Il Futurismo ovvero una visione dinamica della storia e della civiltà. Come tale si pone ancor oggi il messaggio di Marinetti, che ritrova sempre di più con il trascorrere del tempo il suo spirito e la sua interpretazione più autentica. E tutto ciò attraverso la sua capacità di rileggere e di far rileggere gli eventi contemporanei e futuri nell’ottica di un’ottimistica visione della conoscenza e della scoperta del nuovo. Uno sforzo ancora incompiuto (e, per certi versi, ancora incompreso) di aprire orizzonti più ampi all’innato desiderio di avventura, di progresso e di conquista dell’uomo. Ma anche un tentativo di emancipare le coscienze e le intelligenze, al fine di sottrarle alle quotidiane disperazioni dell’esistere. Grazie alla scienza e al suo potere di redenzione, e grazie, soprattutto, al genio dell’immaginazione di straordinari profeti dell’avvenire. Tra questi anticipatori della nuova umanità si distingue Emilio Salgari, figura originale e ancora in gran parte inesplorata del panorama letterario italiano, e di cui ricorre quest’anno il centenario della scomparsa. Avvicinato a Jules Verne, per la fertilità delle sue intuizioni fantastiche e fanta-scientifiche, Salgari assegnò con largo anticipo ai protagonisti dei suoi romanzi un ruolo già segnato dalla sensibilità globale maturata dopo i due conflitti mondiali del XX secolo. Una concezione moderna che rivela un Salgari, non solo ispirato dalle suggestioni della modernità, ma anche animato contemporaneamente da un eroismo romantico, vitalistico e trasgressivo. Definire, tuttavia, Salgari uno scrittore dell’esotico sarebbe non fargli giustizia, precipitandolo in facili e fin troppo abusati stereotipi interpretativi della sua opera. L’esotismo di Salgari ci propone, invece, recuperandola come protagonista, la centralità geopolitica di quei mondi che appartenevano, all’epoca, all’universo dei Grandi Imperia Coloniali. E di cui annuncia la dissoluzione. Emilio Salgari è inoltre pervaso da ansie futuriste e avveniristiche. Tracce significative, se pur parziali, di tale atteggiamento, forse inconsapevole, si individuano in un romanzo come “Le meraviglie del duemila” (1903) di non stretta imitazione “verniana”, ma ricco di spunti preveggenti sul crescente affermarsi (ma anche dei rischi e dei limiti) delle tecnologie del progresso e delle macchine, in particolare volanti, in una prospettiva di massa che coniuga la soluzione dei problemi pratici con l’adozione di scelte socioeconomiche di grande respiro.
Casalino Pierluigi, 13.01.2011.