sabato 20 giugno 2015

Simone Zagagnoni e il Battaglione Dimenticato

Lunedì 15 giugno 2015 presentato presso la Sala dell'Arengo all'interno del Palazzo municipale di Ferrara si terrà la presentazione del romanzo Il Battaglione Dimenticato di Simone Zagagnoni, illustrato da Marco Ardondi.
Il romanzo, ambientato fra i giorni nostri e il 1917, quindi nel pieno della Prima Guerra Mondiale, vede come scenario il forte di Cima Campo (Arsiè – BL), potente fortificazione italiana a difesa del confine.
Questo racconto, patrocinato da enti come la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Trentino Alto Adige Sudtirol, la Provincia di Belluno e diversi comuni fra cui quello di Ferrara viene presentato e illustrato alla cittadinanza e alle autorità, tutte invitate. L'autore verrà introdotto dallo storico Paolo Sturla Avogadri.

venerdì 19 giugno 2015

Futurismo, a Napoli la prima edizione del Manifesto Futurista?

* Ancora recentemente, il famoso Manifesto di Fondazione del Futurismo, esploso su Le Figaro il 20 2 1909,  in realtà sarebbe stato anticipato dalla Gazzetta dell'Emilia,  persino il 5 febbraio, ora da Napoli questa nuova scoperta...  Della serie, il futurismo sempre una sopresa persino capace di modificare in certo senso la sua data di nascita!  R. Guerra

BY NAPOLI.COM

La rivoluzione del futurismo
di Achille della Ragione


Pochi sanno, neanche tra gli specialisti, che il battesimo del movimento futurista avvenne a Napoli, dove il Manifesto di Marinetti vene pubblicato il 14 febbraio del 1909 dell'editore Bideri, famoso per le sue copie delle canzoni di Piedigrotta, 6 giorni prima della sua comparsa sulle pagine del Figaro di Parigi.

E dopo pochi mesi, il 29 aprile 1910, vi fu il battesimo del fuoco al teatro Mercadante davanti ad un pubblico battagliero ed interessato con poltrone e palchi presidiate dalla intellighenzia partenopea, da Croce a Scarpetta, da Scarfoglio a Matilde Serao, oltre a politici, professionisti ed un plotone di giornalisti, i quali variamente commentarono l'evento sui loro giornali.

Tra i paladini del nuovo movimento Marinetti, Palazzeschi, Boccioni e Carrà, i quali erano venuti nell'antica capitale, inebriati da quella atmosfera avvolgente della Belle Epoque, accoppiata ad un momento esaltante di creatività culturale ed artistica, testimoniata da un numero senza eguali di Teatri e giornali, in stridente contrasto con una fase di severa crisi economica e di degrado morale del ceto dirigente.

Durante la presentazione al Mercadante, come ci racconta Generoso Picone dal palco dove sedeva donna Matilde giunse sulla scena, al posto del fatidico pomodoro, un'arancia che Marinetti, impassibile, prese al volo, sbucciò e mentre continuava a parlare cominciò a mangiarla.

il pubblico da un lato applaudì per il gesto coraggioso, ma continuò a far piovere di tutto su quei personaggi originali che apparivano come degli alieni e nello stesso tempo a manifestazioni di approvazione si alternavano fischi e pernacchie.

Un posto particolare se lo ritagliò Vincenzo Gemito con la sua barba lunga, i capelli scompigliati, il volto spiritato, si affacciava dal suo palco inneggiando ai futuristi, al punto che Marinetti interruppe la sua lettura per andargli a baciare la mano.

Lo scultore rimase talmente colpito dal nuovo verbo, che volle invitare Boccioni e Marinetti a casa sua e volle apporre una corposa dedica al loro Manifesto tecnico della pittura futurista: "Ai cari amici un augurio per la loro nobile missione di promozione di un nuovo ideale di arte in Italia, da parte di un amico che ha avuto la fortuna di applaudirli".

Da quella sera memorabile per settimane nei circoli intellettuali e nei cenacoli letterari si parlò solo di Futurismo, alternandosi adesioni incondizionate e critiche feroci, sguardi perplessi a sorrisi ammiccanti "I terribili provocatori futuristi, gli strambi apostoli di nuove dottrine, gli avanguardisti irriverenti che volevano uccidere il chiaro di luna, potevano anche trascorrere l'intera giornata a dettare i loro programmi d'intenti belligeranti: poi però la sera non rinunciavano alla passeggiata sul lungomare di Posillipo, continuando a discutere, gustando del buon pesce nei migliori ristoranti.

La prima adesione napoletana al gruppo futurista fu quella di Francesco Cangiullo, fino ad allora autore di canzonette e musiche, tra cui "Mastrottore", una cantilena composta nel 1904 molto apprezzata da Igor Stravinsky, che la inserì nel suo Pulcinella e da Tzara Ball che la introdussero nel cabaret Voltaire del 1916, con cui lanciarono il movimento Dadaista.

Nel 1912 Cangiullo dedicò a Marinetti "La cocotta Futurista", un divertissement da leggere nei cafè chantant, che ricevette un premio durante la Piedigrotta. Compose anche una canzone pirotecnica di sole lettere e note ed a Roma fu autore di un gesto eclatante quanto irriverente, portando in processione la testa di Croce scolpita a colpi schiaffi.

Il sommo filosofo godeva viceversa dell'ammirazione di Carrà, il quale, si recò più volte a casa di Don Benedetto, discorrendo amabilmente di estetica e di impressionismo, timorosi che i quadri alle pareti, rigorosamente figurativi, stessero ad ascoltare.

Nel 1914, sempre Cangiullo, nel nobile Palazzo Spinelli in via dei Mille interpretò con Marinetti, Balla e Depero un poema che parodiava la Piedigrotta, al frastuono assordante di putipù, scetavajasse e triccaballacche e davanti ad un pubblico partecipe che non si fermò un attimo dallo scompisciarsi dalle risate.

Non contento Cangiullo condusse Marinetti in trasferta a conoscere Capri, l'impareggiabile isola delle sirene ed a ripercorrere gli ectoplasmi di Diefenbach, Cerio, Gorkij, Lenin, Cocteau e dei tanti altri spiriti eletti che lì avevano soggiornato. Il padre del futurismo rimase talmente colpito dalla bellezza di albe e tramonti da comporre un dimenticato romanzo: "L'isola dei baci".

I futuristi, impegnati nella loro missione dirompente verso il solenne, il sacro, il sublime e tutto ciò che fino ad allora era stato l'obiettivo dell'arte si accorsero che sabotaggio, presa in giro e parodia irriverente costituivano da tempo la miscela esplosiva del teatro di varietà che da anni furoreggiava a Napoli e sbalorditi approfondirono le più antiche tradizioni popolari, soprattutto la Piedigrotta, che in quegli anni assunse aspetti scoppiettanti con l'utilizzo di artifici pirotecnici.

Al carattere trasgressivo le edizioni della festa affiancarono ascensioni aerostatiche e sorprendenti giochi di luce, culminati nell'edizione del 1895 con un corteo di due chilometri che mise assieme orologi e fiori, telefoni ed animali, telescopi e macchine fotografiche, in un turbinio di effetti di luce, che rappresentò uno dei momenti più alti del futurismo.
4/6/2015

WALTER LAZZARO - Casa del Mantegna -

 

Newsletter editoriale

WALTER LAZZARO

Casa del Mantegna

dal 12 giugno al 12 luglio 2015

Casa del Mantegna
Via Giovanni Acerbi,47 - 46100 Mantova (MN)

Orari apertura:
mattino: da martedì a domenica 10.00-12.30
pomeriggio: mercoledì e giovedì 15.00-17.00
sabato e domenica 15.00-18.00
chiuso lunedì e il pomeriggio di martedì e venerdì
Ingresso gratuito

 
Il monte di Pesaro, 1934, olio su tavola, cm 33x48

 
Leggenda del silenzio, 1955, olio su tela, cm 50x70

lazzarocorsi@tin.it - www.gallerialazzaro.it

Arte come testimonianza
di Giammarco Puntelli

Vivere l'arte come testimonianza e rivelazione.
Testimoniare e rivelare attraverso la poesia.
Artista capace di grandi passioni e di un carattere indomito, Walter Lazzaro si segnala anche per il rigore e l'assoluta disciplina messa in evidenza da dipinti consegnati alla storia del Novecento.
E in questi dipinti troviamo la struttura di una poesia asciutta, lineare, necessaria.
In questa mostra a Casa del Mantegna abbiamo il desiderio di continuare a scoprire la psicologia di un uomo che ha partecipato attivamente alla vita artistica del Novecento, che ha conosciuto la guerra, che ha trovato, trasmesso e proposto un'identità chiara e originale.
Lazzaro, all'interno di una Metafisica interpretata con originalità, ha presentato con le sue barche, i suoi ombrelloni, con quelle spiagge eleganti, poetiche e silenziose, gli oggetti come rivelazioni di uno stato dell'essere, di una storia e di una coscienza poetica. La sua sintassi artistica e la disciplina pittorica hanno fatto di una serie di dipinti un punto di riferimento del Novecento.
Importante, è il rapporto che il nostro crea con il tempo, in un secolo dove il suo scorrere era segnato dalla sofferenza delle guerre. Nei suoi ultimi dipinti l'attenzione alla storia e al racconto dell'uomo lascia spazio a quella religione che, seppur laica, si risolve nell'incontro con il mistero, nella voglia di osservare, accanto all'oggetto, quell'orizzonte che si perde fra i colori del cielo, quell'orizzonte tanto caro a Turner.
Una mostra con opere di Walter Lazzaro per essere una mostra di impegno e di responsabilità nei confronti di un certo modo di fare e proporre arte e cultura.
Vuole essere il focus all'interno di un progetto particolare.
Con il progetto "Avanguardia Rinascimentale" vogliamo proporre una serie di mostre, personali e progetti, nelle quali, proprio nell'anno dell'esposizione universale in Italia, nella vicina Milano, in primo piano ci sia la pittura come punto di partenza e luogo privilegiato dell'arte vera. Un vero e proprio ritorno alla pittura come luogo di origine dell'arte stessa.
Proporre in tale contesto la personale di Walter Lazzaro significa voler entrare in quelle dimensioni che parte della ricerca pittorica dal Novecento a oggi ha prodotto come alcuni fra gli esempi di assoluta eccellenza e coerenza di pensiero.
Con questa mostra terminano anche quegli eventi che hanno voluto rendere omaggio ai cento anni dalla nascita di Lazzaro.
Dalla mostra a Spoleto presso il Battistero del Duomo a quella a Forte dei Marmi al Fortino, da quella a Roma al Chiostro del Bramante a quella a Milano presso l'Archivio Galleria Lazzaro by Corsi a quella a Bellinzona presso il salone espositivo della Società Bancaria Ticinese.
Non solo un ciclo di mostre ma una riflessione che ci propone l'arte non solo come colori e rappresentazione ma soprattutto come mezzo, e in questo caso aggiungerei metodo, di testimonianza e impegno culturale.

 

 

 

 

 

Marco Vannini: L'Anticristo. Storia e mito

 



È in libreria...

L'Anticristo. Storia e mito. Mondadori, pagine 216, euro 20,00

Multi intus sunt , non exierunt, sed tamen antichristi sunt.
Aug., In Epist. Ioan.

La figura dell'Anticristo accompagna da due millenni la storia dell' Occidente, e non solo del mondo cristiano, giacché è presente anche in quello musulmano. Persino ai nostri giorni, in un tempo in cui le credenze religiose tradizionali sono in larga misura tramontate, essa continua ad agire nel profondo dell'immaginario collettivo, come è dimostrato dalla sua continua ricorrenza nella letteratura, nel cinema, nei fumetti, nel web. Evidentemente questo antichissimo simbolo, le cui origini affondano nella mitologia mesopotamica prima ancora che in quella biblica, trova sempre nuovo alimento in elementi costitutivi della psiche, personificando il Male, che così viene esorcizzato, oggettivato in una potenza esterna, con un duplice, ambivalente risultato: quello, veritativo e quasi catartico di riconoscerne la realtà, e quello, mistificatorio, di porlo al di fuori, mentre sta invece in noi stessi.
Al di là del significato psicologico – di cui qui non ci occuperemo - come ogni grande figura mitica, l'Anticristo ha agito potentemente nella storia, dall'antichità fino al nostro tempo, perché è stata associato ad un altro antichissimo mito, quello escatologico della battaglia finale tra il Bene e il Male, con la instaurazione di un periodo millenario di giustizia e di felicità.
In realtà, l'Anticristo – anzi, gli Anticristi, al plurale – compaiono solo nelle Lettere di Giovanni, e sono propriamente coloro che, all'interno della comunità cristiana, non confessano l'incarnazione del Verbo, la divinità del Cristo.
Ridotto al singolare, l'Anticristo è stato invece identificato con l' "uomo dell'iniquità" della Seconda Lettera ai Tessalonicesi, posta sotto il nome dell'apostolo Paolo, e soprattutto con la Bestia dell'Apocalisse, grazie anche al fatto che essa è stata attribuita a Giovanni, e dunque all' autore delle Lettere che portano il suo nome. E così l'Anticristo è diventato il simbolo del Male in assoluto, figura terribile dell'antagonista del Cristo, protagonista della battaglia finale contro di Lui.
In questo modo, un concetto che appartiene esclusivamente all'àmbito della fede cristiana è stato contaminato con un altro che proviene invece da quella mitologia apocalittica giudaica che con la fede cristiana non ha niente a che vedere e che, anzi, le è profondamente avverso.
Possiamo dire perciò che gli Anticristi sono due: uno vero, della fede, ed uno falso, della superstizione.
Seguire la vicenda mutevole presentarsi della figura Anticristo significa comunque scoprire le radici "religiose" di alcuni dei più importanti eventi culturali, sociali e politici della storia, da quella antica e medievale fino a quella dei nostri giorni. Ma, soprattutto, comprendere cosa deve intendersi davvero con Anticristo/Anticristi, ristabilendo una verità che è storica e spirituale insieme, significa rendersi conto di cosa sia la fede cristiana: conosce l'Anticristo chi conosce Cristo, e sa così ri-conoscere anche quegli Anticristi che non si sono rivelati, non sono usciti, ma sono ancora tra noi.

Introduzione
I Le origini del mito

Prima della Bibbia. Daniele. La seconda lettera ai Tessalonicesi. Le Apocalissi. L'Apocalisse pseudo giovannea. La Bestia.

II I veri Anticristi

Le Lettere di Giovanni. Il platonismo di Giovanni. Giovanni contro la Genesi. La nascita di Dio nell'uomo. Essere l'essere.

III L'Anticristo nei Padri della Chiesa

Ireneo. Ippolito. Origene. Altre voci tardo-antiche. Agostino

IV L'Anticristo nell'immaginario

Maometto. La Vita dell'Anticristo. I ludi sull'Anticristo. Il numero della Bestia. Il numero della Bestia oggi.

V Il papa e Lutero

L'Anticristo è il papa. Il Passional. La disputa con Catarino. La Scrittura contro la ragione.

VI La ricerca del millennio

Le origini. Gioacchino da Fiore. La sua eredità spirituale. I "fanatici dell'Apocalisse". Gli hussiti. Thomas Müntzer. La città di Dio anabattista. Il millenarismo comunista. Il millenarismo nazista.

VII L'Anticristo nella mistica

I Paradossi di Sebastian Franck. La radice mistica. Libertà e grazia. Il Cristo implicito. Franck e gli anabattisti. I teologi anticristi. "La lettera della Scrittura è la spada dell'Anticristo, che uccide il Cristo".

VIII Il messia Anticristo

Il messianismo. Sabbatai Zevi. Jakob Franck. Il messianismo anticristico oggi.

IX L'Anticristo in Russia

Slavofili e occidentalisti. La leggenda del Grande Inquisitore-Anticristo. Il Racconto dell'Anticristo. Il suo significato. Tolstoj Anticristo? Merezkovskij e Rozanov. Nilus e i Protocolli dei Savi anziani di Sion.

X Il Signore del mondo

L'Anticristo moderno. La trama del romanzo. Il suo significato. Attualità del Signore del mondo.

XI L'Anticristo nell'Islam

Il Dajjāl: Le origini. Il Dajjāl oggi. Il Dajjāl negli Stati Uniti. Gli strumenti moderni del Dajjāl: i media. Stati Uniti e Israele: il Grande Satana.

XII Nietzsche: l'Anticristo o il Cristo?

Buona novella e cattiva novella. C'è stato un solo cristiano. Contro la menzogna. Una storia inventata. Nietzsche mistico.

Conclusioni



Spoleto Arte: Vittorio Sgarbi presenta Tiziano, evento imperdibile

PROGRAMMA

Ore 17.00: Lectio Magistralis nella Chiesa di Santa Maria Nascente

Ore 18.15: aperitivo presso il Gran Caffè Tiziano

Ore 18.45: visita alla Casa Natale di Tiziano Vecellio

Ore 20.00: inaugurazione Mostra presso Hotel Dolomiè

Ore 21.00: cena di gala


Venerdì 31 Luglio 2015
Prezzo individuale € 95 (fino ad esaurimento posti)
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
CHIESA DI SANTA MARIA NASCENTE
Piazza Tiziano - PIEVE DI CADORE (BL)
 
Info e Prenotazioniorg@spoletoarte.it - www.spoletoarte.it
www.facebook.com/spoletoarte
 
CON IL PATROCINIO DI
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Vitaldix, Magnanti, Boccia, N. Echos, Campanari, Di Biasio: Letture dell’Angelo, poesie e rose per il Solstizio d’Estate

 

volo d'angelo _ solstizio d'estate

Domenica 21 giugno 2015 si svolgerà presso il centro di volo "Flying in the sky" di Rocca Massima (Latina), l'impianto a fune aerea più lunga del mondo, dalle ore 18.00, la discesa lirica con intervento di poesia site-specific "Letture dell'Angelo", poesie e rose per il Solstizio d'Estate.
I poetici artisti Ugo Magnanti, Vitaldo Conte in Vitaldix, Marcella Boccia, Numa Echos, Daniele Campanari, Simone Di Biasio, coordinati da Sonia Topazio, e lanciati in successione, daranno vita a un evento originale che vuole celebrare l'arrivo dell'Estate nelle modalità e nei tempi di un reading d'arte, che si completerà con un volo verso valle, salutato dalle 'rose' liriche della poeta Dona Amati.
L'evento è ideato da Ugo Magnanti.

 


giovedì 18 giugno 2015

Paola Mancinelli, La Parola e il Tempo, presentazione di Pierfranco Bruni


Giovedì 18 giugno, alle ore 20:00 verrà presentato, presso la libreria Mondadori di Taranto, il libro d'artista "Poesia, tempo presente. La Parola e il tempo" di Paola Mancinelli. Lo scrittore Pierfranco Bruni, candidato per il Nobel della Letteratura, dialogherà con l'autrice. L'evento si inserisce in un progetto che vede la presentazione della collana editoriale "I quaderni del concetto", ideata dalla galleria Cosessantuno Artecontemporanea, inerenti le note, le riflessioni ed i contenuti elaborati nel progettare gli eventi di arte contemporanea.
La prima pubblicazione, riguardante la mappa concettuale dell'evento di Paola Mancinelli, una raccolta di poesie e astrazioni teoriche dell'artista, ha visto precedentemente l'esposizione dei lavori della stessa, presso la Biblioteca Provinciale "Nicola Bernardini" di Lecce e presso CoArt Gallery di Corato (Ba) e al Festival di Poesia Contemporanea di Fondi (LT).


Arte e poesia si incontrano in un questo progetto artistico-letterario, la cui protagonista è la parola: "Parola visiva, simbolica, pronunciata, parola che occupa uno spazio, un'estensione. Nelle installazioni di poesia visiva il corpo del componimento è tutt'uno con la geometria della rappresentazione, secondo uno schema personale che diventa collettivo. Misurarsi con quello spazio e quel tempo, nel nostro spazio e nel nostro tempo, è una scommessa quotidiana". (Paola Mancinelli)


"Il tempo della parola è un tempo sempre attuale, pieno, tondo, circolare, fatto di partenze e di arrivi, al suo interno viaggiano coincidenze. Nell'attimo stesso in cui le labbra la pronunciano, essa opera un movimento, trasmette un'evidenza. Ciò che viene detto, nel momento stesso in cui viene espresso, parla al presente, e perdura.
 Il verso poetico è una scossa di eternità, ci interpella da luoghi e tempi reali e immaginati, parla la lingua del nostro tempo, nonostante appartenga a un altro tempo. La grandezza della poesia è che uno solo è il suo tempo, si mantiene costante, invariato, fedele apportatore di significato. Un presente che scuote come una chiamata. Un sussulto dell'anima che cerca il vero anche nel più piccolo accento, una sonora vibrazione dell'Io che si ricerca e si rivela. La memoria è il tempo del riecheggiamento, è testimonianza di un accadimento. Si impara a memoria per conservare, per custodire. Una situazione, un odore, un suono ed ecco rievocati sentimenti, emozioni, paure. C'è un tempo tutto nostro, ed è quello che impieghiamo per scoprire noi stessi, dietro il velo di ciò che appare: questo il tempo che più di ogni altro ha incidenza".
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Libreria Mondadori Taranto
A.E.G. snc di Carmine Fucci 
Via G. De Cesare 35
74123 Taranto

       





















mercoledì 17 giugno 2015

Roma, La Pietra d'Oriente di Pierfranco Bruni, recensione di Roby Guerra

Pierfranco Bruni, Poesia e Informatica! Forse il sottotitolo/recensione per la Pietra d'Oriente (Pellegrini editore) nello specifico  suona letteralmente dissonante: amplifichiamo la poetica specifica come Parola aperta, password criptata per disvelare il linguaggio forse segreto del Poeta nella sua globalità più diversamente avveniristica.
Forse certa peculiarità, originalità di Pierfranco Bruni, candidato Premio Nobel 2015 per la Letteratura,  fluttua, come una New Wave non ancora captata da Google Map, per la sua cifra naturale/artificiosa semi-quantica: il grande Server tutt'oggi riduzionista, è dribblato dall'elettronica mediterranea doc del Poeta diversamente Saggista e dal saggista diversamente Poeta e dall'Informatico immaginale... diversamente neopitagorico...

Ben oltre i numeri primi o decimali l'opera aperta di Pierfranco Bruni, in/da La Pietra d'Oriente recente alle numerose raccolte letterarie, oltre gli archetipi stessi junghiani Occidente Oriente, Nord Sud; al di là/qua  della stessa mistica decade la parola di Bruni nei suo vettori spiccatamente esplorativi.... 
E sempre una cibernetica incantata,  pura stella polare  la bandiera tra dimensione prosatrice e poetante
riflessi creAttivi  interconnessi come specchi-neuroni.... 
Quel che spicca, nel caos poco apocalittico, quindi nel nulla pulsionale di certa contemporaneità liquida e in liquifazione, al contrario in Bruni è  Parola nuovamente Piena, aperta ma canto dell'Abbondanza, del fiore perenne in boccio,  della farfalla crisalide e nuovamente farfalla (il bozzolo superfluo!), del Sole in perenne esplosione nucleare, da cui, contro logica e intuizione banalmente umana, la nostra stessa vita passeggiata trasvolata terrestre.
Non a caso,  il Mediterraneo di Bruni  attraversa eccome il futurismo, non a caso per Necessità + Libertà, riassumendo, il prototelematico Pitagora, come una Schiuma di Stella Marina, via archetipale nova time machine, disvela oggi la Scienza e la Matematica essenza (fisica) secondo la stessa Von Franz del cosiddetto Spirito.
Distruzione oggi simulata il numero Futurista, ricombin.azione della Bellezza, prima e dopo la Tradizione... del  Futuro anteriore...  Ecco Pierfranco Bruni, poeta informatico! Fare Spirito 2.0, fare Anima nella nuova Era Eva...

Recensione di Roby Guerra

martedì 16 giugno 2015

Il viaggio letterario di Pierfranco Bruni attraverso la voce di Stefano Zecchi, Valitutti, Bufalino, Ghirelli, Marti, Nievo, Ulivi, Pomilio, Grisi, Bevilacqua in un percorso tra alchimia e sacro dii Mirian Katiaka



Il viaggio letterario di Pierfranco Bruni attraverso la voce di Stefano Zecchi, Valitutti, Bufalino, Ghirelli, Marti, Nievo, Ulivi, Pomilio, Grisi, Bevilacqua in un percorso tra alchimia e sacro


dii Mirian Katiaka


Uno scrittore raccontato con le parole di altri grandi scrittori. Pierfranco Bruni venne definito da Alberto Bevilacqua  lo scrittore mistico e sciamanico del Novecento. Antonio Ghirelli parlò della sua scrittura come " delicato lirismo e forma", Gesualdo Bufalino lo definì uno "scrittore nobile", Ferruccio Ulivi disse che Bruni è uno scrittore di "sentimenti, di impegno e di solitudine", Salvatore Valitutti lesse la sua "magia", Stanislao Nievo sottolineò la sua "eleganza e la sua misura solitaria", Mario Pomilio lo definì poeta della "pulizia e della esattezza…". Mario Marti disse di lui che è uno scrittore la cui parola è fatta di "grani di rosario. …una preghiera".
  Uno scrittore oltre il proprio diario si ritrova tra le parole di altri scrittori. La metafora e il viaggio sono due elementi vitali, secondo Alberto Bevilacqua, nel raccontare di Pierfranco Bruni. "La parola ha un cuore immenso se riesci a leggerla ora e soprattutto domani". È su questo elemento che è stato presentato il viaggio letterario di Pierfranco Bruni per la sua Candidatura al Nobel Letteratura. Da "Un paese vuol dire non essere soli" (Pavese) a "Occorre ricucire le coscienze spezzate della nostra memoria" (Pierfranco Bruni). Un dettaglio che ha visto un dialogare su l'opera di Pierfranco Bruni, tra poesia e narrativa, e la sua candidatura al Nobel.
Una discussione che il Sindacato Libero Scrittori ha sviluppato intorno a tutta la sua produzione poetica e narrativa non tralasciando quegli aspetti salienti che interessano la letteratura del ritorno e la nostalgia sconfitta che costituiscono tasselli del suo mosaico umano e culturale.

Da "Via Carmelitani", la cui prima edizione risale al 1983 e la quarta edizione accresciuta addirittura al 1990, libro che ha segnato una delle prime tappe fondamentali nel percorso poetico, sino a "Come un volo d'aquila" del 2013 la poesia di Pierfranco Bruni ha avuto ed ha una pagina critica di notevole spessore tanto che si è parlato di una poesia piena di "eleganza e di misura solitaria" (Stanislao Nievo), mentre Mario Pomilio ha definito i versi di Bruni, in tempi lontani, "puliti ed esatti" e Raul Maria de Angelis, lo scrittore che diede voce a Maria Zambrano, sottolineò che la poesia di Bruni "è una poesia senza macchia". Stefano Zecchi fece la prefazione a "Paese del vento" legandolo in modo alchemico a "Il mare e la conchiglia".
Ma furono numerosi i critici che si sono occupati, proprio negli anni Ottanta/Novanta della poetica di Bruni. Si pensi agli scritti di Giuseppe Selvaggi, di Antonio Ghirelli, di Mario Marti, il quale scrisse che i suoi versi "scorrano come i grani di un rosario… quasi come una preghiera", di Ferrucci Ulivi, di Francesco Grisi, di Donato Valli che poi fece la Prefazione a "Viaggioisola" del 1992, di Salvatore Valitutti che parlò di "magia delle parole", di Michele Dell'Aquila, di Giuseppe Pederiali, di Gesualdo Bufalino che li definì "versi belli, scanditi da una nobile e lenta malinconia".
Un libro, "Via Carmelitani" che introdusse Pierfranco Bruni nel Novecento poetico italiano seguito da "Altro o niente", da "Viaggioisola", da "Ulisse è ritornato", "Il canto delle sirene", "Canto di Requiem" che ebbe la recensione di Gianfranco Ravasi, di "Ti amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio", punto di riferimento della poesia d'amore in Oriente, e ancora sino a "Come un Volo d'aquila" passando attraverso il canto di "Asmà e Shadi" del 2013. Gran parte della produzione poetica di Bruni è stata racconta in una antologica "Fuoco di lune" che raccoglie la sintesi di un viaggio che va dal 1974 al 2004.
Bruni, dunque, nasce come poeta, ma il suo tracciare i linguaggi lo portano subito al romanzo di "Paese del vento", romanzo che ha avuto ben quattro edizioni con una ultima di estrema eleganza e poi "L'ultima notte di un magistrato" (tre edizioni), "L'ultima primavera" (due edizioni), "Passione e morte" (due edizione e con edizione tradotta in Romania).

Qui è come se si concludesse una stagione di intrecci poetici ed estetici in cui la memoria si confronta costantemente con il tempo. Ma già con "Paese del vento" il mistero è dentro la memoria che si trova nel ciclo successivo, che va da "Quando fioriscono i rovi", dove già compare la figura di San Paolo a "Il mare e la conchiglia" dove campeggia la metafora del faro, a "La bicicletta di mio padre", " sino ad Asmà e Shadi", che è un Cantico dei Cantici nell'amore passione, trasparenza e rinuncia.
Una terza fase è rappresentata, certamente, dall'innesto alchemico delle ultime pagine della "Bicicletta di mio padre", in cui si parla del mondo magico e sciamanico per approdare a "Che il dio del Sole sia con te", un intercalare tra gli Orienti e le fede: dall'Oriente mediterraneo al mondo tibetano. A questa filosofia Pierfranco Bruni si è spesso richiamato, ma la summa di questo suo viaggio è leggibile in "La pietra d'Oriente", romanzo pubblicato recentemente e che riscuote molti consensi e che pone in essere una letteratura che è poetica dell'esistere tra estetica e metafisica.
Numerosi restano i suoi saggi di critica letteraria e i suoi studi sulle antropologie dei popoli e delle letterature come il tomo "Mediterraneo" ed ora la sua entratura nella favola – fabula armena lo porta verso nuovi cammini. Ma l'Oriente non è un approdo, per Bruni, è piuttosto, come è stato detto recentemente, un "orizzonte di senso ma anche un orizzonte spezzato tra le parole dell'immaginario".
 
Poesia e narrativa in un circuito che è profondamente stretto tra letteratura e magia, tra poesia e alchimia, tra linguaggio e ricerca di antropologie sottese in un viaggiare tra il deserto e il mare. Infatti proprio in "La pietra d'Oriente", romanzo pubblicato da Pellegrini (distribuzione Mondadoristore) ha permesso di avanzare la candidatura al Nobel della Letteratura (da parte del SLSI) tenendo presente l'attività letteraria di Pierfranco Bruni che scorre lungo le cronache e le storie da oltre quarant'anni. Ma sono le tre trilogie che hanno segnato uno spaccato nel vissuto letterario di Bruni ormai tradotto in più lingue.
La trilogia poetica: "Giorni di sempre" (1975), "Via Carmelitani" (1984 – 1990), "Fuoco di lune"  e "Come un volo d'aquila" (2004 - 2013). La prima trilogia narrativa: "Paese del vento" (1995), "Quando fioriscono i rovi" (2004), "Il mare e la conchiglia" (2007). La seconda trilogia narrativa: "La bicicletta di mio padre" (2011), "Asmà e Shadi" e Che il dio del sole sia con te" (2013), "La pietra d'Oriente" (2015). Su questo ultimo romanzo è stato realizzato un Video che raccoglie i segni e i simboli del viaggio di Pierfranco Bruni. Uno scrittore, ha sostenuto Francesco Grisi, che abita la parole abitandosi.





lunedì 15 giugno 2015

UBAY MURILLO - Vanguardia y erosión -



Newsletter editoriale

Ubay Murillo
Vanguardia y erosión(y otros síntomas contemporáneos)11 giugno - 26 settembre 2015

Inaugurazione giovedì 11 giugno 2015 dalle ore 18,00
"Alles Klar" è il nuovo ciclo di opere di Ubay Murillo presentato ufficialmente lo scorso autunno alla Twin Gallery di Madrid e che la Costantini Art Gallery esporrà, con le nuove opere, in occasione della mostra "Vanguardia y erosión (y otro sintomas contemporáneos)", anticipando l'esposizione autunnale che si terrà alla GE Galeria di Monterrey in Messico.
Dopo sette anni di assenza dalla scena milanese, l'artista di origine spagnola, ma berlinese d'adozione, ritorna con questa serie ispirata al mondo della moda e della pubblicità, dove si cela, però, un'analisi sull'attuale crisi sociale ed economica, esprimendo il proprio pensiero attraverso raffigurazioni di soggetti e scenari di ipotetiche immagini pubblicitarie in modo frammentato, eroso e distorto. Questo smembramento può essere letto quale sinonimo dell'effettiva situazione comunitaria ma, soprattutto, offre spunto per affrontare e reinterpretare il rapporto fra figura e sfondo, tra soggetto e oggetto.
Nelle tele, le scene propagandistiche vengono distorte come se fossero guardate attraverso specchi deformanti, in cui le figure sono diluite, mescolate e fuse in un unico piano prospettico, a rappresentanza di uno scioglimento dei valori e della decadenza della società, in una visione neobarocca, dove la figura viene inglobata all'interno della scenografia in cui l'artista interpreta e sconvolge volutamente il rapporto tra figura e sfondo.
I collages, invece, ricompongono delle realtà, con l'intento di trasmettere un nuovo messaggio e nuovi equilibri dell'estetica utilizzando, semplicemente, frammenti di riviste patinate.
L'avanguardia (vanguardia) quale nuova interpretrazione del messaggio contemporaneo e l'erosione (erosión) quale sinonimo della trasformazione e dell'adeguamento sociale sono alcuni degli aspetti sintomatologici della nostra contemporaneità.

In occasione del vernissage, sarà presente l'artista

El resto - olio su tela - 2015 - cm. 170x250

Costantini Art Gallery
Via Crema, 8 - 20135 Milano
  costantiniartgallery@gmail.com
Orario galleria : 10.30-12.30 / 15.30-19.30 - chiuso lunedì mattina e festivi
Come arrivare: MM3 Porta Romana - Tram 9 - Bus 62, 90, 91



domenica 14 giugno 2015

Giuliana Berengan L'Utopia del Visionario * da Wall Street International

L'utopia del visionario

Lunga vita alla lucida follia...

Un grammofono diffonde la voce di Caruso. Seduto sopra una poltrona di velluto rosso issata sulla nave che percorre il rio Amazonas, dopo aver compiuto l'impossibile scalata della montagna, Fitzcarraldo, l'eroe visionario dell'omonimo film di Werner Herzog insegue il suo sogno di costruire un teatro dell'opera nel mezzo della foresta amazzonica.
Un'immagine epica che evoca in tutta la sua pienezza la parola utopia, il "non-luogo", la "nuova isola" di cui Thomas More fu lo scopritore-creatore, e che andava ad inserirsi nella tradizione dei luoghi immaginati, delle città fantasmatiche da Aristofane a Platone per continuare poi nella seicentesca Città del Sole, nella Nuova Atlantide di Bacon fino ai mondi di Orwell, che hanno alimentato il desiderio umano di pensare l'impossibile.
Se nella nostra società occidentale l'educazione non fosse ormai la trasmissione di parametri ai quali adeguarsi per essere il più possibile sicuri ed uguali in un universo totalmente prevedibile, sono certa che le immagini del regista tedesco potrebbero essere di edificante lettura. In questo mondo che sogna ed immagina merci da possedere e rateizza la propria felicità assecondando i modelli di vita proposti dagli spot pubblicitari potrebbe essere quanto mai esaltante accorgersi che si può desiderare ciò che rompe ogni schema, ciò che non gode del consenso, che si possono mettere a rischio le proprie sicure certezze per inseguire una bellissima fata Morgana.
Credo che mai come ora andrebbero rilanciate nel gioco della vita parole come sfida, rischio, coraggio, illusione se è vero che non c'è salvezza laddove l'unico pensiero sia quello che calcola, che fissa rigidamente i confini dell'utile e dell'inutile, che dispone ogni cosa in funzione del controllo quando non del dominio. Ed è proprio questo pensiero privo di immaginario, calcolatore, che decreta il significato delle parole in rapporto alla loro corrispondenza o meno al proprio modello. E' a causa di tale meccanismo che il visionario ideatore di mondi, colui che più di ogni altro entrava in contatto con il divino e conosceva l'invisibile e l'indicibile è andato connotandosi di troppo umani sospetti di diversità e di pericolosa devianza dalla norma.
Stiamo attraversando una fase nella quale sembra venir meno il desiderio di creare diversità, si cerca piuttosto l'adesione al gruppo, alla comunità che si fa garante di se stessa e delle proprie certezze. La cultura diviene allora strumento per plasmare punti di vista sicuri ed omogenei sul bello, sull'utile, sull'arte, sulla letteratura. Diventa regola, e così il pensiero che vive solo nell'incessante movimento, rinnega la propria natura, si fa stanziale, soggiorna intorpidito e quasi intossicato dalla prolungata mancanza di emozioni forti, di scarto dalla norma. Il gioco rischioso ed inebriante dell'utopia si va perdendo sostituito dai punti di vista condivisibili dalla maggioranza.
Eppure la cultura, per diritto etimologico, è "coltivazione" data la sua matrice nel verbo latino colere "coltivare": è quindi incessante processo di morte e rinascita ed anche in questo tipo di "coltivazioni" va sostenuta la "libertà dei semi". Vandana Shiva nella sua introduzione al volume intitolato Seme Sacro pubblicato nel febbraio di questo 2015 per i tipi della Libreria Editrice Fiorentina, parla con grande saggezza e con grande verità dell'importanza di proteggere e difendere la varietà dei semi, la biodiversità al fine di realizzare quella che lei definisce "democrazia della Terra per il bene comune". Anche i semi della conoscenza traggono vita e forza dalla molteplicità, dalla diversità e dal rispetto per la fantasia che in Natura è davvero sconfinata.
Nella scelta di valorizzare il prodotto più richiesto si dimentica la valenza del processo che porta alla creazione, quello che, come linfa vitale, attraversa, nascosto e segreto, il ciclo della Terra come pure l'artista, il libero pensatore; quello che trasforma intimamente, consolida l'autonomia e la consapevolezza, che non cerca approvazione né è finalizzato all'apparire o alle esigenze del mercato.
In un mondo sempre più spaventato dalla vicinanza, dalla condivisione, che si difende da ogni intromissione dell'ignoto di cui anche la morte fa drammaticamente parte, che si rifugia in una asettica convivenza tra eguali, priva di scosse che possano aprire la strada a pensieri dall'identità sconosciuta e non controllabile, il visionario è ormai sostituito dal navigatore del video, "uomo digitale e visivo" che conosce la realtà attraverso lo schermo ma che sempre meno lo possiede dal punto di vista sensoriale. L'ossequiente dipendenza dalla macchina della visione e al tempo stesso la convinzione che, per suo tramite, l'intero Universo sia raggiungibile, conoscibile e riconoscibile altera le radici stesse della comunicazione che presuppone il contatto, che si serve della gestualità della parola, della voce, del silenzio e che non esclude il tatto e gli odori.

.................CONTINUA  WSI



Art & Politik: Luca Gallesi, contra l'ecosalutismo reazionario

L'idea che ogni desiderio dell'uomo sia finalmente realizzabile, e che, grazie al progresso scientifico, si possano valicare i limiti della realtà oggettiva è alla base di alcune illusioni dalle conseguenze assai pericolose per molti e altrettanto redditizie per, pochi, altri.
Immaginare, a esempio, che si possa sconfiggere la morte usando trattamenti estetici o grazie a protocolli farmacologici è semplicemente ridicolo, anche se molto proficuo per case farmaceutiche e chirurghi senza scrupoli. Allo stesso modo, ritenere che la vecchiaia sia una malattia da affrontare con cure adeguate, o che l'iperattività infantile debba essere trattata con psicofarmaci, oppure che le turbe dell'adolescenza vadano sempre portate davanti allo psicoanalista sono atteggiamenti sbagliati, che finiscono per togliere libertà e sicurezza agli individui, aumentando contemporaneamente il potere della classe medica. Come gli sciamani euroasiatici o gli uomini di medicina nordamericani di un tempo, spesso, oggi, sono i medici ad avere l'ultima parola su questioni che riguardano scelte fondamentali come la vita e la morte degli individui.
La dilagante moda salutista del «mangiare bene», possibilmente biologico, per «vivere bene», ci avverte che «il fumo uccide», condannando tutte le abitudini un tempo considerate bagaglio ineludibile della condizione umana, come la passione per il rischio o l'amore per la sfida, oggi disapprovate da una società sempre più medicalizzata, che ha finito per ridurre definitivamente in cenere Bacco, Tabacco e Venere.
Cosa potrebbe succedere se queste tendenze diventassero obblighi di legge, e se i medici finissero per conquistare il potere politico è raccontato nel romanzo di fantascienza I prigionieri del Caduceo , scritto da Ward Moore nel 1978 e presentato oggi per la prima volta al pubblico italiano nel fascicolo di maggio della collana Urania.
La storia si svolge in un futuro prossimo, dove il mondo è stato definitivamente globalizzato e sottoposto alle amorevoli cure della Mediarchia, ovvero della classe medica. I camici bianchi, radunati sotto il simbolo del Caduceo, sono l'unica classe dirigente del pianeta, Gran Bretagna esclusa, e impongono la dolce dittatura salutista e le sue regole, che prevedono la «tanatizzazione» a chi è troppo debole per vivere, la vasectomia obbligatoria per tutti, la riproduzione consentita solo a chi è in forma fisica eccellente, e il controllo ossessivo di tutti i parametri fisiologici, come la pressione arteriosa e i valori ematici, trascritti su cartelle cliniche diventate documenti di identità obbligatori. Nessuno, o quasi, tenta di ribellarsi, dato che «i dottori e gli scienziati sono coloro che sanno», e quindi non possono che agire per il nostro bene. Tutti i libri sono stati bruciati, per le stesse ragioni di monopolio del sapere, e il motto mondiale è diventato «In DOC we trust», con i dottori che hanno preso il posto di Dio. Il lutto viene scoraggiato, la buona salute è obbligatoria, e ai bambini viene insegnato a segnalare alle Autorità Mediche ogni violazione delle regole sanitarie da parte dei genitori, regole che un ristretto gruppo di ribelli, definiti Anormali, decide di rifiutare.
Come fanno notare i curatori, Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, nella loro introduzione (da cui, forse un po' pavidamente, sembra prendere le distanze il direttore della collana Giuseppe Lippi), la Mediarchia ipotizzata da Moore sta diventando una realtà in molte parti del mondo: se in Cina viene imposta la politica del figlio unico, in Occidente il fumo viene proibito anche all'aperto e i carnivori sono considerati orrendi selvaggi, mentre i figli troppo grassi vengono tolti alle famiglie e cominciano a dilagare apparecchietti da polso che tengono costantemente monitorati i valori della nostra pressione, il battito cardiaco etc...
Il Governo, insomma, vuole preoccuparsi di noi, come il Grande Fratello orwelliano, «dalla culla alla tomba», con la presunzione di sapere sempre, e meglio di noi, cosa ci fa bene, e quello che dobbiamo fare. L'arroganza di certe «maestrine dalla penna rossa», che pretendono di cancellare il passato per plasmare il futuro, è ben descritta da Moore, che non avrebbe probabilmente immaginato che quanto da lui raccontato quasi quarant'anni fa si sarebbe materializzato così presto, anche se, per ora, la classe medica non è al potere, ma si limita a mettersi al servizio di quella politica, ansiosa di mostrarsi più realista del Re, prostrandosi al Moloch del politicamente corretto.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/tutti-schiavi-salutismo-futuro-troppo-vicino-1134327.html