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lunedì 12 febbraio 2018

Gecofe : da Italo a Eatalo...per capire meglio: lunedì e mercoledì



Da: Gruppo Economia Cittadini di Ferrara



Prossimi appuntamenti
lunedì 12 febbraio ore 18,00 
mercoledì 13 febbraio ore 20,30 

Il Fatto della settimana
Buonasera,
è successo e succederà ancora. I capitali stranieri arrivano in Italia e comprano.
Italo è stato mangiato ("EATalo") da GIP un fondo americano. 
Osserviamo i fatti. Con moneta fiat creata dal nulla senza sforzo, spingendo un tasto del pc, è stato venduto Italo frutto del lavoro di migliaia di lavoratori. Così dopo le privatizzazioni si esportano i profitti e si lasciano in mano degli stranieri pezzi importanti del nostro sistema industriale. E' la globalizzazione e il libero mercato. 
Beh a me non piace!



Lunedì 12 alle 18,00
Riaprono gli incontri del lunedì e GECOFE raddoppia. Per tutti quelli che vogliono saperne di più riapriamo lo spazio del lunedì dalle 18.00 alle 20.00.
Gli incontri, rispetto al mercoledì, avranno meno competenze organizzative limitandosi ai temi classici del GECOFE, ovvero debito e moneta, con spunti particolari su euro e banche centrali. L'obiettivo  sarà supportare e affiancare il Gruppo attraverso l'organizzazione di eventi periodici, compresi spettacoli e sulla scia di quanto già fatto, sia con amici  sia con economisti di rilievo nazionale.
Proveremo anche nuovi format e, se ci riusciamo, vedremo come si fa ad essere informati correttamente in modo da poter informare (es.: cosa imparo da un articolo del sole24ore? Dove trovo i dati per verificare le informazioni?, ecc. ecc.).
Tutto questo, ovviamente, si fa con il tempo ma è importante cominciare.
Consci che sia il debito che la moneta attengono più alla politica che all'economia, quanto faremo sarà sufficientemente politico per affrontare in maniera coerente questi argomenti.
Claudio P.

Mercoledì 14 alle ore 20,30
dalle 20,30 alle 21,30 - organizzazione della prima attiìvità NoiSappiamo. Elaborazione del testo sul Debito Pubblico
dalle 21,30 alle 22,30 - Moneta complementare. Aumentare gli scambi e la conoscenza

L'articolo da non leggere
"Ogni tanto" escono e vengono pubblicati articoli che vorremmo non vedere. Uno di questi è apparso su Avvenire a firma di Leonardo Becchetti.
Professore ordinario di Economia politica presso l'Università di Roma Tor Vergata e promotore di commercio equo e Banca Etica.
Pertanto leggere questo articolo ci fa capire quanto lavoro ci sia da fare, perchè scritto da persone che dovrebbero essere portatori di idee di benessere per tutti e invece esprimono "a nostro avviso" una totale sottomissione  ai mercati.
A voi la lettura  



Buon fine settimana
Gruppo economia cittadini Ferrara
Claudio B.



sabato 16 dicembre 2017

DISINFORMAZIONE E FAKE NEWS OVVERO L'INGERENZA RUSSA

La Russia non da ora mira alla conquista dell'Europa. Oggi come ieri, con l'attuale regime come con i precedenti, Mosca porta avanti una politica di suadente e progressiva penetrazione nel Vecchio Continente, dividendo gli avversari e tentando di inserirsi nei gangli vitali del potere in Occidente, come ha già dimostrato di fare in occasione delle elezioni americane (solleticando ancora, a dire il vero la vanità di Trump). Con Putin, naturale capo della nuova Orchestra Rossa, il gioco si è fatto ancor più spregiudicato, in una salsa di neozarismo e di realismo politico improntato ai più determinati modelli di dispotismo orientale. L'Italia, come ha detto Rasmussen, ex segretario generale della Nato, è ora il banco di prova di questa partita. E la campagna elettorale 2018 già praticamente avviata sarà sicuramente, alla luce di tali premesse, un
 argomento di osservazione e di riflessione e non solo da parte degli addetti ai lavori e specialmente da parte di chi segue le questioni della sicurezza. E di sicurezza informativa ed informatica, sul cui aspetto si gioca un ruolo ben più delicato.
Casalino Pierluigi.

lunedì 27 novembre 2017

Psico Reato? Ecco la legge antidemcratica ed orwelliane del PD vera e propria Fake News della Fu sinistra!

di R. Guerra

"Il rischio è quello di incorrere in una sorta di censura: «Non è nostra intenzione: l'abbiamo copiata dalla legislazione tedesca che non è certo un Paese autoritario"!!!!

Nel mondo delle libere idee, contestare questa razionalizzazione Pieddina (mera poi strategia elettorale, simulacro di simulacro in non stile  Russian Affaire supposto Trump elezioni in Usa.. nel 2016...) molto discutibile affermando che forse l'attuale Germania e l'Unione Europea  sono per troppe dinamiche semi-totalitarie,  è considerato dal PD e dai futuri diversamente censori – leggi Legge Fake News imminente – sarà considerata una Fake News?

Ma che direbbe semplicemente George Orwell con questa nuova priorità del PD dopo lo IUS SOLI? 

Non bastava il decalogo di Boldriniano brevetto indirizzato a Media e Informazione e Giornalisti sul giusto (?) linguaggio non sessista e  preferibilmente genderista, esempi di degenerazione letteralista alla Melantone…  azzerando l'essenza simbolica in primis della Parola e del Linguaggio,  esorcizzando in un colpo solo Ermeneutica, Semiotica, Linguistica e Psicanalisi, in nome a quanto pare della diversamente superiore verità pseudo femminista?

Orwell parlava, semplicemente, in 1984 di Neolingua e Psico Reato: oggi nell'anno 2017 lo sappiamo; Lo Psico Reato è  Legge orwelliana ufficiale, non più una metafora dell'immaginario.
Sconcertante infine la sponsorizzazione già in atto della cosiddetta stampa libera più supposta autorevole italiana, La Stampa, Repubblica: avanti con lo psicoreato lex  come fosse una insignificante clausola minuscola assicurativa!



sabato 22 settembre 2012

Papini e Firenze futurista , rottamatori ante litteram * video

 

Papini, rottamatore ante litteram


         
All'inizio del Novecento erano amici, e giovani entrambi. Benedetto Croce poco più che trentenne e già avviato a egemonizzare il primo cinquantennio del secolo. Giovanni Papini di quindici anni più giovane, e già astro nel firmamento delle riviste fiorentine: che tentarono di cambiare l'Italia prima della grande guerra 1914-18. Poi, dopo quasi un decennio di buon rapporto, fondato su un iniziale equivoco dei rottamatori d'Arno sul repulisti che Croce veniva facendo del nostro provincialismo culturale, fu sciolto dal filosofo, che forse alla nascita di quell'equivoco aveva collaborato, con la sua critica della democrazia.
Atto ufficiale della separazione – scrive Giuseppe Galasso, recensendo sul Corriere della Sera il Carteggio 1902-1914. pubblicato dalle Edizioni di storia e letteratura a cura di Maria Panetta e commentato da Gennaro Sasso – fu la lettera che Croce, ormai oltre i 40, scrisse al più giovane amico il 30 dicembre 1911: «Caro Papini, io vi conosco da molti anni e vi ho sempre voluto bene». «Ma mi duole che non vi risolviate a smettere certe abitudini di letteratura à surprise, che non giovano alla serietà della cultura e del pensiero italiano. Abbastanza si è scherzato e giovineggiato. Ora bisogna che ciascuno faccia quel tanto di bene che le proprie reali attitudini gli consentono». Quelle attitudini erano radicalmente diverse. Il programma comune, diciamo così, era "svecchiare". Ma si può svecchiare con un'energica cura del malato o ammazzandolo. La strada dell'idealismo porta a fare piazza pulita delle mediocrità positivistiche, nazionalistiche, dannunziane, retoriche, estetizzanti.
L'altra strada, quella fiorentina, poi futurista, vuol distruggere perfino la lingua e l'arte italiana (Marinetti) e finisce con l'auspicare il «caldo bagno di sangue» (Papini): nuovo astro, meno luminoso di Prezzolini, sulla via affollata del "Distruttore" (il Nietzsche, nella banalizzazione del Superuomo fatta da D'Annunzio). Croce vedeva, alla fine del primo decennio del nuovo secolo, che dopo il regicidio di Monza l'Italia aveva compiuto e stava compiendo una svolta, quella di Giolitti, che rovesciava la conservazione gretta e reazionaria dei "governi delle sciabole", e «puntava verso un ordinato progresso: nel quale un ruolo importante spetta alle organizzazioni operaie e ambisce di realizzare il loro inserimento nello stato liberale, conciliando le classi con un blocco politico tra socialisti non massimalisti e liberali non conservatori ». Sto citando a memoria da una pagina di Salvatore Guglielmino, l'ottimo divulgatore siciliano, che pochi giorni prima di morire di cancro, Milano dicembre 1994, venne alla Voce, in via Dante, e mi regalò l'ultima copia con dedica della sua Guida al Novecento: opera di mille pagine, sulla quale avevano e ancora avrebbero studiato per vent'anni i liceali di tutta Italia, compresi i miei figli. Si ricorda, in quell'opera, che non solo ai futuristi ma anche ai fiorentini come i vociani, i nazionalisti del Regno, il Leonardo di Papini, i dannunziani di Hermes, i trono-altare di Borgese, Il Regno di Corradini (poi fondatore dell'Idea Nazionale), l'Italia che cambiava giolittianamente non piaceva. Era un cambiamento democratico: mentre da Prezzolini a Papini la democrazia era vista come la peste del nuovo secolo. Per questo Papini s'era legato a Croce, confondendo gli iniziali sentimenti antidemocratici del filosofo col suo/ loro imperialismo, nazionalismo, estetismo super-umano, futurismo.
La delusione si trasformò, non certo in Prezzolini, ma in Papini, in stizzosa ostilità per Croce, dopo che il filosofo ebbe messo in chiaro le cose. Proprio in questi giorni, grazie a un dono del collega Mario Lavia di molte opere papiniane, conservate nella biblioteca dei suoi genitori fino alla recente scomparsa della mamma, ho potuto leggere o, a volte, rileggere pagine dell'alluvionale rottamatore, che m'erano sfuggite in età giovanile o successiva: quando quella rottamazione stimolava una certa curiosità in noi giovani onnivori, nonostante i nostri amori giolittiani e crociani.... C
 
EUROPA QUOTIDIANO

venerdì 27 aprile 2012

Totalità.it Rivista on line di cultura e politica aggiornamenti




 
 
Articoli più recenti
http://www.totalita.it/index.asp
I partiti per tornare credibili devono recuperare le loro radici culturali e la loro identità
Se sono le regole a formare i governi e non le idee e i valori non usciremo mai dalla crisi della politica

di Giovanni F.  Accolla
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=999&categoria=6&sezione=1
 
Magistratura e magistrati corrotti
Il vero pericolo non deriva solo da fuori i tribunali, ma da un decadimento morale del giudice

di Massimo Melani
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=999&categoria=6&sezione=
 
SPERANZE E PERPLESSITÀ
Contro il Parkinson cellule di maiale nel cervello umano
Secondo una ricerca condotta in Nuova Zelanda la sperimentazione sulle scimmie ha dato miglioramenti superiori al 50%
di Massimo Melani
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=998&categoria=5&sezione=30&rubrica=
 
AL CINEMA CON MICHELE
«To Rome with love», Woody Allen incantato dalla Capitale ma senza illusioni
Nesuna facile denuncia del degrado, ma un'amara rappresentazione del declino culturale e antropologico
di Michele  Cucuzza
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=984&categoria=1&sezione=9&rubrica=9
 
BIONICA
ESCLUSIVA. Un impianto nel cervello e gli arti tornano a muoversi
Eccezionale ricerca per sconfiggere la paralisi dovuta alla lesione del midollo spinale
di Massimo Melani
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=990&categoria=5&sezione=30&rubrica=
 
GITA SCOLASTICA
Austria, il mito asburgico e il mistero della cripta dei Cappuccini
Reportage attraverso la Mitteleuropa di un professore con i suoi studenti
di Domenico Del Nero
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=988&categoria=1&sezione=0&rubrica=
 
GITA SCOLASTICA
La memoria dell’Imperatore e gli Scoiattoli di Schonbrunn
Nel castello di Francesco Giuseppe cercando di spiegare agli studenti il senso della storia
di Domenico Del Nero
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=995&categoria=1&sezione=0&rubrica=
 
GITA SCOLASTICA
Praga: ricordi una città ferita
Nella città magica muto nella piazza c’è Jan … sorride, sereno, è vivo è con me!
di Domenico Del Nero
http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=1002&categoria=1&sezione=0
 
 

sabato 25 febbraio 2012

Ormai solo un Dio ci può salvare Milano 1 marzo '12 Heidegger e la Tecnica intervista a Andrea Scarabelli




D. Heidegger e le Macchine, attualità transtemporale del Maestro europeo?
R. Leggere Heidegger oggi, assieme a numerosi critici della tecnica come Jünger, Spengler, Schmitt, Sombart, è particolarmente funzionale. Certo, è pur vero che, sebbene sia possibile raccordare gli anni della crisi che viviamo con quelli che fecero da retroscena alle loro analisi, il nostro presente dispone di uno scarto incolmabile. Ragion per cui, è nell'ottica di nuove letture, di nuove integrazioni che occorre ri-percorrere i sentieri di ieri. La cultura delle nuove sintesi può dirsi, a tale proposito, estremamente fruttuosa nell'indicare nuovi tracciati, che si facciano carico delle domande che il nostro tempo ci pone eludendo, al contempo, l'insufficienza delle risposte sino ad ora fornite.
D'altra parte, è bene ricordare che, come scrisse Goethe, la società che ospita il nostro incedere presenta una duplice sfaccettatura, tecnica e simbolica. Da qui, la necessità di elaborare un antidoto alla crisi che tenga conto di entrambe le necessità, che non si rifugi cioè in un astrattismo incapacitante né in un culto schizoide dell'azione. Occorre, potremmo dire, inquadrare una terza via, che sappia ricondurre ad un comun denominatore questa duplice anima, che Spengler chiamò il volto bifronte della civiltà faustiana.

D Una Modernità altra, oltre il liberalismo e il socialismo?






R. La somiglianza che concerne le strutture menzionate è ormai sotto gli occhi di tutti. Lungi dall'essere differenti, detti movimenti traducono in termini differenti le stesse parole d'ordine, che oggi hanno dichiarato bancarotta. Il che risponde, naturalmente, ad un processo molto più ampio che sta mutando profondamente il nostro modo di vivere il presente.
L'accelerazione del nostro tempo sta bruciando tutti i residui storici di ieri per traghettarci presso nuove conformazioni destinali, che richiedono ancora un tipo d'uomo che sia in grado di amministrarne le sorti. Ora come ora, è difficile incontrare questa forma umana, ma non è escluso che essa possa sorgere improvvisamente, necessitata dagli stessi anni a venire, nei quali quella crisi oggi manifestatasi in maniera aurorale si dispiegherà con una violenza inimmaginabile.
I tipi umani aprono e chiudono le epoche storiche – solo da un uomo nuovo potremo attenderci nuovi assetti. La scommessa sta tutta qui: in che misura è possibile udirne la voce? Questo il tratto che determinerà l'uscita dalla presente crisi. Nel frattempo, un esercizio utile può dirsi lo scagliare, come diceva Nietzsche, le parole innanzi a noi. A patto che, come concludeva il filosofo tedesco, sia poi l'azione a fare da complemento.

D. La rivista Antarès, cronache culturalmente scorrette?
R. Molto scorrette, almeno da un punto di vista istituzionale. Essa può dimostrarsi a tutti gli effetti una esemplificazione della cosiddetta “eterogenesi dei fini”. Nato in un contesto universitario che ha messo interamente al bando tutta una serie di riflessioni, giudicate poco conformi rispetto alle linee di pensiero dominanti, il progetto Antarès intende ricondurre all'interno di questa ultima – senza esaurire il proprio raggio d'azione in questo, ovviamente – quelle stesse testimonianze.
Da qui tutta una serie di iniziative legate alla detta iniziativa come Tradizione e storia delle idee (che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Gianfranco de Turris, Franco Cardini, Brunello de Cusatis, Davide Bigalli e Claudio Bonvecchio), in ricordo di Gian Franco Lami, una delle anime più importanti della Nuova Oggettività, Diorama su Ezra Pound (al quale hanno partecipato Luca Gallesi, Giorgio Galli, Giulio Giorello e Cesare Cavalleri) e appunto questo evento dedicato al “secondo Heidegger”, mal tollerato da una facoltà filosofia più o meno interamente votatasi ad una vergognosa analitica d'oltreoceano.
La piega che ha preso la facoltà di filosofia – alla quale, come buona parte degli articolisti di Antarès – dell'Università Statale di Milano è in ciò assai sintomatica. Dimenticandosi di una importante tradizione teoretica continentale (che essi definiscono con l'epiteto anglosassone di “bad poetry”), tende ad abbracciare le neuroscienze e la filosofia analitica. Segnale di Europei che si dimenticano di essere tali...
Basti pensare che anni fa un docente di filosofia ebbe a dichiarare di “non avere mai letto Platone” e più di recente una professoressa ha affermato, davanti ad una platea giubilante di studenti, che la filosofia di Heidegger è da considerarsi pessima in quanto non obbediente a criteri di tipo logico. Questi sono segnali piuttosto eloquenti per saggiare la stoffa di questi intellettualini dell'ultima ora.
D. Nuova Oggettività, nuova estetica europea?
R. Se riaccordiamo il temine di “estetica” al suo etimo greco, allora la risposta non può che essere affermativa. È di rinnovate categorie esperienziali che oggi abbiamo bisogno. E credo l'impianto della Nuova Oggettività possa fornire questi nuovi parametri esperienziali.
Per poi non parlare della necessità di costituire una Nuova Arte a partire dalle strutture del nostro presente, senza ricorrere alle forme morte di un passato che si è reso muto agli occhi dei moderni. Astrarre un'armonia delle sfere dai meccanismi tecnici, dalle nuove forme che puntellano il nostro esserci storico-destinale odierno. In questo senso, ritengo la lezione futurista possa fornire un avamposto dal quale prendere le mosse. Il futurismo ha impostato delle domande a cui nessuno ha (più) saputo rispondere. È evidente che, in tempi come i nostri, un silenzio del genere è più eloquente di mille proclami. Esso preannuncia l'avvicinamento a talune delle regioni in cui si decide della vittoria o della capitolazione dell'uomo innanzi al proprio futuro.

sabato 13 agosto 2011

Il Muro cinquant'anni dopo *from Francesco Sacconi

IL MURO CINQUANT'ANNI DOPO


All'alba di cinquant'anni fa, la popolazione berlinese si risvegliò con la spiacevole sorpresa che solo un topo in trappola può provare:durante la notte, i soldati dell'esercito della DDR avevano eretto il filo spinato lungo il confine tra le due Berlino, Est e Ovest, prima fase della costruzione di quel muro che avrebbe tenuto i berlinesi separati per quasi un trentennio.
Su quell'episodio è stato scritto di tutto, da Il cielo diviso a Non si può dividere il cielo, dalle testimonianze di quanti hanno visto amici e familiari uccisi dai Vopos a quanti oggi sono nel pieno di quella sindrome di Stoccolma chiamata Östalgie, passando per le produzioni cinematografiche di Goodbye Lenin a quelle di tutt'altra natura in Le vite degli altri.

Di sicuro c'è stato lo shock di un'intera nazione che, improvvisamente, s'è vista togliere anche l'ultimo, umano e naturale, diritto che le era rimasto, quello di far crescere il più serenamente possibile una famiglia nonostante tutto e tutti.
Si trattava di una generazione di donne e uomini straziati, piegati, umiliati e, per l'ennesima volta, incolpati della tragedia della seconda guerra mondiale, molti dei quali avevano perso genitori, amici, parenti e, magari, sotto gli occhi oppure vanamente in attesa di un loro ritorno dal fronte, che non ci sarebbe mai stato.
Tra tutte le produzioni artistiche sul tema, quella che più di ogni altra ha inciso nell'inconscio di chi scrive, ma non solo suo, è la grandiosa opera cine – musicale dei Pink Floyd, in collaborazione con il regista Alan Parker ed il disegnatore Gerald Scarfe, The wall, capace di sintetizzare come poche altre manifestazioni, contemporanee o postume, tutto il coacervo di situazioni, emozioni, stati d'animo e costumi di un'intera epoca, quella che va, appunto, dagli ultimi anni di guerra (il padre di Roger Waters, bassista e cantante del gruppo, morì proprio durante la battaglia di Anzio, episodio al quale è legata la struggente ed epica When the tigers broke free) alla costruzione selvaggia delle attuali città e metropoli contemporanee, grige e solipsistiche nel loro anonimato.

Uno dei temi dell'opera, forse il più celebre e celebrato ( giustamente sotto molti punti di vista ), è quello della pedagogia nera e della scuola che ne è derivata.
Dimentichi della migliore tradizione educativa europea, dalla paideia greca allo spirito di ricerca illuminista, passando per la cultura dello scambio tra allievi e docenti nelle facoltà teologiche medievali, gli adulti della seconda metà dell'Ottocento, genitori, insegnanti, istruttori di ogni rango e disciplina, fecero del rigore e della repressione la base del loro operato.
Analogamente alla crescita della logica di guerra, che dall'imperialismo avrebbe portato a ben due guerre mondiali e ai sistemi totalitari, per un secolo circa si affermò l'idea che il bambino fosse una sorta di tabula rasa su cui scrivere precetti indiscutibili e funzionali alla continua riaffermazione dei valori e dei modelli dominanti, senza il minimo ostacolo o la più timida critica alla loro imposizione dall'alto.
Conseguentemente a questa mission, il formatore non si curava di essere più autorevole che autoritario e, per molto tempo, furono previste e adoperate le stesse metodologie punitive corporali, di cui sono pieni i romanzi di autori simbolo come Charles Dickens.
Se dal punto di vista della crescente militarizzazione della società questa tendenza non poteva che portare al fanatismo e alla subordinazione costante, deleterio è il risvolto psicologico cui tutta quella generazione dovette far fronte, spesso senza poterci riuscire.
Ovviamente – e qui l'opera considerata è fondamentale per capirne i collegamenti – c'è un fil rouge che lega il sistema educativo della repressione alla chiusura mentale e all'irrigidimento ideologico, dovuto alla continua frustrazione della creatività che è insita in ogni giovane.
De Montaigne, già in pieno Rinascimento, scriveva: “I ragazzi non sono bottiglie da riempire ma fuochi da accendere” e in tempi più attuali Rita Levi Montalcini, con il suo spirito acutamente ironico, ha ricordato che “i bambini sono sempre più intelligenti dei pediatri dai quali li portate”, consapevole che con l'avanzare dell'età si va inevitabilmente incontro al graduale processo degenerativo neurale.
A rimettere quell'impostazione così rigida in discussione, si sa, fu il movimento di contestazione studentesca del Sessantotto, guarda caso fermato non tanto dalla repressione poliziesca quanto dalla luciferina somministrazione di quell'arma di distruzione di massa cerebrale chiamata “droga” ( si veda la puntata di Blu notte misteri italiani su OSS, Gladio e CIA ).
Oggi sono molti i detrattori di quell'evento epocale, non sempre del tutto a torto, ma al di là delle ingenuità e dei limiti insiti in ogni iniziativa umana, quell'esperimento sociale ebbe il merito di coltivare un sogno, traducibile nella famosa formula: “Portare la fantasia al potere”.
Un sogno così forte che ancora oggi non è del tutto sopito e, anzi, annovera tra i suoi sostenitori ed interpreti anche tutti quegli operatori dell'educazione che cercano d'incoraggiarli e valorizzarli, i nostri ragazzi, che sono pronti ad ascoltarli e ad imparare da loro perchè, come emerge da un intellettuale dimenticato come Gentile, quello dell'educazione è uno spazio sacro, dove l'insegnamento è più importante dello stesso insegnante, qualcosa di talmente grande da inglobare nella sua attualizzazione tanto discente quanto docente, entrambi piacevolmente sopraffatti dalla forza dello Spirito di ciò che viene insegnato.
I Cinquant'anni dal Muro ci servano, allora, a porci la domanda fondamentale sul nostro futuro, collettivo e individuale: “Siamo più dalla parte di chi erige muri o cerchiamo di stare con coloro che in qualche angolo di mondo stanno costruendo ponti?”.
Mezzo secolo è passato da quel 13 agosto, vent'anni dalla sua caduta ma, Da Cipro Nord alla Corea, passando per Tihuaca e Tel Aviv, i muri sono addirittura aumentati e non sono più soltanto di terra.
Tuttavia, il terzo millennio s'è aperto con una grande invenzione, la Rete, ed una decisiva scoperta scientifica, quella dei neuroni specchio, la cui portata dev'essere ancora ben compresa e assimilata: c'è ancora speranza nel pianeta Terra!









venerdì 5 agosto 2011

Una Quadriga interrompe la scalata di Putin a Berlino

Germania e Russia. Due Paesi molto diversi, i cui destini si sono molto spesso incrociati nella storia recente. In passato avevano condiviso l'orrore degli stermini di massa, come ricordato recentemente da un libro uscito in Germania, Bloodlands, in cui vengono descritti gli "Stati del sangue"governati da Hitler e Stalin, ma negli ultimi due decenni Germania e Russia hanno svolto un ruolo di prim'ordine nello scacchiere internazionale. Il rapporto tra le due nazioni è, ancora oggi, difficile e controverso nonostante i numerosi passi avanti fatti grazie al cosiddetto "Petersburger Dialog", un progetto di cooperazione arrivato, ormai, all'undicesima edizione.
Da una parte Germania e Russia hanno grandi interessi economici convergenti, ma dall'altra è evidente un certo malessere riguardo la situazione, non sempre cristallina, dei diritti umani in Russia. Nell'occhio del ciclone c'è sempre lui: Vladimir Putin. Che si parli di energia, di diritti politici o di esportazione, il fattore-Russia, in Germania, non lascia mai indifferenti, anche perché nell'ultimo decennio Mosca è tornata ad avere una centralità politica ed economica non indifferente. L'asse geopolitico internazionale si è, infatti, spostato verso Est, ed anche, ovviamente, verso Mosca. A determinare questo cambiamento nell'assetto politico-economico internazionale hanno contribuito diversi fattori che è impossibile riassumere qui ma che si possono sintetizzare nella politica energetica di Vladimir Putin. Leggi l'intero articolo qui
di Ubaldo Villani-Lubelli, pubblicato su Liberal, 05 agosto 2011

giovedì 30 giugno 2011

L'incontro fra Wen Jabao e Angela Merkel: La Cina in Germania l'ha fatta da padrone

Turbocapitalismo made in China. E’ così che laSüddeutsche Zeitung, riprendendo in parte il titolo del fortunato libro di Edward Luttwak, ha definito, ironicamente, gli accordi economici che la Cancelliera Angela Merkel ha stretto con il Primo Ministro cinese Wen Jiabao durante il vertice di Berlino dei giorni scorsi. Si è trattato di una vera “invasione cinese”, come ha titolato la spregiudicata Bild Zeitung. In effetti il Premier cinese è arrivato a Berlino con ben tredici ministri al seguito: la più grossa ed importante visita a Berlino della storia dei rapporti tra Germania e Cina. Un forum economico finalizzato a rafforzare ancora di più i già solidi rapporti economici (e di potere) tra i due più principali esportatori mondiali. La Cina è al primo posto, la Germania al secondo. leggi l'articolo intero

lunedì 27 giugno 2011

North e South Stream: l'Italia, la Germania ed il fattore-Russia

Italia e Germania sono due paesi molto diversi dal punto di vista storico, economico e politico, ma sono oggi accomunati dal fattore-Russia. Negli ultimi mesi, poi, si sono trovate nuovamente unite sulla politica energetica. A dire il vero più per caso che per condivisione di una comune politica energetica. Da una parta il Governo di Angela Merkel ha deciso di abbandonare volontariamente il nucleare entro il 2022, dall’altra il Governo di Silvio Berlusconi, in seguito al recente referendum, è stato costretto a fare marcia indietro sul progetto di costruzione di nuove centrali nucleari. Entrambi i governi, che appena qualche mese fa avevano scommesso con forza sull’energia nucleare, si trovano oggi “costretti” a cambiare drasticamente la propria politica energetica. Ed è proprio qui che rientra in gioco, nuovamente e prepotentemente, il fattore-Russia.
leggi l'intero articolo qui

giovedì 23 giugno 2011

La Germania riunisce i ministeri a Berlino

Modello-Germania, ovvero la formula magica buona in ogni contesto. Che si parli di riforma delle pensioni, di sistema elettorale, di crescita economica o di struttura dello stato, l’importante è richiamarsi alla Germania che è sempre e comunque un modello da seguire. È questa la nuova frontiera del politicamente corretto. È indubbio che la Germania abbia numerosi aspetti positivi e che possa essere un punto di riferimento per molti stati occidentali, ma da qui a trovare un modello tedesco su tutto è forse esagerato, oltre che inappropriato.
In questo senso, l’ultimo caso dell’improprio confronto con la Repubblica Federale Tedesca ci è stato fornito dalla propagandistica e inconcludente discussione sul trasferimento di alcuni ministeri (o rappresentanze di essi) da Roma a città del Nord Italia. Leggi l'intero articolo qui
di Ubaldo Villani-Lubelli

martedì 24 maggio 2011

Alessandro Gulinati- Toma la calle Italian Ferrara Revolution‏

 
 

Toma la calle
Ti ha invitato Alessandro Gulinati
 
Domani alle 23.30 - giovedì alle 3.00

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Creato da

Maggiori informazioni
Ci siamo organizzati per incontrarci mercoledì sera. Ci contiamo e vediamo come procedere parallelamente alle iniziative sul territorio nazionale e internazionale. Chiamate gli amici!!

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/19/italian-revolution-e-la-primavera-europea/112311/ *da IL FATTO QUOTIDIANO
Italian Revolution: è la “Primavera Europea”?
Il vento della democrazia soffia da Piazza Tahrir, alla Siria, alla Spagna. E domani arriva anche in Italia, con appuntamenti nelle piazze di molte città.

Probabilmente gli storici, nel futuro, non riserveranno neanche una riga dei loro tomi a Scilipoti. Fiumi di inchiostro saranno versati invece sulla Primavera Araba, la “rivoluzione francese” del mondo arabo.

Se ci pensate, è pazzesco: stiamo vivendo la storia in presa diretta. Per la prima volta una protesta in cui si chiedono diritti e democrazia, è partita dal “Terzo Mondo” e si estende al primo. C’era chi diceva che la cultura islamica fosse di per se stessa inconciliabile con la democrazia. Niente di più falso: le geste degli egiziani sono già da esempio per i paesi dell’occidente.

Ora la bandiera è passata a Madrid: migliaia di giovani Indignados chiedono in piazza Puerta del Sol “Democracia real ya”, “Democrazia reale adesso!”. Urlano “Noi la crisi non la paghiamo”; vogliono una politica davvero partecipata, una lotta senza quartiere alla disoccupazione giovanile (al 40 per cento in Spagna, al 30 in Italia), una riforma del welfare, un’Unione Europea che si occupi di cittadini, non di finanza e banche.

Da Madrid il testimone della protesta sta arrivando in queste ore in Italia. Usando Internet, come nel resto del mondo, per incontrarsi e coordinarsi, è partito il tam tam. La protesta ha già un nome: “Italian Revolution – Democrazia reale ora”. Si diffonde dalle pagine del Popolo viola (
qua e qua), sulla neonata pagina Facebook che conta già alcune migliaia di iscritti e su Twitter (con il tag #italianrevolution).

L’appello punta a diventare virale: “Chiediamo che anche in Italia nasca una concentrazione spontanea nelle piazze principali del nostro Paese, volte a reclamare un cambio politico e sociale in tempi brevi. Tramite i social network e il passaparola possiamo farcela. Diffondete queste notizie e create pagine in ogni città italiana, inviate Sms e scendiamo tutti in piazza, ORA”.

Al momento gli appuntamenti in programma per domani (tutti intorno alle venti) sono: a Bologna, in Piazza Nettuno; a Torino, in Piazza Castello; a Milano, in Piazza Duomo; a Firenze, in Piazza Santa Croce; a Roma, in Piazza di Spagna; a Padova, al Prato della Valle; a Pisa, in Piazza Garibaldi; a Palermo, al Teatro Massimo. CONTINUA