venerdì 26 febbraio 2016

Il futurismo è ancora avanguardia propulsiva. Nonostante Sergio Romano e i baroni culturali

di R0BY GUERRA


Nel 2014 la grande mostra retrospettiva sul futurismo storico di New York (al Guggenheim Museum, a cura di Vivien Greene) ha rilanciato a livello mondiale la grande stagione del futurismo italiano, fondato da Marinetti nel 1909. Vivien Green fu esplicita: Marinetti anticipò persino Andy Warhol, ovvero colui che influenza tutt'oggi l'arte e la cultura contemporanea, sempre più pubblicitaria, nel bene e nel male. Nei giorni scorsi, il 20 febbraio, era l'anniversario 107 del manifesto futurista. Eppure, ancora oggi, persino un Sergio Romano, sulle colonne del Corriere della Sera, non ha trovato di meglio che seppellire ancora la più importante avanguardia italiana, con un banalissimo "Marinetti e il Futurismo avanguardia invecchiata", in risposta a un non banale lettore che sollecitava per Marinetti maggiore attenzione, come ha fatto la Spagna per un altro grandissimo politicamente scorretto, il filosofo Miguel de Unamuno U.


Il complesso di Frankenstein e del Futuro

Tempo di parole chiare. Romano ha replicato, riassumendo, i luoghi comuni di decenni di storia della cultura fortemente ideologica, comunisticheggiante, la solita Italia tecnofoba che oggi vede i propri cervelli scientifici trasformati in migranti. Ha ammesso solo certe mostre internazionali e certa storia dell'arte più favorevole al futurismo come sintomi di interessi, ma tra le righe e - noto il suo talento - politichese - come museificazione definitiva. Riflettendo, Romano, praticamente proprio quel complesso di Frankenstein o del futuro, direbbe Alvin Toffler, celebre autore futurologo, autore de Lo Shock del Futuro (anni' 70-'80) che spiega l'Italia sempre in coda, nei fatti, all'evoluzione sociale. Ieri come oggi.


Il futurismo dal futuro

Dal duemila le avanguardie italiane stanno tornando in primo piano, Vitaldo Conte e Antonio Saccoccio su tutti, rivitalizzate da Internet e i suoi effetti sociali, soprattutto dalla matrice storica futurista. La pubblicistica editoriale, convegni persino internazionali in tal senso lo dimostrano, basta un giro nel web. Ne elenchiamo, come anche scrittore futuribile, solo alcuni indizi. Nel 2010, a Milano, alcuni neofuturisti sono stati ospiti di un convegno futurologico, internazionale Transvision 2010, a cura dei transumanisti futuribili italiani, i vari Prisco, Campa, Pilia, Vaj, dedicato al futuro apparentemente avveniristico, alla luce della scienza, al contrario prossimo venturo. Nel convegno figure celebri, tra decine, quali Aubrey de Grey, Max More, David Orban, promotori di futurismi filosofici del nostro tempo ma anche medico terapeutico, robotico e così via (leggi longevità e potenziamento transumanistico, intelligenza artificiale e internet delle cose, ecc.) sui quali oggi investono figure come Bill Gates, Zuckerborg e persino Larry Page di Google! Oggi i neofuturisti ma anche altri percorsi artistici e socioculturali sono al passo, in quanto versione attuale dell'uomo macchina futurista cosi ancora perturbante, con la scienza d'avanguardia, spesso accademici per quanto radicali, lo stesso Marvin Minsky, scrittori come Dan Brown e Bruce Sterling. Il futurismo invecchiato? Semmai aggiornato, in quanto, Marinetti e il Futurismo furono precursori del Computer World attuale. Lo sanno anche i robot quasi, non lo sa ancora la solita intellighenzia italiana, che magari scambia il sistema binario dominante ancora con la Partita Doppia politichese o paradiplomatica o con qualche treno di fantascienza!




Pd – lobby gay a Ferrara?

fonte Estense C0M

Spath contro il Tag Festival: "Legami elettorali tra Pd e lobby gay" FdI contesta il contributo comunale da 3mila euro e la concessione della sala. Maisto: "Una battaglia retrograda"

Parla di "saldi legami elettorali tra Pd e lobby gay" il consigliere comunale di Fratelli d'Italia Paolo Spath, che ha firmato un'interpellanza in cui chiede chiarimenti alla giunta circa il sostegno del Comune di Ferrara al Tag Festival, l'ormai tradizionale evento annuale dedicato alla cultura e alla comunità Lgbt. Un sostegno che non va proprio giù al capogruppo FdI, che nei 3mila euro di contributo economico versati dal Comune e nella concessione gratuita della Sala Estense (2017 euro di mancati introiti) vede un comportamento che "lede la parità di trattamento e l'imparzialità con cui l'amministrazione comunale è tenuta a comportarsi nei confronti di qualunque soggetto intenda organizzare momenti di aggregazione sul territorio".

A dire il vero, in questi anni lo stesso tipo di sostegno è stato riservato alla stragrande maggioranza degli appuntamenti no-profit in Sala Estense, anche di estrazione culturale assai distante dal presunto duo "Pd – lobby gay" a cui fa riferimento Spath (si prenda come esempio recente gli appuntamenti del Servizio di Accoglienza alla Vita, esplicitamente contrario a temi come omogenitorialità e fecondazione eterologa). Al contrario, l'interpellanza di Fratelli d'Italia si basa su un presupposto che potrebbe sollevare qualche perplessità: il fatto che "l'amministrazione comunale ritenga di usare i soldi di tutti i ferraresi per iniziative di parte, fortemente ancorate a un solo partito". Dando così per scontato che le iniziative legate al mondo omosessuale siano prerogativa del solo Pd. "Se si vogliono organizzare manifestazioni di propaganda politica – continua il consigliere -, i fondi si possono tranquillamente reperire dalle casse dei circoli Pd, Arci, Arcigay, Arcilesbiche e delle associazioni coinvolte nella manifestazione". In particolare perchè, secondo Spath, "tale atteggiamento filantropico da parte del Comune di Ferrara non si registra ad esempio per talune manifestazioni di carattere sportivo".

In attesa della risposta ufficiale all'interpellanza, è l'assessore alla cultura Massimo Maisto a garantire a Estense.com che "quasi tutte le attività della Sala Estense vengono concesse gratuitamente: iniziative delle scuole, spettacoli teatrali, i 'venerdì dell'universo' e molto altro. In questo caso parliamo di un festival di rilevanza nazionale che abbiamo deciso di inserire nel calendario eventi del Comune, insieme ad appuntamenti come il Buskers Festival, Internazionale o il Balloon Festival, perchè porta visitatori a Ferrara e perchè le città 'gay friendly' possono godere di un ritorno turistico anche a lungo termine. Le uniche iniziative dove chiediamo il canone di locazione sono quelle a scopo di lucro come spettacoli a pagamento e grandi produzioni, per verificarlo basta controllare le delibere di giunta".

L'assessore dichiara di non essere a conoscenza di trattamenti diversi verso le "manifestazioni di carattere sportivo" a cui fa riferimento Spath, "anche perchè – continua Maisto – non mi risulta che si facciano iniziative a carattere sportivo nella Sala Estense, ma se me ne cita una la verificherò e spiegherò le motivazioni delle nostre scelte. Se posso chiudere con una riflessione, trovo vergognoso che per una battaglia politica retrograda Fratelli d'Italia si appigli a una cosa assolutamente lineare, trasparente e che abbiamo dichiarato pubblicamente, cioè il nostro convinto sostegno al Tag Festival".




ALES: Giacomo Mameli racconta storie di donne

 *da Biblioteca Gramsciana, Ales, Oristano

Giacomo Mameli racconta storie di donne
"Un brusio di voci e di storie al femminile, una polifonia, una coralità di espressione che avvince", è il lusinghiero giudizio di Gianluigi Beccaria sull'ultimo libro di Giacomo Mameli Le ragazze sono partite, che per iniziativa della Biblioteca Gramsciana Onlus, in collaborazione con il Comune di Ales, sarà presentato venerdì 4 marzo alle 18.00 presso la sala Convegni del Comune di Ales. Dopo i saluti del Sindaco di Ales Simonetta Zedda, seguiranno gli interventi di Luigi Manias e di Paola Piras, ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Cagliari. Quindi sarà la volta di Giacomo Mameli che nella nota introduttiva al libro scrive: "Ho cercato di raccontare, in queste pagine, alcune storie di ragazze sarde che, dagli anni del Dopoguerra, hanno trovato una busta paga lontano dalla Sardegna. Tutte hanno dovuto o voluto varcare il mare. Non tutte a malincuore. Anzi." E Mameli queste storie le ha raccontate trascrivendo fedelmente le testimonianze nel linguaggio usato da queste donne. Scrive Martina Giuffrè nella postfazione al libro: "L'autore mostra una non comune capacità di entrare nei mondi femminili, di dare voce alle donne, di umanizzare i personaggi e la narrazione tanto che sembra di vivere con Pietrina e con le altre donne dentro alle loro storie. Mameli si fa così narratore comunitario, autore 'epico' della voce collettiva." E' vero, c'è nel libro la freschezza della lingua parlata e la godibilità di una lettura che scorre senza ostacoli, leggera; quasi fossimo di fronte a queste donne forti, decise, coraggiose ad ascoltare le loro storie di un riscatto talvolta difficile e sofferto. Un universo tutto al femminile quello raccontato da Mameli che, per singolare coincidenza di luogo e di persona, rimanda a quello soccorrevole di Peppina Marcias e di sue figlie, che riuscirono a ricreare con le loro lettere un solido fronte di affetti per Antonio Gramsci.


 
LA"

Vitaldo Conte e Helena Velena: Ritual rumore _ Roma

 

È uscito su YouTube il video Vitaldo Conte, Helena Velena: Solstizio d'inverno Ritual fuoco rumore (Vitaldix T Rose) di cui si allega il link sotto.

Dopo il fuoco rituale di Vitaldo Conte (photo) nel 'Segreto Solstizio d'Inverno' si accende il Ritual rumore con Helena Velena & Vitaldix T Rose: via Casilina / La Calabria al 75, Roma 21 dicembre 2015. Il video è incluso nel dvd 'Ritual Rumore' di Vitaldo Conte in Vitaldix T Rose, 2016.

https://www.youtube.com/watch?v=32bPZlr5S3Q


ARABESCHI

 di Casalino Pierluigi, 2.02.2015

> Sul non ancora compiuto ingesso dell'Islam nella modernità e nel
> razionalismo operativo, secondo un processo avviato da Ibn Rushd
> (l'Averroè latino) si è discusso e si discute a lungo anche alla luce
> di una perdurante manifesta divaricazione tra l'Islam intellettuale e
> quello tradizionale. Uno, invece, degli auspici più ricorrenti e non
> solo nel mondo arabo, è quello che si riaffermi l'autonomia e la
> specificità dell'Arabismo rispetto al generale contesto islamico.al
> fine di non esserne coinvolto in un generale appiattimento ideologico.
> Tale tentativo, iniziato nel XIX secolo proprio durante il dominio
> coloniale europeo, si andò progressivamente affievolendo al sorgere
> del contrasto modernità-tradizione. Le idee liberali di origine
> occidentale, peraltro, e la scoperta dell'identità araba nel quadro
> del movimento del riscatto nazionale dei popoli dell'Africa e
> dell'Asia, suscitarono nelle genti di lingua araba, in particolare
> contro l'imperialismo turco, favorita dagli eventi maturati intorno
> alla prima guerra mondiale, e dal delinearsi dei nuovi equilibri
> internazionali, si intensificò nel secondo dopo guerra. L'avvio della
> fase post-coloniale e l'ascesa delle due superpotenze vincitrici, gli
> USA e L'URSS, incoraggiò lo spirito nazionalistico arabo e la spinta
> al rinnovamento di quelle società. L'appesantimento del clima politico
> generale, conseguenza della guerra fredda, l'esplodere del conflitto
> palestinese e la reazione neo-islamica alle riforme civili e sociali
> promosse dalle élites laiche nazionalistiche, provocarono tuttavia una
> battuta d'arresto e un conseguente arretramento del processo
> rinnovatore. La crisi e l'eclissi dell'ordine dell'ordine di Yalta e
> la generale incertezza della situazione geopolitica, con sempre più
> evidenti segni di disagio e di contestazione nei confronti del disegno
> della globalizzazione, hanno finito per riacutizzare i rapporti tra le
> diverse culture e ad aprire inquietanti orizzonti per la sicurezza e
> la libertà dell'umanità. Gli effetti dell'approfondirsi del divario
> Nord-Sud del mondo e il permanere di endemici ed irrisolti problemi di
> giustizia hanno avuto sui popoli arabi una ricaduta negativa non
> paragonabile a quella di altre aree della Terra. Il senso di
> frustrazione e di risentimento verso l'Occidente, il deficit
> democratico e il riemergere incontrollato dei fantasmi
> dell'intolleranza e del fanatismo hanno condizionato in termini
> drammatici l'opinione pubblica araba. Ciò nondimeno intellettuali e
> personalità arabe si interrogano sulla capacità di quei popoli di
> uscire dallo stato profondo di malessere in cui versano da tempo. La
> crisi della cultura araba non può certo essere affrontata con il
> ricorso ad un islamismo militante e regressivo o con un sensibile
> ripiegamento nazionalistico, né con una meccanica trasposizione di
> regole e di forme di governo secolare nel tradizionale ambiente
> permeato di pregiudizi anti-moderni, viste spesso come un'imposizione
> esterna. L'attuale aspro confronto inter-islamico tra la concezione
> messianico-imperiale dello shiismo iranico e la differenziata e
> inquieta comunità sunnita araba spinge a spezzare il pesante
> condizionamento confessionale sul destino degli arabi, risolvendolo in
> una guerra ben più spietata. Ibn Khaldun, il più grande grande
> sociologo di tutti i tempi, scriveva nelle su Muqaddimmat
> (Introduzioni) già nel XV secolo di fronte al declino dell'Arabismo
> classico, quanto influisse sul crollo del califfato e sulla fine
> dell'indipendenza araba, con il prevalere di dinastie musulmane non
> arabe , il venir meno della credibilità delle istituzioni a causa
> della corruzione e dell'incapacità di affrontare un serio progetto di
> cambiamento. In "Maometto e le conquiste arabe", il grande arabista
> italiano scomparso Francesco Gabrieli, già sessant'anni fa, in
> proposito commentava con parole profetiche il mancato rinascimento
> arabo:" E' il torbido presente dei popoli arabi:", che della
> conquistata indipendenza non sembrano fare buon uso, logorati come
> sono da piaghe economiche, da un complesso di frustrazione e di
> xenofobia e da sterili rancori nazionalistici (oggi, diremmo,non di
> rado sfociati nel fanatismo religioso). Una volta constatati
> irrealizzabili i sogni di rinnovata potenza dovrebbero agire su di
> essi con l'ispirazione a risalire in modo degno questa china
> pericolosa". E aggiungiamo noi liberandosi dai demoni che ne
> continuano a sottomettere la libertà di pensiero e l'aspirazione al
> progresso civile.

giovedì 25 febbraio 2016

Apogeo e tramonto della poesia provenzale.

 
 Casalino Pierluigi, 24.02.2016

Si è già fatto riferimento all'importanza dell'influenza della poesia
> arabo-andalusa (dove pratiche di amor cortese erano comunque
> preesistenti) e siciliana sulla genesi della lirica cortese.E si è
> pure sottolineato l'insieme delle relazioni in vari campi del sapere,
> ma anche della musa creativa, che intercorsero tra l'intelligenza
> d'Oriente e quella d'Occidente nel Medioevo, epoca feconda di idee e
> di approcci tra due mondi diversi - e non di rado conflittuali -, ma
> non necessariamente separati. E' qui il caso, invece, di ricordare il
> del senso messaggio originario ed originale della letteratura
> provenzale e del suo lascito, ma anche di approfondire le ragioni
> della sua fine. Il XIX secolo è stato il secolo della scoperta della
> lirica provenzale e dell'amor cortese (termine quest'ultimo coniato
> dal critico francese Gaston Paris Saint Germain). E ciò avvenne a
> partire dai poeti romantici per arrivare ai primi del Novecento,
> allorquando si moltiplicarono le indagini sui trovatori e la loro
> poesia e sul loro influsso nei paesi neolatini e in quelli germanici.
> Di mano in mano che progredivano queste ricerche si veniva sempre più
> notando che parecchi trovatori avevano una loro più o meno ricca
> personalità (Marcabru, Peire Vidal, Arnaut Daniel), per cui si
> differenziavano dagli altri, e alcuni poi spiccavano come vere e
> proprie individualità poetiche (Bernart de Ventadorn e Bertran de
> Born). Veniva così a cadere la vecchia tesi che quel mondo fosse
> uniforme, come eguale e modulato sopra una sola nota, quasi fosse la
> voce di un unico e solo poeta o il suono di una stessa musica. A noi
> interessa tuttavia investigare sul problema dell'origine di questa
> lirica o variegata scuola poetica. Che i più antichi trovatori a noi
> noti (Guglielmo IX, Cercamon, Marcabru) siano stati i primi poeti
> occitani sembra da escludersi, se si tiene conto del grado di
> elaborazione della loro lingua poetica, degli schemi della loro
> poesia, del loro frasario convenzionale, tutte cose che parlano in
> favore di una tradizione letteraria più o meno lunga. Il fenomeno
> trobadorico, infatti, appare così vasto e complesso per poterlo
> spiegare con l'influsso di una sola individualità. Tutto ciò dimostra
> che dovette esistere ancor prima della tradizione cavalleresca e
> cortese, rappresentata dai trovatori, un'altra poesia di forma e di
> intenti poco diversa, cancellata dal tempo e preceduta a sua volta
> da altra lirica riflessa e da una poesia popolareggiante. Varia,
> dunque,dovrebbe essere stata l'origine di questo filone poetico, varie
> le sue sorgenti di cui restano, peraltro, incerte vestigia. Vestigia
> che si confondono e contengono ad un tempo tracce di "chansons
> d'histoire" o "de toile", genere nato in Francia e sconosciuto in
> Provenza, di intonazioni di forma portoghese, anche queste ignote in
> Provenza; va inoltre riconosciuto che per le tematiche concernenti il
> vassallaggio alla donna il tutto rientrerebbe nell'ambiente feudale,
> che fu l'istituzione fondamentale del Medioevo in genere, mentre non
> si negano neppure ascendenze nel mondo classico, come già ricordato in
> un mio precedente intervento, né derivazioni (o per lo meno contatti)
> dalla Spagna islamica, come spesso citato anche in altri miei articoli
> (e certo analogie tra la poesia araba e quella provenzale sono
> innegabili, dal momento che si è spesso preso in considerazione
> aspetti, se non di diretta discendenza, sicuramente di non irrilevante
> interrelazione): in proposito si è indicato, ad esempio, in Ibn Quzman
> uno degli ispiratori probabili della lirica provenzale e romanza in
> genere, ma non è questo, dunque, l'argomento specifico che interessa
> nel corso di questa trattazione.; circostanza che rientra nel
> dibattito aperto sui rapporti tra Oriente ed Occidente. Qui va fatta
> memoria, in realtà, di come l'amor cortese e il suo messaggio, dopo
> una gloriosa stagione di sublime cantare, finirono e perché: l'amore
> dei trovatori non era certamente quello predicato dalla Chiesa che
> esaltava solo quello coniugale e non ammetteva neppure poeticamente il
> diffondersi di amori di diverso segno rispetto a quello consacrato nel
> matrimonio. La persecuzione e repressione dell'amor cortese e dei suoi
> vati fanno il verso a certe tendenze integralistiche ed iconoclastiche
> (che pervasero sia il Cristianesimo che l'Islam del tempo). La lirica
> dei trovatori giunse alla sua fase di esaurimento durante
> l'imperversare della crociata contro l'eresia degli albigesi, che,
> oltre a condannare l'arte provenzale - che nel sud della Francia
> trovava la propria sede principale-, mise progressivamente fine
> all'indipendenza di quella terra a favore della politica
> espansionistica della Francia, alleatasi con l'Inquisizione. Una data
> importante, anche per la storia della poesia provenzale, è l'aprile
> 1233, quando papa Gregorio IX affidò proprio all'Inquisizione, creata
> poco prima, ai Domenicani. Il nuovo istituto funzionò subito in
> Francia, come detto, con metodi violenti e decisi. Gli ideali su cui
> riposava, per gran parte, la poesia cortese, vennero banditi. Ciò
> nondimeno la decadenza della poesia occitanica era comunque iniziata
> e, pur spostandosi, verso l'Italia, quell'esperienza irripetibile si
> avviò al suo inesauribile tramonto non solo sotto l'incalzare dei
> fanatici turbamenti delle istituzioni religiose e politiche, ma anche
> per l'emergere di una nuova sensibilità sociale oltre che inventiva.
> Una nuova coscienza del mondo, una nuova e più profonda intuizione
> della vita sorgeva, ma la poesia provenzale non ne ebbe giovamento,
> pur adeguandosi al nuovo corso. Si era giunti al XIV secolo ed era
> passata l'età dei maggiori trovatori e gli imitatori non li avevano
> eguagliati o avevano riecheggiato o ripetuto i loro motivi. Intanto, a
> cavaliere dei secoli XIII e XIV, le poesie dei trovatori venivano
> raccolte in florilegi e canzonieri: sillogi preziose, in parte
> invidiateci dal tempo e in parte giunte a noi e conservate oggi in
> qualche illustre biblioteca europea. Il maggior numero di queste
> sillogi è di mano italiana. Il declino dell'ideale cavalleresco
> porterà a uno assetto politico nuovo, quello che plasmò gli stati
> nazionali,più votati al trionfo del realismo di vertice che non al
> perseguire ideali di vita cortese e di estrazione popolare.
>

mercoledì 24 febbraio 2016

La mostra del Futurismo eterno: Vite Futuriste -Enzo Benedetto e Stefania Lotti

Vernissage della mostra dedicata al sodalizio artistico durato oltre quarant'anni dei futuristi Enzo Benedetto e Stefania Lotti.

Presentazione del catalogo.
- Interventi di Georges de Canino, Francesco Gallo Mazzeo, Luigi Tallarico.
- Performance di testi futuristi di Priscilla Lotti

Enzo Benedetto (1905-1993) figura rilevante del Futurismo, pittore, scrittore, scultore, parolibero, fonda nel 1924 a Reggio Calabria la rivista "Originalità" (testata suggerita da F.T. Marinetti) e nel 1926 allestisce un salone futurista alla IV Biennale Nazionale Calabrese. Nel 1930 pubblica il romanzo fantascientifico "Viaggio al pianeta Marte". Convinto sostenitore della continuità delle idee futuriste promuove il manifesto di Futurismo-Oggi nel 1967 che raccoglie l'adesione di quasi tutti I futuristi superstiti. Dal 1969 al 1993 dirige a Roma il periodico "Futurismo-Oggi" al quale collaborano fra gli altri, Mario Verdone, Alberto Sartoris, Ivo Pannaggi, Emilio Pettoruti, Mino Delle Site. Organizza in occasione del centenario di F.T. Marinetti nel 1976 il convegno "Marinetti Domani" a Roma nella Sala Protomoteca in Campidoglio. Nel 1990 l'Archivio Centrale dello Stato acquisisce il suo archivio personale completo.

Stefania Lotti (1927-2008), studia pittura all'Accademia di Belle Arti di Roma, si occupa anche di restauro ed esegue lavori di decorazione e modelli di medaglie. Dal 1951 comincia la sua collaborazione con Enzo Benedetto, aderisce alla dichiarazione di Futurismo-Oggi e partecipa a diverse mostre del gruppo futurista. Nel 1993 cura l'ultimo numero della rivista "Futurismo-Oggi".


Drone futurista 2017

martedì 23 febbraio 2016

Ferrara? fascisti rossi uber alles! le foibe sempre un dettaglio da NCIS

fonte estense comhttp://www.estense.com/?p=529445

di Anja Rossi

Un presidio per la memoria delle foibe, "senza le istituzioni della città". Dopo la lapide divelta nella notte tra il 9 ed il 10 febbraio, Giorno della Memoria e giorno dell'intitolazione della rotonda di corso Isonzo in memoria degli infoibati, Andrea Rossi (Udc), tramite social network aveva proposto un presidio aperto a tutti i cittadini e le associazioni, per rispondere al triste gesto. Hanno però risposto solo i 'soliti noti': Paolo Spath (Fratelli d'Italia), Matteo Fornasini, Paola Peruffo e Cristiano di Martino (Forza Italia). Presente anche Flavio Rabar, presidente del comitato provinciale di Ferrara dell'associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.

"Siamo in assenza delle istituzioni – spiega amareggiato Andrea Rossi -. Questo voleva essere un presidio istituzionale, aperto a tutti i cittadini. Se l'atto di rimuovere una lapide fosse stato fatto per un altro cartellone commemorativo in città, sarebbe stato altrettanto grave per noi, perché si stratta sempre di un atto incivile, che va a calpestare la nostra memoria condivisa".

La memoria dei martiri istriani, giuliani e dalmati, secondo i presenti, è considerata di serie B rispetto ad altre 'memorie', di altri colori e di diverse fazioni. "L'atto di aver divelto il cartellone è stata subito liquidata come una goliardata" continua Rossi, che considera invece l'accaduto come un atto politico. "È stato tolto la notte prima del Giorno della Memoria, non per avere una mentalità di sospetto, ma non può essere una coincidenza: è stato qualcosa di preciso e mirato. È la prima volta che una cosa simile accade a Ferrara".

Nella rotonda fra corso Isonzo e via Piangipane, rimane l'altro cartellone, dove c'è ancora la corona messa la settimana scorsa in memoria delle vittime delle foibe. "Speravamo partecipassero anche le istituzioni, ma già sapevamo non si sarebbero presentate – sottolinea poi Andrea Rossi -. Io non sono qui volentieri, perché vuol dire che dopo dieci giorni dall'accaduto l'amministrazione comunale non ha ancora provveduto a mettere un altro cartellone. Vogliamo essere qui oggi per non far passare questo atto inosservato. Se di queste cose non se ne occupano i componenti della giunta, qualcuno deve prendersi l'onere di sostituirli".

Aggiunge poi Matteo Fornasini: "Mi ha colpito il modo in cui Maisto ha sminuito l'atto incivile e indegno come una bravata. Per settant'anni la sinistra italiana ha avuto la grave colpa non solo di avere insabbiato i fatti delle foibe, ma di averle anche strumentalizzate, considerandole una risposta ai campi di concentramento nazisti. Ma la violenza non può mai essere giustificata, in nessun modo. Noi siamo qui per condannare ogni forma di violenza ed essere un esempio per i giovani".

Paolo Spath commenta l'accaduto sottolineando come "da ben otto anni Fratelli d'Italia porta la corona d'alloro nella rotonda di corso Isonzo per le vittime delle foibe, e negli anni spesso abbiamo subito danneggiamenti e imbrattamenti, che abbiamo sempre denunciato in questura". Infine, Cristiano Di Martino commenta la scelta stessa del cartellone, perché "un cartello di latta è il minimo sindacale. Il Pd dovrebbe staccarsi da certe reminiscenze e non festeggiare solo gli eventi con la banda che canta Bella Ciao. Questa lapide, che appunto non è di marmo, dovrebbe rappresentare tutti i cittadini, e dovrebbe avere la stessa dignità delle altre lapidi. Ma evidentemente venire qui – e Maisto l'ha fatto intendere chiaramente – è per loro un vero e proprio fastidio fisico".

Non la pensa così Flavio Rabar, che invece vede nelle istituzioni una forte collaborazione e aiuto nel Comune di Ferrara, dove si trovano una cinquantina di esuli fiumani, istriani e dalmati. "A settant'anni di distanza, in Italia non si riesce ancora a comprendere ciò che è accaduto". Per questo, secondo Rabar, è necessario un lavoro maggiore nelle scuole e nelle università.


Futureshock : naturale e artificiale

 

Valerio Evangelisti gender fantascienza juvenile

FANTASCIENZA  E   GENDER

Nella prefazione ad un saggio apparso tanti anni fa (Di futuri ce n'è tanti. Otto sentieri di buona fantascienza, 2006),Valerio Evangelisti, autore della saga di successo che ha per protagonista Nicolas Eymerich, un inquisitore domenicano del sec. XIV, traccia un quadro senza peli sulla lingua della di crisi che da decenni attanaglia la fantascienza: negli Stati Uniti le riviste più prestigiose o hanno cessato di esistere o vivono, in forma virtuale, nel Web; autori come Delany o Spinrad, un tempo sulla cresta dell'onda e ben remunerati, ora sono pressoché dimenticati e vivono in ristrettezze economiche. Chi non è morto - scrive Evangelisti - "è povero o poverissimo, e può contare solo sul magro sostegno proveniente dai Paesi dell'Est dove, come nell'Italia del secondo dopoguerra, la fantascienza è ancora vista quale sinonimo di modernità. Drammatico il caso di Frank Belknap Long, autore non eccelso ma vecchio amico di H.P.Lovecraft (...). Una decina di anni fa si spense, come Émile Zola, nell'appartamento di due stanze che occupava a New York, ucciso dalle esalazioni di una stufetta" (p.8).
La causa di una tale débâcle? Secondo Evangelisti, è tutta colpa del periodo storico che stiamo vivendo, tutto proteso al presente e chiuso al sogno, al futuro, all'utopia. Naturalmente, non si può non essere d'accordo con lui, dal momento che la fantascienza è un genere letterario a sfondo educativo: si pensi ai romanzi scritti per educare le giovani generazioni all'era dello spazio (juveniles). Ma non basta:  bisogna anche andare oltre e ricercare la causa princeps del crollo degli ideali, dei valori, delle utopie, ecc. In una prima battuta, potremo indicare tale causa nell'attuale, pervasiva dittatura del relativismo; ma ce n'è un'altra ben più grave: l'ideologia del gender. Come nasce? Con l'uso distorto della scienza da parte dell'uomo, il quale, con lo strapotere che essa gli ha messo in mano, vuole giocare a fare Dio: essere una madre senza essere una donna, essere un padre senza essere un uomo, diventare un uomo anche se si è donna e diventare una donna anche se si è uomo, ecc. Tutto questo sta accadendo con la diffusione, a livello planetario, dell'ideologia del gender, gravida di due conseguenze nefaste: 1) rende impossibile ogni vero progresso, in quanto riduce l'uomo al solo corpo; 2) vanifica, con l'abbattimento della legge naturale, il processo educativo.
Tra le due, è la seconda a suonare il requiem per la fantascienza, in quanto blocca la produzione di romanzi a carattere ammonitorio come: 1984 (Nineteen Eight-Four, 1949) di George Orwell, Fahrenheit 451 (1953) di Ray Bardbury, Fabbricanti di schiavi (A for Anything, 1959) di Damon Knight, ecc. Conclusione? Per il rilancio della fantascienza, occorre far rivivere i valori naturali ed eterni insiti nel'animo umano, opponendosi alla teoria del gender che di tali valori sta facendo tabula rasa.

Antonio Scacco

  fantascienza.scacco@gmail.com ,  . Ricordo che è ancora valida l'offerta-omaggio di Critica pedagogica della fantascienza, di Fantascienza umanistica (Primo Premio per la Saggistica 2014 - Città di Vecchiano), di Racconti del Venticinquennale e di Alieni, astronavi, robot... a quanti decidessero di sostenere "Future Shock"

EVENTO PIRANDELLO A COSENZA CON PIERFRANCO BRUNI (MIBACT) Pirandello per gli 80 anni dalla morte alla Biblioteca Nazionale di Cosenza con la relazione di Pierfranco Bruni e una Mostra Bibliografica – Lunedì 29 febbraio ore 11.30 -




Date: Tue, 23 Feb 2016 16:56:10 +0100
From: csrbruni@alice.it
To: astronave3000@hotmail.it
Subject: EVENTO PIRANDELLO A COSENZA CON PIERFRANCO BRUNI (MIBACT) Pirandello per gli 80 anni dalla morte alla Biblioteca Nazionale di Cosenza con la relazione di Pierfranco Bruni e una Mostra Bibliografica – Lunedì 29 febbraio ore 11.30 -
 

 

EVENTO PIRANDELLO A COSENZA CON PIERFRANCO BRUNI (MIBACT)

Pirandello per gli 80 anni dalla morte alla Biblioteca Nazionale di Cosenza con la relazione di Pierfranco Bruni e una Mostra Bibliografica – Lunedì 29 febbraio ore 11.30 -

 

 

Pirandello verrà celebrato dalla Biblioteca Nazionale di  Cosenza con la prolusione di Pierfranco Bruni in una Mostra Bibliografica  curata dagli esperti della Biblioteca per ricordare la sua opera e la sua figura a 80 anni dalla morte.  Un evento nazionale con il quale la Biblioteca Nazionale continua  a sviluppare una progettualità sul Novecento letterario.

I lavori saranno aperti dalla Direttrice della Biblioteca Elvira Graziani.  Pirandello. Nostro contemporaneo. Il classico e la parola. La lingua nella poesia e nei processi storici. Sarà  il tema conduttore della relazione di Pierfranco Bruni nell'incontro fissato nella Sala Giacomantonio alle ore 11.30.


Pierfranco Bruni, Responsabile del Progetto Etnie – Letteratura del Mibact, ha dedicato a Pirandello diversi  scritti e in particolare un saggio sulla sua poesia risalente al 1986, che verrà, per l'occasione, ripubblicato con gli opportuni aggiornamenti, riferito alla Parola e alla Maschera attraverso il linguaggio etnico della sua Girgenti.

Pierfranco Bruni su Pirandello chiosa: "Se il Novecento poetico si apre con D'Annunzio (valgono in questa tesi le presenze del ritmo del verso  e le assonanze forti di Pascoli che è un traghettatore di musicalità della parola) c'è da dire che la poesia di Pirandello, nel suo incastro mediterraneo, è un vissuto da anticamera, ma un vissuto consistente, di un Novecento annunciato e che si va perfezionando nella modernità degli stili che sono dati dall'estetica della parola".

Iniziano così le attività per ricordare e celebrare Pirandello nella complessità delle sue Opere. Pierfranco Bruni porrà l'attenzione su un Pirandello che si confronta con Ionesco, Mishima, Camus ma anche con un linguaggio che ha eredità arabe. Un originale percorso che si inquadra proprio negli studi che Bruni porta avanti per conto del Mibact sulle lingue e le etnie come modelli letterari e antropologici.

"Pirandello, sottolinea Pierfranco Bruni, costituisce, per il Novecento, l'autore che maggiormente ha saputo interpretare, attraverso le sue opere, il raccordo tra l'uomo e la follia in una visione in cui come punto di riferimento resta l'inquietudine. Quell'inquietudine che è stata ed è la chiave di lettura di quel che, successivamente, verrà chiamato il "male di vivere". Proprio in questo male di vivere il linguaggio assume una valenza antropologica importante e suggestiva".

Infatti è la lingua della poesia che scava nei testi di "Mal giocondo" di Pirandello. L'iniziativa è programmata dalla Biblioteca Nazionale di Cosenza  del Ministero dei beni e delle attività culturali e il turismo – Dipartimenti Biblioteche, editorie e istituti culturali e la collaborazione. Bruni spazierà, infatti, su un contesto pirandelliano che è quello di una cultura mediterranea che si intreccia con i processi etno – antropologici che richiamano modelli sia linguistici derivanti dal Mediterraneo sia la visione della teatralità come centralità del racconto in un Novecento delle identità.

Celebrare gli 80 anni dalla scomparsa di Luigi Pirandello offre, dunque, l'opportunità di ripresentare un autore che come pochi altri continua ad incidere  profondamente sul nostro modo di indagare e valutare l'animo umano.

 











NeverWas Radio: E. J. Pilia and Transhumanism interview

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Ci fonderemo con la tecnologia? Diventeremo immortali? Intervistiamo Emmanuele Pilia, direttore esecutivo dei Transumanisti Italiani! Parleremo anche di Usa e altro. E ovviamente come sempre la rubrica di GeopoliticalCenter! Alle 22 con Equilibrium Network!
ASCOLTACI SU: www.neverwasradio.it

info ulteriori
www.transumanisti.it





domenica 21 febbraio 2016

E' scomparso il grande Umberto Eco, semiotico e scrittore postmoderno doc

*Nota di R. Guerra: al di là del saluto/ricordo affettuoso di seguito di Vittorio Feltri, un poco troppo alla rovescia ideologico pur brillante (bellissimo il titolo però...) ,  con Eco scompare uno dei pochi veri intellettuali italiani capaci di captare il futuro e  - a ben vedere - trascendente qualsivoglia zavorra politichese...  Oltre Eco, mere contingenze certe sinergie a volte discutibili con certa già  fu sinistra:  Eco come ricercatore scientifico  ha importato e reinventato e divulgato la nascente Linguistica dei segni e poi semiologia o semiotica....  Il solo "Apocalittici e Integrati"  resta tutt'oggi una password per un futuribile nobile e virtuoso evoluto,  la fine del novecento ideologico stesso  tutto italiota; ulteriormente "La Struttura Assente"... già decenni fa  illustrava la fine di qualsiasi riduzionismo conoscitivo e metapolitico, la complessità come nuovo scenario e mappa polare di riferimento e  "navigatore" per googlare con cognizione di casa e e effetto e  oltre...  i territori ignoti o in riformattazione del nostro tempo.   Tutta la sua opera ha consegnato al museo della televisione naturale, troppo facili persuasori occulti, liberato la nuova cultura mediatica e pop  da analisi adorniane (ancora dominanti in Italia ) non banali ma inflazionistiche e ridondanti, molto altro dopo la Televisione e gli stessi cartoni animati.  Feltri stesso ad esempio esagera, Eco non  demolì  Mike Bongiorno, al contrario  lo incoronò come esempio di televisione nuova e propulsiva; un saggio di Eco sui Puffi, poi, resta memorabile, sembrava una dissertazione sulla teoria delle stringhe, pardon striscie, un universo parallelo di alieni puffi reali!  Come scrittore, poi, Eco  con Il Nome della Rosa e non solo,  il vero vertice del Fantastico italiano e di ulteriore altitudine mondiale:  altro che noirismo o  fantastorico all'italiana,  Eco poetico  prima del grandissimo transumanista Dan Brown,  dopo Calvino in Italia e non solo, Umberto Eco  il vero principe fantacosmico felice, altro che imperatori veggenti nostalgici degli zar o wuminghiani autoimplosi in fantasmi. E già da domani, il nome .. Umberto Eco  è il Segno della Rosa nella storia della comunicazione e  della cultura rivoluzionaria contemporanea!

*fonte Il Giornale   Vittorio Feltri

Eco, un intellettuale sempre organico (ma solo a se stesso)
La livella arriva per tutti e non ha risparmiato neppure Umberto Eco, morto in casa propria a 84 anni, dopo aver inanellato una serie impressionante di successi editoriali che lo hanno reso famoso nel mondo. Il suo romanzone Il nome della rosa è stato tradotto in un centinaio di lingue e ha venduto 12 milioni (14 secondo qualcuno) di copie, quante ne bastano per arricchire un autore.Se si aggiunge la diffusione notevole di altre sue opere, ad esempio Il pendolo di Foucault, si arriva a una montagna di volumi. Non vogliamo fare i conti in tasca a Eco, ma solo ricordare che egli è stato un intellettuale importante per la cultura italiana del dopoguerra. Non piaceva a chiunque lo avesse letto, ma ciò è normale.
Come sempre, anche nel suo caso era ed è la politica a dividere il pubblico tra estimatori e detrattori. Le mode culturali contribuiscono in modo decisivo ad innalzare un uomo ai vertici della considerazione popolare o a farlo sprofondare negli abissi del disprezzo. Umberto è stato bravissimo nella scelta di campo utile a portarlo sull'Olimpo. Pur essendo stato cattolico all'inizio della carriera, non ha esitato a diventare miscredente e a schierarsi a sinistra in tempi in cui i cristiani erano democristiani, cioè gentucola conformista, mentre i laici erano comunisti e quindi degni della massima stima.
Non affermiamo che Umberto sia saltato da una sponda all'altra per opportunismo. Probabilmente si è limitato a seguire la propria indole di uomo del giorno. Ma il sospetto rimane, visto che il passaggio da qui a là gli ha giovato parecchio in termini di consenso e di incasso. I laici progressisti negli ultimi 60 anni hanno goduto di grandi agevolazioni: porte aperte, buona stampa, elogi sperticati della corporazione dei cosiddetti intelligenti. Giuseppe Berto, grande scrittore che negli anni Sessanta vinse per sbaglio il Campiello con il Male oscuro, romanzo contro la psicoanalisi, fu dimenticato (e schifato) in fretta, perché genericamente di destra, ossia ostile alle ideologie correnti e di maggior presa nel periodo in cui i suoi libri erano in commercio. Quando tirò prematuramente le cuoia non fu celebrato adeguatamente. Lo stesso dicasi per Giuseppe Prezzolini, snobbato poiché conservatore dichiarato. Vabbè, niente di nuovo né di sensazionale.
Eco, a differenza di costoro, condannati al silenzio e all'oblio, seppe inserirsi nel filone giusto riuscendo a suscitare l'attenzione e l'approvazione nei contemporanei affascinati dall'eurocomunismo inventato da Luigi Berlinguer, una teoria fantasiosa eppure in grado di sedurre circa la metà della beota popolazione italiana. Fu bravo a intuire la strada da percorrere per giungere in vetta al gradimento dei cittadini sedicenti illuminati. Ciò non toglie alcun merito allo scrittore alessandrino, anzi accresce la misura della sua abilità di intellettuale (quasi) organico.
Umberto non è mai stato contestato da nessuno che avesse i titoli per farlo. Lui stesso a un certo punto confessò che Il nome della rosa, nonostante il boom delle vendite (qualcosa di straordinario) era il suo peggior romanzo. Non saprei dire se avesse ragione o torto; sta di fatto che questo era il suo pensiero, almeno quello manifestato con stupefacente franchezza (a cui sarei portato a non credere). Eco, coerentemente con le posizioni acquisite negli anni della maturità, ha collaborato con l'Espresso e la Repubblica, sui quali ha scritto articoli memorabili, che hanno immancabilmente fatto scalpore.
Egli assurse ancor giovane (relativamente) al ruolo di maître à penser, ascoltato e lodato dai compagni di ogni risma. Bisogna dargli atto che non è mai stato banale nelle sue osservazioni. Filosofo, semiologo, linguista e professore universitario, egli fu protagonista di un episodio storico. Dopo aver collaborato assiduamente con Lascia o raddoppia?, il primo programma televisivo della Rai d'antan, Umberto scrisse un saggio clamoroso in cui faceva a pezzi il conduttore della trasmissione: Mike Bongiorno. Un'impennata che rivelava appieno la personalità dello scrittore scomparso, uno che faceva e disfaceva con sorridente e irridente disinvoltura.
Ebbi anch'io con lui un garbato scontro. Io sostenni che la destra si era impoverita perché tutti gli intellettuali destrorsi, dal 25 aprile 1945 in poi, si erano trasferiti armi e bagagli nella sinistra, cambiando bandiera senza battere ciglio. Era la verità. Ma Eco mi rispose che i voltagabbana non erano tali in quanto non fascisti, bensì esponenti della destra storica. E avevano semplicemente mutato idea. La sua mi parve una stupidaggine. Ma lui era lui e io ero io. Una replica alla marchese del Grillo. Niente di serio.Vittorio Feltri



Oriente e Occidente: dalla poesia arabo-andalusa a quella trobadorico-provenzale

 
> > Casalino Pierluigi, 20.02.2016
> L'ideale cortese si sviluppò nel Sud della Francia, dove fioriva una
> società aristocratica ed ed elegante, per la quale anche il prestigio
> letterario ed artistico aveva un ruolo decisivo. I poeti provenzali,
> detti "trovatori", erano di diversa estrazione sociale, ma erano
> accomunati dalla vita di corte dove, grazie al generoso mecenatismo
> dei signori, potevano comporre per un pubblico d'élite. La concezione
> provenzale o trovadorica trovò espressione nella poesia lirica.La
> lirica, che deriva da lira, lo strumento con cui il poeta accompagnava
> il suo canto spesso affidato agli stessi compositori oppure a degli
> interpreti itineranti, detti giullari,che andavano a trasmettere di
> corte in corte le creazioni trobadoriche. La lirica provenzale era
> scritta in lingua d'oc, veniva canta in pubblico con l'accompagnamento
> musicale. Dal punto di vista formale la lirica provenzale appariva
> molto ricca ed elaborata tanto da diventare difficilmente
> comprensibile, ed era destinata alla trasmissione orale. C'è chi
> collega le origini della lirica provenzale alla tradizione classica
> latina e chi, invece, la fa risalire alla poesia arabo-andalusa.
> Studiosi come il Menendez-Pidal sostengono questa tesi anche in
> ragione dei contatti fecondi tra la Spagna islamica e l'Europa latina,
> aldilà dei momenti conflittuali. Nell'intreccio artistico e anche
> musicale (per non dimenticare i crescenti rapporti filosofici ed
> intellettuali che influenzarono anche Dante) di queste due regioni del
> mondo medievale si rinvengono elementi di una così straordinaria
> ricchezza culturale e creativa che sono ancora suscettibili di
> approfondimento nel contesto di un dibattito aperto e tuttora in
> corso: un punto su cui si sta sviluppando un rinnovata ricerca in
> questi ultimi anni; ricerca che muove dalla dimensione mozarabica per
> arrivare al volgare romanzo. Se, infatti, fino a più di un secolo fa
> l'esistenza di frammenti lirici in volgare romanzo precedenti le prime
> attestazioni liriche trobadoriche era soltanto una supposizione, pur
> con le dovute precisazioni la scoperta e l'analisi delle "hargiat" ha
> portato alla luce un universo letterario in larga misura poco noto.
> Nella liberazione da pregiudizi letterari e etnocentrismi si va
> configurando negli studi recenti la chiave di volta per la risoluzione
> di un enigma letterario, i cui elementi hanno interrogato ormai più di
> una generazione di critici e la cui natura continua a suscitare
> interesse e stupore. Non è un caso che si senta vibrare nelle
> composizioni trobadoriche, ma anche in altri passi della poesia
> europea del tempo molti versi di Ibn Quzman e di Al-Mutamid. Per
> concludere non si dimentichi in questa vastità di relazioni si cala
> anche la non mai abbastanza discussa questione delle fonti o degli
> influssi delle fonti islamico andaluse della Divina Commedia di Dante.

Monica e Monique, doppio ossimorico

*COSIMO DINO-GUIDA - Monica e Monique (NETtarget, 2016)

Il doppio è argomento affascinante, materia da manipolare per creare storie, per plasmare situazioni in cui tutto può essere ciò che non appare. Il tema dell'alter ego ha ispirato poeti, novellieri, registi e pittori.
Il 23 giugno 2003 la società americana Linden Lab, ha lanciato l'idea di Second life, un mondo virtuale, elettronico digitale in cui ogni soggetto può creare un avatar tridimensionale che può fare acquisti virtuali con il Linden Dollaro, partecipare ad attività, lezioni, mostre, scattare fotografie, scambiare beni con altri residenti di questo mondo virtuale. Così ognuno è libero di crearsi il perfetto alter ego, di proiettarsi in un mondo surreale in cui si può essere ciò che si vuole e che non si riesce ad essere nella vita reale.
L'alter ego virtuale è un po' come la religione, nasce da un bisogno, un disagio con se stessi, dal dolore di non riuscire, di non avere, di essere vuoto a perdere e di non poter bucare lo schermo del mondo reale con la propria personalità. L'ego non è sufficiente, occorre un supporto, un aiuto, occorre rendere se stessi come Dio, avere potere di fare, almeno nel mondo virtuale... L'essere umano è curiosamente complicato.
E, come si è detto, le possibilità di duplicazione dell'ego affascinano da sempre i narratori.
"Monica e Monique" di Cosimo Dino-Guida, fin dal titolo si rivela gioco sottile, in cui il nero diventa bianco che a sua volta è nero con sfumature di grigio, anche se ad un primo sguardo sembra immacolato e puro. La materia sfugge. L'uomo non è un monolite, come canta Battiato in "Scherzo in minore": "non è pietra di tungsteno e cambia spesso proprietà, uccide sempre a tradimento con veleno di invidie e di infedeltà". L'inconscio cela perversioni dunque, malattie dell'anima, mostri che la veglia reprime e che si aggirano nel buio. L'autore, in una sintesi ossimorica di opposti e identificazioni dipanantesi in due atti, rievoca l'antico simbolo del libro dei mutamenti per il quale in ogni bene ci sarebbe un po' di male e viceversa.
E le protagoniste di questa pièce alternano luce e oscurità a dimostrazione del fatto che ogni creatura umana è grigia, un impasto di buio e tenebre.
Lo stereotipo viene spezzato, l'etichetta buono-cattivo, è sovvertita, in nome di un'analisi più profonda, genuinamente eviscerativa dell'essere.
E in questo senso "Monica e Monique" può essere intesa con afflato destrutturalista, laddove destrutturalismo indica la demolizione del comune buon senso, dei bollini che la società impone ignorando la natura istintiva dell'uomo. Il super-ego ordina, l'uomo dovrebbe ubbidire, in modo che tutto possa essere regolamentato, catalogato, inquadrato in un preciso sistema di causa-effetto. Però il potere spesso ignora l'istinto, base ineliminabile nell'uomo e nella donna. L'istinto produce conseguenze, rimescolamenti della coscienza, emerge dalle tenebre dell'imposto per implosioni non sempre positive. La vera natura prima o poi viene fuori, eludendo i mascheramenti super-egotici, eludendo le convenienze, la sintesi meccanica e fredda della buona educazione borghese. Il termine "brava ragazza", comunemente usato dal benpensante medio con tendenza a scandalizzarsi, assume così una sfumatura d'ironia nella sua metamorfosi in oscenità perversa, in boccacesca sintesi un poco tragica perché fa riflettere su come va il mondo, un poco brillante perché l'ironia che la sorte offre fa sorridere anche se amaramente.
E se in "Monica e Monique" la prostituzione assume sfumature differenti nelle due protagoniste, riuscendo nell'una ad uccidere anima e onestà, mentre la sana coscienza dell'altra, resiste e si rafforza nel finale, l'autore riprende il tema nel racconto "Vico Lungo Gelso" che chiude il libro.
Qui il tema del meretricio è associato a quello della morte. Il linguaggio è semplice, ma denso. Il secco dialogo finale che chiarisce gli accadimenti con efficace sintesi, è come un colpo di frusta ben assestato sui fianchi del piacere che il protagonista avrebbe potuto provare.
E quel buio che l'autore cita più volte all'inizio del racconto, mentre il protagonista cammina verso il piacere, è come un'anticipazione tragica e fredda dell'oscurità che segna la fine.
Del resto l'associazione tra Eros e Thanatos nel loro dissidio cosmico, è antico, se già Empedocle ne disquisiva ampiamente trattando di Phìlia e Neikos, rispettivamente amore e distruzione.
Scrive Massimo Fagioli in "Istinto di morte e conoscenza": «l'istinto di morte costituisce la matrice dello sviluppo della vita psichica... Concettualizziamo cioè la creazione dell'immagine come fusione dell'istinto di morte con la libido...»1. La fantasia di sparizione concettualizza le possibilità libidiche dell'uomo. La tendenza al ritorno verso il buio, a chiudere gli occhi, sparire e far sparire si traduce nella rimembranza dell'oscurità uterina, quando l'unico contatto con il mondo è rappresentato dalle sensazioni tattili-libidiche. La morte è il ricreare il se stesso fetale con la realizzazione inconscia di libido-tatto-piacere, un regressus ad uterum in cui le matrici perinatali trovano compimento e giustificazione.
La prostituta, che fa commercio della propria carne, è in Vico Lungo Gelso l'agente tra morte e libido, tra piacere e annullamento del sé. Del resto nello stesso atto sessuale esiste il momento sintetico del confondersi, dell'annullarsi, come un obnubilamento di coscienza, un ipnotico perdersi per poi riaversi. In questo caso però arriva il dialogo cesura che avverte premurosamente il lettore, con realistica e tragica evidenza, sì, lo avverte che quel perdersi, quell'ipnosi è arrivata fino alle estreme conseguenze, fino alla distruzione totale degli atomi del corpo. Anche qui il termine "brava ragazza", assume un sapore lievemente umoristico, come una beffa nelle chiacchiere dei bene informati. Anche se incastonata in un contesto tragico, l'espressione sottolinea l'aleatorietà dei punti di vista, i balzelli della morale, che muta a seconda delle circostanze, delle persone e dei tempi.
Sicuramente un libro da leggere perché va oltre la parola scritta, esulando da banalità preconcette, luoghi comuni e déjà vu tipici di tanta produzione teatrale che più che creare nuova materia, manipola quella già esistente, cambiando magari i nomi dei personaggi, gli sfondi, ma ripetendo lo stesso cliché. Una storia originale, scorrevole, densa e sottile, da leggere tra le righe, scritta con accuratezza, con la precisa consapevolezza dei tempi scenici e delle giuste pause.  (M. Blindflowers)



1M. Fagioli, Istinto di morte e conoscenza, L'asino d'oro, 2010, Roma, pp. 136 e ss.




Ferrara, la Carife del Partito e l'accanimento terapeutico

di Benito Guerrazzi
Di questo passo  tornerà a tuonare anche il vescovo pare uscente Negri ma per questioni bioetiche paradossali...  L'affaire Carife dopo ennesimi postumi  di ciarla non stop e simulacri non stop e  pseudodossier non stop della mai illuminata stampa local, esita  ufficialmente come INSOLVENZA E BANCAROTTA PROSSIMO VENTURA....  Insomma  tutto il bla bla  e proprio dei probabili principali responsabili, leggi vertici delle ultime gestioni, del PD in primis (e non a caso), persino di sportellisti non necessariamente innocenti, secondo il celeberrimo ormai carattere ferrarese passatista e da scemi del villaggio -  di  balbettare quando i buoi sono scappati persino nel ciberspazio (e sempre quello il copione  dal Palazzo degli Specchi ai parcheggi a pagamento di Cona Hospital  al crac già annunciato dell'ex polo chimico...ecc. ecc. )  si scontra definitivamente con il sano PRINCIPIO DI REALTA'.
Appunto è stato ed è ancora solo un accanimento terapeutico per un corpo organismo LA CARIFE morta e sepolta da anni,  in quanto non organica figurarsi spirtuale, persino non attinente alla bioetica fondamentalista!
Ora le prospettive  parrebbero almeno verso la logica conseguenza di una Banca fallimentare per azioni concrete di vertici fallimentari (e non solo) e quindi  sacrosante azioni giudiziarie... Ma si sa,  qua domina una X  ben nota, anche se ancora una volta  tutti a Ferrara fingono di non sapere.  Perchè  - e lo sanno anche i bambini con i loro piccoli a suo tempo libretti bancari baby donati dai nonni al  loro X compleanno,  la CARIFE  è SEMPRE STATA la banca del Partito!  Quando le regioni rosse erano quasi un fiore all'occhiello e funzionavano, era di Berlinguer e  Lama,  lo scrivevano persino i giornali, naturamente come esempio di alternativa comunista e benessere vincente rispetto al già malaffare democristiano borghese!  La Carife a  Ferrara  ha finanziato tutto, tutta una città per decenni e decenni, più o meno bene fino ad un certo punto, poi, riflesso della fine del PCI e della sinistra novecentesca per forza di cose e storia, sempre più male: dal Palazzo degli Specchi a  Cona  Hospital eccetera eccetera,  a tutto l'associazionismo anche culturale,  relativamente grande ma anche a volte  quasi ridicolo, per riviste quasi amatoriali...,  a volte ancora per quasi tutto quel che ancora funziona un poco,  Palazzo dei Diamanti mostre e certa eccellenza culturale. In ogni caso al passo con l'era della Finanza Rossa e del sistema Coop sempre più manageriale e post berlngueriano (e a Ferrara postsoffrittiano - che funzionava...) , meglio per chiarezza antiberlingueriano,  sempre più virusizzato da diversamente mafie e  malaffare, era di Unipol e di Monti Paschi di Siena e  finanza sociale diversamente creativa affine...  Se non fosse per il disastro epocale  e la pre-morte annunciata per la Ferrara del futuro, destinata a rimodularsi o in decente villaggio elettronico (con svolte radicali, altro che città d'arte alla pari con Venezia o Firenze ecc.) o più probabilmente a implodere in borgo multietnico di Bologna o Modena...   sembra una favola del paracompagno Bulgakov... o  una nuova del poeta imperatore veggente R. Pazzi...
Riassumendo,  oltre ai vertici  della fu Carife in sè  dovrebbero ben colpire generazioni di vertici postPCI  local ma anche nazionali...  Ma se neppure i giornalisti osano scriverlo,  il copione è già prevedibile,  tra omertà  consolidate, condizionamenti politici e della magistratura tutti in toga rossa o quasi, diversamente prescrizioni, garantismo democratico per politicanti e vertici gestionali...

Ferrara, Darwin Day X edizione

fonte estense com  giovedì 18 febbraio alle 21 presso museo di storia naturale (via De Pisis 24)  la prima conferenza della decima edizione del "Darwin Day Ferrara", ciclo di incontri promossi dal museo di storia naturale di Ferrara e dal dipartimento di scienze della vita e biotecnologie dell'università di Ferrara, con il patrocinio dell'associazione nazionale musei scientifici (Anms) e della società italiana di biologia evoluzionistica (Sibe).

La serata, ad ingresso gratuito, a cura di Franco Andreone (Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino ) e  incentrata su "Madagascar Megadiverso: appunti e note sulla biodiversità e la sua conservazione" con canzoni di Olga del Madagascar.

Gli organizzatori: l Madagascar è terra dove l'esplorazione e la scoperta della biodiversità è ancora possibile, ma si associa al bisogno della popolazione umana di uscire da una crisi ecologica ed economica. Franco Andreone, zoologo al museo regionale di scienze naturali di Torino e Chair dell'Amphibian Specialist Group per il Madagascar, esplora le foreste dell'isola da oltre due decenni, con occhio attento alla conservazione della natura e alle tradizioni che accompagnano la cultura malgascia. Marie Olga Sohantenaina, in arte Olga del Madagascar, è originaria del nord-est del paese, dove il taglio illegale del pregiato palissandro sta ferendo le sue ultime magiche foreste. Olga è cantante ambientalista e ha realizzato due album per celebrare la bellezza e i contrasti del Madagascar. L'incontro unisce immagini e considerazioni scientifiche a canti e musiche per la natura.

Ferrara, Paolo Giardini patafisico sullo scandalo parcheggio di Cona

fonte  ESTENSE COM

W il parcheggio a pagamento di Cona

Gentile Direttore,
basta con le lamentazioni! A leggere i giornali sembra che l'ospedale di Cona sia diverso da quanto promessoci dalla Stanza dei Bottoni. Il che non è affatto vero!
I nostri abituali amministratori hanno fatto costruire la struttura campestre a loro immagine e somiglianza, ma nel pieno consenso popolare. Gli archivi dei giornali sono zeppi di articoli che puntigliosamente testimoniano i dettagli della gestazione, parcheggi compresi.
Non è mai stato un mistero che fra le condizioni sine qua non per raggiungere l'apoteosi del cartongesso sanitario c'era pure il parcheggio a pagamento.
Allora, perché mai i ferraresi dovrebbero trovarsi esenti da oneri nel posteggiare a Cona?
Non valgono più le percentuali bulgare di riconferma a sindaco dello stesso Tagliani che si recò presso tutti i Circoli Anziani a promuovere i benefici della deportazione ospedaliera? Cercando il pelo nell'uovo, l'unica critica che gli si può fare è quella di non aver colto due piccioni con una fava: se, contestualmente alla strenua pubblicità per l'ospedale di Fondo Morte, Tagliani avesse caldeggiato anche l'acquisto in massa di obbligazioni CARIFE, Ferrara sarebbe rimasta poverissima come adesso, ma con un tasso di soddisfazione decisamente più elevato, prolungando di qualche anno la vita della banca C'è molta differenza psicologica fra il possedere titoli, sia pure "temporaneamente" inesigibili, e la certezza del nulla.
Tornando alla questione, il parcheggio a pagamento, contribuendo a saldare i debiti contratti, è da considerarsi opera meritoria. Ringraziamo Tagliani: più alta è la tariffa, più il merito cresce.
Infine, va premiata l'intelligenza profusa nei parcheggi. Quell'ospedale è argutamente ubicato nel punto basso di una grande conca campestre, ma i parcheggi sono stati innalzati di due metri dal piano campagna: quando a Cona arriverà una bomba d'acqua, le auto ivi parcheggiate saranno le uniche cose al sicuro dall'inondazione. Quel giorno, il ticket varrà più di un'assicurazione! Sarà un piacere averlo comprato.
Paolo Giardini