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domenica 8 dicembre 2013

L'Avanguardia come Tradizione 2.0: intervista a Luca Siniscalco

*by ECCOLANOTIZIAQUOTIDIANA ROMA E PROVINCIA
**Luca Siniscalco, milanese, studente di Scienze Filosofiche presso l'Università degli Studi di Milano, è redattore di Luuk Magazine, per cui si occupa di arte nazionale ed internazionale, e di Antarès-Prospettive antimoderne. Ha contribuito ai due volumi collettanei di Nuova Oggettività Al di là della Destra e della Sinistra.
Dopo il Libro Manifesto "Per una Nuova Oggettività", a cura di Sandro Giovannini e Roby Guerra, La Carmelina, Ferrara 2013 e Per quale motivo Israele può avere 400 testate atomiche e l'Iran nessuna? L'impero interiore, a cura di Gianni Bertuccioli, Sandro Giovannini, Luisa Pesante, Paolo Silvestri, Luigi Sgroi, La Carmelina, Ferrara 2013.
I suoi principali interessi si articolano attorno a nuclei tematici di Storia delle idee, Estetica, Filosofia politica, Antimodernismo, Cultura classica.


D- Nella recente presentazione a Roma del progetto e dei libri di Nuova Oggettività, uno dei focus… certamente il tema Avanguardia/Tradizione: sintesi aperta possibile?
Nella vulgata epidemicamente diffusa i termini "avanguardia" e "tradizione" alludono a due dimensioni culturali completamente antitetiche, in quanto incentrate rispettivamente su una fascinazione progressista e falcidiatrice di ogni legame con il precedente autorevole la prima, su di un passatismo statico e conservatore la seconda. Se tuttavia operiamo una ridefinizione più profonda di tali espressioni possiamo rilevare come l'identità abissale di Avanguardia e Tradizione sia riposta altrove, in un territorio dinamico e liminale contrassegnato dall'apertura di senso e dalla proiezione verso l'Aperto.
Tradizione è infatti una fonte perenne ed inesauribile di significato, un'origine eterna nell'essenza ma metamorfica e diveniente nelle manifestazioni: "l'essere si dice in molti modi" aveva già rilevato Aristotele; la molteplicità delle ierofanie si radica in una tensione fra nascondimento e svelatezza, modalità primaria di apparizione dell'originario.
Avanguardia allude etimologicamente all'atto, radicato nei reparti militari avanzati, di portarsi avanti con lo sguardo, in ricognizione. Avanguardia è dunque lo sguardo acuto e pro-fetico, capace cioè di volgersi a quanto è detto-prima giacché detto-da-sempre. Avanguardia è isolarsi dalle contingenze del tempo coevo e dalle logiche abitudinarie e mediocri per operare un cambiamento radicale di prospettiva, una rottura rispetto alle sbarre presentiste in un'ascesi, nel senso etimologico di aiskesis, che è esercizio, cammino verso l'Alto.
In questa prospettiva Avanguardia e Tradizione risultano conciliabili, perlomeno nel senso eracliteo e polemico in base a cui si può affermare che "pur discordando in se stesso, è concorde: armonia contrastante, come quella dell'arco e della lira". (fr. 51)
La relazione fra i due concetti, sostenibile mediante tale riflessione teoretica, pare inoltre particolarmente necessaria pragmaticamente nella nostra contemporaneità: è nel "regno della quantità" e della "fine della storia" che la formulazione di nuove prospettive filosofiche ed esistenziali non può prescindere da un ancoramento alla Tradizione, in quanto fonte di miti, pensiero rammemorante e provenienza del Sacro, ed all'inattualità dell'Avanguardia, come ponte utopico – che non sia utopistico né distopico ! -, attitudine rivoluzionaria, rifiuto della sterile reiterazione in favore del sempre possibile e dell'alterità.
D- Più nello specifico, quali valori Tradizione e Avanguardia veicolano (o non veicolano?) oggi?
Prim'ancora di precisi valori, si tratta di veicolare attitudini esistenziali, stili, posizionamenti di senso. Il binomio Avanguardia/Tradizione può permettere all'uomo moderno, viaggiatore intimorito su una fragile nave stretta fra i flutti della modernità liquida, di ancorare la propria persona ad una visione del mondo alternativa rispetto alla "chiacchera" dominante. Agonismo, eroismo, tensione verso l'originario, rimodulazione del senso, esigenza veritativa, anticonformismo autenticamente esperito e non snobisticamente esibito: la sintesi di queste attitudini si staglia come ottimo pharmakon nel confronto con la crisi, in tutta la duplicità ed ambivalenza che il pharmakon stesso esprime intrinsecamente. É dunque nella decisione che quotidianamente s'impone che ci è concesso sperimentare la modalità acquisita di abitare il mondo, lo sguardo da noi rivolto al cosmo e la consapevolezza della nostra più intima "equazione personale". Avanguardia e Tradizione, inoltre, come rivendicazione audace del criterio estetico, immaginale e mitopoietico, di una Bellezza che la modernità tende a contraffarre nella reificazione seriale (rischio più grave, come nota Slavoj Žižek, rispetto all'astrattismo nichilista): urge una rilettura della teologia estetica di Hans Urs von Balthasar.
D- E per la storia, in particolare, del popolo italiano?
La storia è dapprima tradizione nel senso più immediato di trasmissione, in quanto comunicazione di dati, fatti e notizie che dal passato si dipanano progressivamente nel presente sino a collegarlo al futuro. Ma storia è più radicalmente Tradizione nella sua componente di donazione: è il significato destinale a cui si deve la fondazione di comunità e civiltà, è la cinghia di trasmissione fra generazioni, è quell'istante presente in cui passato e futuro convergono per "fare la storia", come si usa dire. Così l'Avanguardia si inserisce nella storia, la percorre come un fiume carsico per materializzarsi nelle congiunture nodali, determinando rotture di nessi morenti e aperture di nuove prospettive. La storia del nostro Paese è visibilmente dominata dalla dialettica metatemporale di Tradizione e Avanguardia, che in alcune epoche storiche ed in determinati "pensatori-cometa" – per impiegare una nozione coniata da Gilles Deleuze – ha trovato manifestazione sensibile. Julius Evola ne è forse l'esempio più lampante. Così, solo per presentare un altro esempio grazie al riferimento ad un testo di cui ho appena terminato la lettura, il valido studio di Simona Cigliana, "Futurismo esoterico", si può delineare una prospettiva esegetica volta a rilevare l'ampia contaminazione spirituale da parte dell'avanguardia marinettiana. L'immaginario archetipico e simbolico si insedia in un'immanenza trascendente che gli studi di Jung, Hillman, Eliade hanno approfonditamente mostrato. L'imaginarium non si spezza e riemerge continuamente.
Come non pensare inevitabile, dunque, tale connessione in un Paese in cui la Tradizione, espressa dalla Spiritualità Romana e dal Cattolicesimo, ha dialogato – talvolta, perchè no, con veemenza polemica – con l'avanguardismo artistico del Rinascimento, del Barocco e del Futurismo? É in una nuova sintesi, frutto di una logica inclusiva e non separativa, che si pone la sfida per il nostro tempo. Sogno fantasioso forse, esigente però alla base un realistico Amor fati come presupposto di ogni azione.

sabato 7 dicembre 2013

Avanguardia come Tradizione 2.0? Intervista a Fabio Scorza

Fabio Scorza filosofo 2.0*by Eccolanotiziaquotidiana- Roma 




  













D- Nelle recenti presentazioni a Roma e Milano del progetto e dei libri Nuova Oggettività, uno dei focus… certamente il tema avanguardia tradizione: sintesi aperta possibile?
Certamente la presentazione ch’è avvenuta ad esempio a Roma recentemente, è un evento molto importante e testimonia quanto il “Futurismo”, ch’era stato dato per morto, sia invece vivo e vegeto. Personalmente, essendo uno spirito nomade, non credo di appartenere a questo movimento culturale, con il quale sono abbastanza critico, come non appartengo a nessun altro movimento, ma di sicuro ne apprezzo alcuni aspetti. La sintesi che si potrebbe fare tra avanguardia e tradizione è la seguente: la tradizione è diventata tale solo perché appartiene a un passato che è stato assimilato e tramandato, per questo si chiama tradizione; ma la stessa tradizione era avanguardia a suo tempo e, l’avanguardia di oggi sarà la tradizione di domani.

D- Più nello specifico, quali valori Tradizione e Avanguardia veicolano (o non veicolano?), oggi?
I valori che, ai più, veicola la tradizione sono quelli che sono stati imposti dai governanti succedutisi nei millenni passati; quelli che, invece, veicola agli spiriti liberi, sono quei valori che si sono imposti da soli in quanto dati dalla natura stessa, e che solo le persone più aperte e disposte a dubitare riescono ad accogliere, a sviluppare con molta fatica, ma con grande abnegazione e a veicolare. I valori che dovrebbero essere veicolati dall’avanguardia sono proprio i secondi; purtroppo non sempre è così e molti avanguardisti, cadono nella trappola delle certezze e, altamente condizionati dai valori descritti nel primo caso, rischiano proprio di essere il veicolo di tali valori: quei valori che hanno portato il nostro pianeta così come oggi lo viviamo, o meglio ancora, lo sopravviviamo.
D- E per la storia, in particolare, del popolo italiano?
Non sono un gran conoscitore di storia, e sinceramente, ritengo che la storia sia stata molto condizionata dai governanti di turno. Come sappiamo bene la storia la scrivono i vincitori, coloro che detengono il potere in un determinato momento, e per voler fare una citazione, vorrei citare una bellissima e significativa frase scritta da George Orwell nel suo libro “1984”: “Chi controlla il passato controlla il futruro; chi controlla il presente controlla il passato”. Detto questo, posso solo aggiungere che la storia dovrebbe insegnarci molto, ma che bisognerebbe saperla leggere, e per farlo, è necessario avere un approccio molto critico e affidarsi al parere di storici che abbiano delle posizioni divergenti tra loro. Credo che la storia dell’italia, più che del popolo italiano che di per sé ritengo non esista, abbia dato prova che questa penisola, che prende il nome dall’attuale Calabria, ha sempre dimostrato di essere la patria di molti avanguardisti:uno fra tutti Leonardo da Vinci, almeno per come intendo io l’avanguardismo e il futurismo; ovvero la capacità di menti brillanti che sappiano proiettarsi e incidere nel futuro attraverso l’analisi della storia e gli indizi del presente.

giovedì 7 marzo 2013

Philomates Association: mass media e tecnecrazia, conferenza a Roma

*IPAZIA DUEMILA?
mercoledi 20 Marzo 2013, ore 18, PIAZZA D’ARA COELI 12, Roma conferenza-evento dal titolo “Diritti umani e controllo di massa” e presentazione de AA.VV. “L’informazione di massa studio e implicazioni nella politica moderna”, a cura dell’Associazione Filomati (Philomates Association), La Carmelina (collana Apeiros), copie all’ingresso con presenza dell’editore La Carmelina, Ferrara, Federico Felloni. A cura anche, non a caso, del’importante LIDU, Lega Italiana Diritti del’Uomo.

DANILO CAMPANELLA

Interventi di:
(Presidente LIDU) On. Alfredo Arpaia (relatori filomati) Giulio Alfano, Riccardo Roni, altri relatori LIDU, moderatore Danilo Campanella (presidente Associazione Filomati)
 
Dalla scuola di Francoforte (Adorno, Fromm, Marcuse, Horkeimer) a Gramsci a…. Packard (Persuasori Occulti…) a McLuhan, Guy Debord, Negroponte e De Kerckhove, dalla radio al web, la politica come comunicazione è persino una scienza sociale (massmediologia o scienza dei media), fondamentale per discernere le vie regie del Potere e delle rivoluzioni.
Anche in Italia una lunga tradizione ormai: da Gramsci a un certo Eco, gli stessi Roberto Grandi, Padre Baragli, Giampiero Gamaleri e diversi altri, inclusi- fenomeno tipicamente italiano, politologi e tuttologi più o meno esperti o outsiders.
 
 
 
A. SCHWITZER PREMIO NOBEL

venerdì 15 luglio 2011

Posthuman dance. Intervista al filosofo dell’electropop Riccardo Campa

ll filosofo e musicista elettronico Riccardo Campa ci parla del suo nuovo album The Italian Way, pubblicato dall’etichetta newyorkese Space Sound Records, e di molto altro…
(intervista di Roberto Guerra)
*FROM RICCARDO CAMPA THE ITALIAN WAY- MAYBE YOU *VIDEO
La musica pop – soprattutto nelle sue varianti disco electro house techno – è ormai la soundtrack del mondo computerizzato contemporaneo, del villaggio globale elettronico. Non molti sanno che Riccardo Campa, noto in Italia come professore universitario e leader del movimento transumanista, ha un alterego attivo proprio nel mondo della musica electro-pop. Da alcuni anni i suoi maxisingle come Desperado” o “Another day girano sui piatti dei dj di tutto il mondo. Poi sono arrivate collaborazioni importanti: ha arrangiato in versione eighties “Stay” di Albert One e “Change your mind” di Tom Hooker (entrambi usciti su vinile con la finlandese Flashback Records); ha scritto la canzone “Nineteen eighties songs” per l’interpretazione di Marc Fruttero; e ha compostoCelebrationper la Flashback Band, gruppo d’occasione che oltre a Riccardo Campa include Fred Ventura, Gianfranco Felli e Tiziana Rivale (proprio lei, la vincitrice di Sanremo nel 1983). Ora è arrivato un album CD di conio americano intitolato The Italian Way che raccoglie ben 14 brani, vecchi e nuovi. Il bello è che l’autore non si nasconde dietro alcuno pseudonimo.

D- Esistono dunque due Riccardo Campa, uno che canta nelle discoteche e uno che insegna e scrive libri?

R-"Visto che mi sta intervistando un poeta futurista, potrei cavarmela a buon mercato dicendo che faccio il possibile per incarnare l’uomo moltiplicato di Marinetti. O per dirla con le parole di un altro filosofo-musicista, Franco Battiato, vivo vite parallele. Nonostante le difficoltà, finora sono riuscito a conciliare le due attività, anche se più passa il tempo e più mi rendo conto che una vita non basta per fare tutto quello che ho in mente. Ho almeno dieci libri e duecento brani inediti che non trovo il tempo di finire e pubblicare.Anche per questa prosaica ragione, mi interesso di terapie anti-aging e transumanesimo.

Ma aldilà delle questioni legate al tempo, non è visto con sospetto un intellettuale che dedica tempo ed energie ad una pop cultura frivola come la musica dance? Pop electro consumistico o avanguardia di massa, come prevedevano anche in Italia Giorgio Moroder, Krisma e Righeira, e come ha fatto, perché no, Battiato?

È vero che in certi ambienti accademici “ammuffiti”, il modo migliore per fare carriera è atteggiarsi a topo di biblioteca. Ma proviamo ad inquadrare la questione nella giusta prospettiva. Come hai detto tu, i suoni elettronici sono la soundtrack del mondo moderno. Un sociologo non volge l’attenzione solo a ciò che èbello, buono e vero nel mondo platonico delle idee, ma anche e soprattutto a ciò che èritenuto bello, buono e vero dall’umanità reale. È difficilmente contestabile che le forme d’arte che raggiungono più capillarmente le masse sono oggi il cinema e la musica leggera. Tra l’altro le due forme d’arte si contaminano, giacché le canzoni sono spesso accompagnate da videoclip e i film da musiche. Ma non dobbiamo scordare che film e musiche convogliano messaggi di vario tipo, estetici, etici, politici, scientifici, religiosi, ecc. e, proprio per la loro capacità di raggiungere le masse, sono forze attive che muovono la realtà sociale. Chi cerca di capire il mondo, ignorando questa realtà, rischia di andare fuori bersaglio. Ma anche inoltrandosi verso l’iperuranio platonico, si può scoprire tutta la miopia di chi snobba la musica pop o dance. In una civiltàsuperiore, come quella dell’Antica Grecia, culla della conoscenza razionale e della metapolitica, chi non conosceva la musica e la danza era addirittura considerato inadatto a governare. Una civiltàè superiore proprio quando sa trovare il giusto equilibrio tra la dimensione apollinea e dionisiaca del’esistenza. Dunque, se qualcuno pensa che la musica leggera sia un’attività poco seria, questo è un suo problema. È evidentemente vittima di un certo provincialismo o perbenismo di maniera.

D-Il problema è l’Italia?

R- "No, assolutamente. Il problema non è il paese, ma il microcosmo in cui si vive. In Italia, come in tutti i paesi del mondo, esistono ambienti più retrivi ed altri più aperti. Io vivo e lavoro a Cracovia, una grande città, la capitale culturale della Polonia. È una città popolata da artisti e studenti, nonché molto frequentata da turisti stranieri. In questo tipo di realtà, il provincialismo non è di casa. Lo scorso anno, per esempio, in occasione del Congresso Nazionale di sociologia, le autorità accademiche mi hanno chiesto un concerto nell’Auditorium Maximum dell’Università Jagiellonica, la più antica e prestigiosa università del Paese. Non hanno voluto l’aria classica eseguita da un quartetto d’archi, ma musica leggera eseguita con computer e sintetizzatori. Del resto, nello stesso Auditorium aveva cantato prima di me Midge Ure, l’ex vocalist degli Ultravox".

D - The Italian Way in Usa...zoom sul nuovo album. Dominano in esso le sonorità elettroniche anni 80. Questa scelta vintage non è un paradosso, visto che lei è conosciuto come uno spirito proiettato nel futuro?

R- "Confermo che ho usato quasi esclusivamente macchine prodotte negli anni 80 e aggiungo che non è stato facile trovare gli strumenti necessari per ricostruire quelle sonorità. Per alcuni suoni sono dovuto ricorrere a simulatori o software, ma non ho rinunciato alla coerenza. Chi se ne intende, riconoscerà immediatamente i timbri del vecchio Roland Juno 106, del sintetizzatore Yamaha DX7, del Moog, delle batterie elettroniche Simmons e Linn Drum. Io non vedo il paradosso, perché i suoni anni 80 sono più futuristici dei suoni odierni. Mi spiego meglio. Poiché erano prodotti da oscillatori analogici o da campionatori di primissima generazione, i suoni erano più“artificiali”. I non estimatori del genere dicono che erano suoni “di plastica”, ma proprio questo era il loro bello. In natura, non si era mai sentito niente di simile prima. Quelle macchine hanno introdotto nell’universo un novum, suoni inediti, grazie a transistori e integrati. Un flauto è molto più vicino alla natura rispetto al suono di un oscillatore perché il vento che sibila in un tronco cavo può produrre per caso un suono simile, senza che sia necessaria la presenza dell’uomo. Ma la natura non assembla casualmente transistor, condensatori e resistenze. Serve un ingegnere elettronico. Quando, adolescente, decisi di studiare elettronica alle superiori, erano appunto gli anni 80 e mi dedicavo già alla musica elettronica. Seguendo l’esempio dei Kraftwerk, progettavo e costruivo i dispositivi e i circuiti che poi usavo per produrre suoni. All’epoca facevo anche musica piùsperimentale rispetto a quella che faccio oggi. Una suite strumentale composta ed eseguita con I Cancelli dell’Alba fu anche recensita positivamente da Rockerilla. Poi, con il mio nuovo gruppo Charisma, ci siamo orientati più decisamente sulle sonorità disco. Ma ora sto divagando nei ricordi… "

D - Torniamo agli strumenti. Si usano sintetizzatori anche oggi…

R - "Si, però, oggi i campionatori sono talmente evoluti che riproducono perfettamente i suoni degli strumenti tradizionali. Di conseguenza, molti artisti odierni producono canzoni con arrangiamenti tradizionali e con suoni semplicemente più puliti. In altre parole, abbiamo suoni comunque artificiali che fanno però il possibile per non apparire tali. Quasi che la tecnologia debba vergognarsi di se stessa, debba nascondersi, debba fare altro. A mio avviso il transistor deve fare il transistor, non il flauto o il violino. Coerentemente con le mie idee futuriste, amo l’artificiale, amo la plastica, amo le sonorità anni 80. Ed evidentemente migliaia di persone condividono questo amore, visto che i discografici mi chiedono sempre nuove composizioni."

D - Perché questo titolo: The Italian Way?

R - " È un discorso lungo, ma forse vale la pena di chiarire che non si tratta di una mera manifestazione di nazionalismo in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. La musica elettronica si è sviluppata un po’ in tutti i paesi, non appena sono apparsi nei negozi musicali sintetizzatori e batterie elettroniche a prezzi non proibitivi. Questo èaccaduto tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80. In quel frangente, i gruppi post-punk europei hanno iniziato ad armeggiare con i synth e sono nati nuovi generi, variamente definiti new romantics, new wave, synth-pop, electro-pop, techno-pop. Nei vari paesi, questa tendenza ha assunto proprie peculiarità. I teutonici Kraftwerk sono apparsi sulla scena simili alle proprie macchine e hanno dato un carattere glaciale alle proprie composizioni. I francesi Rockets si sono presentati come alieni provenienti dallo spazio ed hanno miscelato l’elettronica a sonorità prog rock. Gli americani Devo sono riusciti a fondere punk ed elettronica e a costruire un’immagine autoironica di strampalati mutanti del futuro. Gli inglesi hanno invece prodotto musica elettronica con una chiara impronta dark/wave. Basti pensare a gruppi come New Order, Depeche Mode, Human League, Ultravox, John Foxx, Dead or alive. In Italia, infine, i musicisti elettronici hanno scelto la strada commerciale della musica dance, mettendosi in concorrenza con la discomusic americana.Anche qui, molti artisti provenivano dalla new wave, come i Gaznevada o i Kirlian Camera, altri dal pop come Miko Mission. Tre fattori hanno contribuito all’affermazione della dance italiana all’estero: la relativa debolezza della lira rispetto al dollaro, il basso costo di produzione del synth-pop rispetto alla discomusic tradizionale e la crisi di quest’ultima in USA. All’epoca vi fu una vera e propria rivolta dei rockettari che iniziarono a fare falò di vinili di disco music nelle strade, a distruggere negozi, a boicottare le radio che non trasmettevano rock. Al punto che molti artisti cambiarono orientamento…"

D -E gli italiani fiutarono l’affare…

R- "Esattamente. Dico questo per mettere subito le cose in chiaro. Questo genere non è nato con ambizioni artistiche. Perciò non vorrei ora dargli un’aura di importanza epocale. Come si suol dire, sono solo canzonette…"

D - Però…

R - " Però, come spesso accade, vicino alle grandi produzioni, capaci di egemonizzare i mercato con i classici tormentoni (sto pensando ora a brani come Future Brain di Den Harrow, Self control di Raf, Looking for love di Tom Hooker, Diamond dei Via Verdi, ecc.), si sono sviluppate produzioni minori che hanno prodotto qualcosa di innovativo. L’italo disco del momento – che qualcuno chiama “Nu Italo”, qualcun altro“Dirty Italo” – è più in linea con le produzioni minori, underground, meno commerciali. Inoltre, aggiungo che, se vogliamo proprio tracciare una linea tra arte e commercio, considerando che l’italo oggi non è più di moda come un tempo, chi vi dedica energie lo spinge volente o nolente più verso la pop art alternativa che verso il business. De facto, la comunità italo disco è una sottocultura autonoma dal mercato delle major e dal loro prodotto unico preconfezionato. Non mancano però sinergie. Per fare un esempio: Lady Gaga dimostra di avere appreso bene la lezione degli eighties."


D - L’italodisco fa dunque ancora tendenza?

R- "Un paio di anni fa il magazine inglese “Dazed and Confused”, noto per la sua capacità di fare tendenza oltremanica, ha dedicato un intero servizio alla “New generation Italo disco”, menzionando tra l’altro il mio singolo ”Another day” che, abbastanza inaspettatamente, ha spopolato in Messico. E pensare che negli anni 80, l’italo disco è circolata in Gran Bretagna quasi esclusivamente grazie alle cover di Laura Branigan."


D- A proposito di tendenze, a dare importanza all’italo disco è stata anche la penetrazione nei paesi stranieri. Gli italiani hanno fatto scuola, come raramente accade. Perché secondo lei i critici italiani non riconoscono gran valore a questo genere musicale?

R- "Prendo la questione alla larga, all’arte nel suo complesso. Il futurismo è stato forse l’ultima avanguardia culturale italiana che ha avuto un impatto a livello internazionale. Poi siamo sempre andati a traino degli stranieri o autoreferenziali. Questo accade anche nella musica: basta pensare a Sanremo. Chi vince Sanremo in genere vende in Italia, non all’estero. I critici o gli istituti di cultura ignorano l’italo disco per varie ragioni, non tutte peregrine a dire il vero. Innanzitutto non lo riconoscono come contributo culturale italiano, perchéè un genere che dissimula la propria italianità. Infatti, sono canzoni cantate in inglese, sostenute da un’algida sezione ritmica elettronica, con testi che non si limitano alle storie d’amore, ma parlano spesso di computer e tecnologia. Inoltre, gioca contro un tale riconoscimento il suo orientamento ostentatamente commerciale. Gli stessi pseudonimi degli artisti lo rivelano autoironicamente (Den Harrow = denaro, “Joe Yellow = gioiello, ecc.). Tuttavia, va precisato che l’orientamento commerciale è una condizione necessaria, ma non sufficiente per avere successo. Ci sono migliaia di artisti che scrivono insulse canzonette nella speranza di fare soldi e non se li fila nessuno. Il fatto è che gli italiani erano maledettamente bravi nel confezionare canzoni dance con melodie memorabili, suoni futuristici, e ritmo lento ma incalzante. Infatti, per dare risalto alle melodie ariose, scesero dai 120 o 125 bpm (battute al minuto) della disco americana ad improbabili 100 o 105 bpm. Sembrava un azzardo, ma funzionò a meraviglia. I brani risultavano potenti, ma piacevoli da ascoltare, al punto che si potevano canticchiare sotto la doccia. Le discoteche in Germania, Olanda, Scandinavia, Grecia, Spagna, Italia iniziarono a suonare solo questa musica. Ma anche i paesi socialisti dell’Est Europa (Russia, Polonia, Ungheria, ecc.) importarono massicciamente la dance italiana, anche se per ragioni non solo economiche, ma anche ideologiche. La musica americana era boicottata per l’inasprirsi della guerra fredda. Il picco di diffusione si ebbe nel biennio 1983-1984."


D- Poi cosa è accaduto?

R- "È accaduto che gli altri paesi si sono adeguati ed hanno cominciato ad imitare i nostri artisti. Soprattutto la Germania. È stato infatti il produttore tedesco Bernhard Mikulski a coniare il termine “italo disco”, riconoscendone appunto l’italianità. Sentivano questi brani sintetici nelle sale da ballo, diversi dalla disco americana, e cantati in inglese ma con un accento marcatamente italiano. Si chiedevano: cos’e’? Italo disco! Naturalmente, quando si sono messi a fare la stessa musica i tedeschi, gli olandesi e persino gli inglesi (i Dead or alive non hanno fatto mistero di essersi ispirati all’italo disco per comporre il loro memorabile hit: “You spin me round”), americani e giapponesi hanno iniziato ad usare un termine piùcomprensivo per indicare questo genere d’importazione: euro disco. Per tornare quindi alla domanda iniziale, ho titolato il mio album “The Italian Way” per ricordare le origini italiane dell’euro disco. Questo album vuole celebrare la via italiana alla dance elettronica."


D- E riguardo all’immagine? Sulla cover, si presenta travestito da Al Capone, con la pistola in mano e circondato da picciotti abbigliati come Cosa Nostra americana degli anni 30. Italia: mafia e spaghetti? Un altro paradosso futur-vintage?

R- "Lo stereotipo dell’Italiaè purtroppo questo, anche negli USA. È chiaro che avendo l’album per titolo “The Italian Way” serviva un’immagine forte che non lasciasse dubbi. Questa foto è semplicemente un segno, un simbolo, un’icona, che non vuole assolutamente fare apologia della mafia. Il fatto è che troppo spesso, le etichette straniere che mettono sul mercato compilation italo disco non trovano di meglio che mettere in copertina foto del Colosseo o della torre di Pisa. Sono finito anch’io su alcune di queste compilation, che a livello grafico risultano piuttosto kitsch. Qual’è lo scopo di queste immagini?Rendere immediatamente riconoscibile il prodotto sugli scaffali dei supermercati, considerando che difficilmente i brani andranno su MTV. Allora, non mi è dispiaciuto affatto quando il produttore, sfogliando il mio book fotografico, ha scelto queste foto che mi ritraggono insieme ad un gruppo swing-jazz nel quale ho militato negli anni 90: La Banda."

D-Il tuo brano preferito?

R- "L’album raccoglie vecchi successi usciti solo su vinile e brani nuovi. Per quanto riguarda i vecchi brani sono affezionato a Desperado, perchéè il singolo che mi ha consacrato. Per quanto riguarda i nuovi, direi “Secret Agent Man”, dove rivelo qual’è il mio vero lavoro J, e “Cyborg Woman”. “Maybe you” ha un significato speciale perchéè dedicata a mio figlio. Aurora è un brano semanticamente “nietzscheano” che nelle forme si discosta dagli altri, perchéè una ballad elettronica, cantata in italiano, con un video dedicato all’arte e al nudo femminile… E poi… mi piacciono tutte, altrimenti non le avrei inserite nel disco."


D-A proposito di “Cyborg Woman”… il testo è fin troppo palese: “Living longer, getting stronger, that’s what you want! Faster motion, new emotions, and you look so real…”. Parla dunque anche di transumanesimo nelle sue canzoni. I due Riccardo Campa si ricompongono?

R- "Assolutamente si. Il postumano è uno dei temi ricorrenti delle mie canzoni, anche se non l’unico. Ma, come ho detto prima, questa non è una mia specificità. Questa è una delle caratteristiche dell’italo disco. Invito a leggere a proposito la voce di Wikipedia. Ci sono gruppi che lo fanno con coscienza di causa. Visto che hai citato poc’anzi i Righeira, piuttosto eloquente in tal senso è la loro produzione più recente. Brani come “Futurista” o “La musica elettronica”, che a mio avviso sono sottovalutati dalla critica, convogliano un messaggio preciso e coerente. Per dirla con Dawkins, i memi culturali possono circolare su supporti molto diversi. Si possono diffondere certe idee nella forma di racconto orale, saggio scritto, di poesia, di legge dello Stato, di film, di videogioco, e perché no, anche di canzone. I Righeira diffondono il futurismo, non meno dei Devo o dei Kraftwerk. In una intervista a Rockerilla, molti anni fa, Ralf Hutter prese le distanze dalla scena cosmica tedesca dicendo che i Kraftwerk si ispirano al futurismo italiano. Non cantano scenari fantascientifici immaginari. Cantano poeticamente gli oggetti tecnologici terrestri costruiti dall’uomo: l’autostrada, il telefono, la radio, la televisione, il computer, il robot, ecc. Disse con orgoglio: noi siamo“terrestri”."


D-Insomma, uno va in discoteca e si ritrova postumano…

R- "Diciamo che va prima in discoteca e viene infettato dal meme, quindi va in una clinica e diventa postumano. Scherzi a parte, è evidente che l’arte svolge un ruolo fondamentale nel preparare le menti al cambiamento . Sul fronte del postumano direi che, insieme alla saggistica, i protagonisti principali dell’infezione memetica sono la musica pop e la letteratura fantascientifica. "


D-Adesso botta e risposta sulle preferenze. Il suo artista preferito in assoluto?

R- "
David Bowie"

D-Il numero uno della musica elettronica?

R- "John Foxx"


D-Il top dell’italo disco?

R- "
Ho troppi amici. Non vorrei scontentare nessuno."

D-Per concludere?

R- "
Let’s dance."