Milano - Un annuncio, un impegno, un avviso, una rivelazione. Per l’apertura della campagna elettorale in favore di Letizia Moratti, candidata sindaco del Pdl a Milano sostenuta anche dalla Lega, Silvio Berlusconi si è presentato in gran forma. Completo scuro, cravatta a pois su camicia bianca, il premier ha sfoderato un intervento torrenziale, quasi un’ora di comizio nel quale ha toccato tutte le corde care agli oltre mille tra fan e militanti che hanno riempito il Teatro Nuovo di un tifo da stadio: applausi, trombe, bandiere, risate, cori di «Silvio, Silvio». Dai successi del Milan alla difesa della Mondadori (preservata dall’occupazione della «tessera numero uno del Pd») dall’amarcord della vecchia Milano ai pericoli del comunismo, dalla nomina dei «missionari della libertà» all’assedio delle televisioni e dei giornali che «mi azzannano», il presidente del Consiglio ha attaccato a tutto campo senza risparmiare cartucce.
Per Milano bisogna impegnarsi, «perché è la nostra seconda mamma. Anche se a Milano non ci sono più i negozi di una volta, quelli dove compravo le pipe per mio padre o le meringhe per mia madre. Adesso ci sono i negozi della Tim. Ma io non ci posso andare perché al presidente del Consiglio è vietato avere il telefonino perché sono controllato da tutte le procure d’Italia. Sono tornato a scrivere lettere d’amore». Ecco perché, spiegherà dopo, bisogna eliminare le intercettazioni, «immonde in uno Stato libero».
Nella prima parte del suo intervento, Berlusconi ha elogiato l’amministrazione della Moratti per non aver aumentato le tasse locali né i costi per i servizi. E soprattutto per aver mantenuto gli impegni con gli elettori, perché questa è «la nostra nuova moralità». Lui ha scelto di esporsi come capolista, per dimostrare alla sinistra, ecco l’annuncio, che «il berlusconismo non è al tramonto: lo dimostreremo superando le 53mila preferenze delle ultime elezioni». Ma ci vuole l’impegno di tutti. Quelle che ci aspettano «sono elezioni cittadine, ma forse sono ancor più nazionali. Perciò, dobbiamo vincere al primo turno per rafforzare il governo nazionale».
Ma il tema sul quale il premier si è nuovamente concentrato è stato la giustizia. Prima di tutto, mandando un «avviso ai naviganti delle procure. Faremo la riforma della giustizia anche se riusciranno a farmi fuori, perché abbiamo la maggioranza nel Paese e in Parlamento. Ma scommetto - ha subito aggiunto - che anche stavolta non riusciranno a farmi fuori». Poi con la rivelazione della giornata: il «pactum sceleris tra Fini e i magistrati». Niente di generico stavolta: «Mi è stato raccontato parola per parola da uno dei giudici che aveva partecipato alle discussioni con lui». Con questo patto «Fini ha detto ai giudici: voi mi proteggete, perseguite Berlusconi e finché sono io alla presidenza della Camera vi garantisco che non passerà nessuna riforma che vi dispiaccia. Per questo finora non siamo riusciti a far passare una riforma della giustizia».
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