Dalla lettura lunga e affascinante della Divina Commedia emerge una nuova interpretazione dell’ultimo Canto del Paradiso, che propone una radicale “infigurabilità” della parte finale del Poema dantesco. E’ dunque possibile che Dante, che si leva come suprema “summa” di tutta la classicità, si presenti in tale momento estremo delle sue tre Cantiche come “parvoletto”? il Fiorentino convoca l’autorità più alta dei Padri della Chiesa, S. Agostino, e la colloca al vertice del Paradiso, evocando la visione della finale beatitudine del Vescovo di Ippona nelle “Confessioni”, là dove assegna “agli infanti e ai lattanti” l’innocente palpito di quella suprema lode. Dante perfeziona così la lunga “loda” dell’umanità, infante in figura e Padre della Chiesa del tempo ultimo. Una citazione oscura, misteriosa, di inedita invenzione, che rinnova ancora una volta l’originale e straordinaria intuizione avveniristica del Sommo Poeta. Un contributo al suggestivo dibattito sulla segreta dimensione del pensiero dantesco, sulle pagine occulte della Commedia.
Casalino Pierluigi, 25.02.2011.