Da: Pierluigi Casalino <pierluigicasalino49@gmail.com>
Date: mar 18 feb 2025 alle ore 13:06
Subject: Sanremo 2025 ovvero un rito che si ripete.
To: ROBERTO GUERRA <guerra.roby@gmail.com>
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https://www.rollingstone.it/musica/storie-musica/miracolo-a-sanremo/966612/?utm_source=firefox-newtab-it-it
Sanremo 2025 Nulla da fare… La Rai inneggia, l’Italia sarebbe tornata unita come Sanremo, come una volta. In realta’ semplicemente nulla di nuovo e da molti anni- Festival figurarsi dai Tempi di Claudio Villa- anni 80 circa, migurarsi adesso! Lo specchio non caso ancora di piu’ dell’Italia nazionale. Poi come sempre al massimo ci saranno 5 cantanti decenti e per carita’ nulla di male. Ma i tempi persino di un Battisti o anche Battiato o Le Orme o dei cantautori è preistoria… R.G.
IL MESSAGGIO DEL FESTIVAL
Non desiderio d’evasione. Non è fuga dalla realtà e dalle scomode verità della cronaca di ogni giorno. Niente di tutto questo! Il Festival di Sanremo e il resto del Paese condividono l’elemento onirico, magico, della finzione e della fantasia di un album che non si finisce di sfogliare. Ma la suggestione dell’Ariston non si nutre solo di canzoni, né di immagini. Al contrario, scava a fondo nel nostro inconscio per riportare a galla desideri ed emozioni, che riguardano ciascuno di noi. Lo dimostrano anche i titoli dei molti motivi scelti per la manifestazione inaugurata ieri tra le surreali atmosfere di una coreografia di Atlante al femminile. Non si possono comprendere le canzoni se non si prende sul serio il sogno che vive in noi. La canzone è l’arte di scoprire il nostro cuore, uno spettacolo che mescola musica e poesia. E in questo cuore si immerge puntigliosa Sanremo. Alla cifra narrativa del Festival, al suo modo straordinario di stupire da sempre, all’estetica immaginifica e frenetica delle sue serate, al linguaggio cromatico dei suoi effetti speciali, va il nostro grazie! Comunque. Questo è il messaggio del Festival!
Casalino Pierluigi, 16.02.2011.
da IL GIORNALE
MANUALE PER LA TV FAI DA TE
di Massimiliano Parente
Se non ne potete più di trasmissioni politiche canterine come Sanremo, se non ne potete più di trasmissioni comiche senza immaginazione come Annozero o Ballarò, potete sempre attaccarvi a Teledurruti, la «televisione monolocale» di Fulvio Abbate in onda quando vi pare su www.teledurruti.it. E ora c’è pure il libro, edito da Cooper (ossia da Emanuele Bevilacqua, che assomiglia a Armani da giovane, ammesso che Armani da giovane assomigliasse a Armani da giovane), intitolato Manuale italiano di sopravvivenza, sottotitolato «Come fare una televisione monolocale e vivere felici in un paese perduto».
Non crediate, se non lo conoscete, che l’autore sia uno di quei noiosissimi conformisti catastrofisti di sinistra, macché. Fulvio Abbate è un anarchico pazzo e simpatico che si ispira al rivoluzionario spagnolo Buenaventura Durruti ma si sarebbe trovato benissimo a suo agio al “Cabaret Voltaire”, tra Hugo Ball e Tristan Tzara. Oltretutto il fine della sua televisione è quello, puramente egoistico, «di rendere felice almeno un uomo nel mondo dell’informazione», cioè se stesso, per questo quando ci si attacca a Teledurruti non ci si stacca più, male che vada è impagabile vedere un uomo libero dall’auditel....
http://www.youtube.com/watch?v=AB_fwgpQW1o
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All’apice degli Anni Sessanta, Sanremo e il suo Festival ebbero l’occasione di esprimere qualcosa di nuovo, interpretando la propria vocazione artistica e creativa. Sensibile al “fascino futurista” di quell’epoca irripetibile, Sanremo cercò di esaltare estetica e giovinezza nella sua inconfondibile cornice di fiori, di colori e di suoni. Un’esperienza di livello assoluto, nazionale ed internazionale. Voluttà scandalistiche e anticonformiste, ma anche fantasie e ansie romantiche, che rivisitarono le vie tradizionali della moda, dell’espressione e del costume sociale, sotto la pioggia di polvere di stelle della fine degli Anni Cinquanta.
Si celebrava l’avventura dell’italiano nel mondo, di cui si torna solo oggi a gustarne la memoria, con la riscoperta del motivo di “Meraviglioso”. Una sfida provocatoria, audace, troppo presto venuta meno, a causa dell’appesantirsi su se stessa. Tutto sembrò scivolare in un calderone di fanatismi ideologici e canori di cartapesta e grotteschi. Le ragioni del messaggio inventivo di quei giorni si smarrirono. Lo slancio della proposta “futurista” della città dei fiori perse smalto, arretrando in un mix di innovazione conservatrice e di caricatura estetica. La fosca querelle intorno al caso Tenco sancì l’inizio di una lunga e argentea parabola discendente di Sanremo, nonostante i ripetuti tentativi di farne risorgere fasti. Non per questo il mito tramontò, se pur tra ripetute e stanche recite bizantine di attori e di scenografi improvvisati, non sempre all’altezza del compito. Riappropriarsi dell’antico sogno, della sua portata universale, rilanciandone lo spirito un po’ provato, riassaporandone l’atmosfera.
Una difficile sfida? Forse no. Una scommessa per Sanremo e per l’Italia. Bisogna crederci. Già da questo 2009, che ripropone, dopo un secolo, l’eredità del Movimento di Marinetti. Grazie al contributo della moderna civiltà delle immagini.
Casalino Pierluigi, 11.03.2009.
http://rockol.it/musicaitaliana.com/cercasanremo/cerca.php?q1=1966