalla crisi e si può riconquistare la fiducia dei mercati. Prendendo come punto di riferimento un astratto e non sempre ben definito modello tedesco tutte le differenze svaniscono nel nulla e le discussioni sui problemi del nostro paese vengono azzerate.
Il richiamo costante e l’apprezzamento al modello tedesco è inversamente proporzionale al disprezzo teutonico per i vizi del Belpaese.

Leggi l'intero articolo qui) di Ubaldo Villani-Lubelli

sabato 14 aprile 2012

L'ascesa dei Pirati in Germania

La principale novità della politica tedesca si chiama Piratenpartei. Un partito nato appena sei anni fa che sta cambiando la geografia dei partiti in Germania e il modo stesso di fare politica. Il Partito Pirata tedesco nasce nel 2006 sul modello svedese, che a sua volta si affermò come movimento di protesta per la chiusura della piattaforma di download illegale “The Pirate Bay” – da qui anche il nome “pirati”. Esiste anche un’Internazionale dei Pirati (PPI) che si sta diffondendo in tutto il mondo. Il Partito Pirata, infatti, esiste già in ben cinquanta paesi.

LEGGI L'INTERO ARTICOLO SU L'OCCIDENTALE
di Ubaldo Villani-Lubelli

venerdì 13 aprile 2012

Tutti in Germania



Tutti in Germania. La Repubblica Federale Tedesca è tornata ad essere l’Eldorado attirando cittadini da tutto il mondo, che siano altamente qualificati o meno. E subito vengono in mente i racconti ironici e divertenti dello scrittore tedesco di origine turca Rafik Schami sulle sue esperienze di straniero in Germania: dal controllo del passaporto e alla richiesta del permesso di soggiorno fino alle più diverse esperienze di vita quotidiana dopo anni trascorsi in Germania.


Secondo l’Ufficio federale di statistica sono ben 6,3 milioni gli stranieri nella Repubblica Tedesca, 177.300 in più rispetto al 2010 (+2,6) e di questi ben l’88 per cento viene dagli altri stati dell’Unione Europea. Si tratta dell’aumento maggiore degli ultimi quindici anni. La Germania 2.0 sembra, dunque, battere tutti i record: dopo i dati sulla crescita, l’export e l’occupazione, ora è il turno della popolazione straniera. Particolarmente rilevante è il numero degli stranieri provenienti dagli stati entrati nell’Unione Europea nel 2004: ben 79.082, +12,9 rispetto al 2010. Di questi la maggior parte sono polacchi (49.046), seguiti dagli ungheresi (13.868). Il motivo di questa crescita è sicuramente da individuare nella libera circolazione dei lavoratori attiva dal primo maggio dello scorso anno.


Discorso simile vale per gli immigrati dalla Romania e della Bulgaria (due paesi entrati nell’Unione Europea nel 2007). I primi sono aumentati di 32.700 unità, i secondi di 19.000. Come era facilmente prevedibile, anche dai paesi colpiti maggiormente dalla crisi del debito sovrano (Grecia, Italia, Spagna e Portogallo) sono arrivati in Germania 16.700 persone – un aumento dell’1,7 per cento rispetto all’anno precedente. Ironia della storia, sono proprio i Greci, particolarmente “maltrattati” dai tedeschi, a trasferirsi in massa in Germania: 7.000 in tutto. Consistente il gruppo di spagnoli nella Repubblica Federale Tedesca. Nel 2011 si sono trasferiti in 4.792, un aumento del 4,5 per cento. Quasi irrilevante il dato degli italiani: +0,5.
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di Ubaldo Villani-Lubelli

venerdì 9 dicembre 2011

L'unica salvezza è stare dalla parte della Germania

La storia inizia il 9 novembre 1989: il giorno della caduta del Muro di Berlino. Per la Germania è una nuova fase, che nessuno, allora, era in grado di prevedere. La sopravvivenza della DDR (Deutsche Demokratische Republik) era un’incognita. Nei mesi successivi a quell’autunno di fine anni ottanta, in Germania si risveglia uno spirito unitario fino ad allora tenuto quasi nascosto. Willy Brandt afferma: “Jetzt wächst zusammen, was zusammen gehört”, ora cresce assieme ciò che appartiene assieme. Helmut Kohl, l’allora Cancelliere tedesco, capisce che è la svolta della sua storia politica. Può essere l’uomo della riunificazione tedesca.

Da quel momento la partita di Kohl è di convincere l’Europa che la Germania unita è un vantaggio per tutti. È nota la contrarietà dei principali leader politici europei: Mitterrand, Andreotti, Thatcher. Tutti sembrano aver paura di una Germania unita. Andreotti arriverà a dire, ironicamente: "Amo così tanto la Germania che preferisco ne esistano due". Alla fine Helmut Kohl ottiene l’appoggio europeo, in cambio di un impegno della stessa Germania per la costituzione dell’Unione Europea e, soprattutto, dell’Euro. Leggi l'intero articolo
di Ubaldo Villani-Lubelli