Diego Marani e l'ex sinistra: a due passi dall'antiantisemitismo?


UN EROE MODERNO

*FROM LA NUOVA FERRARA

Nell’ascesa al 17 marzo, ci siamo sfiniti a proclamare l’importanza del Risorgimento e della nostra costruzione nazionale.
Per dare nuovo sangue a spenti entusiasmi ci siamo accaniti a rispolverare vecchi eroi che sanno inesorabilmente di stantìo. Di Cavour, Mazzini e Pellico erano piene le nostre terze pagine come un tempo i nostri sussidiari.
Ma gli eroi scarseggiano nelle società moderne e anche raccogliendoci sulle tombe dei nostri caduti in Afghanistan non riusciamo a provare altro che una grande compassione. In fin dei conti, sono morti sul lavoro, come ha scritto il sociologo francese Cristophe Bouton sulla rivista Esprit. Inutile, morire per la patria non è più un valore.
Non ci sono più monumenti per i nuovi caduti.
Forse perché è l’idea stessa di patria ad essere stantìa, almeno quella delle piccole patrie che, come vediamo oggi con la questione dell’immigrazione, stanno soffocando la nascita di una patria più grande, quella europea.
In questo deserto di ideali, la vita e la morte di Vittorio Arrigoni risaltano invece come esemplari. Nella sua vicenda riconosciamo ancora la generosità e la spregiudicatezza dell’eroe, l’opera di un uomo che crede in qualcosa di ben più grande di una guerra. Arrigoni è un Garibaldi moderno, stroncato troppo presto perché potesse compiere la sua impresa dei Mille. Come Garibaldi, Arrigoni era accorso dove la libertà soffriva, dove la guerra infuriava, dove c’erano popoli oppressi: un nuovo eroe dei due mondi. Non aveva eserciti né istituzioni, né Stati dietro di lui. Solo la sua nuda volontà di difendere l’ideale universale dell’uguaglianza e della pace. Non aveva armi, Arrigoni, ma la sua morte ha scosso le coscienze molto più di un attentato o di un’azione militare. Non lavorava per una patria, Vittorio, anzi di patrie proprio non ne aveva, rifiutava di averne e lo diceva che ‘apparteniamo tutti alla stessa famiglia umana’. Sono questi gli eroi di cui avremmo bisogno oggi. Quelli che non sparano, che non difendono interessi, che non chiedono niente a nessuno e che non sappiamo neppure che esistono finché non muoiono. Vittorio Arrigoni al posto di Vittorio Emanuele: ecco un monumento che avrebbe un significato e un insegnamento anche per gli italiani delle prossime generazioni.
- Diego Marani
 
 
*FROM FIAMMA NIIRENSTEIN E IL GIORNALE
potete rivedere qui il video e di seguito la trascrizione dell'intevento di martedì 19 aprile:

http://webtv.camera.it/portal/portal/default/Assemblea?NumeroLegislatura=16&NumeroSeduta=466&IdIntervento=242685



FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, prendo la parola perché la vicenda cui mi riferisco acquista particolare rilievo in queste ore e anche, in particolare, dopo un intervento che si è svolto tra queste mura un paio di ore fa.
Purtroppo, alcuni giorni or sono, Daniel Wiplich, un ragazzo di 16 anni che si trovava su uno scuolabus nel sud di Israele, è stato colpito insieme agli altri ragazzi sempre della scuola mentre viaggiavano su questa medesima vettura. È stato colpito da un missile di Hamas, è rimasto ferito molto gravemente, ha lottato per la sua vita in ospedale, rimanendo fra la vita e la morte con i genitori accanto per una settimana, finché purtroppo ha dovuto cedere.
Perché sollevo questa questione adesso nel Parlamento? Prima di tutto perché si tratta di una vittima del terrorismo, un ragazzo di 16 anni, e quindi sempre degno di essere ricordato. In secondo luogo, perché quei missili teleguidati e quindi con la sicurezza di andare a colpire un autobus scolastico (si trattava di un missile Kornet sovietico, anzi russo, di provenienza russa, l'ho chiamato sovietico con un lapsus non casuale) erano nelle mani di Hamas che li ha lanciati contro uno scuolabus.
Poiché in queste ore si parla di Hamas come di un'organizzazione quasi pacifista, a confronto di quella che ha ucciso Arrigoni, voglio ricordare che volontariamente seguita ad uccidere, lanciando missili teleguidati e anche missili casuali (missili qassam) sulla popolazione inerme israeliana, mai sparando sui militari e sempre prendendo di mira civili, vecchi, bambini e ragazzi che viaggiano sugli autobus scolastici.
Con questo voglio sottolineare che la questione di Hamas resta, perché in queste ore è stata molto mistificata a seguito dell'uccisione di amici e sodali di Hamas, di Vittorio Arrigoni che, poveretto, aveva confuso i suoi ideali umanitari con quelli di un'organizzazione invece terrorista, che è compresa nella lista delle organizzazioni terroristiche europee. Con essi viveva e aveva fatto suoi i loro slogan, anche i peggiori. Voglio ricordare che questa organizzazione terroristica uccide.
Uccidere è la sua metodologia, uccidere è la sua scelta, ha ucciso un ragazzo di sedici anni che andava a scuola e poi i suoi amici e sodali di gruppi e gruppetti svariati - ma Hamas controlla tutta la striscia di Gaza - hanno ucciso anche un italiano: Vittorio Arrigoni.
Altro che pacifista, odiava Israele
sabato 16 aprile 2011 -
Il Giornale, 16 aprile 2011

Ci sono tre o quattro cose chiare e tuttavia difficili da digerire nell'orribile omicidio di Vittorio Arri­goni. La prima naturalmente è la crudeltà della pubblica esecu­zione di un giovane uomo che aveva famiglia e amici. E ciò è chiaro. Ma non lo è la patente re­al­tà che gli assassini siano jihadi­sti islamici di Gaza. Avrebbero potuto essere afghani, o irache­ni. Nel 2002 Daniel Pearl fu ucci­so a Karachi con metodi analo­ghi perché era ebreo; nel 2004 l'americano Nick Berg in Iraq fu decapitato in vi­deo per, dissero gli jihadisti, «da­re un chiaro messaggio all'Occi­dente »; Fabrizio Quattrocchi perché «nemico di Dio, nemico di Allah» e Arrigoni, come dico­no i suoi carnefici nel video con la scritta che scorre, perché «dif­fondeva a Gaza il malcostume occidentale» e «l'Italia combat­te i Paesi musulmani». Si ripete molto che Hamas, di cui Arrigo­ni era amico, ha condannato il delitto. Ma in realtà non impor­ta se gli assassini sono iscritti a Hamas oppure no. Lo sono sta­ti, lo saranno, lo sono... Anche Al Qaida, che a Gaza c'è, è me­glio o peggio accolta a seconda dei momenti. Ma Hamas è sem­pre padrona di Gaza. [...]

A pacifist? He hated Israel

Il Giornale, April 16, 2011
The cruelty of the public execution of a young man who had family and friends, as it was the case with Vittorio Arrigoni's killing, is always awful. And this is clear. What isn’t clear to the European public is that it is patently evident that the killers are his old Islamic Jihadists friends from Gaza. But they could have been Afghanis, or Iraqis. In 2002, Daniel Pearl was killed in Karachi with similar methods because he was a Jew; in 2004 the decapitation of the American Nick Berg in Iraq was filmed, the Jihadists said, «to give a clear message to the West»; the Italian Fabrizio Quattrocchi was executed because he was «an enemy of God, an enemy of Allah» and Vittorio Arrigoni, as his butchers say it in the video, in the words that scroll across the screen, because «he was spreading western immorality in Gaza» and because «Italy fights against Islamic countries». It has been repeated again and again that Hamas, with whom Arrigoni was on friendly terms, has condemned the crime. But in actual fact it doesn’t matter if the assassins are members of Hamas or not. They have been, they will be, they are all controlled by Hamas. Even Al Qaida, which has a presence in Gaza, is seen by Hamas in a better or worse light, depending on the moment. But Hamas is always top dog in Gaza. [...]