Visualizzazione post con etichetta intellighenzia rossa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta intellighenzia rossa. Mostra tutti i post

lunedì 7 marzo 2011

Vittorio Sgarbi: L'Italia dei radical chic La Milano incivile vista solo dalla Palombelli

 


Il tono è sempre affabile, di persona pronta a riconoscere le ragioni degli altri, le conclusioni, come non mai severe. È «l’osservatrice romana» Barbara Palombelli in un articolo sul Foglio sull’attuale condizione di decadenza e di miseria della città di Milano. Ci si consola pensando che guarda da lontano, ma le osservazioni sembrano quelle di Natalia Aspesi con un retrogusto acido e il rimpianto del tempo perduto. Barbara Palombelli non si accorge che Milano è commissariata da quasi 20 anni, e che il moralismo della Procura guida il giudizio schiacciandola su quello che poteva essere e non è stata? Così la Palombelli è costretta a risalire agli anni 70-80, a più di 30 anni fa, finendo con eludere qualunque giudizio sulla città viva, per rimpiangere una città morta. Troppo facile indicare limiti e disagi, e salvare i cittadini, facile astrazione, contro la classe politica. Un premio di consolazione per i sopravvissuti: «La popolazione, le persone normali, sono ancora davvero degli italiani speciali. Lavoro, responsabilità e orgoglio li animano come e più di sempre. Chi li governa, viceversa, e si tratta di imprenditori con i fiocchi ha deluso il paese al di là di ogni aspettativa».

 

 

La visione della Palombelli è stereotipata e non dà conto della vitalità delle istituzioni che rendono la città di Milano sempre unica. Anche dopo le tante polemiche con Letizia Moratti, difficile disconoscere che nessuna città, nella musica, nel teatro, nell’arte possa tenere il confronto con Milano. Ancora, come un tempo a Milano un’idea trova subito le condizioni per diventare realtà. Basta entrare alla Scala, nonostante il facile predicozzo costituzionale di Barenboim al Presidente della Repubblica; o seguire le infinite offerte del Festival MiTo o frequentare il Piccolo, o visitare la Triennale o entrare a Palazzo Reale, fitto come un uovo di mostre straordinarie con un ritmo implacabile. In poco tempo, Ciurlionis, Savinio, Arcimboldi, gli impressionisti, in una offerta che era iniziata negli anni della mia presenza all’assessorato, e che continua incessante. Si aggiunga la festa mobile del Museo del Novecento davanti alla Piazza del Duomo con l’apertura gratuita per i prossimi mesi.

Tra qualche giorno il museo Diocesano ospiterà la mostra «Gli occhi di Caravaggio» sugli anni della formazione del grande pittore tra Milano e Venezia in un concerto di capolavori, da Tiziano a Tintoretto, a Lorenzo Lotto, a Savoldo, a Moretto, a Moroni, ad Antonio e Vincenzo Campi, allo stesso Caravaggio. Sono stato ovunque senza mai trovare terreno così fertile. E fatico a riconoscere Milano nelle parole inclementi di Barbara Palombelli. Ma occorre indulgenza in una città nella quale le tante donne intelligenti e interessate (penso a Inge Feltrinelli) capaci di investire sulla loro forza di seduzione sarebbero oggi considerate, in nome della legge, prostitute. Non vi può più essere la felicità di un tempo, la vivacità, l’euforia.

Così la Palombelli esalta i suoi sentimenti semplici, dimenticando i destini delle donne bellissime dei Falck, dei Rizzoli, dei Rusconi, dei Mondadori, dei De Benedetti e anche dei Berlusconi. Hanno attraversato portoni e sono entrate in ville quando la Boccassini era distratta. Così è facile oggi scrivere: «Ma le nuove generazioni? Dai verbali della Procura emergono i sogni delle Olgettine, le papi-girls e fanno venire i brividi per la pochezza dei desideri. Una borsa firmata, preferibilmente Vuitton; un seno rifatto verso la quarta di reggiseno; una chioma folta, allungata con le extensions; un crocifisso di diamanti firmato; qualche puntura per alzare il labbro, tipo Minetti. Impossibile il paragone con noi ragazze dei 70-80, che volevamo montagne di libri - solo Einaudi, Feltrinelli, Editori riuniti - una bici usata modello fornaio, una borsa artigianale a tracolla, ci accontentavamo di un maglione verde militare e di jeans scoloriti, l’unica puntura di allora era il buco alle orecchie, i capelli sempre naturali o al massimo un henné turco casalingo, li asciugavamo all’aria aperta...Ignoravamo il lusso, ci faceva anche un po’ orrore; lusso era una serata alla Scala, un comizio in Piazza Duomo, un bicchiere di vino, una lezione da ascoltare alla Statale. Eravamo anche più carine e interessanti di tante escort, più allegre e ottimiste sicuramente. Ci attendeva una città positiva, maestra di valori e di professioni».

.................C

http://www.ilgiornale.it/interni/lincivile_milano_vista_palombelli/03-03-2011/articolo-id=509372-page=0-comments=1

venerdì 27 agosto 2010

Penne manzoniane

da Il Giornale

 

*di Massimiliano Parente

 

«Penso dei comunisti da salotto ciò che penso del salotto. Merda», così sbottò il sempre citato Pier Paolo Pasolini, il quale però oggi sarebbe stato bacchettato sulle falangi dalle nuove maestrine morali del giornalismo salottiero italiano, tipo le terribili Madame Rusconi, Madame Merlo, Madame Magris, più simili alla signorina Rottermaier di Heidi che alla Madame Verdurin di Proust. A Madame Rusconi, per esempio, è come se gliel’avessero scodellata proprio sul centrotavola di pizzo del salotto buono: che «involgarimento del linguaggio pubblico», che «volgarità», «volgarità nel senso letterale del volgo, appunto», appunto, il volgo, orrore, con questi editoriali pieni di «strizzatine d’occhio tra giornalista e lettore», e quanti strizzoni di pancia a ogni strizzatina per lor signore, così snob, così distaccate, così chic ormai poco radical. Per fortuna, a fronte di cotanta volgarità e parolacce («per usare un termine che ora suona deamicisiano» ci informa Madame Rusconi, oui, oui, je me souviens), c’era già stato il pronto intervento di Madame Magris, altrimenti non avremmo saputo come orientarci. Quest’ultima è molto esperta nel distinguere le diverse merde, per esempio quella che Cambronne grida a Waterloo va bene, quella pronunciata dalla Santanchè a proposito di Fini no, perché «difficilmente Victor Hugo potrebbe scorgere qualcosa di nobile e elevato in questo termine adottato dalla signora», e come gli sarà venuto, alla Magris, di associare Cambronne alla Santanchè non si saprà mai e alla fine chi se ne fotte.

No, no, pardon, come non detto, ce ne fotte eccome, bisogna stare attenti a come si parla con queste signore che si sono svegliate tutte insieme e tutte incazzate, non fai in tempo a leggerne una che il giorno dopo scrive l’altra indignatissima, ed è tutto un galateo, un perbenismo, uno sdegno, uno spettinamento di acconciature, un bon ton con le boccucce a culo di gallina e dopo anni di vaffanculismi e santorismi e vaurismi e travaglismi che danno dei mafiosi e delinquenti a mezza Italia ma senza mai insultare nessuno, sempre elegantissimi, invitando il noto gentleman Ciancimino, pendendo dalle labbra dell’ultima escort eroina d’Italia, quella che registra tutto, questa è classe.

Tuttavia bisogna essere gentili, e non rispondere male neppure a Madame Merlo, anche se ti scappa, anche se ti scapperebbe. Bisogna essere molto raffinati e francesi e noblesse oblige anche quando, sulla Repubblica, la suddetta Madame ti rifila un predicozzo contro i «nuovi guappi» e contro l’uso della parola «fanghiglia» riferita a Famiglia Cristiana, e non serve intercettarle, basta immaginarsele. «Oh Signore, hanno detto fanghiglia!», «Oh Gesù, cara, hai sentito?», «Fanghiglia? Fanghiglia Cristiana? Oh Santo Cielo, oh mon Dieu, non c’è più religione!». Perché d’altra parte la fanghiglia per Madame Merlo è peggio, molto peggio della merda di Madame Magris, «è un’annusata, una ficcata di naso, un’ostilità cieca e illogica», porca puttana che schifo, che maleducazione, che volgarità del volgo più sudicio e straccione, mica come la merda surrealista di George Bataille, mica come quella neodadaista del grande Piero Manzoni, preventivamente inscatolata e inodore, e però erano altri tempi, altre avanguardie, merda. ...

 

segue

http://www.ilgiornale.it/interni/il_salotto_volgare_penne_snob/27-08-2010/articolo-id=469357-page=0-comments=1