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venerdì 19 dicembre 2008

INTRODUZIONE AL CONNETTIVISMO

VR.jpgDAL FUTURISMO AL CONNETTIVISMO 

Connettivismo è, ormai, una parte non trascurabile di storia italiana del fandom della fantascienza, vissuta soprattutto su Internet, relativamente ai primi anni di questo nuovo millennio.
Precedentemente, esistevano soltanto frammenti disaggregati d’idee in formazione, embrioni e vaghe sensibilità  che, spesso, non avevano possibilità  di svilupparsi poiché tutto era affidato alla fantasia di uno o pochi altri sviluppatori (il termine informatico usato non è un caso, parlando di Connettivismo non è difficile cadere nel mondo tecnologico e digitale dello sviluppo software). Questi artigiani vagavano, nella Rete come nella realtà  usuale, alla strenua ricerca di una finestra sul mondo per affermare il proprio grido, la propria sensibilità  verso il futuro che doveva essere intriso non più soltanto di tecnologia e software e backup, ma anche di misticismo, di un senso d’oscurità  profonda che affondava le proprie radici nelle ghost stories di inizio ‘900 e anche fine ‘800, pregne di un senso misterico che affondava, a sua volta, nell’antico mondo classico e più indietro ancora.
All’inizio del nuovo millennio, quindi, in moltitudine anonima ed eterogenea, ci si cominciò a ritrovare alla corte di Massimo Ferrara e del suo Club G.Ho.S.T., uno dei principali luoghi di confluenza del fandom internettiano di allora. Inconsapevoli del nostro comune cammino cominciammo a tracciare prima rapporti di amicizia ramificati e poi, sempre più frequentemente, filamenti di feeling creativo comune ma, stavolta, dedicati; così, nel mentre che progetti creativi prendevano rapidamente vita e si sfasciavano con la stessa velocità , si cominciarono a discriminare i contatti, alla ricerca della scintilla definitiva. Verso la fine del 2002 strinsi i legami con Marco Milani e nacquero così, su Internet, il sito amatoriale - gestito da Milani - Domn-mistic-on (evolutosi poi nel più solido ‘Domist.net Letteratura e Pace’) e, quasi contemporaneamente e con funzione orbitante proprio attorno a Domn-mistic-on, il mio sito ufficiale – ufficiale, nel senso che conteneva e contiene tutto il materiale finito di mia produzione. Come collante a queste due realtà  più o meno statiche e con funzione stavolta dinamica, sperimentale e propedeutica al futuro, nasceva poco dopo il blog Cybergoth, gestito perlopiù da me.
Ecco, l’impianto funzionale del Connettivismo era nato. Si era nella primavera del 2003 quando Giovanni De Matteo irruppe nel Club G.Ho.S.T. col suo "Notturno n° 23"; subito fu aggregato nell’organico del blog perché le sue sensibilità  riconducibili al buon Sterling della "Matrice spezzata", oltre che al retroterra emozionale e percettivo descritto all’inizio di questa postfazione, erano irresistibili e chiare.
Da allora, il nome del blog Cybergoth e dei suoi redattori cominciò a correre in Rete; in quanto luogo di sperimentazione presto maturò l’esigenza di guardare oltre. Io e De Matteo cominciammo a confrontarci sugli obiettivi da raggiungere, sul concepire la nuova frontiera che doveva definirsi per mantenere alto il livello sperimentale del blog e della nostra poetica. Era l’autunno del 2003 e, improvvisamente, prese forma per iniziativa di De Matteo il Manifesto del Connettivismo, in una forma non troppo embrionale rispetto a quella definitiva; ma era presto, non si era pronti alla diffusione e, soprattutto, non eravamo pronti all’adesione nemmeno noi. Fu deciso di tenere il Manifesto in stand-by ma, al contempo, De Matteo fondò il blog Junction con lo scopo preciso di farlo funzionare come ulteriore attrattore caotico verso il germe connettivista; si attendeva, così, che le sperimentazioni di scrittura si evolvessero verso un punto qualsiasi, come se un fiore dovesse prima o poi sbocciare, senza averne nemmeno la sicurezza.
Il momento venne un anno dopo, quasi casualmente. Rilessi per caso il Manifesto ed ebbi la folgorazione dell’esattezza delle visioni di De Matteo; era necessario andare oltre il cybergoth per definire non solo la parte tenebrosa del nuovo mondo, ma anche tutto il resto. Eravamo diventati coscienti, nel frattempo, di avere ereditato empaticamente germi del Cubofuturismo russo tramite il completo distacco dalle formule poetiche del passato, con la volontà  di una rivoluzione lessicale e sintattica; ma si era eredi, anche, dei Crepuscolari, laddove si avvertiva la crisi spirituale del tempo attuale come un crepuscolo nell’imminenza del tramonto, e dell’Ermetismo, per via dell'oscurità  e dell'indecifrabilità  della nuova poesia, difficile in confronto alle chiare strutture della poesia classica, in una persecuzione d’intenti che doveva portare alla libertà  non solo dalle forme metriche e retoriche tradizionali, ma anche da ogni finalità  pratica didascalica e celebrativa. Anche il
Surrealismo era diventato il padre del Connettivismo, soprattutto nei tratti della sua costante ricerca di una realtà  superiore così da giungere a una trasformazione delle immagini, che abitualmente siamo abituati a vedere in base al senso comune, in altre immagini che possano trasmettere l’idea di un diverso ordine della realtà . Ultima - ma non ultima - la paternità  del Futurismo si agitava sul nuovo movimento: qualcosa di italiano, prima di tutto, come il Connettivismo nella sua genesi e nel suo tentativo di organizzare la sfilacciata scena della Fantascienza (italiana), forse davvero l’unica branca artistica in grado di incarnare attualmente il concetto d’avanguardia. E poi, Futurismo per la smania di esplorare il mondo del futuro, fatto di parametri quali la modernità  contro l’antico (anche se, per quanto ci riguarda, parzialmente contro), la velocità  contro la stasi, in un’esaltazione della modernità  che passa anche tramite la ridefinizione dei canoni estetici, prescindendo dai deliri bellici e politici che il futurismo si è poi fatalmente portato appresso durante il ventennio fascista.
Il tutto si mescolava, come in un magico crogiuolo, col Cyberpunk che aveva scosso e destato le coscienze degli anni ’80, che aveva dato le coordinate verso cui il mondo si sarebbe mosso, con ogni probabilità , nei venti anni successivi; il Connettivismo si distanziava però da esso, al contempo, con una proporzione che suonava come “Connettivismo che sta al Cyberpunk così come il Romanticismo sta all’Illuminismo”: era come aprire gli occhi non più sul mondo bensì sull’anima. A noi connettivisti premeva, così - improvvisamente e fortemente, come se fossimo stati folgorati dalla nostra stessa visione – dare i punti nodali di un movimento, spesso definito rozzamente e con una punta di mancata conoscenza, come “del post-cyberpunk”: si cominciava, così, a parlare di un mondo in cui le sensibilità  si stavano connettendo in un modo inedito grazie alla Rete e alla tendenza al postumanismo – forse l’unico vero legame che il Connettivismo ha col Cyberpunk – e anche attraverso le sensibilità  espresse nel passato della storia umana, tramite le ultime discipline matematiche (su tutte, quella del caos), della fisica quantistica nonché delle scienze umanistiche che hanno imperversato durante tutto l’arco storico conosciuto.
Da allora è successo quasi di tutto; il Connettivismo è uscito su carta con la rivista trimestrale NeXT, e si è presentato al mondo con un'antologia, con dei fumetti; le richieste di collaborazione ricevute e date si sono moltiplicate a dismisura, si organizzano programmi radio musicali e non, si partecipa a reading, si allestiscono convention connettiviste, si pensa alla TV e si guarda al mondo del cinema dopo aver realizzato un cortometraggio che ha spalancato la nostra fame dell'ottava arte - il primo cortometraggio connettivista, "La trentunesima ora", è stato realizzato grazie anche alla preziosa e insostituibile opera di Francesco Cortonesi della Filmhorror.com, altro figlio prediletto di Ferrara e del suo Club G.Ho.S.T.
Così, sono pronte ora altre sceneggiature, altri clip da realizzare, mentre la comunità  connettivista si allarga come un'infezione (i membri, al momento, sono circa una trentina): a naso e istintivamente dico, dimenticando sicuramente qualcuno, Gianluca "Kremo" Baroncini (che si è aggiunto praticamente da subito - la sua Nazione Oscura è casualmente nata la stessa notte del Connettivismo), Marco "Antares666" Moretti, Domenico "7di9" Mastropasqua, Giorgio Messina, Umberto "Ubi" Bertani, Umberto "2x0" Pace, Fernando "BlackHoleSun" Fazzari, Michele "DottoreInNiente" Nigro, Alex "Logos" Tonelli, Simone "AbateDegliStolti" Conti, Mauro "Dixit" Cancian, Roberto "ro" Furlani, Daniele Cascone, Francesco D’iIsa e tanti altri che sono lì, a sbirciare e assorbire le vibrazioni che salgono dal nuovo portale del Movimento – www.next.station.org.

SANDRO BATTISTI

http://www.realdarkdream.com/articoli/connettivismo.html

http://www.adrianopiacentini.it/CalvinoScienza.htm

IL LATO OSCURO DELLA NET-PAROLA

blogger.jpg 

Questo articolo scritto da Livio Milanesio - http://liviomilanesio.it/ - è stato pubblicato da Apogeo on line – www.apogeonline.com – e qui presentato integralmente.

A cura di David Palada


IL LATO OSCURO DELLA NARRAZIONE
LE STORIE SALVERANNO IL MONDO?

di LIVIO MILANESIO

La rete è piena di storie. Autorevoli o bizzarre, inutili o fondamentali, vivono nei blog e qualche volta entrano in conflitto con l’informazione “ufficiale” che non sempre è trasparente. Riusciranno i blogger a salvarci?
«Voi siete quelli che chiamiamo la reality-based community, coloro che credono che le soluzioni emergano dalle ricerche, ma il mondo non funziona più così. Noi siamo un impero e creiamo la nostra realtà. E mentre voi la analizzate con i vostri metodi, noi creiamo nuove realtà». Così un anonimo staff member di Bush Junior raccontava la sua visione del mondo a un reporter della vecchia scuola. La storia riportata da Ron Suskind in un articolo del New York Times è rimbalzata nel recente saggio del sociologo francese Christian Salmon, Storytelling, pubblicato in Italia per i tipi di Fazi Editore. La tesi è che una delle più antiche e diffuse forme di creatività umana, l’arte di raccontare storie, sia usata in modo massiccio come potente arma politica e di marketing.
Lo storytelling di cui parla Christian Salmon riguarda l’utilizzo delle tecniche narrative a fini pratici: si trasforma la realtà in un’epica e i cittadini diventano protagonisti di una avventura le cui fila, però, sono nelle mani di qualcun’altro. E così Enron, George Bush, la guerra in Iraq e Nicholas Sarkozy si trasformano nei grandi temi narrativi del ventunesimo secolo, costruendo attorno a sé un’aura mitica nella quale ogni ragione sembra doversi sottomettere. Storie perfette dal fascino irresistibile se solo qualcuno non avesse il vizio di immaginare finali differenti. La felice e inconsistente favola di Enron, azienda proiettata verso un futuro perennemente radioso comincia a vacillare a causa di un punto interrogativo. È il 5 marzo del 2001 quando Fortune pubblica un articolo intitolato Is Enron Overpriced?.
Enron è “raccontata” come una superstar hollywoodiana con qualche lato oscuro di troppo. L’articolo è una vera a propria contronarrazione, che conduce a immaginare un finale diverso. Il dubbio si insinua. Ci si accorge che, affascinati dalle meravigliose avventure dell’azienda di Houston, neppure i più prestigiosi analisti avevano considerato problematico il fatto che intere divisioni di Enron fossero un totale mistero finanziario. Il sipario si strappa, l’azienda vacilla. Nel dicembre dello stesso anno Enron fallisce. Certo non è il singolo articolo di Fortune a fare crollare il castello di carte (o di carta) ma è l’inizio delle numerose domande e rivelazioni che da quel momento sfuggono dal controllo della leggenda Enron.
La rete è piena di domande e rivelazioni. Sono spesso coloro che stanno ai margini i più attivi: non inquadrati, non autorizzati, assenti dagli albi professionali, spesso maniacalmente specializzati, dribblano le narrazioni ufficiali per proporre storie diverse, rivelando con candore che il re è effettivamente è nudo. Sono contronarratori, non protestano in piazza ma scuciono e ricuciono nuove leggende utilizzando il blog come arma d’assalto. Essi sfuggono quasi sempre alla formula “lei non sa chi sono io” perché non hanno bisogno di un editore che certifichi la loro competenza per rendere pubbliche le proprie idee. Una particolarità che fin dagli albori del www è stata percepita come un problema: come faccio a essere certo che ciò che sto leggendo proviene da una fonte credibile ed autorevole? Come faccio a fidarmi di qualcuno il cui “esame di abilitazione” è stato quello di essersi iscritto a un servizio gratuito come Blogger o Wordpress?
Nume tutelare e superstar dei contronarratori italiani è Beppe Grillo. Marginalizzato dal ruolo istituzionale di comico televisivo si reinventa in teatro e sulla rete svelando e nello stesso tempo creando nuove leggende fatte di auto a idrogeno, camicie di canapa e di parole magiche (vaffa) che fanno tremare i potenti. Una storia che sostituisce un’altra storia. C’è da chiedersi a questo punto se dietro a tutta questa narrativa esista effettivamente una realtà.
In un ambiente partecipato quale è la rete non si possono considerare attivi soltanto gli autori ma anche (forse soprattutto) i lettori. La rete offre molto materiale ma è necessario sviluppare un senso critico per poterla utilizzare. Cercare, confrontare, criticare, partecipare sono i nuovi verbi che si aggiungono all’attività del lettore. Il bello è che non è per nulla una novità: come dimostra la tesi di Salmon l’informazione verticistica è spesso vittima di ingerenze e di obiettivi che poco hanno a che fare con l’informazione, quanto con la necessità di avallare certe decisioni (su dài, adesso basta, chi ha fregato le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein è ora che le tiri fuori se no Bush questa volta si arrabbia davvero). E quando non ci si mette di mezzo la malafede può capitare che la consistente massa di informazioni che dobbiamo gestire renda difficile la verifica, come accadde all’autorevolissimo Journal of Statistical Physics che pubblicò alcuni studi del professor Stronzo Bestiale dell’Institute for Advanced Studies di Palermo.
Il motto è sempre e comunque quello di Fox Mulder: Trust No One, non fidarti di nessuno, salvo poi dare la facoltà a chiunque di esprimersi e a noi di credergli.
Intanto Enron è fallita per davvero e i morti dell’Iraq non si rialzano quando si spengono le telecamere e neppure l’inventore dell’auto a idrogeno è stato rapito dalla Spectre, e, i cosiddetti potenti, incassato il vaffa hanno continuato tranquillamente per la loro strada, intessendo una nuova storia da raccontarci. E se i blogger continueranno a raccontare le loro personali realtà alternative, allora avremo ancora la possibilità di catturare un po’ di quella complessità che governa il nostro universo. Con un pizzico di autorevole distacco.

(LIVIO MILANESE)

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=3823&ID_sezione=38&sezione=News

http://www.ibs.it/code/9788833918389/mazzarella-arturo/grande-rete-della.html