Pierfranco Bruni
Il 2015 è l'Anno di Dante Alighieri. 750 anni dalla nascita. Un incontro con la letteratura che ha "formato" i linguaggi che hanno reso moderno il vocabolario delle "gesta".
Abbiamo un compito preciso che è quello di far uscire Dante dalle "Lecture" e di mostrate un personaggio, e uno scrittore, che ha saputo anche dividere la sua esistenza tra un linguaggio "Vulgare", che costituisce un punto di riferimento per ciò che sarà lingua del Rinascimento in poi sino a Manzoni, e da Manzoni fino a Pavese (non solo in una interpretazione letteraria e squisitamente poetica) e il sapere di un recupero greco - romano nella ricerca di una estetica che è quella del "Convivio".
Ma oltre questa chiosa, che reputo di non poca importanza, è necessario recuperate le "Rime" di Dante, le quali tanto spazio hanno inventato a partire dal Petrarca e dal Petrarca in un salto epocale fino a Ungaretti.
Questo significa soprattutto riconsiderare Dante a tutto tondo che va comunque oltre la "Divina". C'è un testo centrale che resta fondamentale e che è stato abbondantemente dimenticato per motivi sia di ordine ontologico che epistemologico. Si tratta della "Vita nova". Considero questo libro un punto di riferimento, soprattutto per chi lavora su autori come Foscolo, si pensi alla disperazione dei linguaggi strutturati nel testo, di autori come Alfieri, sul "ragionamento" tra Fede e Bellezza del Tommaseo e su tutta la poesia che va da Gaspara Stampa a Isabella Morra.
La "Vita nova" è un raccontate soprattutto per immagini. Ci sono addirittura alcuni versi di Antonia Pozzi, di Cristina Campo o di Ada Negri che presentano un cesello che ha chiari rimandi alla poetica creata dalle poetesse.
Silvia Plath ci riporta a un verseggiare che è quello delle "Rime" ma soprattutto della "Vita nova", ma anche la Isabella Aleramo ha sicuri richiami. Tutto questo cifrato va comunque ricontestualizzato dal pensiero di un Dante non teologico, ma mistico, ovvero oltre la misura di una cattolicità nelle strategia di una letteratura teologica.
Perché la "Vita nova" se provassimo a leggerla come il Cantico di Salomone troveremmo delle vie di un Oriente mistico e Illuminato che ha la sua contemporanea visione con Rumi o Kajam o con Kabir. Beatrice è sì la folgorazione ma è anche la pazienza.
In fondo è la "Vita nova" che focalizza l'Ermetismo dei simboli e una struttura complementare la si trova anche nelle ultime poesie di Cesare Pavese, quelle del "mazzo" che chiude la sua esistenza. Ecco, credo che ormai Dante delle Rime e della Nova vada ricontestualizzato in un Novecento che ha come punto di riferimento il viaggio dei "Cantos" di Ezra Pound e come "confessione" critica sia Maria Zambrano, sia gli scritti necessari di Giovanni Pascoli, sia René Guenon (un Guenon anche oltre il rosacrocianesimo e il mondo esoterico).
Ma Dante va proposto nel dibattito intorno alle lingue. Le lingue del Vulgare sono quelle che incontrano le voci e la parola dell' Agorà di San Paolo, ma non un Paolo teologizzato, bensì incrociatore di Orienti e Occidenti. Le lingue e la lingua in Dante sono i percorsi che si incontreranno nelle epoche e la lettura diventa antropologia la cui filologia è letteraria e mistica e non teologica.
La "Vita nova" è una chiara interpretazione e con Guninzelli, Cavalcanti, Iacopone cominciano a segnare l'età nuova dopo la stagione saffico - Catullo - Tibullo.
Per celebrarlo, oltre gli schemi scolastici obsoleti, bisogna porre lo sguardo di Beatrice negli occhi di Dante e lo sguardo di Dante nello specchio dell'anima di Beatrice. Non dimenticando però la presenza di Gemma Donati.
Come Fuis (Federazione Unitaria Scrittori) è già in distribuzione in Calendario con alcune cesellatore e come Sindacato Libero Scrittori sottolineeremo l'importanza della "Vita nova" e come Centro Studi e Ricerche Francesco Grisi ci soffermeremo sulle lingue nel Vulgare e la parole come antropologia del dire e dell'essere. Un Dante nella nostra modernità restando nella Tradizione oltre le giustificazioni altisonanti della Commedia.
Evento internazionale. Dante Alighieri a 750 dalla nascita.
Dante con le lingue e le Rime nel cerchio della Vita Nova
Il 2015 è l'Anno di Dante Alighieri. 750 anni dalla nascita. Un incontro con la letteratura che ha "formato" i linguaggi che hanno reso moderno il vocabolario delle "gesta".
Abbiamo un compito preciso che è quello di far uscire Dante dalle "Lecture" e di mostrate un personaggio, e uno scrittore, che ha saputo anche dividere la sua esistenza tra un linguaggio "Vulgare", che costituisce un punto di riferimento per ciò che sarà lingua del Rinascimento in poi sino a Manzoni, e da Manzoni fino a Pavese (non solo in una interpretazione letteraria e squisitamente poetica) e il sapere di un recupero greco - romano nella ricerca di una estetica che è quella del "Convivio".
Ma oltre questa chiosa, che reputo di non poca importanza, è necessario recuperate le "Rime" di Dante, le quali tanto spazio hanno inventato a partire dal Petrarca e dal Petrarca in un salto epocale fino a Ungaretti.
Questo significa soprattutto riconsiderare Dante a tutto tondo che va comunque oltre la "Divina". C'è un testo centrale che resta fondamentale e che è stato abbondantemente dimenticato per motivi sia di ordine ontologico che epistemologico. Si tratta della "Vita nova". Considero questo libro un punto di riferimento, soprattutto per chi lavora su autori come Foscolo, si pensi alla disperazione dei linguaggi strutturati nel testo, di autori come Alfieri, sul "ragionamento" tra Fede e Bellezza del Tommaseo e su tutta la poesia che va da Gaspara Stampa a Isabella Morra.
La "Vita nova" è un raccontate soprattutto per immagini. Ci sono addirittura alcuni versi di Antonia Pozzi, di Cristina Campo o di Ada Negri che presentano un cesello che ha chiari rimandi alla poetica creata dalle poetesse.
Silvia Plath ci riporta a un verseggiare che è quello delle "Rime" ma soprattutto della "Vita nova", ma anche la Isabella Aleramo ha sicuri richiami. Tutto questo cifrato va comunque ricontestualizzato dal pensiero di un Dante non teologico, ma mistico, ovvero oltre la misura di una cattolicità nelle strategia di una letteratura teologica.
Perché la "Vita nova" se provassimo a leggerla come il Cantico di Salomone troveremmo delle vie di un Oriente mistico e Illuminato che ha la sua contemporanea visione con Rumi o Kajam o con Kabir. Beatrice è sì la folgorazione ma è anche la pazienza.
In fondo è la "Vita nova" che focalizza l'Ermetismo dei simboli e una struttura complementare la si trova anche nelle ultime poesie di Cesare Pavese, quelle del "mazzo" che chiude la sua esistenza. Ecco, credo che ormai Dante delle Rime e della Nova vada ricontestualizzato in un Novecento che ha come punto di riferimento il viaggio dei "Cantos" di Ezra Pound e come "confessione" critica sia Maria Zambrano, sia gli scritti necessari di Giovanni Pascoli, sia René Guenon (un Guenon anche oltre il rosacrocianesimo e il mondo esoterico).
Ma Dante va proposto nel dibattito intorno alle lingue. Le lingue del Vulgare sono quelle che incontrano le voci e la parola dell' Agorà di San Paolo, ma non un Paolo teologizzato, bensì incrociatore di Orienti e Occidenti. Le lingue e la lingua in Dante sono i percorsi che si incontreranno nelle epoche e la lettura diventa antropologia la cui filologia è letteraria e mistica e non teologica.
La "Vita nova" è una chiara interpretazione e con Guninzelli, Cavalcanti, Iacopone cominciano a segnare l'età nuova dopo la stagione saffico - Catullo - Tibullo.
Per celebrarlo, oltre gli schemi scolastici obsoleti, bisogna porre lo sguardo di Beatrice negli occhi di Dante e lo sguardo di Dante nello specchio dell'anima di Beatrice. Non dimenticando però la presenza di Gemma Donati.
Come Fuis (Federazione Unitaria Scrittori) è già in distribuzione in Calendario con alcune cesellatore e come Sindacato Libero Scrittori sottolineeremo l'importanza della "Vita nova" e come Centro Studi e Ricerche Francesco Grisi ci soffermeremo sulle lingue nel Vulgare e la parole come antropologia del dire e dell'essere. Un Dante nella nostra modernità restando nella Tradizione oltre le giustificazioni altisonanti della Commedia.