1939. La diffusione dell'Islam alla vigilia della seconda guerra mondiale. Una retrospettiva su cui riflettere. -6

Simile al fenomeno indiano degli intoccabili è quello della conversione e dell'elevazione religioso-sociale dei negri pagani dell'Africa Occidentale, si diceva nel 1939-1940. Meno organizzati degli indiani, si sottolineava, apparivano ugualmente disposti a cambiare credo e fede, poiché sentivano, a dire di chi li frequentava, i limiti dei loro culti, desiderando di promuoversi socialmente, oltre che, bisognava riconoscerlo, economicamente. Il negro, si faceva allora presente, poteva trovare tali aspirazioni largamente e facilmente nell'Islam (il caso della conversione all'Islam wahhabita- saudita- del Gabon alla fine del XX secolo, ne è stata una riconferma in seguito), che quindi incontrava un terreno ben disposto alla sua propaganda. Esso Islam, infatti, sembrava (e sembra ancora con i mezzi finanziari che oggi ha a disposizione) un livello civile ed una credenza religiosa effettivamente superiore al primitivo animismo e soprattutto avvinceva con la sua larga accondiscendente legge morale piuttosto assolutoria e comunque percepita dalle popolazioni negre semplice o rudimentale. Per di più la società islamica nella sua solidale coesione sociale sembrava, peraltro, garantire al neo-convertito quell'aiuto di cui ha bisogno. Inoltre la già citata facilità del dogma, la scarsezza e semplicità degli obblighi religiosi, l'assenza di misteri che conturbino la mente e il fondamentale concetto di uguaglianza che si manifestava (e tuttora si manifesta) nell'uso del comune copricapo, portato tanto dal sovrano che dal più umile fellah. Tutte considerazioni che spiegavano (e continuano a spiegare) il successo della marcia trionfale e conquistatrice dell'Islam. I missionari cattolici, infatti, affermavano (e in genere lo affermano ancora ai giorni nostri) che i musulmani riuscivano assai prima di loro a formare dei propagandisti fra i convertiti, di quello che essi non ottenevano (o non ottengono) per istruire dei semplici catecumeni. Nel Nyassa, in dieci anni, la penetrazione musulmana, si notava, era stata generale e generalizzata, se non addirittura irrefrenabile e travolgente: erano già presenti in ogni villaggio con la loro capanna-moschea. Nei possedimenti francesi, che costituivano tanta parte del Nord e dell'Occidente dell'Africa, l'Islam trovava in ogni caso un ottimo alleato nella politica francese, protettrice ad oltranza dell'Islam, anche a fini di tutela degli interessi coloniali. Altri mezzi della diffusione era segnalata la propaganda spicciola dei commercianti musulmani, che da centri costieri si spargevano nell'interno e risalivano i fiumi, spingendosi fino al Ciad, dall'altro lato era l'azione di carattere apparentemente ascetico dei marabutti o capi religiosi, che tenevano a far setta e ve ne erano stati e ve ne sono tuttora, che hanno un seguito anche di varie migliaia di fedeli. Inoltre l'Islam aveva, come riferivano sempre i missionari cattolici e cristiani in genere, le sue forme strategiche d'azione: ad esempio era riuscito a convertire gli Hussa nigeriani, nella zona di Kanu, il quali trovandosi a controllare geograficamente le vie della Guinea al Ciad, avevano cominciato a svolgere una lenta penetrante opera di accerchiamento dei negri delle foreste del Niger e del retroterra guineiano. I notabili musulmani avevano creato un vero impero e condizionavano le sorti dei commerci e dei traffici in concorrenza con i negri cristiani del sud, in questo, si ribadiva, con l'aiuto o complicità degli inglesi, in ossequio alla loro tradizionale politica del divide et impera. Quanto, poi, al Sudan francese, in particolare, colpì la pubblica opinione francese e non solo francese, la relazione del vescovo missionario Monsignor Molin, Vicario Apostolico di Bamako (oggi Mali), apparsa sulla Croix di Parigi il 23 marzo 1932 - che fu a suo tempo riprodotta e riportata su vari organi scientifici, oltre che missionari. L'interesse del documento, di grande attualità ancora ai nostri giorni, trascendeva l'importanza contingente e del territorio al quale si riferiva, per la capacità di analisi e di prospettiva. A proposito dei mezzi sussidiari di propaganda, il prelato francese scriveva: "...gli agenti della propaganda musulmana sono numerosi; sono funzionari indigeni, soprattutto interpreti, intermediari necessari fra i negri e il personale francese dell'amministrazione coloniale, il quali riservano ogni favore ai loro correligionari,....rappresentanti di ditte commerciali europee, i quali nei villaggi dove si stabiliscono per l'acquisto di prodotti locali, fondano spesso accanto al loro negozio una scuola coranica...Ma in ispecie voglio nominare quei parassiti odiosi rappresentati dai marabutti...profittatori senza scrupoli della credulità popolare dei neri, essi incutono terrore con il loro atteggiamento deciso e violento, con il loro sguardo minaccioso...si mostrano religiosi...inoltre essi lusingano il loro (dei negri) spirito di indipendenza e predicando la liberazione dei negri da parte dell'Islam...Ciò che fa loro (ai neri) preferire così l'Islam alla religione cattolica, quando la conoscono poco, non è la fede in Maometto, ma è il fatto che l'Islam non chiede loro nessuno sforzo, nessun catechismo da imparare, nessuna morale fastidiosa e soprattutto nessun ostacolo da superare, prospettando come desiderabile e raggiungibile la poligamia. I neri, continua Molin, sono tutti convinti che il cattolicesimo è la vera strada di Dio (diceva un catechista indigeno), ciò che impedisce loro di seguire la strada è il fatto che hanno e vogliono prendere parecchie mogli. Anche però fra i negri molto dipende dall'indole della razza o da un vario complesso di circostanze interne ed esterne". Ad esempio, nel Congo belga, si raccontava, gli indigeni erano refrattari al fenomeno musulmano e fioriscono, invece e vi sono d'altra parte ben organizzate ed attive le missioni cattoliche. 6-continua
Casalino Pierluigi, 31.12.2014