Visualizzazione post con etichetta università Milano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta università Milano. Mostra tutti i post

mercoledì 21 marzo 2012

Università degli Studi di Milano: presentazione della collana Pessoana *a cura di A. Scarabelli e la Rivista Antares 27 3 '12

Cattedra di Storia della Filosofia I;
Edizioni dell'Urogallo;
Antarès - percorsi antimoderni;


Presentazione della collana "Pessoana" delle Edizioni dell'Urogallo

Interverranno:
Davide Bigalli
Marco Bucaioni
Rita Catania Marrone
Carlo Arrigo Pedretti
Vincenzo Russo
Coordina:
Andrea Scarabelli




MARTEDI' 27 MARZO 2012,
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO,
VIA SANT'ANTONIO 5, AULA 3, ORE 16.15




sabato 25 febbraio 2012

Ormai solo un Dio ci può salvare Milano 1 marzo '12 Heidegger e la Tecnica intervista a Andrea Scarabelli




D. Heidegger e le Macchine, attualità transtemporale del Maestro europeo?
R. Leggere Heidegger oggi, assieme a numerosi critici della tecnica come Jünger, Spengler, Schmitt, Sombart, è particolarmente funzionale. Certo, è pur vero che, sebbene sia possibile raccordare gli anni della crisi che viviamo con quelli che fecero da retroscena alle loro analisi, il nostro presente dispone di uno scarto incolmabile. Ragion per cui, è nell'ottica di nuove letture, di nuove integrazioni che occorre ri-percorrere i sentieri di ieri. La cultura delle nuove sintesi può dirsi, a tale proposito, estremamente fruttuosa nell'indicare nuovi tracciati, che si facciano carico delle domande che il nostro tempo ci pone eludendo, al contempo, l'insufficienza delle risposte sino ad ora fornite.
D'altra parte, è bene ricordare che, come scrisse Goethe, la società che ospita il nostro incedere presenta una duplice sfaccettatura, tecnica e simbolica. Da qui, la necessità di elaborare un antidoto alla crisi che tenga conto di entrambe le necessità, che non si rifugi cioè in un astrattismo incapacitante né in un culto schizoide dell'azione. Occorre, potremmo dire, inquadrare una terza via, che sappia ricondurre ad un comun denominatore questa duplice anima, che Spengler chiamò il volto bifronte della civiltà faustiana.

D Una Modernità altra, oltre il liberalismo e il socialismo?






R. La somiglianza che concerne le strutture menzionate è ormai sotto gli occhi di tutti. Lungi dall'essere differenti, detti movimenti traducono in termini differenti le stesse parole d'ordine, che oggi hanno dichiarato bancarotta. Il che risponde, naturalmente, ad un processo molto più ampio che sta mutando profondamente il nostro modo di vivere il presente.
L'accelerazione del nostro tempo sta bruciando tutti i residui storici di ieri per traghettarci presso nuove conformazioni destinali, che richiedono ancora un tipo d'uomo che sia in grado di amministrarne le sorti. Ora come ora, è difficile incontrare questa forma umana, ma non è escluso che essa possa sorgere improvvisamente, necessitata dagli stessi anni a venire, nei quali quella crisi oggi manifestatasi in maniera aurorale si dispiegherà con una violenza inimmaginabile.
I tipi umani aprono e chiudono le epoche storiche – solo da un uomo nuovo potremo attenderci nuovi assetti. La scommessa sta tutta qui: in che misura è possibile udirne la voce? Questo il tratto che determinerà l'uscita dalla presente crisi. Nel frattempo, un esercizio utile può dirsi lo scagliare, come diceva Nietzsche, le parole innanzi a noi. A patto che, come concludeva il filosofo tedesco, sia poi l'azione a fare da complemento.

D. La rivista Antarès, cronache culturalmente scorrette?
R. Molto scorrette, almeno da un punto di vista istituzionale. Essa può dimostrarsi a tutti gli effetti una esemplificazione della cosiddetta “eterogenesi dei fini”. Nato in un contesto universitario che ha messo interamente al bando tutta una serie di riflessioni, giudicate poco conformi rispetto alle linee di pensiero dominanti, il progetto Antarès intende ricondurre all'interno di questa ultima – senza esaurire il proprio raggio d'azione in questo, ovviamente – quelle stesse testimonianze.
Da qui tutta una serie di iniziative legate alla detta iniziativa come Tradizione e storia delle idee (che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Gianfranco de Turris, Franco Cardini, Brunello de Cusatis, Davide Bigalli e Claudio Bonvecchio), in ricordo di Gian Franco Lami, una delle anime più importanti della Nuova Oggettività, Diorama su Ezra Pound (al quale hanno partecipato Luca Gallesi, Giorgio Galli, Giulio Giorello e Cesare Cavalleri) e appunto questo evento dedicato al “secondo Heidegger”, mal tollerato da una facoltà filosofia più o meno interamente votatasi ad una vergognosa analitica d'oltreoceano.
La piega che ha preso la facoltà di filosofia – alla quale, come buona parte degli articolisti di Antarès – dell'Università Statale di Milano è in ciò assai sintomatica. Dimenticandosi di una importante tradizione teoretica continentale (che essi definiscono con l'epiteto anglosassone di “bad poetry”), tende ad abbracciare le neuroscienze e la filosofia analitica. Segnale di Europei che si dimenticano di essere tali...
Basti pensare che anni fa un docente di filosofia ebbe a dichiarare di “non avere mai letto Platone” e più di recente una professoressa ha affermato, davanti ad una platea giubilante di studenti, che la filosofia di Heidegger è da considerarsi pessima in quanto non obbediente a criteri di tipo logico. Questi sono segnali piuttosto eloquenti per saggiare la stoffa di questi intellettualini dell'ultima ora.
D. Nuova Oggettività, nuova estetica europea?
R. Se riaccordiamo il temine di “estetica” al suo etimo greco, allora la risposta non può che essere affermativa. È di rinnovate categorie esperienziali che oggi abbiamo bisogno. E credo l'impianto della Nuova Oggettività possa fornire questi nuovi parametri esperienziali.
Per poi non parlare della necessità di costituire una Nuova Arte a partire dalle strutture del nostro presente, senza ricorrere alle forme morte di un passato che si è reso muto agli occhi dei moderni. Astrarre un'armonia delle sfere dai meccanismi tecnici, dalle nuove forme che puntellano il nostro esserci storico-destinale odierno. In questo senso, ritengo la lezione futurista possa fornire un avamposto dal quale prendere le mosse. Il futurismo ha impostato delle domande a cui nessuno ha (più) saputo rispondere. È evidente che, in tempi come i nostri, un silenzio del genere è più eloquente di mille proclami. Esso preannuncia l'avvicinamento a talune delle regioni in cui si decide della vittoria o della capitolazione dell'uomo innanzi al proprio futuro.

Manifesto Antares

RIVISTA

IL PROGETTO che presentiamo si rivela, al contempo, conclusione di una serie di riflessioni svolte dalle personalità che vi ruotano intorno e come periplo intellettuale e filosofico, atto a favorire lo sviluppo di tematiche la cui urgenza DEVE impensierire chi ha a cuore la cultura di questo ateneo, di questa città, di questo nostro tempo.
Da siffatte preoccupazioni nasce questa associazione, la quale si prefigge, come scopo da conseguire, una riflessione costante e puntuale su quei DOGMI in nome dei quali il mondo moderno – nonostante la sua apparente avversione per ciò che è dogmatico – miete le sue vittime. Riflessioni, queste ultime, il cui contenuto è stato abbozzato nell’opuscolo diffuso, in cinquanta copie – tiratura limitatissima dovuta alla natura stessa del progetto, il quale è interamente autofinanziato – tra il 18 e il 19 ottobre, nel nostro Ateneo. Proprio in merito a quanto trattato in esso, Antarès, nella forma della sua redazione e dei suoi collaboratori, accusa tutti i SISTEMATISMI, volti a cristallizzare in forme costituite il divenire multiforme e metamorfico di una vita che assai malvolentieri accetta la prigionia, che sia museale, analitica o da catalogo. E ciò, sulla scia di un Goethe, che lesse piuttosto svogliatamente la kantiana Critica della ragion pura entusiasmandosi invece per la Critica del Giudizio.
Un MODERNISMO che reinterpreta e riscrive gli albori e i destini planetari per porsi quale stadio definitivo e conclusivo di quelle istanze che altre culture – lontane da noi tanto spazialmente quanto temporalmente – non sarebbero state in grado di compiere. Come se gli Antichi, loro malgrado, non fossero che Moderni imperfetti!
Il mito del PROGRESSO il quale, livellando le specificità delle culture, le consegna in catene all’altare della Modernità totalitaria. E così il materialismo, ancella del progressismo, del quale prepara l’avvento, in quanto suo elemento costitutivo e complementare. Solo attraverso la riduzione della storia intera a dinamiche di ordine materiale, infatti, è possibile costruire ponti ideali tra culture NATURALMENTE differenti. Materia e progresso sono i figli gemelli della Modernità. Ma un’indagine morfologica e destinale non può che avere in odio ogni qualsivoglia Storia Mondiale.
Il PASSATISMO, rivelantesi alla stregua di supina denuncia di una umanità incapace di produrre forme e condannata al TRAMONTO, secondo la lezione di certa eretica filosofia della storia. Non al passato occorre guardare, non al
divenuto, al cristallizzato, ma ad un divenire che, come spartito, ritorna, seppure con variazione, come inedita – e, al contempo, ancestrale – configurazione storica e destinale. Non occorre cercare in altre epoche le soluzioni alla crisi che attanaglia la Modernità – come la fiamma che, accarezzando la carta, ne rivela i caratteri occultati, così la decadenza produce, al contempo, anticorpi che IN NESSUN ALTRO MODO avrebbero potuto essere generati. Curare la modernità CON la modernità stessa. Questa è la scommessa intellettuale che anima le presenti ricerche.
La QUANTITÀ, in tutte le sue configurazioni epocali. Dall’industria culturale, che seleziona il valore delle cose e degli uomini secondo i dettami della tirannia del danaro, a certo égalitarismo incapace di generare uguaglianza se non attraverso la massificazione selvaggia delle genti, l’inaugurazione di una inaudita NOTTE DEI POPOLI. Dalla tecnocrazia imperante, che strangola i domini della cultura, costringendo questa ultima, nella migliore delle ipotesi, a farle da supporto teoretico, ad un individualismo che mutila l’uomo di quelle dimensioni aliene dalla RATIO calcolante – autentico MITO della Modernità....CONTINUA