Pierluigi Casalino
L'arte del futuro è il nome nuovo della scienza.
La macchina anima e veicolo dell'umanità futura in Marinetti.
Quando F.T.Marinetti si spense, il 2 dicembre 1944, l'Italia e il mondo
attraversavano l'ultima tragica fase della guerra. La notizia, tuttavia,
fece il giro del mondo, aldilà delle diverse sponde e nonostante il
clima bellico. Il New York Times gli dedicò un appassionato articolo,
ricordandolo come uno dei grandi protagonisti della cultura, e non solo
della cultura, del Novecento. Un messaggio che lungi dall'esaurirsi con
la morte del Vate del Futurismo, si rilanciava proprio da quella data
apparentemente mesta. Il lascito di passione per il futuro, di
straordinaria vitalità e di immensa voglia di futuro che Marinetti aveva
donato agli uomini del suo tempo e quelli di domani costituiva e
costituisce un patrimonio ricchissimo di avventura e di ricerca del
nuovo. Uno dei temi che Marinetti affrontò con indubbia intuizione
profetica fu quello della macchina e soprattutto di quell'espressione
del movimento assolutamente rivoluzionaria che è nota come robot. Il
robot e le sue manifestazioni anche pratiche, che con le imprese
spaziali troveranno definitiva consacrazione, rivivono ai nostri giorni
una inattesa nuova primavera. Il robot ha in Marinetti la stessa cifra
rivoluzionaria dell'avanguardia, una dimensione estetica che nella
visione marinettiana non si accontenta della scoperta scientifica, ma ne
esalta la potenzialità aldilà dei confini stessi della scienza. Un
elemento centrale in Marinetti, che vede nella scienza un momento
subliminale dell'arte, un valore iperbolico ancora prevalentemente
ignoto alle coscienze. Non è un caso che per il Fondatore del Futurismo
la scienza e la tecnica moderna siano costrette alla fin fine a
sottomettersi ad una forza sovranazionale creativa ed energetica (o per
dirla oggi transnazionale, se non cosmica) e fondersi con essa. Una vis
che non fa il verso al razionalismo illuminista, ma che in gran parte
recupera l'antico concetto lucreziano del De Rerum Natura. Certo
Marinetti non imita Lucrezio nella pienezza, ma ne riprende la vocazione
prometeica che nel pensiero modernista antico era radicalmente
presente. Non c'è dunque in Marinetti una cieca fede nella ragione e nel
progresso, quasi come fossero religioni politiche dell'ultima ora, ma
un inno irrazionalista su cui fondare quel regno della libertà nel solco
dinamico dell'arte.
28.12.2014
28.12.2014