1939. La diffusione dell'Islam alla vigilia della seconda guerra mondiale. Una retrospettiva su cui riflettere, 9, ultimo.

Gli studi islamici in Spagna erano datati ed importanti per storia e tradizione non solo accademica, ma anche per le radici stesse della cultura iberica. Ben condotti da noti specialisti (tra cui il sacerdote cattolico Don Miguel Asìn Paklacios, che approfondì le influenze della cultura arabo-islamica su quella latina e in particolare sulla Divina Commedia di Dante), tali studi avevano ricevuto dal governo repubblicano un notevole impulso con l'istituzione nel 1932 di due "Escuelas de estudios arabes" a Madrid e Granada (si arriverà al 1974, poi, per riconsacrare al culto islamico la mosche di Cordova, città nodale per la storia del patrimonio intellettuale arabo.spagnolo, oltre che ebraico e latino, e dell'umanità). In questi istituti si svolgeva una propaganda filo-islamica a carattere di alta cultura per intensificare i rapporti ispano-islamici, sulla scorta di secoli di relazioni, favorendo la permanenza nel paese di studenti musulmani. Il governo nazionalista, instauratosi dopo la guerra civile, ha mantenuto tali indirizzi, anzi li ha intensificati, dimostrando subito il suo favore verso i suoi sudditi islamici, che tanto avevano contribuito, a detta del nuovo regime, alla causa della riscossa nazionale. Provvedimenti a loro beneficio sono stati presi, come pure si è provveduto al funzionamento al miglior funzionamento delle suddette "Escuelas", che,  durante la guerra civile, avevano dovuto ovviamente sospendere la propria attività. Il movimento filo-islamico spagnolo aveva subito interessato il sensibilissimo settore degli Ahmadiyyah, i quali avevano in progetto di iniziare una propaganda in Spagna, partendo dal centro di Berlino. Nel 1934 due esponenti del centro suddetto, il marvolana Sadt-nd.Din e il dottor Mansur si erano mossi all'opera allo scopo. Anche l'Italia fascista seguiva con interesse gli avvenimenti e i problemi del mondo islamico, anche se già nella seconda metà del XIX secolo il nuovo stato unitario aveva favorito l'orientalistica islamica nelle università. Sia la monarchia che il regime fascista, in seguito, si erano mossi a protezione della politica coloniale e poi dell'Impero dell'Italia. Occasione speciale di tale intervento era la politica italiana in Libia, che rinviava anche alla promozione degli studi islamici soprattutto nell'Istituto Orientale di Napoli per la parte filologica prevalentemente, mentre per le informazioni è importante il nucleo di studiosi che si raccoglie attorno all'Istituto per l'Oriente di Roma. Sul terreno pratico "di fronte agli sconfinamenti ed alle acquiescenze dannose di altri stati- si diceva negli ambienti del fascismo- l'Italia è stata inflessibile ed ha adottato anche estremi rimedi ottenendo risultati che altri non avrebbero neppure sperato" (la politica coloniale del fascismo non fu però così brillante, come il regima voleva far credere: senza la morte prematura di Italo Balbo, nel 1940,  le circostanze, forse, avrebbero consentito più felici sviluppi). Il fenomeno senusita, energicamente (e ferocemente) represso, considerando le cose con il senno di poi, aveva cessato di nuocere, ma non aveva mancato di lasciare strascichi storicamente rilevati nel secondo dopo guerra e soprattutto con la rivoluzione di Gheddafi nel 1969. L'Italia fascista, pur non essendo all'altezza di una più compiuta amministrazione dei propri interessi, tuttavia riuscì a disporre provvidenze a favore delle popolazioni libiche, favorendo anche il progresso degli studi superiori islamici a Tripoli. L'Islam dava prova, a parere degli osservatori dell'epoca, della sua affermazione numerica e morale anche in Europa, organizzando a Ginevra un congresso per i suoi seguaci europei. Il 12 settembre 1935, presidente il famoso dirigente siriano Sheik Arslan, presenti 60 delegati, si aprivano le assise dell'Islam europeo. Tale manifestazione assumeva dunque un valore che superava di gran lunga la portata del fatto stesso. Il congresso ginevrino ebbe, infatti, scopi dichiaratamente religiosi, culturali ed economici. Il presidente all'inaugurazione fece un accenno alla debolezza dei musulmani, dovuta al distaccarsi dalle originarie norme coraniche (osservazione che non esauriva il problema, i cui motivi profondi stavano esattamente nel contrario, cioè nel mancato sviluppo sociale e culturale dei popoli musulmani, i quali di fronte all'avanzata dell'Occidente ripiegavano in fughe improbabili in un passato non ripetibile). Il dottor Alì Dhakri bey, tuttavia, in quel consesso, rilevò il trattamento fatto in genere ai musulmani in Europa e proclamò la necessità di intensificare la propaganda per far conoscere l'Islam e migliorare  così i rapporti tra musulmani ed europei. Si dimenticò in quell'occasione di porre le basi, si fece notare già in quei giorni, quanto, in realtà, fosse più importante accettare una reciprocità di comportamenti nelle due diverse sfere, islamica ed occidentale (problema ancora irrisolto con notevole nocumento civile e storico). Fu discussa quindi la situazione dei musulmani polacchi, constatando l'atteggiamento favorevole del loro governo alla promozione della libertà degli islamici e del loro culto in Polonia. Il delegato olandese, a sua volta, alacre propagandista, protestò con forza contro la condizione fatta dal suo governo ai correligionari, specialmente nelle popolosissime terre dell'Insulindia. Il delegato svizzero parlò del proprio nucleo, che ancora non poteva dirsi comunità, contando in allora appena di 12 persone. Il delegato inglese, Rankin, facendo la storia della penetrazione musulmana in Gran Bretagna dal 1890 al 1939.-1940, rilevò come l'Islam era stato in costante aumento, non passando settimana che non vi fossero state conversioni (Bernard Show ebbe già  a prevedere che l'Europa sarebbe diventata musulmana entro un secolo). Durante i lavori del congresso di Ginevra si fece riferimento all'incomprensione e al'intolleranza cristiana, ma da più parti, esterne al convegno, si ribadiva l'insostenibilità di tale tesi, data invece l'intolleranza islamica nei confronti dei cristiani che vivevano nei loro territori originali. Parlando poi dei luoghi di culto, fu votato un ordine del giorno a favore delle erigende moschee di Varsavia e di Budapest. Seguirono relazioni sugli jugoslavi, nordafricani e la questione palestinese con speciale riguardo in questa a quello che veniva indicato come il dilagare del sionismo. Ci fu anche una relazione italiana che pose in luce  i benefici concessi dall'Italia ai sudditi libici. Iniziative per la creazione di Associazioni generali per la difesa dell'Islam fallirono, tuttavia, per la divisione dei delegati. Tale stato di cose era stato deplorato dalla stampa egiziana, mentre fu lodata la fondazione di gruppi giovanili da collegarsi con quelli del Cairo. Sulla crescita dell'Islam in quell fase storica e sull'attualità di quelle considerazioni che intravvedevano tra mille elementi, non solo demografici, la tendenza vistosamente ascensionale della religione di Maometto alla vigilia della guerra del 1939-1945, si deve riflettere.
-fine
Casalino Pierluigi, 31.12.2014