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sabato 29 novembre 2014

HOLDERLIN, LA VOCAZIONE DEL POETA

La poesia di Holderlin non rientra nelle definizioni classiche, a causa della separazione insanabile tra il reale e l'ideale, che la colloca nell'atmosfera culturale del romanticismo. Al tempo stesso l'arte del poeta tedesco è contraddistinta dalla fedeltà al rigore e alla misura degli antichi. Anche la sua fortuna, a lungo incerta, dopo il giudizio prudente di Goethe, ha finalmente incontrato un crescente favore solo al termine della prima guerra mondiale. Nelle liriche di Holderlin la problematicità dell'idealismo trascende il piano del dibattito filosofico, per inserirsi in quello della poesia eterna, secondo il modello formale, che era stato proprio dell'Ellade, rivissuto, peraltro, rivissuto, peraltro, dalla sensibilità di un moderno che ha conosciuto l'ineliminabile tradizione cristiana. Il significato dell'opera di Holderlin, tra Saturno e Giove, tra natura e arte, si scopre tutto nei suoi scritti di estetica. "La poesia tragica è una metafora dell'intuizione dell'intellettuale". La lettura dei versi del vate svevo, nella loro perfetta coerenza stilistica, resta ancora oggi uno straordinario messaggio dell'essenziale identità dello Spirito nel fuoco creativo della poesia.
Casalino Pierluigi, 29.11.2014

venerdì 28 novembre 2014

Per una postfilosofia ammirevole e diversamente perfetta

Condizioni ammirevoli e avvilenti- La costituzione del perfezionismo Emersoniano STANLEY CAVELL (Armando editore, 2014, Roma), prefazione di Matteo Falomi
«Stanley Cavell è un pensatore che ha ampliato i confini della letteratura e della filosofia, rinnovandone lo spirito. Le "letture" che Cavell dà di Wittgenstein, Heidegger, Emerson ci aiutano a comprenderli in modo più profondo e ci consegnano una visione di ciò che la vita e la cultura possono significare. Se dovessi consigliare a un giovane che si interroga sul futuro della filosofia e della letteratura, l'opera di un pensatore contemporaneo, gli consiglierei di leggere Cavell. Condizioni ammirevoli e avvilenti è un modo magnifico per iniziare a conoscerlo» (Hilary Putnam).



Con rigorosi e amplificati creativi riferimenti ai vari Emerson, Heidegger, Wittengstein, sullo sfondo certo vettore trasversale tra scienza e filosofia, linguaggio e limiti della Parola stessa, certo iato tra parola concettuale e ordinaria, Calvell da un lato rilancia la filosofia stessa come Conoscenza anche pragmatica possibile; dall'altro, altro vettore neppure tacito ma esplicito, rielabora certa presunta incompatibilità tra Soggetto e crisi del soggetto, tra Parola piena e oggi diremmo linguaggio e dinamiche del Reale stesso (e) liquide, se non nichiliste e quasi malattia incurabile del tempo: verso, al contrario visioni se non programmatiche ma certamente "positive" e "captabili" delle cose del mondo e del suo divenire storiche.
Analisi nate da conferenze in prestigioso scenario filosofico, che esitano, colme di volontà di bellezza e conoscenza, culturalmente anche scorrette, nell'era del posmoderno spesso reificato e autocompiaciuto, tacitamente denunciato come palese razionalizzazione.
Al contrario, proprio il cosiddetto pensiero negativo dello stesso Heidegger, dell'ultimo Wittengastein dopo il Tractatus eccetera, sullo sfondo la stessa ombra di Niezsche e magari Freud (ma dalla Gaia Scienza e da- magari il "Neurologo" viennese), esitano riformattati da Calvell, appunto, in orizzonti e prospettive alternative e verso qualche nuova mappa del Sè anche filosofico scientifico possibile. Il perfezionismo cosiddetto di Emerson memoria stesso, sottratto a certa retorica percepita astratta e cosiddetta etica statica, visto come, semmai, energia solare dinamica per scoprire nuove stelle e sulla Terra, nella metafora.
Nonostante la Torre di Babele contemporanea della fu modernità, la Parola, come accennato liquida apparentemente (o almeno non fatalmente) in rotazione alla rovescia e implosiva.
Riassumendo, un gran bel libro, nella complessità e complesso, per scenari almeno atopici e propulsivi.

Non a caso,significativa l'incipit... nota di un certo Putnam, per le nuove generazioni, Calvell è potenzialmente – almeno – autore filosoficamente scorretto, ora virtuale nell'era 2.0… Roby Guerra




INFO
http://www.armando.it/condizioni-ammirevoli-e-avvilenti8700



Gabriele Bertacchini e gi Animali di Legno (Armando editore, Roma)

Animali di legno. Giocare, costruire, imparare con il compensato

GABRIELE BERTACCHINI (ARMANDO EDITORE, ROMA, 2014).


Gabriele Bertacchini è fondatore di AmBios, azienda specializzata in informazione, formazione ed educazione ambientale.


Gianni Bertacchini, imprenditore ambientale, rilancia programmaticamente negli scenari psicopedagogici contemporanei il ritorno creativo alla Natura e a certa Tradizione secolare per il piacere e la magia psicologica dei bambini, futuri umani adulti.
Il manuale fa riferimento preciso a oltre un decennio di prassi educativa ambientale, promossa dall'autore stesso in strutture didattico-terapeutiche e esperienze concrete.
E le pagine subito, oltre a catturare nello specifico dei diversi episodi e esplorazioni specifiche, automaticamente riattivano, noi crediamo, almeno a noi successo, persino ricordi d'infanzia, almeno consueti per i meno giovanissimi.. Ricordi della prima infanzia, all'asilo o nella stanza di casa, con giocattoli in legno, anche proprio animali o sagome, o mattoni pre i Lego stessi di plastica. E il profumo del legno  stesso! Quanti Pinocchio stessi, di tutte le dimensioni? Ne ricordiamo uno comprato persino a Collodi durante una gita scolastica a 7/8 anni.
E indubbiamente, senza necessariamente demonizzare magari i giochi elettrici e poi elettronici delle generazioni successive, questo tipo di materiale, legno, compensato - appunto - ecc.,  educa ad approcci alle cose e al mondo, con ritmi piu deliziosamente lenti, quasi un tempo senza orologio e incantato, le ore che volano giocando a giochi spesso inventati dai bambini stessi, pomeriggio dopo pomeriggio.
Tutt'oggi comunque, proprio con l'emersione di certa ecologia anche mentale, programmaticamente, il ritorno degli animali o di giocattoli (automobiline, locomotive ecc.) di legno è fatto acquisito nelle botteghe di giocattoli stessi.
Piu nello specifico psicoeducativo, forse, anziché smontare e poi rimontare i giochi elettronici (pur simulazione di sicura inventiva e curiosità della scoperta) giocattoli e animali di legno eccetera, favoriscono l'ingegno manuale (anzichè mentale dei bambini, pur anche inteconnessi): i bambini imparano il piacere del fare e di creare giochi, persino costruire nuovi animali e giocattoli.
Non ultimo, il legno e l'archetipo anche del falegname, coincidono eccome, evocano, nella prassi del bambino che gioca un, finalmente,  selfie Fai da Te, con (Bettelheim e Piaget e altri docet) precisi passaggi immaginari evolutivi e  dinamici nello sviluppo, per un Sè futuro, necessariamente Naturale e complementare alla pur essenziale dinamica strumentale artificiale. (E in fondo Tekne, da arte del fare).


Roby Guerra

info
http://www.armando.it/animali-di-legno8701


giovedì 27 novembre 2014

DIDEROT

Ho appena terminato di leggere, anzi di rileggere, "Le Neveu de Rameu", nella bella e nuova edizione curata da Michel Delon per Gallimard. Ed è sempre un piacere rivisitare questo testo dalla particolare suggestione, che Goethe, nella traduzione tedesca del 1805, definì "una bomba", "un capolavoro immoralmente morale". La prima volta che mi avvicinai a questa stupenda piccola opera di Denis Diderot avevo l'età di quindici anni e ne rimasi colpito. Lessi "Il Nipote di Rameau", nella traduzione italiana per i tipi storici della BUR in un letto d'ospedale, nell'attesa, dopo lunga malattia dovuta ad una tonsillite, dell'inevitabile asportazione chirurgica della causa della causa del fastidioso disturbo. Il protagonista del libro è il nipote del celebre musicista Jean.Philippe Rameau, che, nella primavera del 1761, si imbatte in un filosofo curioso degli eventi e delle manifestazioni della vita. "Le Neveu" attrae per la seducente disinvoltura della conversazione che Denis Diderot mette in scena, nella forma del dialogo, tra l'abitudine intellettuale "della panchina d'Argenson" e il nipote del musicista, che lo affronta in un impareggiabile confronto con la contraddizione scintillante del suo essere. "Diviso tra buon senso e sregolatezza, tra una singolare capacità d'immaginazione e un solido spirito dell'organizzazione, tra le altezze e le bassezze del suo carattere dal non comune vigore". "Le Neveu" sfida il filosofo, che è solito passeggiare nella zona di Palis-Royal, all'inseguimento dei suoi sogni con il suo spirito mobile e avventuroso, intento nell'osservazione della realtà. Il contatto con il nipote di Rameau avviene quando il saggio, abbandonandosi a tutto il su "libertinaggio", finisce per immergersi nell'atmosfera magica del Cafè de Regence. Nella circostanza si confonde con i giocatori di scacchi, che frequentano il locale. Con una carica dialettica non comune, il nipote di Rameau lo mette alle strette. Diderot si diverte a costruire il dialogo-scontro tra i due. Il filosofo è persuaso che un giudizio morale ed estetico ecceda le necessità immediate al contrario dell'interlocutore, il quale "vive alla giornata" in un paese in cui non si è obbligati a sapere ciò che si mostra. "Le Neveu" non pretende di avere coscienza, né unità, ma rivendica l'insensibilità morale: egli è pertanto un esteta, un musicista come suo zio. Il pensatore "d'Argenson" è sempre più affascinato da chi si presenta come un giullare "materialista" e dimostra tutto il suo talento per la pantomima. "Le Neveu" improvvisa  autentici numeri da gioco di prestigio, rientrando in tal modo nel disegno di Diderot, che fa scivolare il filosofo nei tentacoli da "bateleur" del nipote del noto musicista. "Le Neveu" fnisce a fare a pezzi le basi stesse della filosofia. Ed è interesse dello stesso Diderot che si consumi questa recita, dietro cui si avverte la sua personale regia: e l'Autore va alla ricerca del messaggio profondo del "Neveu", che con giravolte pirotecniche si confronta con il filosofo e "si scuote, si agita e fa uscire la verità....". "Le Neveu" è contagioso, mentre il filosofo capta la musica del mondo. Il testo conquista per la sua vivacità, per la sua rapidità e forza di reazione. In questo contesto "le Neveu" recupera a ciascuno una porzione della sua individualità naturale". Diderot si impegna nella sua vita contro gli"antifilosofi"nel pieno delle polemiche sull'Enciclopedia, che definisce l'uomo come "un composto", ed inizia a scrivere il manoscritto di questo dialogo verosimilmente intorno al 1761, completandone l'edizione finale nel 1782. La "bomba filosofica" di Diderot costituisce, inoltre, per le considerazioni che formula, una tappa rilevante nell'analisi della fenomenologia estetica da "L'Anonimo del Sublime" alle teorie di Baumgartner, alle moderne rappresentazioni della creatività e dell'immagine del bello. La riflessione su tale tema è oggi di straordinaria attualità.
Casalino Pierluigi, 27.11.2014

mercoledì 26 novembre 2014

L'avventura coloniale italiana in Libia nelle memorie di Maurice Bompard, diplomatico francese di alto rango.

Il 29 agosto 1902 Maurice Bompard era stato inviato a San Pietroburgo in qualità di ambasciatore della Francia alla corte dello zar di Russia. Durante la sua missione in quel Paese, Bompard era stato spettatore di eventi tragici e turbolenti. Con  l'acutezza della sua analisi previde, in quell'occasione, le conseguenze degli avvenimenti in corso che, com'è noto, portarono alla caduta dello zar, alla rivoluzione del 1917 e alla nascita della Russia dei Soviet. Bompard restò in Russia fino al 10 febbraio 1907, anche se lasciò definitivamente il suo incarico il 23 marzo 1908. Il 5 giugno 1909, Maurice Bompard fu nominato ambasciatore a Costantinopoli. Nella titolarità del suo nuovo ufficio, egli andò a confrontarsi con quella questione d'Oriente che è sempre stata ed è ancora oggi (come dimostrano gli eventi attuali in Siria e in Iraq) l'incubo delle diplomazie e della politica internazionale da epoche immemori. Bompard la definì, da parte sua, una sorta di "vaso di Pandora" che non è mai stato ermeticamente chiuso, rivelandosi un'autentica, ricorrente maledizione in grado di turbare i sonni dell'Europa, con la sua capacità di generare fuoco e sangue. La prova del nove di tale analisi si ebbe dopo la Conferenza di Sanremo che decise il destino degli ex territori Ottomani. Come aveva avuto modo di fare in Russia, Bompard, anche in Turchia, grazie alla sua intuizione e chiarezza di analisi. riuscì a calcolare la deriva degli avvenimenti successivi. Le condizioni nella quali si trovarono i Turchi al Congresso di Berlino e a quello di Parigi non furono, infatti, identiche. L'impero Ottomano, che alcun freno non arresterà più nel suo declino, si avvierà fatalmente alla sua fine. Fu in quella circostanza che Bompard assistette agli sviluppi diplomatici e militari del 1911-1912, ma anche quelli precedenti, che videro l'Italia porre piede sulla quella che il Fascismo definì più tardi la "quarta sponda". "Da lungo tempo l'Italia, scrive Bompard nelle sue memorie, è mossa dal desiderio di costituire un importante impero coloniale. Sono cinquant'anni che ha messo gli occhi sulla Tunisia e non giurerei che non abbia rinunciato al suo progetto di venirne padrona. Il malcontento provocato nella Penisola dalla creazione del Protettorato francese in Tunisia nel 1881 era stato visto come la causa scatenante dell'entrata di Roma nell'alleanza con la Germania e l'Austria-Ungheria. Dopo  la sua delusione per l'affare tunisino,  l'Italia si era rivolta verso l'Etiopia, anche la sua impresa si scontrò con una resistenza più dura del previsto, che, al momento (in cui scrive Bompard) non si ancora scoraggiata. In seguito l'interesse dell'Italia si è orientato sulla Tripolitania che rappresenta nel Mediterraneo meridionale la controparte  dell'Italia, come gli Stati barbareschi lo sono per la Francia. Il progetto (italiano) era audace  perché la Tripolitania faceva parte della Turchia e, per conseguenza, era coperto dal principio dell'integrità dell'impero Ottomano; arrecarvi una modifica avrebbe sollevato tutta la questione d'Oriente. L'Italia non arretrava nella sua politica, ma comprendeva presto che avrebbe dovuto portare avanti il suo piano con una miglior preparazione diplomatica e militare. A tale scopo, nel 1902, aveva chiesto ed ottenuto da Parigi, in cambio della sua non interferenza in Marocco, il via libera della Francia nell'operazione. La Russia prendeva un analogo impegno in considerazione della non adesione dell'Italia al piano di Isvolsky a proposito degli Stretti. L'alleanza con gli Imperi Centrali, Germania ed Austria Ungheria, infine, garantiva all'Italia un miglior esito dell'impresa in Nord Africa. Quanto nel 1911, il governo Ottomano, fece violenza alla popolazione cristiana in Macedonia di tutti i riti, razze ed obbedienze, creandosi grossi problemi in seno e fuori dei confini Ottomani,le autorità italiane giudicarono il momento favorevole per l'intervento militate in Tripolitania, preceduto da una dichiarazione di guerra alla Turchia il 29 settembre 1911. Il 5 ottobre l'Italia procedette all'annessione di Tripolitania e Cirenaica. La guerra di Libia provocò ripercussioni antiturche con movimenti diplomatici slavi, sotto, l'egida della Russia.". Fin qui il racconto di Maurice Bompard. Ma altre e ben più interessanti sono le memorie diplomatiche di questo lucido analista di cose internazionali della prima metà del XX secolo.
Casalino Pierluigi, 26.11.2014

Uno scrittore oltre ma un vero scrittore. Roma celebrazioni con Pierfranco Bruni




Non rivalità ma scontro duro con Pasolini Maraini, Moravia. La grandezza di Berto, scrittore della coerenza. Presentato a Roma il saggio di Bruni su Giuseppe Berto

La storia della letteratura si costruisce anche intorno a delle polemiche. Anzi intorno a scontri dialettici duri. Quello tra Pasolini e Berto fu una polemica irruente ma anche molto ironica. Lo ha ricordato Pierfranco Bruni presentando il suo libro a Roma davanti ad esperti e letterati.

"Pasolini è rimasto sempre ancorato ad una cultura proletaria trasformata banalmente in letteratura e non ha mai capito il senso antropologico del mondo popolare. Berto invece si è lasciato penetrare da una cultura popolare che ha coinvolto in modo particolare il concetto di mediterraneo".
Di Pasolini oggi, ha aggiunto Bruni, non resta nulla ed è completamente superato anche se si insiste a ricordarlo per mera partigianeria ideologica. Di Berto, nonostante l'ostracismo, resta lo scrittore".

Uno dei pochi scrittori che ha attraversato in modo sublime gli anni Cinquanta - Settanta, ha affermato Giovanni Antonucci, esperto di cinema e teatro ed è stato l'ultimo studioso e giornalista a intervistate Berto nella famosa polemica scontro con Moravia e Dacia Maraini. Un duro scontro che ha posto in evidenza il potere editoriale e la letteratura. Ma Berto è il vero scrittore, ha detto Antonucci, al contrario delle ideologie praticate in quegli anni e i suoi romanzi sono una testimonianza come si evince nel libro di Bruni.

Un libro che presenta grandi aperture, ha affermato Neria De Giovanni critico letterario presidente Associazione critici letterari, e colloca Berto tra gli scrittori volutamente dimenticati come il caso di Cassola o di Piero Chiara. Una delle originalità del lavoro di Bruni, ha dichiarato la De Giovanni, è il legame con la cultura non solo internazionale, ma soprattutto nell'aver creato delle comparazioni tra i luoghi e in particolare tra il Veneto e la Calabria.

Francesco Mercadante. Emerito "La Sapienza" ha insistito sulla importanza dei capitoli centrali del libro, quando Bruni ricorda il padre ed è come se riprendesse un dialogo interrotto dopo la lettura di "Guerra in camicia nera" ed ha insistito sullo scrittore che supera "Il male oscuro" per una forte  frammentismo e di rottura rispetto al linguaggio della tradizione.

Serata ricca di stimoli e di riflessioni che hanno permesso a Bruni di proporre una conclusione.
"Uno scrittore che è parte integrante di intrecci di generazioni. Approfondirlo è stato come scavare nei "rimossi" che costeggiano il nostro tempo e la nostra esistenza. Non smetto di considerarlo uno scrittore di mezzo e la sua 'Modesta proposta per prevenire' resta un nucleo fondamentale del e nel suo linguaggio". Berto.
Uno scrittore oltre Pasolini e lo stesso Moravia.

martedì 25 novembre 2014

L'Italia dei Feltrinelli e dei Marcelli

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Di Mary Blindflowers ©



Navigando sull'web mi imbatto per caso in alcune news, in cui si legge: "il 30 ottobre non autopubblicarti, prova con un editore vero". In alto il logo Feltrinelli. Una dicitura a dir poco inquietante: "In occasione della nascita di Zoom Filtri, la nuova collana digitale dedicata alla narrativa di genere (thriller, fantascienza, erotico, horror...), per la prima volta e solo per 24 ore Feltrinelli, che solitamente non accetta dattiloscritti non sollecitati, apre le porte agli aspiranti scrittori".
Tradotto, voi poveretti scrittori pressoché sconosciuti, senza uno straccio di agganci che vi consentano di salire in alto e pubblicare con i grandi numeri, voi, derelitti, poveri illusi senza arte né parte, né raccomandazione di un politico, cardinale, giornalista, animale o orinale, voi che non siete veline, calciatori, pseudopenne dagli improvvisati lucchetti, scribacchini di amori e fanfaluche alla Harmony, voi, inutili pecore al pascolo, intellettuali falliti, precipitatevi a godere e illudervi di un solo giorno di gloria. Durante questo storico giorno, esattamente il 30 ottobre, potrete, voi infelici e pusillanime, essere letti da un editor Feltrinelli senza che nessuno vi abbia precedentemente "segnalato" ossia "raccomandato". In pratica ti dicono, noi della Feltrinelli leggiamo solo la rosa dei raccomandati, gli altri, fossero pure novelli Ionesco, possono andare a farsi friggere. Così se volete diventare "veri scrittori"  come Moccia, e essere letti da veri editor raccomandati di partito, partecipate alla collana Zoom filtri. Non aggiungo altro. Chiedo ai lettori. Ma è una bufala? Uno scherzo della rete? Oppure siamo veramente arrivati al punto di non ritorno? Al punto in cui ti sbattono la triste realtà di un mondo marcio e corrotto in faccia e neppure si sforzano di nascondere che solo i raccomandati vengono letti e anche pubblicati?
Sempre navigando mi imbatto in un concorso letterario, uno dei tanti indetti nel delizioso stivale dei maiali. Premio letterario Marcelli. L'editore mi manda perfino un messaggio su fb per invitarmi a partecipare assieme ad altri 5000 e rotti, presumo. Chiedo subito: si paga?
Risponde di no, non si paga niente, soltanto ci sarà un Galà in cui verrà resa nota la classifica e se si vuole con la modica somma di 38.00 euro si potrà prolungare la serata con una cena, ma partecipare alla cena non è obbligatorio. L'editore poi gentilmente prega di mandare una mail per possibile pernottamento, in modo da ricevere particolari sconti di B&B e Hotel convenzionati, ovviamente già d'accordo con l'editore stesso. L'evento attirerà i poveri fessi, che pernotteranno, mangeranno, e tutti saranno felici e contenti. Una bella favoletta contemporanea.
Al vincitore verrà pubblicato il libro entro dicembre 2014. 
E udite udite a chi va il primo premio?
Il primo premio va a Lorena Marcelli. Ma che combinazione! Il premio letterario Marcelli va a Marcelli! Oh che curiosa coincidenza! Quant'è bizzarro curioso e strano! Forse l'editore l'aveva già incontrata da qualche parte! E anche a lei pare di averlo incontrato da qualche parte! Non l'avrà per caso intravista ad Ancona? Tuttavia non ricorda bene, non potrebbe dire se l'ha vista o no! E' veramente curioso... Sorge a questo punto un legittimo dubbio. Lorena Marcelli chi è? Figlia, nipote, moglie, parente, collaterale, affine? E cosa ha mai pubblicato in vita sua? Saggistica, teatro, narrativa, poesia, cartaceo, e-book? Mistero! Com'è curioso, com'è strano, com'è bizzarro!
E' un dubbio uroburico, il mito del serpente che si mangia la coda!
Strano davvero... Possono essersi incontrati nella stessa casa Marcelli e Marcelli! E tuttavia non si sa, non ricordano con esattezza... Com'è bizzarro e misterioso!

L'Italia dei Feltrinelli e dei Marcelli com'è curiosa, com'è strana. Che gran figlia di puttana...

http://controcomunebuonsenso.blogspot.co.uk/2014/10/litalia-dei-feltrinelli-e-dei-marcelli.html#.VHSVdWfPtkh

lunedì 24 novembre 2014

Riviste, letteratura e impegno degli scrittori e dei poeti nella politica sull'Interventismo nella Grande Guerra di Pierfranco Bruni

 

 
 

Riviste, letteratura e impegno degli scrittori e dei poeti nella politica sull'Interventismo nella Grande Guerra

 

di Pierfranco Bruni

 

 

Riviste, letteratura e Grande Guerra. Le riviste letterarie e il dibattito intorno  alla Prima Guerra Mondiale e oltre. Il tema assume rilevanze culturali interessanti. Tutta la cultura italiana prese una precisa posizione. Tra interventisti e neutralisti. La dialettica fu abbastanza forte e aperta. Ma si guardava sempre al futuro. Vide in primo piano protagonisti della politica e protagonisti della letteratura che andarono a morire nelle trincee.

Tra questi Renato Serra. Ma ancora oggi il dibattito prosegue. Io ho cercato di enucleare una sintesi e una apertura di discussione attraverso alcune considerazioni che toccano soltanto pochi elementi soltanto di ordine letterario.

 

Storia e letteratura. Dentro la vita. L'impegno politico, l'interventismo nella Prima guerra mondiale, 1914 – 1915 – 1918,  e gli scrittori italiani. Da Ungaretti a Marinetti, da Renato Serra, che morirà in guerra, a Malaparte sino a Papini. Un ruolo fondamentale venne disputato da Giuseppe Prezzolini. 

Da "La voce" a "Lacerba". Il novecento fu l'epoca della riviste che svilupparono uno straordinario dibattito. Un capitolo che presenta una molteplicità di visioni e di impostazioni sia di ordine giornalistico sia di ordine storico. Il Novecento è stato il secolo in cui le riviste hanno costituito un modello formativo oltre che una palestra di sicura dialettica. 

C'è da dire che la storia del Novecento è costellata, nella letteratura e nell'arte, da una miriade di organi di stampa che hanno segnato percorsi significativi, le cui tracce indelebili restano testimonianze della valenza di indirizzi, di scuole e di correnti che hanno fortemente caratterizzato il secolo.

Furono "La Voce" e "Lacerba" le riviste che più e meglio, come scrivemmo io e Pio Rasulo in un saggio dedicato alla rivista "Primato" del 2001 e poi 2004, esprimeranno le inquietudini e le speranze dei primi decenni del secolo. Tra l'una e l'altra si colloca "L'Anima", nata dalle difficoltà interne che inizialmente percorsero il cammino de "La Voce". "L'Anima" fu l'espressione diretta degl'interessi filosofici di Papini e di Amendola che la fondarono nel 1911, estintasi nel giugno di quello stesso anno, senza alcun preavviso o congedo. Ai due fondatori si erano uniti altri vociani: Boine, Marracchi, Vannicola. La rivista usciva in fasci­coli mensili di trentadue pagine ed era gestita direttamente da  Papini - Amendola. Non ebbe una propria redazione e l'indirizzo risultava quello dell'abitazione fiorentina di Papini.

L'interventismo e il dibattito sulla Prima Guerra Mondiale vide protagonista, dunque, "La Voce", la quale venne fondata a Firenze nel dicembre del 1908 da Giuseppe Prezzolini, che la diresse fino al novembre del 1914, eccetto un breve periodo (aprile-ottobre 1912) durante il quale la direzione fu tenuta da Giovanni Papini.

La periodicità, settimanale fino al 1914, divenne quin­dicinale. Antipositivista e vicina al pensiero di Croce e di Gentile, si mosse entro il solco dell'idealismo e di un certo spiritualismo di maniera. Affrontò con coerenza i problemi del Mezzogiorno, quelli del suffragio universale, i problemi della scuola e dell'educazione. Nondimeno registrò contrasti interni e scismi.

Nel 1911 Salvemini se ne allontanò, dando vita a "L'Unità" e altrettanto fece Amendola che, come si è accennato, insieme a Papini fondò "L'Anima". Ripreso il controllo, dopo il breve abbandono del 1912, Prezzolini ne accentuò l'indirizzo antidemocratico e interventista e diede più spazio alla letteratura.

Alla fine del 1914, violentemente attaccato sulle pagine di "Lacerba" da Papini e da Soffici, lasciò la direzione al De Robertis che la conservò fino all'ultimo numero uscito nel dicembre del 1916. Durante la direzione di De Robertis fu detta "La Voce bianca", dalla sua nuova copertina. In quest'ultima fase vi collaborarono Ungaretti, Cardarelli, Campana, Onofri, Baldini, Bacchelli, Cecchi e molti autori abbastanza noti.

"Lacerba", quindicinale fiorentino, edito da Vallecchi, iniziò le pubblica­zioni il 1° gennaio 1913 e stampò 69 numeri. Nacque in conseguenza della secessione di Papini e Soffici da "La Voce". Fu diretta da Papini che intanto era entrato in contatto col gruppo futurista.

Con l'avvento della prima guerra mondiale tutto fu riassorbito dall'impegno politico: "l'ansia della libertà artistica di "Lacerba" finì per risol­versi nella elaborazione dei temi della propaganda interventista" (Cfr. Pierfranco Bruni e Pio Rasulo in "Primato. La sfida delle idee", Csr, 2001, 2004, e poi in "Il coraggio delle parole. Scrittori in Primato" di Micol Bruni e Marilena Cavallo, Mibac – Iral, 2010; Pierfranco Bruni, "Giuseppe Caradonna e la Destra nazionale", Ciarrapico, 1997; "Temi e percorsi della poesia italiana del Novecento", Il Coscile, 1998).

 

Ma chi furono i protagonisti di questo dibattito? Voglio soltanto citare alcuni, oltre al già menzionato D'Annunzio e Marinetti che espressero le loro opinioni oltre le riviste citate. Mi riferisco, in modo particolare, a Papini, Prezzolini, Piero Jahier.

 

      Giovanni Papini, nato a Firenze il 1881  e morto sempre a Firenze il 1956).segnò un percorso preciso nella storia della letteratura. Un percorso in cui la testimonianza diventa un rapporto costante tra la vita e la letteratura e la stessa letteratura diventa il più delle volte una dichiarazione esistenziale.

      " La Tribuna fu la sua prima palestra e il suo primo cenacolo. Fu un laboratorio di idee e di incontri. Significativo fu certamente il suo incontro con Giuseppe Prezzolini. E significativi restano indubbiamente le esperienze e i contributi alle riviste come "Leonardo", "La Voce", "Lacerba", "Il Frontespizio". Nella Prima Guerra Mondiale occupò una posizione interventista. Al 1906 risale "Tragico quotidiano" e al 1907 "Il pilota cieco". Sono due volumi in cui vi campeggia una letteratura (ma soprattutto una poetica) metafisica. Infatti sono dei versi e propri "racconti metafisici".

      Ai 1911 appartengono i racconti racchiusi in L'altra metà e all'anno successivo i racconti "Pagine e sangue". Tra gli altri scritti non si può non ricordare "I testimoni della passione" del 1937, "Concerto fantastico" del 1954 e alcuni scritti pubblicati postumi come "La seconda nascita" del 1958 e i "Diari". Pubblicò testi di poesia e numerosi testi di saggistica come Il crepuscolo dei filosofi del 1906, "Il mio futurismo" del 1914, "Stroncature" del 1916, "Italia mia" del 1939, "Santi e poeti" del 1948, "Il diavolo" del 1953 e altri scritti usciti postumi.

      Uno dei testi che segna inevitabilmente la vita di Papini è certamente "Storia di Cristo" che porta la data del 1921. Un testo vissuto completamente sella sua diretta esperienza umana e religiosa. È uno scritto che pubblicizza sostanzialmente la sua conversione al cattolicesimo. Papini era un ateo intransigente. Con "Storia di Cristo" si racconta appunto il suo accostamento alla religione cattolica.

      L'opera più conosciuta resta indubbiamente "Un uomo finito" che risale al 1912. Si tratta di una autobiografia in cui il narratore fa una resa dei conti della propria vita. Così sottolinea: "Che cosa volevo imparare? Che cosa volevo fare? Non lo sapevo. Né programmi né guide: nessuna idea precisa. Di qua o di là, est od ovest, in profondità o in altezza. Soltanto sapere, sapere, saper tutto. (Ecco la parola del mio disastro tutto!). Fino d'allora sono stato di quelli per cui il poco o la metà non contano. O tutto o nulla! E ho voluto sempre il tutto - e che niente sfugga o resti fuori! Completezza totalità - più niente da desiderare, dopo! Cioè la fine, l'immobilità, la morte!".

      In Papini d'altronde la consapevolezza della crisi è la ritrovata memoria. In "Vita di Cristo" c'è questa ritrovata memoria che non è più attesa ma coinvolgimento di una sperata e definita consapevolezza.

      In una sua poesia Papini recita: "…Ma quando al finire del giorno/ ritrovo, stracco e freddo, la fossa della strada/ nella mezzombra lilla del ritorno,/ sono il povero triste a cui nessuno bada".

      Con questi versi eravamo al 1917, alla "Venti poesie" di "Opera prima". Il Papini successivo non è soltanto lo scrittore della "redenzione" è anche lo scrittore di quel gioco nostalgico che vive la malinconia del tempo su una dimensione che è anche, come ha sostenuto Borges, intrecciata da quei segni fantastici fatti di crepuscoli e di sogni.

 

Giuseppe Prezzolini, (Perugia 1882 - Lugano 1982), infatti, ha scritto una "Storia tascabile della letteratura italiana" in 70 cartelle. Identità nazionale e letteratura: un intreccio che non smette di affascinare e suscitare discussioni e che ha trovato in Prezzolini il custode di queste istanze. Istanze che trovano proprio nel valore della classicità un punto di sicuro riferimento.

Un altro autore che si inserisce nel quadro dello studio dei classici resta certamente il suo lavoro su Machiavelli e il suo saggio scritto nel 1926  con un titolo che recita già di per sé uno spaccato storico: "Vita di Nicolò Machiavelli Fiorentino". Con Machiavelli si entra nell'epoca moderna. Proprio in questo scritto si legge: "Savonarola era il Medio Evo, Machiavelli era il tempo moderno che nemmeno i suoi tempi potevano intendere. Machiavelli aspettava tutto da Dio, Machiavelli tutto dall'uomo".

      Direttore della rivista "La Voce" dal 1908 (dalla sua fondazione, 20 dicembre 1908) sino al novembre del 1914 (nel periodo compreso tra i mesi di aprile e ottobre la diresse insieme a Giovanni Papini, con il quale già nel 1903 aveva fondato "Il Leonardo"). Il 1914 è l'anno della guerra e Prezzolini è tra gli interventisti. Viene mandato al fronte come ufficiale. "La Voce" fu una rivista che ha suscitato un vivace dibattito in quegli anni. Una rivista che ha chiaramente formato e stimolato generazioni. Rimase in vita sino al 1916.     

      Impegno filosofico, letterario, ideologico. Dopo la guerra lavorò all'Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale. Visse a New York. Qui insegnò alla Columbia University dirigendo, tra l'altro, la Casa italiana con un assiduo impegno per la diffusione della cultura italiana negli Stati Uniti.  Nel 1936 pubblicò i primi due volumi del "Repertorio bibliografico della storia e della critica della letteratura italiana". I successivi volumi usciranno dieci anni dopo. Prima di fermarsi a Lugano soggiornò in Italia. Collaborò a quotidiani e a settimanali. Scrisse e pubblicò saggi sulla cultura italiana, su personaggi della storia e del pensiero politico (su Machiavelli), su esperienze di viaggi.     

I temi letterari sono stati sempre al centro delle sue ricerche e delle sue attenzioni dialettiche. Tra i suoi scritti e le sue pubblicazioni c'è, appunto, la "Storia tascabile della letteratura italiana" di Giuseppe Prezzolini che resta un riferimento storico di estrema sintesi con la quale tuttora bisognerebbe confrontarsi.  

 

Piero Jahier era nato a Genova nel 1884. Muore a Firenze nel 1966. fu uno dei maggiori esponenti della storica rivista "La Voce". Le sue prime esperienze poetiche appartengono agli anni Dieci del Novecento. Appunto tra il 1912 e il 1917 risalgono le pagine di "Con me e con gli alpini".

Ci sono scrittori che scompaiono dall'immaginario letterario ma che non si dimenticano. Non si dimenticano e ritornano proprio nel momento in cui le epoche rivivono alcune loro fratture e le civiltà hanno bisogno di memoria per incidere nel cuore del tempo.

      Scrive Piero Jahier: "Sono nato a Genova - dove mio padre era Pastore Evangelico – l'11 aprile 1884. A Genova ho avuto i miei primi ricordi d'infanzia, fino a 5 anni. Mio padre - Pier Enrico Jahier – in italiano Giaiero – discendeva da antichissima famiglia valdese, nota come 'la famille des Pasteurs et Capitanes Jahier', che ha dato alle guerre di religione sulle montagne valdesi pastoni e capitani, un eroe – il Capitano Barthèlemy (1655), creatore della guerra partigiana in montagna, e un apostata – il Capitano Bernardino Jahier, di Pramol (1958). Mio padre era assai fiero di queste origini, e io non avevo dieci anni che essendo egli pastore a Susa (che è la città descritta in 'Morte del Padre') mi fece fantasticare a piedi in un fantastico pellegrinaggio di due notti e due giorni – gerla in spalla – il Colle dell'Assietta, discendere in Val Chisone, e poi risalire a Pramol (- prato molle – un gruppetto di casupole montanare, culla della famiglia), dove il vecchio Régent del luogo – un Jahier – mi fece lezioni di tradizioni familiari davanti ad una scodella di trifola salà (patate salate) e polenta di grano saraceno" ("Cronaca personale" in "Poesie in versi e in prosa").

 

Uno scrittore e la tragedia della guerra. Questo è stato sempre il punto che vide protagonisti i letterati che parteciparono alla Grande Guerra. Una delle osservazioni più forti ma anche più belle resta quella di Renato Serra  nato a Cesena il 5 dicembre 1884  e morto in pieno conflitto sul Monte Podgora il  20 luglio 1915.  

Così affermò in "Esame di coscienza di un letterato": "Credo che abbia ragione De Robertis  quando reclama per sé e per tutti noi il diritto di fare della letteratura, malgrado la guerra. La guerra… Son otto mesi, poco più poco meno, ch'io mi domando sotto quale pretesto mi son potuta concedere questa licenza di metter da parte tutte le altre cose e di pensare solo a quella".

Una dichiarazione di fede per la letteratura. La letteratura ha un senso e una memoria che va oltre le parole e resta nei sentimenti dei popoli e delle genti.

 

La letteratura, dunque, è sempre oltre. Gli scrittori qui menzionati, sono soltanto pochissimi, non si sono fermati ad una discussione e ad una partecipazione legata al momento della guerra. Ma sono andati oltre. Si pensi a Prezzolini, a Papini e poi anche a Curzio Malaparte. La letteratura cerca di cucire le divisioni e le ferite e resta un cammino in una memoria indelebile.

Le Riviste ebbero un ruolo predominante nel dibattito che precedettero l'entro dell'Italia in guerra. Forse, per la prima volta, i poeti e gli scrittori ebbero una funzione predominate all'interno di una dialettica anche politica. Il tutto cominciò, comunque, con il Pascoli del 1911 a Barga con il suo discorso su "La Grande Proletaria si è mossa". Un poeta che preannuncia non soltanto l'interventismo ma preannuncia ciò che sarà il Fascismo.

 

 

 

  

 

domenica 23 novembre 2014

Figli delle Comete

LE SCIENZE Concluso il primo run di osservazioni scientifiche, è iniziata l'analisi dei dati raccolti dal lander sulla cometa 67P/Churymov–Gerasimenko. I risultati più importanti riguarderanno la presenza di materia organica, già suggerita dai dati preliminari, che potrebbe confermare la teoria secondo cui i mattoni elementari della vita arrivarono sul nostro pianeta a bordo di una cometa o un asteroide. (red)

Accensione dei thruster e qualche aggiustamento di rotta per ottimizzare l'orbita: sono queste le manovre che attendono nei prossimi giorni la sonda Rosetta dell'Agenzia spaziale europea (ESA), dopo il successo dell'atterraggio del lander Philae sulla cometa 67P/Churymov–Gerasimenko.

"Conclusa la missione del lander, Rosetta riprenderà le osservazioni scientifiche di routine, e passeremo alla fase di accompagnamento della 67P", ha spiegato Andrea Accomazzo, direttore delle operazioni di volo della missione. "Con il nuovo anno saremo insieme alla cometa nel suo moto verso il perielio, il punto di massima vicinanza al Sole, che sarà raggiunto il 13 agosto".

Mentre Rosetta prosegue la sua lunga corsa di affiancamento alla cometa, gli occhi sono puntati sui ricercatori che in tutta Europa stanno analizzando i dati sulla composizione superficiale e interna del corpo celeste raccolti da Philae nelle 64 ore successive all'atterraggio concesse dall'autonomia delle batterie elettriche. La speranza è che le informazioni siano sufficienti a rispondere a una domanda cruciale: sono state le comete a innescare lo sviluppo della vita sul nostro pianeta?

Siamo figli delle comete? Ce lo diranno i dati di Philae
Il lander poco dopo il distacco da Rosetta, avvenuto alle 10.03 italiane del 12 novembre (ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA)
Nella fase primordiale del sistema solare, la Terra era continuamente bombardata da asteroidi e comete; proprio questi eventi traumatici avrebbero portato sul nostro pianeta una grande quantità di acqua e molecole organiche, cioè a base di carbonio, che avrebbero costituito i mattoni elementari da cui poi si è sviluppata la vita. Philae, e più precisamente il suo strumento COSAC (Cometary Sampling and Composition), ha già trovato prove di questa ipotesi, rilevando tracce di molecole organiche non meglio specificate. Resta ora da stabilire se sono simili a quelle che si trovano sulla Terra.

Un punto importante è la caratteristica di queste molecole nota come chiralità: molte sostanze hanno infatti la stessa composizione chimica ma due possibili forme, chiamate stereoisomeri, che sono l'una l'immagine speculare dell'altra, come la mano sinistra e la mano destra.

Eppure la vita sulla Terra si basa esclusivamente su molecole sinistrorse, il che costituisce uno dei misteri della biochimica: se la stessa cosa fosse riscontrata anche sulla superficie della 67P, si tratterebbe di un punto a favore dell'ipotesi dell'origine cometaria delle unità elementari della vita terrestre. E si spiegherebbe così anche il mistero della"preferenza" per le molecole sinistrorse: le comete avrebbero "seminato" solo molecole organiche di quel tipo, perché quelle destrorse che si trovavano su di esse sarebbero andate distrutte in qualche processo dovuto al contatto con l'acqua presente nei nuclei cometari e all'esposizione alla radiazione solare.

Siamo figli delle comete? Ce lo diranno i dati di Philae
La prima foto di Philae dalla cometa, ripresa dalla telecamera a infrarossi CIVA del lander: il sito di atterraggio è molto in ombra, e questo spiegherebbe la mancata ricarica delle batterie (Credit: ESA/Rosetta/Philae/CIVA)
E la cometa ha condiviso effettivamente la sua origine con quella del sistema solare, come vogliono le ipotesi ora prevalenti? Anche su questo Philae potrà dire la sua, grazie allo strumento Ptolemy, che ha misurato la composizione isotopica del carbonio presente sul copro celeste, cioè dell'abbondanza relativa di carbonio-12, carbonio-13 e carbonio-14, che si distinguono per il diverso numero di protoni. Se la composizione isotopica del carbonio di 67P, del Sole e della Terra fosse più o meno la stessa, significherebbe che hanno la stessa origine. In caso contrario, vorrebbe dire chela  67P ha avuto origine al di fuori del nostro sistema planetario.

Nel primo caso, resta comunque da capire da quale parte del nostro sistema solare provenga la 67P. Le attuali conoscenze indicano due possibili zone di origine delle comete: la Fascia di Kuiper, una regione discoidale oltre l'orbita di Nettuno, in cui si trovano molti corpi composti di roccia e ghiaccio, e la gigantesca nube di Oort, situata ai confini del sistema solare. Il mistero potrà essere svelato dall'Alpha Particle X-Ray Spectrometer (APXS), uno strumento in grado di analizzare la composizione chimica delle polveri della 67P. I dati così ottenuti potranno essere confrontati con quelli, già disponibili, relativi ad altri oggetti celesti, come gli asteroidi: una composizione simile potrebbe indicare anche una vicinanza del luogo di origine.

In attesa dei risultati delle misurazioni più delicate, un primo riscontro è però già disponibile, e riguarda la compattezza della superficie della cometa. "È dura come il ghiaccio", ha commentato Tilman Spohn del DLR Institute of Planetary Research, responsabile dello strumento MUPUS (Multi-Purpose Sensors for Surface and Sub-Surface Science). "Il 'martello' di MUPUS ha cercato di penetrare la superficie, senza però riuscire ad andare in profondità, nonostante la sua spinta sia stata gradualmente aumentata".

Siamo figli delle comete? Ce lo diranno i dati di Philae
La superficie della cometa ripresa da ROLIS, l'imager del lander, appena prima dell'atterraggio, da una distanza di soli 40 metri (ESA/Rosetta/Philae/ROLIS/DLR )
Anche due altri esperimenti, condotti con il set di strumenti SESAME (Surface Electrical, Seismic and Acoustic Monitoring Experiment), hanno sondato le caratteristiche fisiche della superficie: SESAME-PP (Permittivity Probe), ha verificato le caratteristiche elettriche del suolo, mentre SESAME-CASSE (Cometary Acoustic Sounding Surface Experiment), lo stesso strumento che ha registrato il "suono" dell'avvenuto atterraggio, ha misurato la velocità di propagazione delle onde acustiche in superficie.

Per capire qualcosa dell'interno della 67P, bisognerà invece fare riferimento ai dati di CONSERT (COmet Nucleus Sounding Experiment by Radio wave Transmission). Questo esperimento è stato infatti progettato per inviare segnali radio verso il suolo, in modo da attraversare il corpo della cometa ed essere raccolti da Rosetta, quando nel suo viaggio orbitale si trovava in direzione diametralmente opposta. Le caratteristiche del segnale rilevato dipendono da come si è propagato attraverso la materia, e quindi potranno dare preziose informazioni sulla sua composizione.

Siamo figli delle comete? Ce lo diranno i dati di Philae
La 67P/Churyumov-Gerasimenko ripresa da Rosetta lo scorso 17 novembre, da una distanza di 42 km dal centro della cometa. La risoluzione originale è di 3.5 metri per pixel (ESA/Rosetta/NAVCAM, CC BY-SA IGO 3.)
Rimane ancora un interrogativo: Philae è riuscita a prendere campioni di suolo? Il sistema Drilling and Distribution (SD2) che avrebbe dovuto trivellarlo, ha spiegato Amalia Finzi, principal investigator delll'esperimento, si è dispiegato correttamente. Ma non è certo che sia riuscito a penetrare il suolo: Philae, com'è noto, non è riuscito ad ancorarsi, e può darsi che il tentativo di penetrazione in realtà abbia semplicemente sollevato il lander.

Quando risentiremo parlare di Philae? Non per qualche tempo: il lander è entrato nella modalità stand by perché la posizione dei pannelli fotovoltaici non ha permesso di ricaricare le batterie, e il livello dell'energia disponibile non è sufficiente a far funzionare il computer centrale. In una fase successiva del lungo viaggio in direzione del Sole, tuttavia, è previsto che possa riprendere a funzionare e a "dialogare" ancora con Rosetta, e quindi con noi.

MOSTRA EVENTO IL CENTENARIO DI ZANINI ARTE -con Enzo Nenci GLI ANNI CINQUANTA Vernissage domenica 30 Novembre ore 18.00 - ZANINI ARTE

 

























 
è lieta di invitarvi al prossimo vernissage:

MOSTRA EVENTO

IL CENTENARIO DI ZANINI ARTE
1914 - 2014

"Cento anni tra Arte e Passione"

e alla mostra collaterale

ENZO NENCI
GLI ANNI CINQUANTA


Domenica 30 NOVEMBRE alle ore 18.00

Inaugurazione a cura del Prof. Franco Negri


La mostra è patrocinata dal Comune di San Benedetto Po (MN)

Durata della Mostra:  30 Novembre 2014 -  25 Gennaio 2015




La Galleria ZANINI ARTE apre le sue porte, tra il 30 novembre 2014 e il  25 gennaio 2015, per narrarsi e narrare la storia dell'arte attraverso una passione di famiglia. Tre location espositive curate e allestite con più di 100 capolavori dal Cinquecento ai giorni nostri, per un'immersione nel mondo dell'Arte a trecentosessanta gradi.

La scelta di tutti i pezzi unici presenti in mostra è il frutto di anni di ricerca, collaborazioni e collezionismo che vengono svelati all'interno della propria galleria raccontando le radici da cui tutto è partito cento anni fa.

 

Il titolo di questa esposizione rimanda al 1914, anno in cui il capostipite della famiglia Antonio Zanini ha aperto il primo laboratorio di restauro a Portiolo di San Benedetto Po in provincia di Mantova. Una vera e propria "bottega de l'arte" dove ideava, realizzava e commercializzava mobili dell'epoca, in pieno stile Liberty e Decò. Antonio aveva una passione per l'arte talmente forte da spingerlo a percorre quotidianamente trenta chilometri in bicicletta per frequentare i corsi di disegno del professor Pescasio a Mantova.

La mostra inizia  proprio da qua, svelando i primissimi disegni creativi di Antonio datati 1914-1915 e gli strumenti da lui stesso appositamente realizzati per il suo laboratorio.


L'intento dell'esposizione di quest'anno è celebrare le origini di una passione che nasce da lontano e mostrare come l'arte, nelle sue più svariate forme: mobilio,pittura, scultura ... sia da sempre il simbolo privilegiato della bellezza. Un excursus di dipinti ed arredi nobiliari, dall'alta epoca al contemporaneo. Un dialogo tra arti ed epoche.


Alcuni dei Maestri del passato esposti sono Luca Giordano, Frans Porbus II, Pierre Narcisse Guerin, Charles Daubigny, De Pisis, Ugo Celada, Semeghini.. Per arrivare ad artisti contemporanei di fama internazionale come Lanfranco, Tobia Ravà, Alfonso Borghi, Giuseppe Menozzi, Marica Fasoli, Pietro Dente, Elvino Motti e moltissimi altri che, con le loro opere, si fanno portavoce della storia dell'arte. 


Il percorso espositivo,  prosegue inoltre con una mostra collaterale dedicata agli anni cinquanta dell'importante scultore mantovano Enzo Nenci (per molti anni residente e attivo nel primo novecento a Ferrara- ndArosso..). Un legame con il territorio e i suoi artisti.


L'inaugurazione a cura del prof. Franco Negri e della famiglia Zanini si terrà domenica 30 novembre 2014 alle ore 18.00 presso la sede dell'esposizione.

Ingresso libero

 



 


Via Virgilio 7, San Benedetto Po (Mantova)
Tutti i giorni: 10-12 / 15.30-19.00
zaninicontemporary@gmail.com / 360.952089 – 335.6716531

 
Facebook: Art Gallery Zanini Arte










Laik-Oh! - Secoli Di Stragi - il video estremo dell'alternative band mantovana, finalmente online - diretto da Giovanni Tutti


.....il video dei Laik-Oh!, formazione della provincia di Mantova dall'attitudine sperimentale, che si muove tra alternative rock ed elettronica, ed in questo clip, la sperimentazione prosegue anche nel versante visivo. Contiene immagini esplicite (anche se di chiara finzione), la visione è sconsigliata ai più sensibili.
 
Govind Khurana - New Model Label


Laik-Oh! - "Secoli Di Stragi"

Il nuovo singolo e video e da Lunedì 17 Novembre 2014
Il video:
https://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=-D4s4Yp9WDQ



 

Tra le disillusioni denunciate dai Laik-Oh! in "Dietro il Mondo" la più esplicita appare chiaramente quella rappresentata dalla religione. "Secoli di Stragi" si pone, infatti, come una sorta di inno anti-sacro in cui sono denunciati tutti i massacri che nella storia dell'uomo hanno trovato ed abusato di un movente teologico. Nel videoclip si vede l'angoscioso viaggio di una figura dai tratti cristologici verso l'attuazione di un rituale. Tra paganesimo e "guerre religiose", dunque, si genera questo richiamo alla materialità della carne e alle sofferenze della Natura. 

Il videoclip è opera di Giovanni Tutti, talentuoso video maker mantovano che dopo il notevole lavoro di "Someone's dub" dei Frank Sinutre, inanella un altro video per molti tratti innovativo e unico nel suo genere.

Laik-Oh!

 …Atmosfere sinistre, tendenti all'eretico…

Il progetto nasce nel territorio sermidese, in provincia di Mantova, agli inizi del 2012, per volontà di Michele "Panf" Mantovani (chitarra, sintetizzatori, loops e beats), Luca Peshow (basso e cori) e Mattia Bortesi (voce e sintetizzatori). I Laik-Oh! nascono come progetto sperimentale, nel quale i membri, dopo varie esperienze rock, si tuffano in un amalgama di elettronica con influenze dubstep e alternative. La ricerca di un proprio stile, e il continuo stimolo alla composizione hanno rappresentato i principali obiettivi della band fino ad oggi. All'inizio del 2014 la band ha intrapreso la registrazione del primo album: "Dietro il Mondo", che vedrà la propria uscita alla fine di Novembre.

Venerdì 17 Ottobre 2014 i Laik-Oh! hanno pubblicato per l'etichetta di Cuneo Edisonbox il singolo  "Asian Trip pt. 1" realizzato in collaborazione con il cantautore mantovano Michele Negrini, in arte "MUD".

Il nome del gruppo si presta a diverse interpretazioni: o come una semplice trascrizione dell'inglese "Like 'O" oppure, come "Laico", vocabolo italiano che non ha certo bisogno di spiegazioni. Nell'album "Dietro il Mondo" ci si ritrova continuamente immersi in sinistre atmosfere elettroniche, in testi che manifestano un incessante clima di lamentosa disillusione nel quale si scovano facilmente i temi del viaggio, della religione e dell'astrologia.  A breve è atteso anche il primo videoclip ufficiale della band sul brano "Secoli di Stragi", un lavoro tanto sperimentale quanto suggestivo realizzato del videomaker Giovanni Tutti.

Formazione: Mattia Bortesi (voce e sintetizzatori) /  Michele "Panf" Mantovani (chitarra, sintetizzatori, loops e beats) / Luca Peshow (basso e cori)

Link:

http://www.laik-oh.com/
https://www.facebook.com/LaikOh.band/
www.newmodellabel.com
--  New Model Label di Govind Khurana, Via Buonporto 11, 44121 - Ferrara - Italy   skype: govindkhurana Record Label, Music Publishing, Promotion: www.newmodellabel.com    

PACE PER SEI MESI. LA CONFERENZA DI MONACO

La conferenza di Monaco voleva segnare l'inizio di una nuova epoca nella vita europea. Il sistema di Versailles del 1919 era morto e sepolto. Nelle intenzioni dei protagonisti della Conferenza di Monaco doveva prendere il posto di un equilibrio superato, con una miglior prospettiva di stabilità nel Vecchio Continente. Avrebbe dunque avuto inizio un sistema nuovo, basato sull'eguaglianza e sulla fiducia reciproca fra le quattro grandi potenze europee. Chamberlain disse che si trattava della "pace del nostro tempo". Hitler, da parte sua, ebbe a dichiarare che "non ho più richieste territoriali in Europa". C'erano ancora grosse questioni sul tappeto e molte erano le situazioni internazionali insolute (la guerra civile spagnola non era ancora terminata e la Germania non aveva riavuto il suo impero coloniale, mentre più avanti erano da risolvere i problemi degli armamenti e quelli economici), ma la convinzione era quella di un primo passo verso la pace. Si era dimostrato che la Germania poteva conseguire con negoziati pacifici la posizione alla quale le davano diritto le sue risorse. Il grande ostacolo era stato felicemente superato: il sistema direto contro la Germania era stato infatti smantellato con l'accordo e senza la guerra. Eppure nello spazio di sei mesi si veniva costruendo contro Berlino un nuovo sistema e nello spazio di un anno Germania, Francia e Gran Bretagna erano in guerra. Fu dunque Monaco un inganno fin dall'inizio e la cosa più paradossale che tutti gli stessi protagonisti di quell'evento dichiararono di esserne convinti già da subito. Per la Germania era stato solo una tappa di avvicinamento, mentre per Francia e Inghilterra si era trattato solo di un espediente per prendere tempo e fronteggiare il riarmo tedesco. In realtà nessuno fu così lungimirante come affermò poi di essere stato. I francesi furono quelli che cedettero di più, preferendo alla grandeur una resa ignobile, mentre gli inglesi, in modo più complesso, anzi più pratici, preferendo cedere in attesa di rafforzarsi e riconoscendo alla Germania il diritto morale (principio di nazionalità) nei confronti dei tedeschi sudeti. Molti altri reiterati equivoci vennero successivamente alla luce e contribuirono a far precipitare la situazione verso la catastrofe.
Casalino Pierluigi, 23.11.2014