Vittorio Sgarbi: Italia Nostra-Italia Loro

 


Sprezzante, Federico Zeri la chiamava «Italia loro». Non poteva non condividerne molte iniziative, ma avvertiva un misto di ideologia e di snobismo che rendeva giuste e importanti battaglie manifestazioni di moralismo o di contrasto politico. «Italia nostra» nasce nel 1955, quando ancora l’immagine dell’Italia era miracolosamente integra, come la vediamo dai meravigliosi film di Vittorio De Sica. Ancora per poco. Stava per iniziare, con il nuovo decennio, la cementificazione delle coste e l’aggressione al paesaggio che sarebbe stato impossibile fermare nonostante le mille denunce e la disperazione e lo sgomento di uomini, come Antonio Cederna, che non volevano credere ai loro occhi e che vedevano l’Italia progressivamente devastata.
Uomo sensibile, e tra i fondatori di «Italia nostra», Cederna, come sul piano politico Pier Paolo Pasolini, poteva attribuire molte responsabilità, prima che a speculatori e a promotori dell’abusivismo a politici e amministratori democristiani che avevano legittimato gli sventramenti e la moderna edilizia selvaggia. Egli denunciò i vandali in casa e, parimenti, «la distruzione della natura in Italia», ma sapeva che il cancro era nel Palazzo e la politica, come l’assenza di una visione, aveva la responsabilità principale. Oggi nel suo nome si combatte una insensata battaglia. E il suo erede, Carlo Ripa di Meana, come lui presidente della sezione romana di «Italia nostra», cerca di sottrarne la memoria al dogmatismo e al ricatto del pensiero unico. Al centro c’è la demonizzazione delle idee e il ritiro di un libro dedicato allo stesso Antonio Cederna, Scritti sulla Lombardia. Si fatica a credere che, come in un processo staliniano, due saggi dell’urbanista Luigi Mazza e dell’architetto Alberto Ferruzzi siano considerati irregolari, eretici e accusati di «tradimento, distorsione e falsificazione» del pensiero di Cederna.
Le accuse vengono da due autorevoli esponenti della sinistra che hanno firmato, naturalmente, un appello: Alberto Asor Rosa e Pier Luigi Cervellati. La maledizione è stata così efficace che la casa editrice Electa ha ritirato il libro. E, perentoriamente, il presidente nazionale di «Italia nostra», Alessandra Mottola Molfino, si è apertamente dissociata dal libro. La reazione dei non dogmatici non si è fatta attendere proprio in nome della libertà delle idee e della forza della diversità. Carlo Ripa di Meana ha dichiarato: «Qui si rischia un processo per mancata ortodossia! Mi pare che qualcuno tra noi abbia perso la testa, e penso alla presidenza. Se dovesse passare un simile metodo, molti di noi avrebbero difficoltà a rimanere in una siffatta associazione che rischia una rottura in mille pezzi. E soprattutto rischia di non avere un futuro».
Ecco lo spettro di «Italia loro». E Ripa di Meana aggiunge: «Così “Italia nostra” viene utilizzata, strumentalizzata dalla sinistra. La presidente è corsa giorni fa a Milano per sostenere l’appello “libertà e giustizia”, che vada ben oltre la nostra vocazione. E c’è chi parla di lotta al revisionismo nei confronti di chi esprime opinioni diverse.... Cederna era un vero intellettuale, anche ironico, e mai avrebbe preteso di vedere consacrate in eterno le sue idee. Personalmente giudico ripugnante la battaglia per il ritiro del volume. Un libro lo si discute, non lo si manda al macero o al rogo, roba da totalitarismo». Nel merito Ripa di Meana aggiunge che i due saggi incriminati «erano tutt’altro che aggressivi verso Cederna... e in verità pieni di garbo e di rispetto». È tanto più interessante la posizione di Carlo Ripa di Meana perché negli ultimi anni a lui, nell’assoluta distanza della Mottola Molfino, si deve il contrasto alla criminale diffusione di impianti eolici nei luoghi più belli del Meridione. Una lotta senza quartiere, la battaglia finale per la tutela del paesaggio, altro che sottili distinguo sulle teorie!
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