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martedì 26 maggio 2015

Suggestioni della modernità. La stagione visionaria del simbolismo in mostra a Rovigo.

 

"Il trionfo delle tenebre" di Sascha Schneider è una delle opere protagoniste di una mostra fortunatissima che, apertasi il 7 marzo, proseguirà fino al 14 giugno, a Rovigo, nel ricordo della stagione del simbolismo. "Il demone della modernità, pittori visionari all'alba del secolo breve": questo è il titolo di un evento straordinario allestito a Palazzo Roverella, sede non nuova per avvenimenti del genere, la cui cifra semantica va oltre lo stesso messaggio dell'arte che celebra, recuperando i tortuosi meandri di una cabala che ha perduto la chiave mistica originaria per approdare all'oscurità feconda  dell'inconscio. Il regno dell'invisibile la fa da padrone in una sequenza di lavori che restano un momento di rilevante patrimonio creativo. Un mix di reminiscenze mitiche, intrise di un lirismo onirico dalle diverse caratterizzazioni fantastiche, si apre ai nostri occhi con tutta la forza di una riflessione inventiva quasi irripetibile. Questo è il succo di un evento unico nel suo genere, che ci ripropone le immaginazioni cosmiche e vertiginose di Moreau, di Ciurlionis, di Martini, di Von Stuck e di tanti altri ancora come Benjamin Klee e Odilon Redon, immersi in una variopinta teoria cromatica e chimerica dagli spunti pre-freudiani. Pur con qualche assenza, a nostro avviso, non del tutto giustificata da parte degli organizzatori, la mostra si afferma con tutta la sua verve, con tutta la sua capacità di sedurci e di trascinarci verso l'abisso, mentre sembrano echeggiare, nell'occasione, nel nostro profondo i suoni della Rapsodia Satanica di Oxilia e Mascagni.
Casalino Pierluigi, 6.05.2015

mercoledì 6 maggio 2015

Sanremo e la sua lunga fiction

Immagini e parole, pensieri e spartiti, bolidi rombanti, biciclette sfreccianti in un mare di sensazioni e di emozioni immerse a loro volta in un'originalissima teoria di business e di spettacolo. Questa è la sequenza dell'evento Sanremo, che vive la sua lunga vicenda in un rincorrersi di fiction e di autofiction. Al ritmo dei suoi protagonisti e delle sue comparse che di volta in volta recitano a soggetto, coinvolgendo l'anima italica in questo angolo di Riviera ligure. Profondissimi respiri brevi ed ansie di vita che ritornano puntuali ogni anno, se pur già annunciati mesi prima dalla gran cassa della pubblicità dei media, che non rinunciano ad appropriarsi (e farla ormai propria) di idee nate tanti anni fa, quando l'unica crisi di cui si parlava era quella, lasciata alle spalle, della guerra, con la sua traccia di sangue e rovine, oltre che di miseria. Oggi, nel mezzo di un "afterrmath" non meno devastante, se non altro perché non fa intravedere squarci più convinti di luce. E ciò nonostante le speranze suscitate dall'Expo 2015 e dalle ricorrenti voci di fine congiuntura, congiuntura che il Bel Paese sopporta da sette anni o forse più, nel nome di cerebrali disegni monetari. Ma se il Festival 2016 è ancora lontano, la manifestazione canora si muove in sottofondo: il Festival è riuscito, negli anni, a sopravvivere a se stesso e alle diverse stagioni italiane e anche, a suo modo, alla presente crisi perversa. Anche quando Sanremo è in sordina, infatti, ci convince che la prossima edizione del suo Festival sarà sempre migliore dell'ultima. E nel  frattempo Sanremo ((non solo quella del Festival) non perde occasione di evocare il suo nome e quanto esso significa attraverso altri eventi tradizionali per la Riviera, come il Rally e la Milano Sanremo, appena svolta (e che vennero concepiti assai prima della kermesse di febbraio e che della cui luce si illuminano), e circostanze nuove, come la partenza "regale" del Giro d'Italia 2015, che con il suo abbraccio rosa terrà unita l'Italia con la passione sportiva e la volontà di non arrendersi all'imponderabile oscuro. Un messaggio che viene da lontano, da quando Sanremo è Sanremo.
Casalino Pierluigi, 6.05.2015

sabato 28 marzo 2015

Memorie di Libia

 Di lui mi parlava sempre mio nonno e il ricordo non era di quelli che sbiadiscono facilmente. Era un gentiluomo d'altri tempi, affabile e curioso, uno spirito universale ed eclettico. Si chiamava Davide ed era di religione ebraica, ma il cognome non lo ricordo e forse non lo ricordava neppure nonno Lorenzo. Erano diventati amici, i due, nel corso degli ultimi viaggi da marittimo che il nonno fece negli anni Trenta. Davide era un funzionario del Lloyd triestino di stanza a Tripoli, in Libia. Aveva mantenuto il suo ufficio anche dopo lo scoppio della guerra del 1939 e aveva assistito con rammarico alla visita del gerarca nazista Goering in Libia nella primavera di quell'anno, proveniente da Sanremo con il suo yacht personale. Dotato di grande cultura e di sensibilità non comune aveva commentato con sconcerto e tristezza quell'evento nell'ultimo incontro con mio nonno, durante una sosta della nave, su cui era imbarcato, nel porto libico. Soffiavano già sinistri i venti della persecuzione razziale, ma Davide era desideroso di venire in Italia e di conoscerne da vicino le bellezze. Nelle acque di Malta terminò la carriera di navigante del nonno, in quanto il bastimento si ritrovò minato dagli inglesi: Lorenzo non ebbe più notizie di Davide, l'ebreo libico, forse catturato dai nazisti nel prosieguo del conflitto appena cominciato. A quanto poi si seppe più tardi un nipote risultava ancora vivente in Libia negli ultimi anni di re Idris, poi deposto da Gheddafi nel 1969. Lorenzo lasciò questo mondo nel 1970 e prima di morire evocò non poche volte la figura dell'amico di allora, ricordandone la storia.
Casalino Pierluigi, 17.02.2015



martedì 10 marzo 2015

Occidente e Futuro

Casalino Pierluigi, Spesso ci si è chiesto e ci si chiede oggi ancora di più (in presenze di rinnovate minacce) se l"Occidente sia in grado di impedire lo sviluppo di un sistema schiavistico-burocratico o peggio di un sistema totalitario di diverso e più accentuato asservimento, di questa o quell"altra natura. La storia della Russia pre-bolscevica (e forse, ma con riserva, anche quella post-sovietica) mostra che paesi di tipo orientale che sono indipendenti  e in stretto contatto con l"Occidente possono vigorosamente avviarsi verso la realizzazione di una società democratica e policentrica. Tuttavia la condizione dell"Occidente non è più in grado di promuovere tale processo liberante, anche a causa delle innumerevoli compromissioni con società di tipo dispotico, fondate sulla tradizione asiatica o orientale. Salvo alcune eccezioni, come l"India (almeno nelle apparenze), il Giappone (ed altri minori), paesi orientali , ma moderni e democratici nelle loro istituzioni rappresentative, il resto dei paesi obbedisce a forme tendenzialmente dispotiche, non democratiche e non pluraliste. Un processo di cambiamento serio, se pur lento, cerca di cominciare, ma incontra ostacoli e rallentamenti, se non addirittura pericolosamente in contro tendenza. Nel frattempo sorgono e si consolidano organismi non statali, gruppi di privati, che puntano a creare nuove forme di stato sovranazionali, come è d"esempio il fanatico califfato islamista. Il rischio che queste oligarchie élitarie e tiranniche si trasformino in organizzazioni di massa , tramite il reclutamento di soggetti sul piano transfrontaliero nel nome di un Islam di contrasto ai valori della modernità e dell"idea di democrazia e di tolleranza. In altri termini un movimento che mira a minare alla base il senso stesso della civiltà occidentale. Forse nella speranza di evocare reazioni sempre più dure e giustificare così nuove e più efferate gesta di sfida alla pacifica convivenza civile. L"Occidente deve quindi fare un esame di coscienza molto serio e riflettere sulle ragioni di questa deriva, spesso ricondotta a responsabilità dello stesso Occidente (nel quadro delle scelte delle alleanze), in vista di una riaffermazione di quei principi che difendono tutti e tutto e non una parte sola di tutto. Il margine di tempo va già riducendosi e pertanto l"Occidente deve assumere un atteggiamento cosciente e chiaro nei confronti dei vecchi e nuovi totalitarismi. In che modo possiamo fidarci di maestri e di politici occidentali che non comprendono a pieno il significato del nostro lascito culturale e si addormentano nella vana speranza che sorga un nuovo Leone Magno che si porti direttamente davanti ad Attila per fermarlo.  L"atteggiamento dell"Occidente non sembra ancora sufficientemente cosciente e chiaro, dimenticando che in questo modo, nella situazione di emergenza, si andrà a suscitare un contro-totalitarismo che potrebbe mettere in causa le conquiste di milioni di cittadini del Vecchio Continente e dell"intero mondo libero.  E se è vero che da tale cecità si potrebbe arrivare al "cives ad arma ruant", è anche vero che senza un risveglio dell"amore della libertà, il cieco nuovo totalitarismo finirebbe per assestare un colpo mortale alla nostra civiltà. Ma se l"ambito della libertà andrà rapidamente restringendosi in conseguenze del pericolo totalitario fanatico, andrà pero crescendo il desiderio di difenderlo e di espanderlo in quelle società dove ha facile e fertile terreno. Costretti dalla forza degli eventi, possiamo, per concludere, trasformare la sconfitta in vittoria. Soccorrono a questo punto le parole che, secondo Erodoto,  i messaggeri spartani Spertia e Buli pronunciarono, in risposta al dignitario persiano Idarne, che prometteva loro di renderli potenti se si fossero schierati con il Gran Re,suo dispotico padrone: Idarne, dissero, tu sei consigliere unilaterale. Tu hai esperienza di mezza realtà soltanto e ignori l"altra metà. Tu conosci la vita dello schiavo, ma non avendo mai provato la libertà, non puoi dire se essa sia dolce o no. Ah se tu sapessi cos"è la libertà, ci avresti invitati a batterci per essa, con solo con la lancia, ma anche con l"ascia".
20.02.1015

domenica 22 febbraio 2015

Sanremo e il sogno d'amore

Per un curioso scherzo del destino, proprio durante le giornate del Festival di Sanremo, è uscito anche nelle sale italiane un film denuncia della violenza estremistica, quel "Timbuktu" di un fortunato regista mauritano, che svela con una pellicola di grande realismo il vero volto di chi uccide nel nome della religione. E non è un caso che il film si sposi paradossalmente con il messaggio dell'evento sanremese appena concluso. Un messaggio d'amore. Perché la gente, in realtà, ha bisogno d'amore, di tanto amore, di Grande Amore. Un motivo che colpisce con il suo testo ancor più della sua melodia, quello dei tre tenorini de IL VOLO, che ha trionfato appunto sul palco dell'Ariston, e che si scontra, per quanto riferito al sentimento di Cupido, con le gesta dei fondamentalisti che il registra ci mostra strumentalizzare anche l'amore tra un uomo e una donna. L'episodio dell'imam che oppone al concetto di guerra santa dei fanatici quello di lotta interiore, quello sforzo che ci purifica dal demone del male. E la canzone de IL VOLO ha lo stesso compito, quello di liberarci dalle caricature dell'amore e di riproporcelo con il suo autentico e antico significato. "Dimmi perché quando penso, penso solo a te, dimmi perché quando vivo, vivo solo in te, grande amore, dimmi chi sei, respiro dei giorni miei d'amore, dimmi che sai, che non sbaglierei mai, dimmi che se il mio unico grande amore". Parole di un lirismo straordinario, quello del vero amore, che nel film un pugno di stressati mette sotto i piedi condannandolo ad un infelice condizione. Una condizione che soffoca il grande amore di chi finisce pesino per subire violenza solo per aver osato sognare. Quel sogno che, invece, Sanremo ci ha detto che vale ancora la pena di coltivare: con il suo rinnovato teatrino, con le sue gaffes, con i suoi incidenti, con le sue polemiche, con la sua audience, con i malumori e le liti nate e poi morte intorno a Carlo Conti e alla sua cerimoniosa e sempre sorridente regia.
Casalino Pierluigi, 22.02.2015

domenica 5 aprile 2009

SE IL FUTURO HA UN FUTURO di Pierlugi Casalino

FUTURISMO ELECTRO.jpgSE IL FUTURO HA UN FUTURO

Il Futurismo ha lasciato una traccia. Non solo nello slancio verso un avvenire senza confini e senza limiti intellettuali e creativi. Ma anche rinnovando una riflessione su un futuro non devastante, ma in grado dare forma, suono e dinamismo all’anima del progresso. Il futuro ha, dunque, un futuro? La domanda ha del paradossale, ma nasconde una grande verità. E’ una domanda da futuristi o da nuovi futuristi, non da futuristi pentiti, ma più consapevoli. Da sempre il futuro si fonda sul passato. Il passato costruisce il futuro. Una mappa creata da intuizioni, previsioni, progetti, disegni e racconti. Spesso si tratta di occasioni mancate. Ma più frequenti sono i tentativi riusciti di formulare un’ipotesi realizzabile. In altri termini il futuro esiste nel modo in cui lo si racconta. Il futuro è aurorale, non ha un “prima”, né un “poi”. Esiste quindi un rapporto tra il futuro e il suo immaginarlo. Come si investiga su una questione così apparentemente astratta, sfuggente e suggestiva? La risposta è altrettanto intrigante e incerta. Il futuro è legato all’idea di cambiamento. O per lo meno era così fino a ieri. Anche oggi il futuro, si fa per dire, è cambiato. Esiste ancora il futuro, allora? In ogni caso ne resta il bisogno. Senza futuro non si vive, perché solo con il presente si esaurirebbe l’esperienza dell’uomo, nella misura in cui questa abbia un avvenire. E talvolta sembra che le cose stiano proprio in questi termini. La generale crisi del nostro mondo, dall’ambiente all’economia, dalle relazioni internazionali alla scienza, alla tecnologia, pone un’inesauribile serie di domande. L’idea di progresso, faustiana concezione che ha mostrato i suoi drammatici limiti, si è appannata. Nemmeno la fantasia può anticipare e proporre una seria descrizione del futuro. Oggi più di ieri, il futuro è incerto, al punto da decretarne la fine. Prospettiva quest’ultima di straordinario significato, nel momento in cui al futuro sembra sostituirsi un certo cattivo passato. Il racconto del futuro non prescinde, pertanto, da una rilettura della storia dell’uomo e da una riconsiderazione delle sue aspirazioni profonde. L’alienazione dell’uomo non porta al nuovo, ma ripiega la coscienza su stessa, non la apre alla speranza. Un tempo si parlava di “ottimismo dell’intelligenza”, per confortare il cammino della civiltà. Il senso della vicenda millenaria dell’uomo va smarrendosi in una sorta di oscura visione di impotenza. Il futuro non sarà, quindi, ciò che accadrà, ma la conseguenza del nostro immaginare. E soltanto se immaginare sarà una condizione di libertà. E senza la libertà del pensiero, è inutile anche immaginare il futuro. Anche per tale ragione il futuro rischia di esaurirsi. E con esso i nostri sogni. Per tale ragione c’è bisogno ancora di futurismo.

Casalino Pierluigi. 30.01.2009. 

 http://www.riviera24.it/articoli/2009/03/31/58324/pier-luigi-casalino-la-leggenda-del-rally-di-sanremo-si-rinnova-in-forme-inconsuete-e-seducenti

http://www.youtube.com/watch?v=Tn0dkz9Polg  Filmato

sabato 4 aprile 2009

FUTURISMO URAGANO di Pierluigi Casalino

FUTURISMO 2.jpgL’URAGANO FUTURISTA

Fu un autentico uragano, che travolse ogni settore della società dell’epoca. Tutto passò al filtro della ventata futurista, avviata con la pubblicazione, nel 1909, su “Il Figaro” di Parigi del Manifesto di Marinetti. Si trattava di un documento poliedrico e trasgressivo, che inneggiava a un nuovo modo di vivere e di creare, di vedere il mondo e di cambiarlo. I primi programmi futuristi videro la luce nell’abitazione del fondatore, in via Senato, 2, a Milano. L’evento finì per lasciare un segno profondo tra le correnti artistiche e di pensiero dei primi decenni del Novecento e rappresentò certamente uno dei fenomeni culturali più importanti del XX secolo. Da un’atmosfera di idee ancora confuse e caotiche si sprigionò una fiammata, che ancora oggi resiste alle mode, “Il Futurismo”. Si trattava della rappresentazione e dell’imitazione delle movenze e dello spirito della corsa sfrenata della macchina, attraverso parole, voci e manifestazioni taglienti come lame. Un travolgente, audace e distruttivo avanzare, nel nome della libertà, verso le terre sconosciute e affascinanti della modernità. Gli esponenti del futurismo interpretavano, con smisurata passione, nelle espressioni del loro linguaggio, la civiltà delle macchine, promuovendone l’esplosione dirompente. La rivoluzione futurista tagliava il cordone ombelicale del vecchio mondo, nella prospettiva struggente e determinata di cambiarlo. Al romanticismo sentimentale del chiaro di luna, “passatista” e assonnato, gli eccitati vati futuristi preferivano la luce elettrica e il moto forsennato dei suoni e delle immagini della società del tempo. Un mix faustiano e fanatico di idolatria del progresso in cui tuffarsi senza indugio. Il 2009 sarà cadenzato da una lunga serie di appuntamenti dedicati al movimento futurista. In Italia e all’estero fioriranno numerose le iniziative, volte a ricordare, approfondire e rivisitarne il lascito. Il filo conduttore dell’avanguardia verrà individuato nelle esperienze di artisti francesi, tedeschi, russi, recuperando il senso comune delle loro opere. Fotografie, cataloghi d’epoca, riviste e scritti, esempi significativi di “parolibere”, sperimentazioni letterarie, dipinti disegni, creazioni di nature scomposte e inquietanti, nel segno della rottura con l’antico. Da Parigi a Londra, da Milano a Roma, a Rovereto grande risalto sarà dato al rapporto tra velocità e dinamismo, nella ricerca di uno scenario di ampio respiro. Concetti che si diffusero in ambito internazionale, trasformando il lessico dell’arte in una concezione moderna dell’umanità e della scienza.

Casalino Pierluigi, 25.03.2009.

 http://www.riviera24.it/articoli/2008/10/21/48994/il-tempo-e-la-memoria-edito-da-ennepilibri-di-pierluigi-casalino

http://www.youtube.com/watch?v=QlGfOqx_d3Y Filmato Marinetti live